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Parlando con il Dottor Cheman
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E-book63 pagine49 minuti

Parlando con il Dottor Cheman

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I dialoghi in questo libro sono sviluppati attraverso due personaggi che si conoscono grazie a un’intervista. Il giornalista, o aspirante tale, si chiama Aldo Bosio, ed è un giovane che si sta affacciando al mondo dell’informazione con entusiasmo e molte aspettative, mentre l’intervistato è il dottor Cheman, un sociologo in pensione che si è ritirato a vita solitaria. Nasce una frequentazione con la quale Cheman trova un’occasione importante per trasmettere i suoi pensieri e la sua esperienza. Mentre il rapporto tra i protagonisti evolve verso l’amicizia, gli argomenti di discussione non seguono un filo logico, ma vengono trattati in maniera improvvisata. Spero che i dialoghi possano rappresentare un’opportunità di riflessione e di critica nei confronti della realtà.
LinguaItaliano
Editorepratico74
Data di uscita21 nov 2020
ISBN9791220225540
Parlando con il Dottor Cheman

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    Anteprima del libro

    Parlando con il Dottor Cheman - Gianluca Frasca

    Ringraziamenti

    INTRODUZIONE

    I dialoghi in questo libro sono sviluppati attraverso due personaggi che si conoscono grazie a un’intervista. Il giornalista, o aspirante tale, si chiama Aldo Bosio, ed è un giovane che si sta affacciando al mondo dell’informazione con entusiasmo e molte aspettative, mentre l’intervistato è il dottor Cheman, un sociologo in pensione che si è ritirato a vita solitaria. Nasce una frequentazione con la quale Cheman trova un’occasione importante per trasmettere i suoi pensieri e la sua esperienza. Mentre il rapporto tra i protagonisti evolve verso l’amicizia, gli argomenti di discussione non seguono un filo logico, ma vengono trattati in maniera improvvisata. Spero che i dialoghi possano rappresentare un’opportunità di riflessione e di critica nei confronti della realtà.

    Buona lettura.

    IL VIAGGIO VERSO CHEMAN

    Mi svegliai di buon’ora in un giorno assolato, chiaro segno che il rigido inverno era ormai alle spalle. Vestito di tutto punto scesi nella sala dell’hotel dove servivano la colazione, preferendo le scale all’ascensore per sgranchirmi un po’ le gambe. Un caffè molto zuccherato e una brioche che non sapeva di nulla precedettero il conto pagato a una cassiera che, seppure un po’ attempata, sfoggiava con orgoglio il proprio decolleté . In macchina le indicazioni del navigatore mi guidarono verso la statale che da lì a poco mi avrebbe condotto sul Monte della Contadina, dove viveva il dottor Cheman.

    Cheman era un sociologo in pensione, diventato noto in un primo momento per le sue idee che avevano suscitato parecchie critiche, soprattutto negative. Proprio quando il dottore doveva rispondere a quelle polemiche per aumentare la sua notorietà, decise di tacere. Si era eclissato, non veniva più invitato nelle trasmissioni televisive, come se lo considerassero colpito e abbattuto, con l’ovvia conseguenza che anche i suoi libri non si vendevano più come una volta. Credevo che avesse accettato di rilasciarmi un’intervista solo perché ero un aspirante giornalista, che collaborava su una testata non diffusissima, ma sicuramente meno parziale di tante altre. Avevo deciso di contattarlo più che altro per fare esperienza, e perché avevo letto che un noto ricercatore italo canadese, che lo aveva conosciuto per puro caso, aveva definito Cheman una persona eccezionale. Un giudizio positivo dunque, dato però da uno straniero che non aveva colto ciò che spesso i critici italiani gli avevano rimproverato, cioè di essere troppo esterofilo. A dirla tutta volevo intervistarlo anche perché il Dottor Cheman non aveva chiesto soldi, e posto come unica condizione il fatto che io, non gli facessi domande di politica. In pochi giorni mi documentai molto su Cheman, anche se sulla sua vita non riuscii ad avere molte notizie attendibili. In compenso, reperii tutti i suoi libri pubblicati, potendone però leggere solo alcuni per questioni di tempo.

    C’eravamo quasi, dopo una ripida salita con parecchi tornanti scorsi verso la cima il civico n° 8, a cui si trovava la casa del dottore. Sul videocitofono c’erano solo le sue iniziali, ma per farmi aprire non dovetti né annunciarmi, né aspettare molto dopo aver suonato. Per telefono il dottor Cheman, contrariamente alla maggior parte degli intervistati, mi disse che non voleva sapere in anticipo le domande, e questo mi faceva un po’ paura, anche se, ragionandoci sopra, ciò doveva spaventare più lui che me. Superai il cancello in ferro con la mia borsa in pelle, e percorsi un breve viale immerso nel verde. Un portone di legno un po’ scolorito, perfettamente al centro di una piccola casa a un piano, era la sola cosa che mi separava dall’intervistato. Stavo per suonare il campanello accanto all’ingresso, quando sentii dire con voce squillante: Buongiorno!

    Era il saluto del dottor Cheman, che sbucò quasi all’improvviso dall’angolo sinistro della sua abitazione. Dopo i soliti convenevoli e una bella stretta di mano, Cheman mi fece strada, percorrendo l’esterno della casa, e invitandomi a entrare dal retro. Un porticato in legno circondato da una siepe tagliata ad arte era lo scenario prescelto dall’intervistato per il nostro incontro.

    C.: Prego, si accomodi.

    Ci sedemmo sotto il loggiato l’uno di fronte all’altro, divisi da un piccolo tavolo quadrato. Chiesi se potevo usare il registratore, che attivai solo dopo un breve cenno della testa da parte del

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