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Dondò
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E-book285 pagine2 ore

Dondò

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Info su questo ebook

Il prete ‘fuori dagli schemi’, don Donato Agostinelli, parroco di Cerreto Guidi (Firenze), per i suoi 60 anni ha dato alle stampe questa autobiografia, dal titolo ‘Dondò’. Si tratta di 150 pagine con foto, aneddoti e testimonianze, che tracciano il profilo di questo sacerdote che preferisce la tuta da lavoro all’abito talare, che gira il mondo per portare aiuto agli ultimi, che va a celebrare i matrimoni con la sua bici da corsa e che ha pure partecipato a ‘La Corrida’. Nel libro ci sono i racconti dei suoi incontri con madre Teresa di Calcutta, di quella notte che dormì a pochi metri da papa Bergoglio, dei viaggi sui monti Nuba con voli non autorizzati, delle esperienze nella ex Jugoslavia in guerra. Il ricavato andrà in beneficenza, in favore del Movimento di cooperazione internazionale Shalom. «Lo confesso – scrive don Agostinelli - a me l’aspetto rituale e solenne della liturgia Cattolica non ha mai fatto impazzire. Certi miei compagni di seminario erano fortemente attratti dai paramenti, dalle toghe, dagli orpelli ecclesiastici. A me, sinceramente, piacevano i jeans, le magliette e le tute da lavoro».
LinguaItaliano
Data di uscita16 feb 2018
ISBN9788827572641
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    Anteprima del libro

    Dondò - Don Donato Agostinelli

    Don Donato Agostinelli

    Dondò

    Don Donato Agostinelli

    DONDÒ

    Introduzione di Don Andrea Cristiani

    a cura di Giampaolo Grassi

    Impaginazione eBook a cura di Valentina Gerini

    Il ricavato andrà al Movimento Shalom.

    Per contribuire o saperne di più sulle attività Shalom: www.movimento-shalom.org

    UUID: 873d80ce-1308-11e8-993c-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    ai miei genitori

    Antonio e Giovanna

    Un prete galeotto

    Don Andrea Cristiani

    Solitamente, quando si raggiungono tappe significative nella nostra vita, si pensa ad una festa intima con familiari e amici, oggi poi sono invalse le feste a sorpresa che spiazzano le nostre personali aspirazioni. Papa Francesco, al quale non manca di certo la fantasia e sa creare stupore evangelico per i suoi gesti a sorpresa, è solito invitare per il suo compleanno bambini, disabili e barboni. Ma di un compleanno in galera ancora non avevo sentito parlare, solo don Donato poteva giungere a tanto. Sapendo delle cene galeotte a Volterra promosse dalla nostra comune amica dottoressa Maria Grazia Giampiccolo, direttrice di quel carcere, e condividendone lo spirito e gli scopi, ha deciso di festeggiare il suo sessantesimo compleanno proprio in quel contesto, con quei fratelli e con gli amici che vorranno unirsi a lui.

    Il gruppo Shalom di Volterra, i reclusi e tante persone di buona Volontà provvederanno ad organizzare al meglio la cena galeotta. Anche il nostro Vescovo Andrea Migliavacca si è prenotato per l’evento. Fosse stato appena un po’ più vicino, neanche Papa Francesco sarebbe mancato. Spegnere le 60 candeline da una torta preparata da un’umanità ferita dagli sbandamenti della vita, precipitata nell’illegalità e nel crimine, ma in cammino per un completo riscatto, è come voler spengere il male che è in noi e che brucia per ricominciare a costruire una vita giusta e bella. E questo vale per tutti.

    Ogni giorno, dono prezioso di Dio, siamo chiamati a ricominciare di nuovo, a modellare la nostra vita, seguendo l’ispirazione del cuore. Liberi dai pregiudizi e dai rancori, ci affidiamo a Colui nelle mani del quale è la nostra vita. È questo abbandono il segreto della serenità di Donato. Fidarsi di Dio senza riserve induce a fare permanente esperienza dello Shalom, che è benessere interiore. Una stella polare conduce la nostra ricerca, ed è Colei che conosciamo fin da bambini e che racchiude in sé tutta la bellezza della donna. Una presenza dolce e attraente che ci accompagna ogni giorno fin dal mattino. Al risveglio le prime parole sono: Ave Maria. Nelle nostre frequenti conversazioni, la Madre del Signore è al centro. Ci piace approfondire nelle scritture ciò che pensa di Lei la prima comunità cristiana e indagare gli scritti dei primi credenti per cogliere il suo mistero e l’attualità della sua vita. Quando ci capita di viaggiare insieme recitiamo sempre il rosario. Il nostro amore per Lei ci indusse a stabilire la data di nascita del nostro Movimento l’8 dicembre, per la festa dell’Immacolata. Maria ci apparve fin dall’inizio il modello di ogni shalom. Una creatura capace di unire tutti. In Lei, assunta nel suo valore emblematico, si ritrovano tutti i poveri e gli umiliati della terra. Il suo canto rivoluzionario è l’inno del nostro movimento: Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di bene gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Il suo fascino non lascia indifferenti neppure gli atei. J.P. Sartre, nel suo pensiero filosofico espresso in un momento particolare della sua vita, ha un cedimento mistico in forma poetica, quasi una preghiera rivolta alla Benedetta fra tutte le donne: Ciò che bisognerebbe dipingere sul viso di Maria è uno stupore ansioso che non è apparso che una volta su un viso umano. Poiché il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne e il frutto del suo ventre. L’ha portato per nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio. E in certi momenti, la tentazione è così forte che dimentica che è Dio, lo stringe tra le sue braccia e dice: piccolo mio! Ma in altri momenti rimane interdetta e pensa: Dio è là! E si sente presa da un orrore religioso per questo Dio muto, per questo bambino che mette paura. Poiché tutte le madri sono così attratte davanti a questo frammento ribelle della loro carne che è il loro bambino, che si sentono in esilio davanti a questa nuova vita, che è stata fatta con la loro vita e che popolano di pensieri estranei. Ma nessun bambino è stato più crudelmente e più rapidamente strappato a sua madre, poiché egli è Dio ed oltre tutto ciò che lei può immaginare. Ed è una dura prova per una madre aver vergogna di sé e della sua condizione umana davanti a suo figlio. Ma penso che ci sono anche altri momenti, rapidi e difficili, in cui sente nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio. Lo guarda e pensa: questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi assomiglia. E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo, che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive. Ed è in quei momenti che dipingerei Maria, se fossi pittore, e cercherei di rendere l’espressione di tenera audacia e di timidezza con cui protende il dito per toccare la dolce piccola pelle di questo bambino Dio di cui sente sulle ginocchia il peso tiepido e che le sorride.

    Il nostro Dio è un Dio celato. Non tutti riescono a scoprirlo, proprio perché è nell’impensabile. Il Suo Figlio alza il sipario dei suoi nascondigli. Stupore e meraviglia. Egli abita nel carcere, lo riempie, assumendo i volti segnati dalle dure esperienze del male e rasserenati dagli incontri di coloro che vengono a visitarli. Esperienza mistica e contagiosa di bene. Preludio del giorno verso il quale ci siamo incamminati quando, nella festa a sorpresa preparata da Lui nel suo Regno, sentiremo la sua voce e comprenderemo l’unicità di quella cena galeotta in cui Egli stesso si faceva ospite, cuoco e servitore. Grazie Donato per averci fatto vivere, ancora una volta, la gioia vera del Vangelo.

    Nei sentimenti di Donato alberga un naturale senso di altruismo che ha caratterizzato la sua vita di uomo e di prete. Con quella prontezza spontanea nel donarsi, sa legare a sé tante persone che gli rimangono amiche fedeli. È contento della sua vita, e oltre a quella del compleanno in carcere ha avuto un'altra idea: quella di raccogliere fra i suoi più cari amici i ricordi più simpatici e significativi di questi suoi sessant’anni. Così che le vicende decisive della sua storia siano condivise da più persone possibili, certamente non per esibizionismo o ambizione, ma per non dimenticare, per ringraziare Colui che è il grande regista della vita, e un po’ per divertire con le sue solite simpatia e ironia. Fotografie e testimonianze permetteranno di rivivere a molti di noi, che gli siamo amici, i giorni determinanti dall’infanzia alla maturità. Un percorso contrassegnato da una linea rossa continua che non ha conosciuto sosta, l’appartenenza a Shalom. Nessuno meglio di lui ha interiorizzato i valori del Movimento, esprimendo senza esitazione che non si tratta di aderire ad una scelta buonista e umanista della vita, ma bensì di divenire noi stessi umili servi dei fratelli. La pace ha preso dimora in lui. Quella pace dell’anima che possiede solo chi ama Dio. Pace che si fa attraente e contagiosa. Pioniere dell’avventura Shalom, ha respirato fin da ragazzo, come scritto in questo libro, il vento dello Spirito che avvolge il mondo e costituisce la famiglia umana in unità. Si è schierato con indignazione contro le ingiustizie e le falsità, non limitandosi alla denuncia, ma impugnando a piene mani il seme fecondo della Parola di Gesù. Il mondo visto con i suoi occhi è davvero piccolo, tiene aperta la porta di casa sua a chiunque bussa e vola nei paesi di guerra e di fame per portare soccorso. Instancabile buon Samaritano versa vino e olio sulle piaghe dell’umanità ferita.

    In effetti la figura del buon Samaritano (cfr Lc 10, 25-37) è il modello ispiratore del nostro Movimento e della sua vita. Dalla straordinaria parabola del Vangelo di Luca, il cantore della misericordia di Gesù, possiamo desumere il dinamismo del nostro essere in movimento. Vedere, osservare, conoscere. Mai voltarsi dall’altra parte. Attitudine di molti ai nostri giorni. Viaggiare per toccare con mano, per rendersi conto senza fidarsi dei mezzi di comunicazione, troppo spesso confezionati a difesa degli interessi dei soliti, e neppure di internet, dove viaggia tutto e il contrario di tutto, aumentando la confusione dell’informazione. Solo l’esperienza diretta e i testimoni affidabili possono garantire la verità dei fatti. Ecco perché Shalom pone come fondamentale l’esperienza del viaggio umanitario. Dice ai soci e ai sostenitori: «Venite e vedete, rendetevi conto di dove vanno i vostri soldi». L’uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico è Cristo, ma anche coloro che lo seguono, anche l’intero movimento è Cristo. Ritroviamo l’origine dei nostri viaggi nella parabola del Signore. Viaggiando, Shalom vede l’uomo ferito e non si chiede chi sia. Abbandonato lungo la strada dai briganti che lo hanno spogliato, ferito e affamato, individuabili oggi nei guerrafondai, nella grande finanza e nei potenti del mondo che non seguono le vie della giustizia e della pace. I briganti siamo anche noi quando ci lasciamo prendere dall’egoismo, da sentimenti di rifiuto e di chiusura. Passarono sacerdoti e leviti e andarono oltre, ironia della sorte anche gli uomini di Chiesa, troppo spesso presi dal culto e dall’istituzione, indaffarati dall’organizzazione e dalla burocrazia, antepongono la religione all’amore.

    Ritrovo la vita da Pastore di questo nostro amico fraterno, nell’atteggiamento del protagonista della parabola. Si fa Samaritano, esce cioè fuori dagli schemi rigidi e autoreferenziali di una certa casta facilmente identificabile in buona parte del clero. Oggi un po’ meno evidente per i richiami di Papa Francesco. Il suo essere prete e Shalom, se da una parte lo ha reso mondiale e capace di una vasta rete di conoscenze e amicizie, nel piccolo e talvolta ottuso mondo clericale è apparso un po’ insolito, stravagante, troppo aperto quell’accogliere tutti, compresi i non credenti o gli appartenenti ad altre religioni. Le sue comparsate televisive per promuovere la causa dei poveri non gli hanno risparmiato incomprensioni e critiche. Una necessaria verifica evangelica: Guai quando tutti diranno bene di voi. Andando oltre nella parabola, troviamo il fondamento delle opere Shalom, nelle quali si sta prodigando Donato. Versare olio sulle ferite è l’espressione simbolica delle premure necessarie per curare la nostra disumanità. Versare vino sulle ferite è offrire l’opportunità di una vita felice, che raggiunge l’ebbrezza quando incontriamo Dio nella carne degli oppressi e degli ultimi.

    L’ispirazione della cooperazione Shalom è racchiusa in questo appassionato atteggiamento del Samaritano. Una forma di assunzione di responsabilità nei confronti del desolato: condurlo alla locanda, pagare anticipato, garantirgli le cure sono evidenti riferimenti ai bisogni essenziali dell’uomo e al primato della solidarietà. Questo è il nostro impegno che portiamo avanti da una vita.

    Caratteristiche del nostro festeggiato sono la costanza e la determinazione con cui in tutti gli ambiti porta avanti i suoi progetti, reperendo anche in tempi di grave crisi gli ingenti fondi necessari. È uno stimolatore di solidarietà. Ha saputo guardare al locale e al globale. Ha restaurato tutte le Chiese di Cerreto Guidi. La Canonica e la Palazzina (edificio di proprietà della Parrocchia) per farne un centro di accoglienza, di pastorale e di aggregazione. Ultima opera la torre campanaria. Un richiamo perenne al tempo che passa e alla nostra responsabilità di viverlo pienamente nel bene. Dimostra la sua radicalità verso i poveri anche in questa circostanza del suo sessantesimo compleanno,

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