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Il mio demone
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E-book174 pagine2 ore

Il mio demone

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Info su questo ebook


Elena è impegnata in una ricerca sui demoni. Derek è affascinato dal mondo e dalla vita degli umani. Il loro è un incontro fatale, che cambierà il destino di entrambi. Quando Derek salva Elena da un’aggressione, rivelando la sua vera natura, lei dovrà convincersi che i demoni non esistono solo nelle leggende. Quella che vorrebbe essere una semplice avventura romantica, è però ostacolata da inganni, lotte secolari e dalle tradizioni degli abitanti dell’inferno, spregiudicati e assetati di potere. Può un demone lasciarsi guidare dal proprio cuore? Elena scoprirà che amicizia e amore sono sentimenti in grado di superare qualsiasi differenza. Mostrando coraggio e generosità, e salvandosi reciprocamente la vita in più di un’occasione, Elena e Derek lotteranno per conquistare il diritto di amarsi.
LinguaItaliano
Data di uscita1 giu 2018
ISBN9788833281001
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    Anteprima del libro

    Il mio demone - SARA MARINO

    Cover

    Capitolo I

    Stare qui mi piace e non mi piace.

    Restare troppo su questa terra mi obbliga a imbrigliare la mia vera natura, a celare il mio vero io, ma ogni tanto questo mi diverte. Camminare tra questi piccoli e insignificanti esseri di rango inferiore mi fa comprendere ancora di più l’immenso potere della mia razza.

    Cammino qui anche perché in fondo non ho dubbi: li invidio.

    Non invidio quello che sono, ma il loro vivere all’aperto, il loro poter godere di quella magnifica cosa chiamata sole. Qui le piante hanno foglie rigogliose e fiori colorati, non tristi tronchi rinsecchiti, ricordo di un passato forse mai fiorito. Qui l’acqua che scorre nei fiumi e riempie i laghi e i mari è di un azzurro incredibile, non rossa come le fiamme o nera come la pece. L’aria è libera e leggera, non pesante e puzzolente.

    Osservarli vivere con la pienezza di quei sentimenti che in noi sono così miseri e scarni spesso mi pesa. Non è che il luogo in cui sono nato non mi soddisfi, però ogni tanto mi piace variare un po’, lasciarmi stuzzicare da altro, da qualcosa che sotto sotto forse bramo - ma non lo ammetterò mai, neanche sotto tortura.

    Ogni volta che vengo quassù, mi porto dietro l’amico idiota, sempre su di giri.

    «Arthur! Per la miseria, smettila immediatamente!» sibilo.

    Lui si volta verso di me, sorridendo come se niente fosse. Come se la mia non fosse una vera minaccia di morte. Come se non fossi capace di affondare le mie unghie dentro il suo ventre qui, in mezzo a questa strada, e utilizzare le sue budella come decorazione.

    «Suvvia, lo sai che io adoro le piante. Guarda queste come sono belle. A casa non ho modo di veder fiorire neanche una margherita, né di ammirarne il colore.»

    Sospiro sconsolato e osservo l’essere davanti a me chinarsi in avanti per contemplare una rosa dalle mille sfumature rosse come se fosse la cosa più bella del mondo. Bella è bella, non dico di no, ma è solo uno stupido fiore, accidenti!

    «Sì, certo, ma siamo fermi da venti minuti. Questo è assurdo e la gente ci fissa. Mi fai vergognare. Passiamo per due psicopatici.»

    Mi lancia un’occhiata di sbieco.

    «Perché non lo siamo, vero? Siamo due così brave persone… ops! Forse no!»

    «Sei veramente simpatico, lo sai?» reagisco sarcastico.

    Mi volto e mi allontano, dirigendomi verso un piccolo bar-tavola calda che si trova dall’altra parte della strada. Poco dopo Arthur trotterella accanto a me nei suoi nuovi pantaloni neri di jeans e una strana camicia verde con le maniche a tre quarti che indossa con disinvoltura. Amalgamarsi con gli umani va pure bene, ma comprarsi ogni volta un completo diverso è da pazzi. Veniamo qui anche sette volte al mese. Di questo passo nell’arco di un anno ci vorrà un container solo per la sua roba! L’appartamento che mi sono procurato non è grande abbastanza per la sua megalomania.

    Mi fermo davanti alla vetrina del bar-trattoria e osservo le bottiglie di vino ordinate alla perfezione, poi osservo il nostro riflesso. Sembriamo così umani. Siamo degli ottimi illusionisti. Arthur è alto circa un metro e settanta. Ha capelli biondi tagliati corti e tenuti a posto con dell’orribile, puzzolente gel. I suoi occhi, che di regola sono neri come la notte profonda, sono diventati di un pacato e tranquillo marrone. Di corporatura lo potremmo definire abbastanza robusto, almeno in base allo standard umano.

    Osservo anche il mio riflesso e non posso non piacermi. So di essere un po’ presuntuoso, ma non ho nascosto molto di me... beh… insomma. Sono più alto di Arthur di almeno dieci centimetri: l’altezza è una caratteristica che non può essere variata quando cambiamo aspetto. I capelli sono del loro colore naturale, neri. Come il mio compagno, li tengo piuttosto corti; ci metterei comunque pochi secondi a farli ritornare della lunghezza originale, ovvero lunghi, molto lunghi. I miei occhi però sono diversi. Non sarebbe una grande idea vagare per strada con gli occhi rossi! Per puro piacere personale, quindi, li ho trasformati in due pozze verdi.

    La gente all’interno del locale è intenta a consumare il pranzo quotidiano, ma vedo alcuni tavoli ancora liberi. Possiamo entrare e mischiarci ai clienti. Ci sono alcune pietanze umane che adoro. Solo alcune, però: su altre avrei molto da ridire. Quei piatti colmi di salse strane, per esempio, spesso hanno odori che mi danno quasi la nausea, o tutta quell’erba che insistono a mangiare, neanche fossero capre.

    Afferro Arthur per un braccio e lo trascino dentro, mentre lui si lamenta: «Calmati Derek, tanto c’è posto.»

    Annuisco e mi dirigo verso uno dei tavoli liberi. Accanto a noi sono seduti un signore sulla sessantina, intento a leggere il giornale, e una ragazza curva su una miriade di fogli.

    Arthur si accomoda di fronte a me e subito lo sento sbuffare.

    «Cosa c’è che non ti va bene?» gli chiedo, mentre scorro il menù fino a trovare il mio piatto preferito. Adoro le costolette di maiale impanate con patatine fritte.

    «Lo sai… quando ci sediamo da qualche parte mi metto sempre ad ascoltare le chiacchiere dei vicini e mi deprimo. Questi umani parlano solo di sesso, soldi e donne, quasi sempre in quest’ordine. Accidenti, anche le donne non fanno che parlare di altre donne!»

    «Non ascoltare, mangia e fatti i fatti tuoi, per una volta», suggerisco.

    Subito si fionda con il naso dentro il menù e ordina un piatto di tagliolini al pesto: ne va matto, ma a me proprio non piacciono. Le sue previsioni sfortunatamente si avverano: una ragazza con corti capelli neri e un vestito decisamente troppo colorato si siede dietro di lui, e attacca a parlare con la tipa sommersa dai fogli.

    Capitolo II

    «Elena, stasera vieni alla festa?» esclama, afferrando per un braccio l’altra ragazza, che finalmente alza la testa dai suoi importantissimi fogli.

    «Lisa, come devo dirtelo? No, non ci vengo», borbotta, e per caso incrocia il mio sguardo.

    Osservo la piccola umana e la trovo graziosa. Occhi profondi, verdi come i miei, mi fissano seri, mentre una cascata di capelli biondi e lisci le incornicia il volto. Arthur sbuffa e mi distrae dalla contemplazione, mentre lei torna a rivolgere la sua attenzione all’amica, che non ha smesso di parlare neppure un secondo.

    «Devi dirmi perché! Sarà una festa bellissima, verranno tutti. Ci saranno anche un sacco di cose buone da mangiare», esclama la ragazza, appoggiandosi pesantemente allo schienale della sedia e scuotendo la testa sconsolata. Poi si fa più seria.

    «Ok, te lo dico. Non ti arrabbiare. Alla festa ci sarà Martin.»

    «Oh!»

    «Già! Sii sincera, ti ha chiesto di andarci con lui?»

    La bionda è annoiata, quasi restia nel rispondere, come se l’argomento della discussione la stesse stancando o disgustando, non riesco a interpretare.

    «È da mesi che tenta di uscire con te, vero?» incalza la mora.

    L’espressione dell’amica si intensifica: se dovessi scommettere punterei tutto sul disgustato. Annuisce, poi mima la sensazione di avere i brividi.

    «Non lo farai, vero Elena?»

    Scuote la testa, i suoi capelli ondeggiano come fili di seta.

    «Lisa, sai che non lo farò mai. Quel ragazzo è un verme. Dovrebbe bruciare all’inferno per quello che ti ha fatto, e non velocemente, ma lentamente e dolorosamente. Avresti dovuto denunciarlo.»

    Sorrido pensando al suo progetto: non conosco l’umano in questione, ma sarei curioso di vederlo agonizzare.

    La ragazza dai capelli neri si alza di scatto.

    «No! Voglio solo dimenticare! Tu stai alla larga da quel bastardo, promesso?»

    «Non ti preoccupare. Per dagli corda dovrei essere completamente pazza. Preferisco farmi sbranare viva da un lupo, piuttosto che uscire con lui», esclama. Poi con un sorriso saluta l’amica, che esce dal locale, dove torna il silenzio.

    Guardo Arthur.

    «È andata bene: niente soldi, né donne. Solamente un ragazzo, a quanto pare molto odiato, che entrambe vorrebbero vedere morire tra atroci sofferenze.»

    Lui annuisce, sollevato, ingurgitando una forchettata di spaghetti ricoperti di salsa verdastra; con la coda dell’occhio noto che la bionda si è alzata. Passandomi di fianco fa cadere per terra tutti i fogli che teneva tra le mani, spargendoli dappertutto.

    «Accidenti!» esclama stizzita.

    Mi chino per aiutarla, desideroso di avere un minimo contatto con lei, ma quando lo sguardo mi cade sui fogli che ho raccolto resto stupito da quello che vedo.

    Lei se ne rende conto.

    «Non sono pazza né un’assassina, lo giuro», esclama di getto.

    Alzo gli occhi, perdendomi nei suoi.

    «Scusa?» chiedo sorpreso.

    Lei mi sorride.

    «So che può sembrare molto strano, ma è per una ricerca.»

    Annuisco tornando a esaminare le pagine. Quelle che ho raccolto sono una trentina, e parlano di un argomento che mi sta a cuore: demoni. Ci sono molte raffigurazioni, e appunti scritti a mano in ogni angolo.

    «Una ricerca particolare», osservo.

    «Sì, è per la scuola, per uno dei miei professori. È uno studio sulla storia e sulla vita dei demoni dall’antichità ai giorni nostri, ma non credo ti interessi.»

    Afferrando i fogli dalle mie mani si rialza, e io la imito.

    «Invece è piacevole sapere che un ragazza bella come te si interessi allo studio», dico.

    Lei solleva un sopracciglio.

    «In che senso, scusa?»

    Adesso mi trovo in difficoltà. Volevo farle un complimento. Davvero. Temo non mi sia venuto molto bene.

    «Cioè… ecco…»

    Inaspettatamente, lei mi porge la mano.

    «Ho capito. Mi chiamo Elena.»

    Rispondo al suo saluto stringendole la mano. È piccola e calda, e il contatto mi procura un leggero brivido. Percepisco qualcosa dentro di me, qualcosa che non comprendo, ma che non mi dispiace.

    «Piacere. Io sono Derek e lui è un mio amico, Arthur.»

    Arthur si alza e saluta Elena con una stretta di mano esagerata e un’occhiata languida. Poi torna a sedersi e attacca a parlare, divertendosi alle mie spalle.

    «Scusalo, non ci sa fare con le donne. Credo volesse farti un complimento.»

    Lei ride di gusto, sistemandosi una lunga ciocca di capelli dietro un orecchio.

    «Beh, lo spero proprio. È stato un piacere, adesso però devo proprio andare in biblioteca. Grazie per avermi aiutato a raccogliere i fogli e per… il complimento», aggiunge facendomi l’occhiolino.

    Annuisco come un ebete, non riesco ad aprire bocca e resto a guardarla mentre esce dal locale.

    Capitolo III

    Quando mi siedo noto che Arthur mi fissa con un’espressione che desta i miei istinti omicidi.

    «Carina, vero?» butto lì.

    «Potremmo mangiarla! Che ne dici?» propone lui di getto.

    D’istinto lo colpisco sulla fronte con la mano aperta.

    «Idiota! Certo che no! Devo ricordarti che non

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