Vortice
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Info su questo ebook
Un’intesa straordinaria in pagine cariche di dolore e tensione per un finale assolutamente sorprendente. Sentimenti difficili da raccontare eppure resi con talento straordinario da un’esordiente di grande carattere e sensibilità. Un Vortice da cui lasciarsi travolgere e leggere tutto d’un fiato.
Giorgia Amantini è nata ad Anzio (RM) il 26 luglio 1983. Ha conseguito la laurea specialistica in Management, economia, finanza e diritto d’impresa presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Appassionata di sport, lettura, scrittura, fotografia e recitazione amatoriale, dal 2007 è anche scrittrice e regista teatrale amatoriale sul territorio di Nettuno (RM) con l’Associazione Culturale Arcadialogo di Nettuno (RM). Questa è la sua prima pubblicazione.
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Anteprima del libro
Vortice - Giorgia Amantini
famiglia.
Prologo
Sta ancora dormendo, l’effetto del sonnifero non si è ancora placato, perlomeno così mi disse Papa. Papa lo portò qui due ore fa dopo averlo rapito all’uscita del suo ufficio. Mi spiegò che era un costruttore, cioè uno che per vivere costruisce palazzi, case, capannoni utilizzando materiale scadente e a basso costo, per poi rivenderli a un prezzo maggiore e magari, dopo un terremoto, rimetterci le mani e ricostruirli nuovamente con lo stesso materiale scadente, ricominciando tutto daccapo.
Mi disse che dovevo stare attenta a lui, dargli da mangiare e da bere quando si svegliava, fargli la guardia, stando sempre in campana perché era un fottuto serpente a sonagli. E quando chiesi a Papa che cosa significasse questo, lui mi domandò se avevo paura dei serpenti. Io gli risposi di sì perché sono viscidi e pericolosi e lui mi disse che quello era un uomo viscido e pericoloso, come i serpenti stessi. Papa era bravo a spiegarmi le cose, lo faceva sempre, gli piaceva insegnarmi e quando capii quello che voleva dire, mi limitai ad annuire e a fargli capire con i miei occhi cattivi che non mi avrebbe fatto del male.
Eppure, a vederlo sdraiato su questo pagliericcio, con i polsi e le gambe legate, con i capelli grigi scompigliati, la camicia bianca che gli spiccava sotto la giacca nera, non mi dava l’impressione di un serpente. E quando aprì gli occhi lentamente e mi vide, non gridò.
Di solito non faccio una bella impressione, tutti quelli che mi vedono hanno come prima reazione quella di strillare e di scappare da me, ma lui no. Chissà perché, sembrava non essere sorpreso di essersi risvegliato in quel posto di merda e di avere me come carceriera. Vidi che mi fissava, cercando di scorgermi meglio alla debole luce che filtrava tra le grate. E quando mi scorse, continuò a non avere paura. Mi chiese solo dove si trovava e non ottenendo risposta cercò di tirarsi su a sedere, senza riuscirci. Allora mi guardò implorante e mi chiese di metterlo dritto sulla tavolozza, perché le assi consunte gli erano entrate nell’addome provocandogli un forte dolore. Io mi ricordai di quello che mi aveva detto Papa, improvvisamente lo vidi come un serpente a sonagli, con gli occhi verdi e la corporatura strisciata di rosso e nero e feci gli occhi cattivi. Ma lui non si spaventò e chiese