Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La gabbia delle dipendenze
La gabbia delle dipendenze
La gabbia delle dipendenze
E-book195 pagine2 ore

La gabbia delle dipendenze

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

A tutti voi giunga questo mio messaggio, aprite gli occhi!
Un sistema di grande forza sta annientando le vostre vite, le droghe vi vengono vendute per sedarvi, per distruggervi, cosicché non possiate avere la forza di ribellarvi a questo perverso sistema di annientamento della vita umana.
La dipendenza vi lacererà l’anima, la mente, il corpo e voi progressivamente non sarete più liberi, ma soggiogati da un sistema che vi vuole schiavi.
Riducendovi così non sarete più in grado di combattere per gli ideali di cui si fa portatrice la libertà, ma solo per la ricerca ossessiva e compulsiva della droga e il mondo, di conseguenza, sarà in mano ai maledetti potenti drogati di denaro.
Siate forti e lottate contro questo diabolico sistema che sta rendendo sempre più ricche le mafie e le case farmaceutiche.
Questa è una guerra, la vostra guerra. Combattetela come soldati, corazzate le vostre anime e impedite che questo sistema renda schiava la vostra vita.
LinguaItaliano
Data di uscita31 dic 2021
ISBN9791220121675
La gabbia delle dipendenze

Correlato a La gabbia delle dipendenze

Ebook correlati

Biografie e memorie per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su La gabbia delle dipendenze

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La gabbia delle dipendenze - Pina Lupo

    cover01.png

    Pina Lupo

    La gabbia delle dipendenze

    La paura, l’impotenza, la dura lotta di una madre contro il cancro delle dipendenze

    © 2021 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-1418-9

    I edizione novembre 2021

    Finito di stampare nel mese di novembre 2021

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    La gabbia delle dipendenze

    A mio figlio e a tutti giovani

    Prefazione

    A tutti voi giunga questo mio messaggio, aprite gli occhi!

    Un sistema di grande forza sta annientando le vostre vite, le droghe vi vengono vendute per sedarvi, per distruggervi, cosicché non possiate avere la forza di ribellarvi a questo perverso sistema di annientamento della vita umana.

    La dipendenza vi lacererà l’anima, la mente, il corpo e voi progressivamente non sarete più liberi, ma soggiogati da un sistema che vi vuole schiavi.

    Riducendovi così non sarete più in grado di combattere per gli ideali di cui si fa portatrice la libertà, ma solo per la ricerca ossessiva e compulsiva della droga e il mondo, di conseguenza, sarà in mano ai maledetti potenti drogati di denaro.

    Siate forti e lottate contro questo diabolico sistema che sta rendendo sempre più ricche le mafie e le case farmaceutiche.

    Questa è una guerra, la vostra guerra. Combattetela come soldati, corazzate le vostre anime e impedite che questo sistema renda schiava la vostra vita.

    i

    Maternità

    «Mio amore grandissimo, ti scrivo questa lettera perché tu possa capire quello che è accaduto.

    Da troppi anni, ormai, io e tuo padre assistevamo impotenti alla distruzione della tua vita. Ti abbiamo implorato di cercare quell’aiuto di cui avevi bisogno, nel tuo inferno ci siamo anche noi. Ho supplicato Dio di darmi una mano, a salvarti e oggi siamo qui. Tu pensi che sia stato facile per noi per tutti questi anni vederti star male e non poterti aiutare?

    Da anni hai vissuto solo per le maledette droghe, che ti hanno portato via tutto. Se puoi, rifletti e torna indietro negli anni; cosa è successo al mio meraviglioso figlio che fino a tredici anni era allegro, felice e spensierato?

    Amavi lo sport ma tutti sappiamo che di lì a poco saresti crollato. Hai passato l’inferno, pensa a Dio, a quante volte ti ha salvato la vita, la tua vita sempre in pericolo, ammaliata dalle maledette droghe che ti hanno portato solo guai in cambio di pochi attimi di sballo. Così ho visto annullarti e vivere costantemente nel pericolo e nell’illusione, ti hanno rapinato dalle cose più belle della vita, l’amore, le amicizie, gli affetti, il lavoro.

    Perché tu sai bene di aver perso tante cose, ti sei spogliato di tutto entrando in un tunnel buio, senza uscita, e nel tuo inferno ci siamo anche noi che ti amiamo immensamente.

    Ma io sono tua madre, e so per certo che in qualche piccolo angolo del tuo cuore c’è ancora un po’ d’amore per noi. Ti ricordi l’anno scorso quanto hai pianto quando papà ha avuto l’infarto? Tira fuori, amore mio, tutta la forza che hai e liberati dal tuo vero inferno.

    Noi ti staremo sempre accanto, e lo sai che non ti abbandoneremo mai, ma facci vivere nella speranza che un giorno ritorneremo ad essere felici insieme.

    Dio ti salvi da questo inferno, il nostro amore non ti è bastato, ma Dio sì. Lui è potente e misericordioso. Affidati a lui, non pensare che il carcere sia il tuo male, perché il tuo carcere ce l’hai nel cuore e nell’anima, dal giorno in cui sei caduto nella dipendenza della droga. Se puoi rifletti e pensa a quante cose hai perso e al male che ti sei fatto.

    Riempi il tuo cuore e la tua anima dell’amore di Dio e del nostro amore, figlio mio amatissimo. Ti prego, ritorna ad essere il mio meraviglioso, buono e amabile figlio che io ho messo al mondo.

    Con tutto l’amore per te.

    Ti abbraccio forte

    Mamma»

    Per noi donne, prima o poi, per libera scelta o desiderio, perché altro non deve essere, arriva il momento della maternità. Essere madre è una condizione che non tutte le donne devono necessariamente provare, ma se lo si vuole per davvero, penso sia l’evento che stravolga maggiormente l’esistenza, o almeno, per me è stato davvero così. Essere madre significa rendersi consapevoli che il proprio corpo improvvisamente si dilata e si fa scudo di un’altra vita, che nasce all’interno della vita stessa.

    Non so perché, ma se penso al corpo di una madre, mi viene in mente una scatola cinese. Io mi sentivo così, una scatola che protegge un involucro più piccolo e che ad un certo punto si aprirà, per far vedere la luce a quel piccolo contenitore, che fino ad ora stava in un contenitore più grande. Distaccarsene, non è facile. Specialmente quando quella scatola si perde, in uno stanzino buio, senza via d’uscita, improvvisamente pensi che forse, tu non sia stata così brava nel proteggerla.

    In un’epoca in cui la ricerca scientifica si muove, per combattere un male che ci ha costretto a vivere la Terza Guerra Mondiale, cantata da alcuni cantanti, noi siamo fermi. Vivendo questa condizione mi trovo a vivere con una persona che più passa il tempo e più non c’è, per colpa di un demone che lo sta logorando dentro, un tunnel senza fine da cui l’uscita è sempre più lontana.

    Commettere gesti che non avresti mai pensato di compiere, in nome di un disperato tentativo di salvezza, mi ha reso sempre più nitida la vista di una società, in cui avere delle debolezze vuol dire non essere all’altezza delle aspettative del mondo stesso, che, addirittura, pensa al modo più veloce per buttarti via. Non sono d’accordo con il pensiero dei più, sarò sempre in contrasto con chi suggerisce di liberarsi del proprio figlio, solo perché è malato.

    La verità è che siamo un insieme di umani, che di umano, scusate il gioco di parole, hanno ben poco. Allora, sapete che c’è? Preferisco essere miope davanti al mondo e guardarlo attraverso le mie lenti.

    Libertà. È questa la parola che più mi contraddistingue. Amavo molto la libertà, la leggerezza, forse andavo più veloce io della stessa vita, che a volte sembrava sfuggirmi di mano, ma non era lei a sfuggirmi, semmai il contrario.

    Sono diventata madre a ventitré anni in maniera del tutto inaspettata. Non ci pensavo minimamente, eppure, Giuliano era lì, un seme germogliato dentro di me, che ero poco più che una ragazza, innamorata dalla vita.

    Sentivo già la sua forza, fin dai primi mesi, la caparbietà e l’irruenza di chi voleva venire prevalentemente e con forza al mondo. E più passava il tempo, più sentivo crescere quell’entità che diveniva sempre più ingombrante, che era dentro di me, inondato da tutto l’amore che possa esistere, dalla bellezza e, allo stesso modo, dall’asprezza del luogo in cui sono nata e cresciuta, Niscemi. Diventare madre a ventitré anni, in Sicilia, e per di più con un uomo molto più grande di me, non è stata cosa semplice. Spesso mi sono trovata ad affrontare critiche, allusioni e giudizi più o meno diretti, ma la cosa che non sopportavo, erano gli sguardi di chi mi scrutava dall’alto in basso, solo per il privilegio, se così lo vogliamo definire, della posizione che occupava.

    Mio marito è un siciliano migrato all’età di dodici anni, nel 1961 a Parigi, da allora ha vissuto sempre lì, ritornando in Sicilia ogni estate, come faceva il Figliol Prodigo. Lasciare la Sicilia per lui è stato una sorta di trauma, per questo l’ha sempre portata nel cuore.

    Da ragazza, l’estate era il momento in cui tutto il mondo rinasceva, Niscemi pullulava di turisti da ogni parte del mondo, i vicoli erano intiepiditi da quell’aria frizzante e nessuno, improvvisamente, conosceva più il sonno. In una di queste primavere, da intendersi non certo come la stagione, ma come un periodo di rinascita, conobbi quello che poi sarebbe diventato mio marito, nel modo più vecchio del mondo, se così si può dire, i così detti amici in comune. Sembrava una relazione estiva, una di quelle che nasce il primo di agosto e che muore il trentuno, insieme alla bella stagione. Non fu così, sono sempre stata controcorrente e da allora sono passati trentatré anni.

    Tutti ci davano per finiti e dispersi. I miei genitori lo consideravano un momentaneo capriccio estivo. Tutti davano per scontato che questa relazione sarebbe durata poco, anche perché lui era un uomo separato, che, lontano dalla moglie, dicevano volesse trovare un diletto estivo con una donna più giovane di lui. Invece il grande amore lo trovò in me e così arrivò Giuliano, poi sei anni dopo Marco, solo allora abbiamo deciso di sposarci, non tanto perché prima non credessimo nel vincolo del matrimonio, ma semplicemente perché non ne sentivamo la necessità e questo andava ancora più in controtendenza alle dinamiche della sicilianità.

    Non c’è miracolo più bello nella vita che diventare madre, è come provare, d’un tratto, una scossa: la maternità è come un fulmine a ciel sereno, che ti sconvolge la vita. Improvvisamente, quando ti accingi ad accogliere un’altra creatura dentro di te, capisci che tutto quello che aveva senso prima, nel momento in cui il tuo corpo si fa uno scudo, una corazza per qualcun altro, ora non ha più senso. I divertimenti, i viaggi, i concerti, le notti in riva al mare, l’emozione che ti dà un bagno a mezza notte, oppure un bacio rubato una sera di mezza estate diventano improvvisamente insignificanti, perché inizi a portare dentro una cosa più grande di te e il tuo corpo che prima era singolo, automaticamente diventa doppio. La dualità che spesso contraddistingue l’essere umano, in eterno conflitto tra mente e corpo, improvvisamente viene meno, perché la psiche si proietta immediatamente verso quella creatura che è dentro di te, consumandosi, pensando se stia bene, se gli arrivi il nutrimento, se dorme, se pensa, e tutte le sue aspettative che avrà una volta venuto a contatto con il mondo esterno.

    Essere madre vuol dire avere il cuore costantemente connesso a quello dei propri figli, condividerne le stesse paure, gioire per le loro vittorie e piangere per le loro sconfitte. La maternità è un fluire continuo, è una promessa fatta a quella vita che per nove lunghi mesi porti dentro di te. Essere madre è un miracolo della natura, il solo custodire un’altra vita rende le mamme dotate di una forza incredibile, soprannaturale, che travalica la società e l’esistenza. Essere madre è una promessa fatta per sempre. Se state pensando al matrimonio, quello è quasi un per sempre che nella migliore delle ipotesi ha un inizio e una fine. Il per sempre di cui vi parlo, va al di là della fine, non c’è nessun confine, nessuna siepe. Una madre anche dopo la morte proteggerà suo figlio, lo amerà e lo metterà sempre prima di tutto e sopra ogni cosa, a causa di un amore più grande, per via di una dipendenza di cui non può farne a meno.

    La maternità è davvero qualcosa di infinito, di divino, di bello. Una buona madre amerà all’infinito il proprio figlio, passando sopra ad ogni suo errore, ogni sua debolezza, ogni sua paura. Spesso chi amiamo commette degli errori, ma senza farlo in maniera conscia. Vivendo ci accorgiamo della debolezza dell’esistenza umana e di come, senza una grande autodeterminazione, non riusciamo ad essere fermi davanti alle decisioni, senza farci travolgere dagli eventi.

    Credo che il perdono sia la sola possibilità che noi madri abbiamo, per non far cadere chi è fragile, i nostri figli, in mano a chi è contro lo Stato, a chi muove le fila di un grande teatro e loro non sono altro che dei burattini, manovrati da una sottospecie di Mangiafuoco.

    Distruggere questo rapporto di amore, non farebbe altro che arricchire i tanti Mangiafuoco che, pur di far soldi, distruggono sentimenti così profondi ed è per questo che ogni giorno sono sempre lì, accanto a lui, a guardarlo con infinito di amore.

    Per tornare alla maternità in Sicilia, c’è da dire che dare alla luce una creatura con un uomo separato, non è stato certo semplice: all’inizio, mi sembrava di avere i riflettori puntati addosso, ma poi con il tempo e accrescendo quel senso di noncuranza derivato dalla libertà che mi ha sempre contraddistinta, sono riuscita a passare sopra agli sguardi scrutanti delle commari e dei compari.

    Essere madri in una terra così aspra e accogliente è dura. Pensate ad una staffetta, o ad un percorso ad ostacoli. Ti trovi costantemente a fare i conti con la debolezza umana, che sei obbligato a celare, quasi come se avessi firmato un contratto che ti impedisce di essere fragile, non esiste la debolezza, si tratta di un concetto completamente estraneo, bandito dal dizionario della sicilianità. Debolezza è mancanza di forza, e tutto ciò diventa completamente inammissibile. Sì, inaccettabile. Vai bene solo se dimostri di avere forza, allora sì che verrai accettato e guardato di buon occhio entro i confini dell’Olimpo delle persone d’onore. E la forza la dimostri nella fattispecie con tuo figlio, con un figlio di successo, con la laurea, un lavoro ben retribuito e energicamente poco dispendioso. Solo così verrai considerato un buon genitore, se hai una progenie di successo. Certo, più passano gli anni e più noto che si tratta di una costante diffusa ovunque. La stragrande maggioranza di genitori, in Italia, vorrebbe il campione, il laureato, la prima ballerina della Scala di Milano.

    Nella mia esistenza, mi sono sempre sentita lontana anni luce da logiche del genere, che riducono i figli a trofei da mostrare e di cui farsi vanto all’uscita della messa domenicale. Credo che non ci sia successo più grande di lui, Giuliano, come essere venuto al mondo, come risultato di una perfetta equazione. E nonostante tutto, io lo amo. L’amore, per me, è il successo. Nessuno, nel corso degli anni mi ha compresa per davvero, al di là della mia famiglia più stretta, anno dopo anno, da quando il viaggio di Giuliano ha intrapreso vie non calpestabili, da quando ho visto spegnersi la luce che lo irradiava e che illuminava tutti noi, mi sono vista davanti agli occhi, amicizie che sono andate completamente alla deriva per via del pregiudizio e dalla paura irrazionale che trasmette una persona diversa dalle altre. Ho visto le mie più care amiche allontanarsi progressivamente, forse per la paura che mio figlio potesse infettare i loro. Progressivamente con mio marito abbiamo davvero perso tutto, le amicizie, il lavoro, la famiglia, che non mi avrebbe mai voltato le spalle, ma che non perdeva occasione per mostrare sguardi intrisi di compassione e risentimento.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1