Albert: L'ultima estate
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Info su questo ebook
L'AUTRICE
Patrizia Floris è nata a Cagliari e vive in Sardegna. Ha già pubblicato i romanzi: E se avessi paura? (AmicoLibro, 2019) che ha ottenuto la menzione come miglior racconto in lingua italiana al Concorso letterario Anselmo Spiga, Un tè a Marrakesh (AmicoLibro, 2020) riscuotendo un grande consenso del pubblico. Torna con il suo terzo romanzo, Albert, l'ultima estate.
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Anteprima del libro
Albert - Patrizia Floris
PREFAZIONE
Perché leggere questo libro?
Libri che raccontano storie d’amore, ce ne sono tanti. Grandi e piccoli hanno scritto d’amore.
La risposta è semplice: perché è un bel libro!
Perché è un libro sincero, onesto, positivo, un libro che ti riconcilia con te stesso e con il mondo. Un libro che ti fa sentire quanto sia bella la vita e quanto sia importante, amare e lasciarsi amare. Un libro che è un canto d’amore, un canto d’amore tra un uomo e una donna, un canto d’amore alla vita.
Ma cosa significa veramente amare?
La scrittrice non si lascia mai sviare dalla parola amore. L’amore che lei descrive è semplice: è amore e basta. Un amore che accade, così come accade la vita. Albert lo accetta senza fare niente per contrastarlo, non lo combatte, non lo giudica, non se ne estranea. Si lascia vivere dalla vita; così bella, perché come l’amore, non è eterna.
Passerà la Storia, cambieranno le situazioni e i personaggi. Albert avrà una moglie e una famiglia, figli e nipoti. Vivrà una vita intensa e realizzerà il suo sogno di fare lo scrittore, proprio uno scrittore di romanzi d’amore. D’altronde la nonna glielo aveva raccomandato di scrivere d’amore!
La vita di Albert è giunta ormai alla fine, ma il suo amore per Lena non potrà morire mai.
E quando tutto sembra essere stato detto, il racconto diventa Poesia.
Erino Poli
CAPITOLO 1
Osservo il soffitto bianco, una lampada dondola come un vecchio pendolo che non scandisce più il tempo. È lì che attende. Sì, attende la mia fine. Quella che sento è una questione di paura. Ogni fobia è invincibile per chi ha cominciato a provarla, perché quando inizi a sentirla ha già vinto la partita. A questa non puoi resistere, anche perché spesso a questa si avvicina la sofferenza. Questo è un momento unico che capita a ogni essere umano. La morte dovrebbe essere indolore, dicono. Ma io ho paura. Socchiudo gli occhi e davanti a me compaiono i momenti della mia vita, le cose non dette e quelle non fatte, come se il momento della morte porti a liberarmi di tutto e l’angoscia anche quella più grande svanisce.
Il sogno, la vita e l’immagine di una storia. Poter credere in qualcosa, in un ideale che ci porterà sempre a sognare. Mia nonna diceva sempre, Se devi scrivere un romanzo, scrivi un romanzo d’amore. Lo sai che le ragazze immaginano tanto ardore e passione
.
Mi chiamo Albert, la mia vita inizia in una località ricca di storia e cultura: Trieste. Insieme ai miei genitori e la nonna, la nostra è una famiglia affiatata e serena. Un invito a una festa, gremita di gente, gli adulti si incontrano, alternando strette di mano e abbracci. Lei, mia madre, fa le solite raccomandazioni, Albert, non combinare guai, ricorda sempre che se dovessero offrirti qualcosa, non accettare tutto quanto. Rispondi che non hai appetito in questo momento, non vogliamo essere considerati come una famiglia che nella vita è sprovvista dell’essenziale
.
Con un cenno della testa, annuisco a quel monito come fosse un rimprovero. La sua figura è piuttosto slanciata con i capelli scuri e una carnagione chiarissima e due occhi di un verde brillante, come il mare. Sì, come quello della mia città, che nelle giornate estive, quando ci rechiamo a passeggiare lungo quel belvedere, è di un bel colore smeraldo, dato dai raggi del sole che attraversano quelle acque mai tranquille.
Mi allontano vagando per questo giardino immenso, ricco di platani, lecci e ippocastani, aiuole ben curate con fiori stagionali. E mentre mi inoltro - altri ragazzini qua e là giocano - attira la mia attenzione un’altalena che ondeggia da un albero. Sul suo dondolare una ragazza, avrà la mia stessa età: quattordici anni; bella con i capelli lunghi, ricci castani chiari, con riflessi oro; e mano a mano che mi avvicino, noto che ha due occhi scuri come la notte. Va fiera del suo essere, lasciandosi trasportare avanti e indietro, su e giù. I suoi capelli, leggeri si librano nell’aria e io qui vicino a lei che mi sorride, la osservo ammutolito.
Ciao, sono Lena. Tu come ti chiami?
Albert...
Piacere Albert, ti va di fare muovere l’altalena più velocemente in modo che possa toccare il cielo con un dito? Amo il vento che sfiora il mio viso
.
Sì, se non hai paura
.
Con fare imbarazzato di chi a questa età non ha ancora dimestichezza con le figure femminili, oltre mia madre e la nonna, mi avvicino e inizio a spingere quella seduta in legno sul quale è poggiata, sfiorandone le vesti. Soffici, leggere, di un tessuto che non avevo mai visto. Qualche volta, un fazzoletto di quella trama lo avevo notato tra le mani della nonna. Ma è un vecchio pensiero.
Mentre incalzo l’altalena ad andare sempre più veloce, la mia mente vaga nel ricordo di quei momenti dove passavo il tempo a leggere, studiare e scrivere, e ora sono qua. Tante volte mi è mancato vivere come tutti i ragazzini della mia età. Troppo in fretta con la consapevolezza di una vita piena di responsabilità e di riguardi verso l’unica persona che mi aveva educato e cresciuto quando i genitori erano in viaggio. Ogni tanto quando mi chiamava dinanzi a sé, raccontava tanto della vita, queste parole si sovrapponevano una sull’altra come un turbinio di musica e colori. L’unica cosa che riuscivo a carpire era l’amore che trasmetteva, e del fatto che per ogni cosa potevo contare su di lei e viceversa. Continuava a dire, Sai sono così fortunata ad avere un nipote come te. Sarai il cavaliere, che mi accompagnerà per tutti gli anni che mi restano da vivere su questa terra
.
Sorrideva felice di questo e giuravo a me stesso che sarei stato sempre al suo fianco.
Quando a un tratto, ricordo solo un gran botto, cado all’indietro e perdo i sensi per un attimo e poi più nulla. Sdraiato per terra, con il viso rivolto verso il cielo, ancora stordito mi desto, lei è lì sopra di me, che mi accarezza. Ho un bozzo sulla fronte, un colpo di altalena mi ha atterrato, perso com’ero nei miei pensieri, non sono stato attento del movimento di ritorno o mi sono portato troppo avanti. Ed eccomi qua, come un pugno sferratomi da un pugile cerco di riprendermi da questa batosta. Lei è dolcissima, mi sfiora il viso e lo bagna con dell’acqua presa da un’aiuola con un fazzoletto, me lo imprime sulla fronte e sorride.
Albert, come va? Vuoi che chiami i tuoi? Ti sei avvicinato troppo e non mi sono accorta per tempo
.
Scusami tu, sono molto distratto. Pensavo ad altro
. Con un sorriso imbarazzato, ancora intontito, tento di sollevarmi dalla ghiaia, appoggiandomi al tronco di una pianta, per riprendermi del tutto. Come tutti gli eventi di questo tipo, non so cosa dire e come comportarmi, scappo come un codardo verso quel luogo di adulti, in cerca di un rifugio.
Da allora non l’ho più rivista.
CAPITOLO 2
Il risveglio non è facile, la realtà è difficile. Tutto quello che voglio è poter dormire. Mi sento così senza più energie.
Tutto bene, signor Costantini? Su, su si svegli, così posso aiutarla a stare un po’ seduto
.
Non ho voglia, la prego. Sono stanco, tanto stanco. I dolori non mi danno pace
. Su, niente capricci, tra poco verranno a trovarla i suoi figli. Se mi aiuta un po’, saremo velocissimi
.
Eccola qua come tutte le mattine, che mi desta dai pensieri. Francesca è il suo nome, l’infermiera più efficiente che conosca, mi assiste con amore. Piccola nella statura con due occhi vispi e attenti color nocciola, la sua forza sta nell’essere determinata e attenta a tutto ciò che riguarda noi ospiti di questa residenza, per non parlare della sua voce con toni alti e forti che desterebbe anche il più lento in assoluto.
Fatto. Ora l’aiuto a rimettersi a letto, con Gianni
. Si affaccia lungo il corridoio gridando il nome del collega. Alto e grosso, con una forza incredibile e un sorriso sardonico, a parte l’aspetto fisico ha uno sguardo buono. È stato scelto per dare una mano insieme a qualche altro infermiere, per gli spostamenti che richiedono pazienza e modi delicati; anche perché siamo come dei vasi di cristallo, che possono andare in mille pezzi da un momento all’altro, se si opera con manovre sbagliate. Mi prende in braccio, adagia il mio corpo nel letto, rimbocca le coperte e solleva le sponde. Sembra di essere tornato bambino. È per il mio bene, come dice Silvia la mia dottoressa. Dolcissima e premurosa come una mamma. Sono stato affidato per le cure, proprio a lei. Alta e filiforme con due occhi azzurro intenso, che verrebbe voglia di spiccare il volo e librarsi su questa distesa di cielo. Dicono che gli occhi siano lo specchio dell’anima, forse è così. I miei figli sono pienamente appagati di tutta l’assistenza che offrono e ciò li rende sereni.
Tutte le sere viene