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Halma
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E-book183 pagine2 ore

Halma

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Nell’appiattimento delle culture di cui sono attoniti testimoni, Halma e Flor tentano di ancorare i loro sentimenti ai valori tradizionali della morale, della libertà e, in contrapposizione, del diritto alla felicità. Il carattere intimista della storia e le vicissitudini fuori dalle regole dei protagonisti, vissute in parallelo tra Parigi e Tokyo, attraversano un arco temporale denso di avvenimenti rivelatisi decisivi nel processo di trasformazione in itinere della società. Halma, destabilizzata da un divorzio non voluto, prende coscienza involontariamente di possedere un radicato spirito individuale che la spinge, non senza profonda sofferenza, verso il superamento della crisi d’identità e di comportamento innescata in lei dal mondo globale in cui è precipitata. Durante un viaggio in transiberiana attraverso Cina, Mongolia e Russia inizierà la catarsi, amalgama prezioso per la rimozione delle situazioni conflittuali che emergono alla coscienza dell’individuo a seguito di esperienze traumatizzanti.

Clementina Principe ha concretizzato la sua passione per la scrittura con una laurea in lingue e letterature moderne. Ha operato nel campo letterario e socio-culturale dando un fattivo contributo alle tematiche del disagio giovanile e della memoria perduta. Ha vinto il Trofeo del concorso letterario “Lo Specchio d’oro” nella sezione narrativa (1978). Ha collaborato con Radio Lugano nella rubrica culturale “Carte e Spartiti” (1980). Ha pubblicato La festa del Santo (Ed. Lo Faro, 1985). È presente nell’Antologia Poeti e Novellieri (Ed. Silver Press, 1992). Attualmente affianca all’attività letteraria progetti di protezione animali.
 
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2021
ISBN9788830653085
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    Anteprima del libro

    Halma - Clementina Principe

    preambolo

    Il malessere che mi assale

    Ad ogni volgere d’anno

    Mi ha afferrato ancora

    Gli orientali salutano il sorgere del sole

    La prima mattina dell’anno sul Fujiyama

    Per scacciare gli spiriti del male

    Gli Occidentali esorcizzano il timore del futuro

    Con brindisi e palloncini colorati

    Io aspetterò l’alba all’Oeschinensee

    E sulla nostra montagna sacra

    Cancellerò per sempre

    La tua paura di morire

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    introduzione

    Il romanzo, articolato su diversi livelli di lettura, presenta una immagine inedita della vita parigina. In effetti, da una prima chiave di lettura Parigi, dove ha origine la narrazione, apparirebbe priva di anima alla protagonista, che faticosamente cerca di ignorare il consunto stereotipo della città vista come ville lumière per riscoprirla, nel gioco di chiaroscuro creato dall’intreccio, entità pulsante con la vita quotidiana.

    Il racconto trasmette in maniera vivida questo contrasto, fatto dell’alternanza di luci e ombre e dei messaggi della città, che la protagonista filtra attraverso le sue esperienze professionali alla ricerca di una spiegazione al proprio disagio.

    In un differente livello emerge che la città, volutamente ignorata, l’accoglie con la sua arte e la pacifica con se stessa restituendole fiducia in un quotidiano che si fonde in senso naturalistico al metafisico.

    è inoltre interessante scoprire l’analisi sottesa negli altri livelli che inducono il lettore a pause di riflessione sulla cultura quando essa assume il ruolo di sonda della società in cui viviamo.

    Devo rilevare che dai tempi di Calvino pochi scrittori si sono confrontati in maniera così vitale con le sollecitazioni e le provocazioni provenienti dalla dimensione culturale-cosmopolita di Parigi, che prende forma pagina dopo pagina e indica alla protagonista la via dell’arte quale riscatto morale e bagno rigeneratore.

    La scrittura avvince e la storia decolla dal contesto affettivo per approdare nell’attualità. In questo ambito la narrazione si focalizza su avvenimenti politici di notevole importanza, che ruotano attorno a personaggi di spicco nello scenario del sud-est asiatico. Gli eventi, cui lo stile discorsivo conferisce la drammaticità del fatto di cronaca, mantengono inalterata la caratteristica imprescindibile della storia che si dipana attraverso la narrazione, grazie al criterio interpretativo sempre presente nel contesto.

    In sintesi, il libro introduce a mio giudizio un nuovo codice narrativo in linea con le esigenze di snellezza dello stile e di accessibilità ai contenuti richiesti dal lettore di oggi.

    Nella storia vivono e vengono portate avanti altre storie, parallele, misteriose, oscure, sensuali, metafisiche che se trasposte nel pur sterminato firmamento cinematografico eserciterebbero sicuramente un irresistibile richiamo sul grande pubblico. Sono storie semplici in cui i più sensibili possono riconoscersi e scoprire l’intreccio importante con situazioni e stati d’animo complessi.

    Il fenomeno dei guaritori filippini, portato alla ribalta in numerosi documentari televisivi, le calamità e le violenze del sud-est asiatico, che occupano frequentemente la prima pagina dei quotidiani, il fascino esercitato dal contrasto tra le religioni orientali con tutte le sue implicazioni per il mondo occidentale sono vissuti all’interno delle vicende stesse e alimentano la storia di un amore moderno, tradizionale e spregiudicato allo stesso tempo. I sentimenti contrari della coppia, che si confronta con temi esistenziali che si rivelano talvolta estranei alla ricerca dell’eterno femminino di cui entrambi i protagonisti sono narcisisticamente innamorati, subiscono l’inevitabile catarsi a Parigi, la ville lumière che fuga le ombre: tutto diviene finalmente chiaro e definitivo.

    In sintesi è un’opera che merita la massima attenzione e di essere diffusa per l’indubbio contributo che apporterebbe alla cultura contemporanea, nella quale io stesso mi trovo attivamente ad operare, e ancor più allo studio sociologo dei comportamenti di coppia in relazione ai grandi temi della famiglia, del successo personale irrinunciabile e da ottenersi costi quel che costi e non da ultimo dell’innamoramento.

    Giorgio Ferrara

    St. Germain-des-Près

    Era a Parigi.

    A marzo aveva conosciuto un francese che l’aveva colpita profondamente per i modi raffinati e lo sguardo enigmatico. Di un altro mondo.

    Dopo qualche settimana di frequentazione, nelle quali Jean Philippe la chiamava due volte al giorno per sentire la sua voce, decise di non vederlo più.

    Si stava innamorando di lui, appassionatamente, come le succedeva da sempre ogni volta che incontrava l’uomo giusto, o che le appariva tale.

    Le aveva confessato che gli piaceva scrivere e il denominatore comune di tutte le sue storie importanti l’aveva spinta verso la nuova stagione degli amori.

    "… Dans un océan de douce lumière dorée, des paillettes scintillant dans l’iris comme autant d’appels à prendre l’élan vers les infinis, en cet après midi. L’envie de se laisser baigner par cette lumière caressante pour renaître, bercé par la spirale aspirante. Oui, la porte est entrouverte. L’inclinaison de la tête et le sourire invitent au voyage. Les films, l’écriture comme premiers viatiques. L’éveil printanier de la nature comme prémices de l’eden toscan. La main tendue pour l’au-revoir et déjà l’attente… La mano tesa per l’arrivederci e già l’attesa…".

    Aveva scritto queste poche righe su di un foglio che le aveva lasciato scivolare tra le mani, quasi timidamente, in un café di rue du Bac. Per comunicarle i suoi sentimenti. Halma si era sentita al centro del suo universo e aveva cominciato a librarsi al di sopra della città ostile come nella magica pittura di Chagall. Con lui. Aveva ripensato infinite volte al significato profondo di quelle parole: … In un oceano di dolce luce dorata alcune scintille nell’iride come un appello a prendere lo slancio verso l’infinito in questo pomeriggio, la voglia di farsi bagnare da questa luce carezzevole per rinascere, cullati dalla spirale che eleva, sì la porta è socchiusa, l’inclinazione della testa ed il sorriso invitano al viaggio, i film, la scrittura come primi viatici, la vigilia primaverile della natura come primizia dell’eden toscano, la mano tesa per l’arrivederci e già l’attesa….

    Era seduta, durante una bella giornata di sole, ad un tavolo all’aperto della brasserie Babylone. Il giardino prospiciente il Bon Marché era affollato e in molti consumavano il pasto sulle panchine soleggiate. La ricerca del caldo aveva spinto anche lei verso quell’angolo del 7°, quel giorno, a quell’ora. Aveva dovuto lottare per ottenere un posto, perché per la pausa del pranzo i tavolini all’aperto venivano riservati ai clienti fissi. Un tavolo si era liberato nel momento in cui stava per desistere, ma un cameriere le aveva sbarrato il passo.

    «È sola?».

    Aveva pensato, avvertendo una fitta di dolore, che era sola perché Flor non era più con lei e aveva ripescato nella memoria una delle cinquanta poesie d’amore che gli aveva dedicato al compimento dei suoi cinquant’anni - nella certezza di un incontro svanisce il desiderio di ritrovarsi e isolati attendiamo nei nostri mondi l’attimo della resurrezione dalla solitudine che ci condurrà abbracciati attraverso i campi sterminati dell’inconscio affranti e appagati fuori dal reale nell’eternità…

    «Sì, sono sola».

    «Mi dispiace…».

    Il cameriere l’aveva guardata sconcertato e, abbattuto da quella solitudine appena confessata, si era fatto da parte, tanto più che accanto a loro un secondo tavolo si era liberato e un’altra persona sola si era già acquartierata. Si era seduta al sole soddisfatta della conquista.

    Cadere in uno stato prossimo al deliquio la divertiva perché spaventava i suoi interlocutori, che si arrendevano immediatamente davanti al suo sguardo vuoto e assente.

    Il problema dell’individualismo si ripresentava puntualmente nella sua vita. Dai tempi del divorzio soffriva di emarginazione, non tanto perché aveva perso il suo ordinato stato civile di coniugata, quanto a causa del minor guadagno che rappresentava ormai per la società dei consumi. Aveva potuto recuperare una parte della sua socialità solo grazie al fatto che, spesso, aveva con sé le bambine. E non sempre funzionava.

    A Mosca, in competizione con i folti gruppi turistici che percorrevano l’Unione Sovietica prima del crollo, segnale dell’incipiente globalizzazione, non avevano avuto alcuna possibilità di farsi servire il dessert alla fine del pasto.

    Avevano capito a fondo la differenza esistente tra loro e gli altri, quando il poco zelante cameriere dell’Intertourist aveva chiesto, prima di annotare l’ordine, se facevano parte del gruppo.

    Halma aveva risposto, scriteriatamente, di non aver mai fatto parte di un gruppo in vita sua. La conseguenza fu che le ciliege, in bella mostra sulle tavole accanto, non furono mai servite alla loro. Le bambine, deluse, non volevano più continuare il viaggio in quel paese senza ciliege e pieno di comunisti.

    Non aveva spiegato che, al contrario delle apparenze, era proprio il comunismo ad opporsi all’iniziativa del vantaggio personale e al massimo utile con l’utilizzazione fraudolenta delle risorse altrui . A casa loro erano i posti di lavoro e gli appalti a finire sulle tavole accanto, dove si svolgevano le cene d’affari dei notabili e la misera mancia dei camerieri dell’Intourist, ricavata dal minuto contrabbando di caviale trafugato nella dispensa dell’albergo, per i siciliani era il flagello del pizzo. Non aveva voluto trasformare il loro bel viaggio a quattro in una noiosa lezione di geopolitica e così le aveva incoraggiate ad ordinare qualcosa d’altro. Le piccole avevano scorso di nuovo il menu e guardando il cameriere, intimidite, avevano sussurrato nell’orecchio di Halma la pietanza scelta. Lui le aveva guardate indispettito e ancor prima di ricevere l’ordine aveva controllato il suo taccuino, rispondendo con un secco njet al loro sorriso accattivante. E ancora njet era stata la risposta data a cinque nuove proposte avanzate dalle strane turiste individuali che stavano mettendo a dura prova la sua pazienza.

    «Bene, bambine, in fin dei conti non siamo qui per mangiare, ci accontenteremo di quello che c’è, non è vero?» aveva concluso Halma per mettere fine a quel penoso episodio. «Ci dica lei quello che è rimasto così risparmieremo tempo e finalmente metteremo qualcosa sotto i denti, fosse anche solo del pane...».

    «Spero sia di vostro gradimento una bella bottiglia di champagne francese e del buon caviale russo, il tutto contornato da deliziose tartine» aveva allora concesso Serghej, che divenuto improvvisamente loquace, mostrava

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