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Tutte le fiabe dei Fratelli Grimm: Volume 1
Tutte le fiabe dei Fratelli Grimm: Volume 1
Tutte le fiabe dei Fratelli Grimm: Volume 1
E-book192 pagine2 ore

Tutte le fiabe dei Fratelli Grimm: Volume 1

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I fratelli Grimm sono diventati celebri per aver raccolto ed elaborato moltissime fiabe della tradizione tedesca e francese; l'idea fu di Jacob, professore di lettere e bibliotecario.
I canti popolari furono il primo interesse dei due fratelli: in effetti, in accordo con le idee del Romanticismo, i Grimm esaltarono la tradizione dell’antichità germanica, il Medio Evo ed il popolo.
Inoltre, furono i primi nell'epoca, a intendere una raccolta di testi del folclore come un lavoro scientifico, proponendosi di rendere fedelmente con la scrittura, la parola della gente.
Nel corso degli anni, però, cambiarono i criteri di lavoro. Infatti, se inizialmente la registrazione fedele al dettato popolare fu il loro punto d’onore, poi i Grimm lavorarono esclusivamente sulla base delle varianti della stessa fiaba.
Sebbene le prime raccolte di favole non fossero destinate originariamente ad un pubblico infantile, tutte le edizioni dal 1819 in poi si rivolsero esplicitamente ai bambini, ed in questo senso possiamo notare una certa evoluzione del concetto d’infanzia e dell’importanza del ruolo sociale e letterario dei bambini, come fruitori di fiabe nella società del tempo. Lo spostamento di destinazione è dovuto a Wilhelm che, avendo preso in mano le redini della raccolta nel 1819, vi introdusse ulteriori cambiamenti affinché i racconti si adeguassero alla sua immagine dell’infanzia ed esercitassero quella funzione pedagogica che egli attribuiva ad essi.
Il pubblico borghese accolse questa iniziativa con tale entusiasmo che da quel momento in poi, la raccolta grimmiana divenne una vera e propria istituzione nazionale, attraverso cui i bambini di molte generazioni assorbirono valori basilari della cultura dominante.
Questa collana raccoglie in svariati volumi, tutte le fiabe dei fratelli Grimm, dedicata ai bambini e agli amanti della tradizione popolare.

LinguaItaliano
Data di uscita21 gen 2020
ISBN9781370402113
Tutte le fiabe dei Fratelli Grimm: Volume 1
Autore

Fratelli Grimm

Jacob Ludwig Karl Grimm (Hanau, 4 gennaio 1785 – Berlino, 20 settembre 1863) e Wilhelm Karl Grimm (Hanau, 24 febbraio 1786 – Berlino, 16 dicembre 1859), meglio noti come i fratelli Grimm, furono due linguisti e filologi tedeschi, ricordati come gli "iniziatori" della germanistica.Al di fuori della Germania sono conosciuti per aver raccolto e rielaborato le fiabe della tradizione popolare tedesca nelle opere Fiabe del focolare (Kinder- und Hausmärchen, 1812-1822) e Leggende germaniche (Deutsche Sagen, 1816-1818). Fra le fiabe più celebri da loro pubblicate vi sono classici del genere come Hänsel e Gretel, Cenerentola, Il principe ranocchio, Raperonzolo, Cappuccetto Rosso e Biancaneve.

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    Anteprima del libro

    Tutte le fiabe dei Fratelli Grimm - Fratelli Grimm

    La giubba verde del diavolo

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    C'erano una volta tre fratelli che allontanavano sempre il più piccolo di loro; quando vollero andarsene per il mondo, gli dissero: -Non abbiamo bisogno di te, vattene da solo-. Così lo abbandonarono ed egli dovette procedere solo; giunse in una gran brughiera ed era molto affamato. Nella brughiera c'era un cerchio d'alberi: vi si sedette sotto e si mise a piangere. D'un tratto udì un rumore e, quando si guardò attorno, vide venire il diavolo con una giubba verde e un piede di cavallo. -Che cos'hai, perché piangi?- disse. Allora egli gli confidò la sua pena e disse: -I miei fratelli mi hanno scacciato-. Disse il diavolo: -Voglio aiutarti: indossa questa giubba verde, ha delle tasche che sono sempre piene di denaro; puoi prenderne fin che vuoi. In compenso però voglio che per sette anni tu non ti lavi, non ti pettini, né preghi. Se muori in questi setti anni, sei mio; ma se rimani in vita, sarai libero e ricco fino alla fine dei tuoi giorni-.

    Il giovane finì coll'accettare, per via del bisogno in cui si trovava; così indossò la giubba verde che il diavolo si era tolta di dosso, e quando infilò la mano in tasca la trovò piena di denaro. Così se ne andò in giro per il mondo con la giubba verde. Il primo anno andò bene: tutto ciò che desiderava lo pagava con il suo denaro, ed era ancora considerato come un essere umano. Ma già il secondo anno le cose andarono peggio: i capelli gli erano cresciuti tanto che nessuno più lo riconosceva; inoltre nessuno voleva dargli alloggio per via del suo aspetto orrendo. E, più passava il tempo, peggiore diventava.

    Ma ovunque egli dava del denaro ai poveri, perché pregassero per lui, che non morisse entro i sette anni e cadesse così nelle mani del diavolo. Nel quarto anno giunse a un'osteria dove l'oste non voleva accoglierlo. Ma egli tirò fuori di tasca una manciata di denaro e pagò in anticipo, così ottenne finalmente una stanza. La sera udì piangere forte nella stanza attigua, aprì la porta e scorse un vecchio che piangeva disperatamente e gli disse di andarsene poiché non poteva aiutarlo di certo. Ma il giovane gli domandò che cosa mai lo affliggesse tanto, e il vecchio disse che non aveva più soldi; era in debito con l'oste che l'avrebbe trattenuto finché non avesse pagato. Allora il giovane dalla giubba verde disse: -Se è tutto qui, di denaro io ne ho a sufficienza: pagherò per voi-. E liberò l'uomo dai suoi debiti. Il vecchio aveva tre belle figlie e gli disse di scegliersene una in moglie come ricompensa.

    Ma quando giunsero a casa e la maggiore lo vide, si mise a gridare all'idea di sposare un essere così orrendo, che non aveva più aspetto umano e sembrava un orso. Anche la seconda fuggì via e preferì andarsene per il mondo. La terza invece disse: -Caro babbo, se gli avete promesso una sposa, ed egli vi ha aiutato nel momento del bisogno, vi ubbidirò-. Allora il giovane dalla giubba verde si tolse dal dito un anello, lo spezzò, ne diede metà alla fanciulla e tenne per s‚ l'altra; e nella prima scrisse il proprio nome, nell'altra il nome di lei, pregandola di serbare con cura la metà dell'anello. Rimase ancora un po' di tempo con lei, e infine disse: -Ora debbo prender congedo, rimarrò lontano per tre anni, siimi fedele in questo periodo di tempo; quando tornerò celebreremo le nostre nozze. Se invece non torno sei libera, perché io sarò morto, ma tu prega Dio che mi tenga in vita-. In quei tre anni le due sorelle maggiori della sposa si fecero beffe di lei e le dicevano che avrebbe avuto un orso per marito al posto di un uomo normale.

    Ma la fanciulla taceva e pensava che qualunque cosa succedesse doveva ubbidire al padre. Il giovane dalla giubba verde, invece, se ne andò in giro per il mondo, mise spesso le mani in tasca e comprò per la sua sposa le cose più belle che gli capitavano sotto gli occhi. Non fece nulla di male, anzi fece del bene dove poteva e dette del denaro ai poveri affinché pregassero per lui. Allora Dio gli fece la grazia e, trascorsi i tre anni, egli era ancora vivo e sano.

    Quando il tempo fu trascorso si recò nuovamente nella brughiera e si sedette sotto quel cerchio di alberi. Si udì un forte sibilo, ed ecco arrivare il diavolo tutto arrabbiato e brontolante; gli buttò la sua vecchia giubba e rivolle indietro quella verde. Il giovane se la tolse con gioia, la porse al diavolo ed era ricco e libero per sempre. Poi se ne andò a casa, si ripulì per bene e si mise in cammino per recarsi dalla sua sposa.

    Quando giunse al portone d'ingresso, incontrò il padre; lo salutò e disse di essere lo sposo, ma quello non lo riconobbe e non voleva credergli. Allora egli salì dalla sposa, ma anch'ella non voleva credergli. Infine egli le domandò se avesse ancora la metà dell'anello. Ella rispose di sì e andò a prenderla; anch'egli prese la sua, l'accostò all'altra e si vide che le due parti combaciavano perfettamente: egli non poteva che essere il suo sposo E quand'ella vide che era un bell'uomo, si rallegrò, lo amò e celebrarono il matrimonio. Le due sorelle, invece, erano così furiose di aver perso quella fortuna, che lo stesso giorno del matrimonio l'una si annegò, mentre l'altra si impiccò.

    La sera, bussarono alla porta e si sentì un brontolio; quando lo sposo andò ad aprire, ecco il diavolo in giubba verde, che disse -Vedi, adesso ho due anime in cambio della tua!-

    Il re di macchia e l’orso

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    Una volta, d'estate, l'orso e il lupo se ne andavano insieme a spasso nel bosco; l'orso udì un dolce canto d'uccello e disse -Fratello lupo, che uccello è questo che canta così bene?-. -E' il re degli uccelli- rispose il lupo -dobbiamo inchinarci davanti a lui.- E invece era il re di macchia. -Se è così- disse l'orso -mi piacerebbe anche vedere la sua reggia: vieni, conducimi da lui.- -Non è così facile come credi- disse il lupo. -Devi aspettare che torni Sua Maestà la regina.- Poco dopo giunse Sua Maestà la regina con un po' di cibo nel becco, e così pure Sua Maestà il re; e volevano imbeccare i loro piccoli. L'orso avrebbe voluto seguirli subito, ma il lupo lo trattenne per la manica e disse: -No, prima devi aspettare che il re e la regina se ne siano andati-. Così guardarono bene dove si trovava il nido e se ne andarono.

    Ma l'orso non aveva pace, voleva vedere la reggia, e poco dopo tornò là davanti. Il re e la regina erano volati via: egli guardò dentro e vide cinque o sei piccoli nel nido -Sarebbe questa la reggia?- disse l'orso. -E' un palazzo ben misero! E anche voi non siete principini, ma gentaglia!- All'udire queste parole, gli scriccioletti andarono su tutte le furie e gridarono: -No, questo non è vero, i nostri genitori sono gente onorata. Orso, questa ce la pagherai!-. Il lupo e l'orso si spaventarono, e scapparono a rifugiarsi nelle loro tane.

    Ma i piccoli scriccioletti continuarono a gridare e a strepitare, e quando i genitori ritornarono con il cibo dissero: -Non toccheremo neanche una zampetta di mosca, a costo di morir di fame, se prima non mettete in chiaro se siamo o no gente onorata: è venuto l'orso e ci ha insultati-. Allora il vecchio re disse -State tranquilli, tutto sarà chiarito-. Poi volò con Sua Maestà la regina davanti alla tana dell'orso e gridò: -Orso brontolone, hai insultato i nostri piccoli: peggio per te, risolveremo la cosa in una guerra sanguinosa-. Così dichiararono guerra all'orso e furono chiamati a raccolta tutti i quadrupedi: il bue, l'asino, il toro, il cervo, il capriolo e tutte le bestie che vi sono sulla terra. Il re di macchia, invece, radunò tutte quelle che volano, non solo gli uccelli grandi e piccoli, ma anche le zanzare, i calabroni, le api e le mosche.

    Quando venne il momento di incominciare la guerra, il re di macchia inviò delle spie per sapere chi fosse il comandante in capo del nemico. La zanzara fu più furba di tutti, vagò per il bosco dove si radunava il nemico e andò infine a posarsi sotto una foglia dell'albero dove si dava la parola d'ordine. C'era l'orso che chiamò la volpe e disse: -Volpe, tu sei il più astuto degli animali, devi essere generale e guidarci; quali segnali adopereremo?-. La volpe rispose: -Io ho una bella coda lunga e folta che sembra quasi un pennacchio rosso: se la tengo diritta, le cose vanno bene, e voi dovete andare all'assalto; se invece la lascio pendere, scappate via in fretta-.

    Dopo aver sentito questo, la zanzara volò via e riferì tutto per filo e per segno al re di macchia. Quando giunse il giorno in cui si doveva dare battaglia, olà, i quadrupedi arrivarono di carriera facendo tanto rumore che la terra tremava; anche il re di macchia giunse a volo con la sua armata che ronzava, strillava e svolazzava da far paura. Così mossero gli uni contro gli altri. Ma il re di macchia mandò giù il calabrone, che doveva posarsi sotto la coda della volpe e pungerla a più non posso. Alla prima puntura, la volpe saltò su e alzò una gamba, ma sopportò e tenne la coda diritta; alla seconda dovette abbassarla per un momento; ma alla terza non poté più trattenersi, mandò un grido e si prese la coda fra le gambe.

    A quella vista, gli animali credettero che tutto fosse perduto e si misero a correre, ognuno nella sua tana. Così gli uccelli vinsero la battaglia. Allora il re e la regina volarono dai loro piccoli e gridarono: -Allegri piccini, mangiate e bevete a volontà: abbiamo vinto la guerra!-. Ma i piccoli scriccioletti dissero: -Non mangiamo ancora: prima l'orso deve venire davanti al nido a scusarsi e dire che siamo figli di gente onorata-.

    Allora il re di macchia volò alla tana dell'orso e gridò: -Orso brontolone, devi andare al nido dai miei piccini a chiedere perdono, e devi dire che sono figli di gente onorata, altrimenti ti romperemo le costole-. L'orso, pieno di paura, andò a chieder perdono. Allora finalmente i piccoli scriccioletti si sedettero tutti insieme, mangiarono, bevvero e se la spassarono fino a tarda notte.

    La pappa dolce

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    C'era una volta una povera fanciulla pia, che viveva sola con sua madre; e non avevano più nulla da mangiare. Allora la fanciulla andò nel bosco e incontrò una vecchia che già conosceva la sua povertà, e che le regalò un pentolino. Doveva dirgli: -Cuoci la pappa, pentolino!- e il pentolino cuoceva una buona pappa dolce di miglio; e quando diceva: -Fermati, pentolino!- il pentolino smetteva di cuocere.

    La fanciulla lo portò a casa a sua madre: la loro miseria e la loro fame erano ormai finite, ed esse mangiavano pappa dolce ogni volta che volevano. Un giorno che la fanciulla era uscita, la madre disse: -Cuoci la pappa, pentolino!-. Quello fa la pappa ed ella mangia a sazietà; ora vuole che il pentolino la smetta, ma non sa la parola magica. Così quello continua a cuocere la pappa, e la pappa trabocca e cresce e riempie la cucina e l'intera casa, e l'altra casa ancora e poi la strada, come se volesse saziare tutto il mondo, ed è un bel guaio e nessuno sa come cavarsela.

    Infine, quando non restava una sola casa intatta, ritorna a casa la fanciulla e dice: -Fermati, pentolino!- e il pentolino si ferma e smette di fare la pappa; e chi volle tornare in città, dovette farsi strada mangiando.

    I fedeli animali

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    C'era una volta un uomo che aveva poco denaro, e con quel poco che gli rimaneva se ne andò in giro per il mondo. Giunse in un villaggio dove i fanciulli correvano tutti insieme, gridando e facendo chiasso. -Che cosa state facendo, ragazzi?- domandò l'uomo. -Abbiamo preso un topo- risposero quelli. -Ora lo facciamo ballare, guardate che divertimento! Come saltella!- Ma all'uomo il povero animaletto faceva pena, perciò disse: -Lasciate andare il topo, ragazzi, in cambio vi darò del denaro-. Egli diede loro dei soldi e quelli liberarono il topo che corse, più in fretta che poté a rifugiarsi in un buco. L'uomo proseguì il suo cammino e giunse in un altro villaggio dove dei

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