179 gradi: Triangolo imperfetto
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Info su questo ebook
Sono nato nel 1965 a Livorno dove mi sono diplomato al liceo scientifico. Ho iniziato a collaborare con la casa Editrice fiorentina Ed.a.i. a 16 anni, scrivendo su una rivista di aeronautica a livello nazionale articoli di modellismo; la collaborazione è durata per dieci anni e si è estesa con gli anni ad articoli riguardanti il mondo dell’elettronica, materia nella quale mi sono laureato a Pisa nell’aprile del 1991. Dopo il servizio militare in marina come ufficiale ed alcune esperienze lavorative nel campo della radar meteorologia e del software automation, da oltre venti anni lavoro in una azienda metalmeccanica di respiro internazionale con ruoli di crescente responsabilità ed attualmente coordino una struttura con persone in Italia, India e Vietnam. Il mio primo romanzo, “1808 (quasi una storia)” ha vinto nel 2006 il primo premio al concorso Torino Città amica. Ho pubblicato in e-book un secondo romanzo, “L’illustratore” nel 2012; un mio racconto è stato inserito in una raccolta di racconti a tema Il gioco di vivere e mi sono cimentato in una fiaba per bambini: “Le avventure di sasso Lino”
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Anteprima del libro
179 gradi - Eugenio Lorenzini
NuoveVoci
CONFINI SPERIMENTALI
Eugenio Lorenzini
179 gradi (triangolo imperfetto)
© 2019 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-0585-5
I edizione luglio 2019
Finito di stampare nel mese di luglio 2019
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
179 gradi (triangolo imperfetto)
Capitolo 1
Ospedale psichiatrico Bohnice cartella n° 24602
I brani che seguono sono estratti dalla cartella clinica
n° 24602 dell’ospedale psichiatrico Bohnice di Praga.
Oggi, 16 ottobre xxxxx il paziente viene accolto nella struttura. Le note del pronto soccorso dove gli è stata prestata l’assistenza iniziale, allegate alla presente, parlano di forte stato confusionale e di presenza di numerose ecchimosi; sottolineano una notevole forza fisica. Al suo arrivo il paziente è calmo, assolutamente controllato; non ha opposto alcuna resistenza e non è sotto effetto di sedativi o psicofarmaci, come da esami del sangue allegati.
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Mercoledì, 17 ottobre. Visita di ammissione: come evidenziato dai dati allegati, il paziente ha un fisico atletico; l’e.c.g. sotto sforzo riporta valori di resistenza estremamente elevati, come di atleta particolarmente allenato; al termine della prova standard il soggetto non appare minimamente affaticato. Vista e udito nella norma; riflessi superiori alla media.
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Giovedì, 18 ottobre. Note dal primo colloquio col paziente.
Dottore - Dalla visita di ieri è apparso un corpo in ottima forma: lei è un atleta?
Paziente - Grazie. È per via del triathlon. Iniziai quasi per gioco, una scommessa tra amici e poi ero arrivato a allenarmi per ore tutti i giorni. Nuotavo e se non nuotavo correvo, con ogni tempo e temperatura; ho vinto anche qualche gara e volevo sempre migliorare.
D - Complimenti. Non è una disciplina molto nota e per certo non riceve molta pubblicità nel nostro paese.
P - Le posso dire che riceve anche pochi aiuti come federazione.
D - E le cicatrici che abbiamo notato...
P - Sempre per via dello sport: sono caduto male un paio di volte in allenamento e poi… una volta con la moto; sono stato fortunato, quella volta avrei potuto farmi molto male.
.........
Per tutto il colloquio il paziente si è mostrato sicuro nelle risposte e sotto controllo; nessun segno di fastidio o impazienza; modi affabili; le mani non hanno mostrato segni di nervosismo. Forse un accenno di sorpresa quando sono state citate le cicatrici, ma niente più di un sopracciglio appena sollevato: potrebbe essere stata anche solo un’impressione di chi scrive.
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22 ottobre. Note dal 3° colloquio con il paziente.
D - Mi vuole parlare della sua famiglia?
P - Dei miei familiari oggi o di quando ero piccolo?
Nota a margine: per la prima volta risponde con una domanda.
D - Gradirei sentire da lei come è composta oggi; poi se mi può parlare dei suoi rapporti con gli altri membri.
P - I miei genitori sono morti e sono figlio unico.
D - Mi spiace. Che cosa mi può dire di loro?
P - "Mio padre non l’ho mai conosciuto: è morto che ero piccolo; me ne parlava qualche volta mia madre, ma le dovessi dire che mi sono mai fatto un’immagine precisa di lui... Mia madre è morta alcuni anni fa, quando ero alle superiori. Andavamo d’accordo: strano vero? Però avevo un bel rapporto con lei. In fondo ero cresciuto solo con lei. Era una donna forte, intelligente, con una bella forza di volontà; direi che era una donna, ma per certi versi sembrava un uomo, se capisce cosa voglio dire.
.........
Come per i colloqui precedenti, il paziente risponde in modo sicuro e diretto; non mostra segni di alterazione. È molto controllato (troppo?). Non ha ancora citato alcun nome né di persona né di luogo.
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30 ottobre. Il paziente ha avuto una crisi notturna: ha urlato nel sonno e si è svegliato di soprassalto, sudato. L’infermiere di guardia ha udito distintamente alcuni nomi e frasi, trascritte nel rapporto allegato, assieme ai valori registrati di pressione, pulsazioni etc.
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2 novembre. Note dal 5° colloquio.
D - Che cosa le dice il nome xxxxxxxxx ?
P - Ho avuto un’amica con quel nome, alle superiori. Ci siamo frequentati per un certo periodo.
D - Quando ha avuto l’ultimo contatto con lei?
P - Anni fa.
D - Non è un nome comune da queste parti. Anzi, non ricordo di aver mai conosciuto nessuno con quel nome. Se lei potesse dirmi di più potremmo forse capire qualcosa sulla sua identità.
P - Davvero vorrei aiutarla; ricordo il suo volto, il fisico, ma non il cognome o l’indirizzo dove stava. È come se una parte della mia memoria fosse stata cancellata, solo una parte.
D - È vero; lei comunque non è un caso isolato: molti pazienti presentano forme di cancellazione selettiva, che talvolta si risolvono dopo brevi periodi o durano molti mesi. Noi siamo qui per questo: per aiutarli a ritrovarsi.
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Nota del 5 novembre: da indagini effettuate, il nome femminile citato ha nello Stato solo due occorrenze: un’anziana signora trasferitasi nel Paese alcuni anni fa ed una bambina. Evidentemente non può trattarsi della persona che il paziente dice di aver frequentato. La pronuncia del paziente non tradisce forme dialettali, ma comincio a dubitare che si tratti di un madrelingua; al prossimo colloquio farò in modo che assista anche qualcuno più esperto in lingue.
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10 novembre.
Dopo il colloquio di ieri il paziente ha avuto un brusco cambio di umore e sembra essersi chiuso in se stesso. Ha chiesto della carta per scrivere. Il collega che mi ha assistito durante il colloquio ha avanzato l’ipotesi che la lingua possa essere stata imparata in famiglia e che il paziente possa essere quindi nato altrove ed abbia vissuto nel Paese solo l’ultimo periodo. Ancora nessun nome, eccetto quel nome femminile pronunciato di notte.
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16 novembre. Note dall’8° colloquio.
D - Oggi faremo un piccolo esercizio. Le dirò delle parole e lei risponderà con la prima parola associata che le viene in mente. Non deve pensare, non ci sono risposte giuste o sbagliate, non è neanche un esame.
P - Sono pronto.
D - Scuola.
P - Compagni.
D - Casa.
P - Covo.
D - Auto.
P - Veloce.
D - Soldato.
P - Pistola.
D - Adesso proviamo la stessa cosa, ma associando un colore: scuola.
P - Verde.
D - Casa.
P - Nero.
D - Auto.
P - Bianca.
D - Soldato.
P - Verde.
D - Aveva mai fatto questo gioco?
P - No, ma mi piace: andiamo avanti?
D - Ok, ma con una sola domanda. Il resto lo lasciamo per un’altra volta.
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19 novembre.
L’analisi delle registrazioni dell’8° colloquio ha evidenziato alcune cose interessanti: la casa è stata associata ad un covo ed al colore nero. Questo potrebbe indicare un rapporto negativo con la famiglia, ma giorni prima il paziente aveva sostenuto di aver avuto un buon rapporto con la madre. Quali altre interpretazioni si possono dare? Nella casistica dell’Istituto la parola «casa» non è mai stata associata a «covo»: si tratta di una scelta inconsueta; abbiamo attivato una ricerca su altri istituti che seguono lo stesso metodo, ma siamo ancora in attesa di risposte. Covo ha un’accezione negativa, indica nascondiglio, ma anche luogo protetto, difficilmente accessibile. Potrebbe essere stato legato a qualche esperienza molto forte nel suo passato non riconducibile alla vita domestica: forse un passato da ricercato. Il soldato-verde è una traccia troppo labile: potrebbe indicare un servizio militare trascorso nell’esercito, escludendo cioè i corpi di aeronautica e marina, ma potrebbe anche essere un’associazione legata al fatto che per gli altri corpi si usano sostantivi diversi (aviere, marinaio). Prima di tornare ad associazioni verbali il paziente seguirà, nella prossima settimana, delle sedute in cui gli saranno mostrate delle immagini tratte dalla vita comune e da altri ambiti, registrando le reazioni.
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29 novembre. Note riassuntive della settimana.
Sono state mostrate al paziente circa 50 immagini al giorno, suddivise tematicamente. Per ogni immagine sono state ascoltate ed annotate le reazioni. È emerso ben poco di significativo. Nelle foto di capitali sono state riconosciute solo alcune delle città più famose: Londra, Roma, Parigi; non è stata riconosciuta Berlino e neppure Mosca, anche se i luoghi raffigurati non erano certe oscure periferie. Si è trattato di un’altra cancellazione selettiva? Un buono spunto era emerso dalla foto di Gerusalemme, dove ha fatto il seguente commento: «questa foto è datata». Alla domanda conseguente («da cosa lo deduce») ha risposto che le auto che si vedevano erano di modelli ormai non più circolanti: la risposta era sensata e non c’è bisogno di essere stati là per darla. Tra le foto di oggetti domestici non è riuscito a dare un nome né all’apriscatole né alla macchina da caffè: si conferma quindi l’ipotesi che non sia madrelingua. Quando ha visionato le immagini di monumenti è stato più loquace mentre sui panorami ha dato commenti quasi lapidari, ma non sembra che nessuno di questi gli abbia suscitato ricordi particolari: analoghe risposte sarebbero state date da uno studente delle superiori che ha visto le stesse immagini sui libri.
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12 dicembre. Note dal 12° colloquio.
D - Sono quasi due mesi che lei è nella nostra struttura ed abbiamo già fatto molti progressi. Abbiamo deciso di farle vedere una serie di film; però non sarà proprio come andare al cinema; diciamo che assomiglierà più ad un cineforum: al termine di ognuno di questi film le chiederemo di riempire un questionario. Pensiamo che ciò sarà utile.
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6 gennaio. Note dal 16° colloquio.
D - Adesso le propongo un gioco: io sono un cieco e lei mi deve guidare; però non lo farà davvero, cioè non andremo in giro a braccetto: mi dovrà solo descrivere quello che vede. La prima tappa è la sua scuola: mi deve accompagnare là partendo da casa sua. Se la sente?
P - Sono pronto. Possiamo uscire. Stia attento al gradino. Ecco, ora dobbiamo fare una decina di passi, poi giriamo a destra.
D - "Cosa sono questi rumori?
P - È un animale.
D - Ci sono degli animali vicini? Sono legati?
P - No, i vicini non hanno animali, è un cane di passaggio, al guinzaglio. Mi segua: adesso dobbiamo prendere l’autobus. C’è da aspettare qualche minuto.
D - Di che colore è l’autobus?
P - Verde.
D - Quanto dura il tragitto?
P - Una decina di minuti.
D - Sento altri rumori: sono come un rombo. Di cosa si tratta?
P - Sono aerei.
D - Siamo vicini a un aeroporto?
P - Sì, abbastanza.
D - Cosa si vede?
P - Poco, solo una recinzione.
D - E gli aerei, li vede?
P - Sì, in lontananza.
D - Che tipo di aeroplani vede?
P - Non lo so.
D - Guardi meglio.
P - Sono piccoli, sono militari.
D - Ne sta decollando uno? Sento un rumore molto forte.
P - Sono due, hanno le ali a delta.
D - È arrivato l’autobus?
P - Non ancora. Eccolo, sta arrivando.
D - Chi sale sull’autobus oltre noi?
P - Due studenti e un poliziotto.
D - "Me li