Il dolore orofacciale
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Anteprima del libro
Il dolore orofacciale - Carmelo Costa
Carmelo Costa, Laura Bertini, Filippo Brighina, Marzia Buonfiglio, Amedeo Costantini, Paolo Marchettini, Marco Mercieri, Alfonso Papa, Vincenzo Raieli, Rosaria Rapisarda, Domenico Viscuso
Il dolore orofacciale
ISBN: 9788894114799
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice
Autori
Tavola 1
Tavola 2
Tavola 3
Tavola 4
Prefazione
Introduzione
Parte 1
1. La fisiopatologia del dolore facciale
2. I test neurofisiologici per la valutazione del dolore orofacciale
3. La visita del paziente con dolore orofacciale
4. La psicodiagnosi nel dolore orofacciale: il valore della valutazione cognitivo-comportamentale
Parte 2
5. La nevralgia trigeminale
6. La nevralgia glossofaringea
7. La nevralgia occipitale
8. Il dolore facciale idiopatico persistente (PIFP)
9. Il dolore neuropatico trigeminale post-traumatico (PTTN)
10. La sindrome della bocca che brucia (BMS)
11. Herpes zoster e nevralgia posterpetica trigeminale
12. Le algie facciali in età pediatrica
Parte 3
13. Il dolore miogeno facciale
14. I disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare
Parte 4
15. La cefalea a grappolo
16. L’emicrania parossistica
17. L'emicrania continua
18. Le short-lasting unilateral neuralgiform headache attacks (SUNHA)
Parte 5
19. I blocchi nervosi periferici della faccia
20. La tossina botulinica
21. Gli interventi sul ganglio di Gasser e sedi limitrofe
22. Gli interventi sul ganglio sfenopalatino
23. Gli interventi sul rachide cervicale per il dolore della testa e della faccia
24. Le tecniche di neuromodulazione elettrica per il dolore della testa e della faccia
Bibliografia
Cartella Clinica
COLLANA MEDICINA DIDATTICA
Il ricordo della felicità non è più felicità,
il ricordo del dolore è ancora dolore
Lord Byron
Autori
Laura Bertini , Centro di Terapia del Dolore, Presidio S. Caterina della Rosa, ASL 2, Roma
Filippo Brighina, Prof. Associato Dipartimento di Biomedicine, Neuroscienze e Diagnostiche avanzate (BIND), Università di Palermo
Marzia Buonfiglio, Centro Cefalee, Dipartimento di Medicina Clinica, Policlinico Umberto I, Roma
Paolo Cannizzaro, Centro Terapia del Dolore-HUB Regione Abruzzo, Ospedale Clinicizzato SS. Annunziata, Chieti
Gabriele Cati, Centro di Terapia del Dolore, Presidio S. Caterina della Rosa, ASL 2, Roma
Edvige Correnti, Dipartimento Promozione Salute Materno-Infantile, Medicina Interna G. D’Alessandro
, Università di Palermo
Carmelo Costa, Responsabile Unità Funzionale Trattamento interventistico del dolore, Humanitas Centro Catanese di Oncologia, Catania
Vittoria Costa, Specializzanda in Fisiatria, Università di Torino
Amedeo Costantini, Centro Terapia del Dolore-HUB Regione Abruzzo, Ospedale Clinicizzato SS. Annunziata, Chieti
Antonina D’Amico, Dipartimento Promozione Salute Materno-Infantile, Medicina Interna G. D’Alessandro
, Università di Palermo
Francesco Di Sabato, Centro Cefalee, Dipartimento di Medicina Clinica, Policlinico Umberto I, Roma
Fabrizio Di Stani, Dipartimento di Scienze Medico Chirurgiche e di Medicina Traslazionale, Università La Sapienza, Roma
Giuseppe Fresta, Stud. Master Terapia del dolore cronico: tecniche invasive, mininvasive e terapia farmacologica, Università La Sapienza, Roma
Giuseppe Gazzerro, Dipartimento di Terapia del Dolore, AORN Dei Colli, Ospedale Monaldi, Napoli
Pierangelo Geppetti, Prof. Ordinario, Dipartimento Scienze della Salute, Università di Firenze
Giovanni Battista La Pegna, Neurologo, ASP2, Caltanissetta
Vittorio Lalli, Centro Terapia del Dolore-HUB Regione Abruzzo, Ospedale Clinicizzato SS. Annunziata, Chieti
Adriana Lazzaro, UO Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore, AO Policlinico Vittorio Emanuele, Catania
Francesca Marchese, IRCCS Istituto Gaslini, Dipartimento DiNoGMI, UO Neurologia pediatrica e malattie muscolari, Genova
Paolo Marchettini, Responsabile Medicina del Dolore, Neurologia, Ospedale San Raffaele, Milano
Marco Mercieri, Prof. Associato Università La Sapienza, Roma, Direttore Master in Terapia del dolore cronico: tecniche invasive, mininvasive e terapia farmacologica, UOS Terapia del dolore, AO Sant’Andrea, Roma
Luca Maria Messina, Dipartimento Promozione Salute Materno-Infantile, Medicina Interna G. D’Alessandro
, Università di Palermo
Maura Pacchiarotti, UOS Terapia del Dolore, AO Sant’Andrea, Roma
Alfonso Papa, Direttore Centro Terapia del Dolore, AORN Dei Colli, Ospedale Monaldi, Napoli
Giuseppe Quatrosi, Dipartimento Promozione Salute Materno-Infantile, Medicina Interna G. D’Alessandro
, Università di Palermo
Vincenzo Raieli, ARNAS Ospedale Civico Di Cristina Benfratelli, Palermo
Rosaria Rapisarda, UO Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore, AO Policlinico Vittorio Emanuele, Catania
Marcello Romano, UO Neurologia, Azienda Ospedali Riuniti Villa Sofia- Cervello, Palermo
Barbara Silvestri, UOC Anestesia e Rianimazione, Ospedale di Tivoli, Roma
Domenico Viscuso, Odontoiatra e Psicoterapeuta, Milano, Cagliari
Tavola 1
Tavola 2
Tavola 3
Tavola 4
Prefazione
Il dolore, compagno costante e attento della nostra intera vita, fornisce quell’indispensabile scudo protettivo che garantisce la salute di ciascuno di noi. Il dolore può però degenerare verso una condizione fortemente disabilitante, soprattutto quando perdura un prolungato lasso di tempo diventando cronico. A fronte di molti e importanti avanzamenti delle conoscenze in numerose branche della fisiopatologia e della terapia, la comprensione dei meccanismi che stanno alla base della trasmissione del dolore, nonché di varie patologie caratterizzate da un’importante componente dolorosa, ha riscontrato un minore impulso, che si riflette negativamente nella parziale efficacia dei trattamenti farmacologici e non.
Il dolore orofacciale, localizzato alla testa e alla faccia, particolarmente penoso e invalidante anche perché coinvolge una sede anatomica sensibile e importante, non è purtroppo esente da queste difficoltà e incertezze. Sono fortemente convinto che questo volume, coordinato da Carmelo Costa con il contributo di medici esperti nei vari settori di cui il testo si compone, colmi brillantemente queste lacune e sia di sicura utilità per studenti di medicina, specializzandi e colleghi che praticano la medicina del dolore. Le basi fisiopatologiche di malattie dolorose spesso di difficile diagnosi, i loro complicati trattamenti e quindi la loro conduzione clinica complessa sono tratteggiati con estrema chiarezza, accompagnando il lettore in un percorso che da incerto e problematico man mano si fa più chiaro nei meccanismi eziopatogenetici e affrontabile nella diagnosi e nel trattamento.
L’accuratezza scientifica e la vasta esperienza clinica dei colleghi che hanno redatto il testo indica una dedizione inalterata dalla consapevolezza degli insufficienti finanziamenti dedicati allo studio di queste malattie e della indeterminatezza dei percorsi formativi dedicati alla medicina del dolore. Infine, la lettura del testo indica chiaramente la passione degli autori nel fornire ai lettori gli strumenti per la più accurata diagnosi e il miglior trattamento che essi poi offriranno ai loro pazienti.
Pierangelo Geppetti
Professore di Farmacologia Clinica,
Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Firenze
Direttore, Centro Cefalee, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi
Presidente, Società Italiana per lo Studio delle Cefalee
Introduzione
Quando agli inizi degli anni Novanta eseguii i primi interventi sul ganglio di Gasser per la nevralgia del trigemino con la tecnica della microcompressione percutanea col palloncino, credevo di essere diventato un esperto nel trattamento del dolore facciale. Mi resi ben presto conto di aver solo appreso a diagnosticare e trattare una delle patologie dolorose della faccia, forse la meno complessa. In effetti, riuscivo a procurare un soddisfacente e abbastanza duraturo pain relief ai pazienti con nevralgia del trigemino, ma con grande sconforto dovevo rimandare quelli che non soffrivano di nevralgia trigeminale ad altri specialisti per una più appropriata diagnosi. Nel tempo, nacque l’esigenza di fare qualcosa per migliorare le conoscenze di queste patologie dolorose, onde permetterne una corretta diagnosi e un’efficace terapia. In generale, tutte le patologie dolorose croniche condividono la difficoltà di giungere a una corretta diagnosi eziopatogenetica. La lombalgia ne è un esempio, con una differenza sostanziale: chi soffre per una lombalgia ha a disposizione molteplici specialisti capaci di diagnosticarla e trattarla correttamente, ma non esiste una rete organizzata di professionisti competenti per la cura del dolore orofacciale.
Anche se il dato epidemiologico, e il conseguente risvolto economico, è tutt’altro che ininfluente (la prevalenza del dolore facciale riguarda il 7 per cento della popolazione adulta, in Italia più di 2,7 milioni di persone), è l’aspetto assistenziale il fattore più complesso. Occorre districarsi tra una selva di sintomi molto simili in un territorio ristretto, la faccia, spesso aggravati da disturbi dell’umore e del comportamento e accompagnati da altre patologie dalla patogenesi oscura, e senza un’adeguata e diffusa conoscenza di queste sindromi sarà difficile migliorare lo stato delle cose.
Così è nata l’idea di un volume sul dolore orofacciale scritto a più mani da medici esperti in questo campo.
Il libro è diviso in 5 sessioni. La prima riguarda i meccanismi e la valutazione del dolore orofacciale attraverso la visita. Uno spazio è dedicato ai test neurofisiologici e alla valutazione psichica del paziente, in considerazione della frequente comorbiditá con i disturbi psichiatrici. La seconda sessione analizza le sindromi dolorose facciali neuropatiche, sia quelle dalla patogenesi ormai acclarata, come la nevralgia del trigemino, sia quelle tutt’ora oscure, come il dolore persistente idiopatico facciale. Il lettore si meraviglierà non poco nell’apprendere come sindromi considerate fino a pochi anni fa psicosomatiche siano in effetti causate da danni o disfunzioni del sistema nervoso periferico che soltanto l’utilizzo routinario di nuove modalità di indagine ci hanno permesso di rilevare. La terza sessione riguarda un tema di interesse odontoiatrico, i disordini della muscolatura temporo-mandibolare e dell’articolazione omonima; è sviluppato proprio da uno specialista odontoiatra esperto in dolore orofacciale. La quarta sessione, che riguarda le cefalee autonomiche trigeminali, inserite in questo testo poiché quasi tutte contraddistinte da dolore orbitario violentissimo, sono analizzate nel dettaglio da un team di neurologi esperti nel trattamento delle cefalee. La quinta sessione, infine, è dedicata a un aspetto del trattamento del dolore di crescente interesse, cioè il ricorso a tecniche antalgiche interventistiche mininvasive. Negli ultimi anni, il ricorso al loro uso è aumentato vertiginosamente, sia a causa degli effetti collaterali del trattamento farmacologico sia per rispondere ai bisogni di un’elevata percentuale di no responders ai farmaci.
Ritengo che questo manuale sia utile a tutti i medici e gli odontoiatri che abbiano bisogno di uno strumento di consultazione affidabile e snello, sia per colmare le inevitabili lacune di un’ormai pletorica messe di informazioni sia per acquisire una visione d’insieme su questo variegato e complesso campo della patologia umana.Prima di augurare una buona lettura, desidero ringraziare tutti i colleghi che mi hanno aiutato a portare a termine questo libro. Sarebbe troppo lungo citare per ciascuno di loro i meriti scientifici e accademici conseguiti nel corso degli anni. Mi preme solo sottolineare come tutti gli autori siano a vario titolo esperti e praticanti della materia trattata. Sono convinto che solo le corrette informazioni scientifiche, filtrate attraverso l’esperienza di chi quotidianamente esercita l’arte medica, facciano la differenza nell’informazione.
Carmelo Costa
Parte 1
I meccanismi e la valutazione del dolore orofacciale
1. La fisiopatologia del dolore facciale
Carmelo Costa
Introduzione
Il distretto orofacciale contiene i tessuti deputati a percepire ed elaborare ben quattro dei cinque sensi di cui dispone la nostra specie: vista, udito, gusto e olfatto. Anche il quinto, il tatto, viene percepito in questo distretto, ma non in maniera esclusiva come gli altri quattro. Presiede inoltre funzioni essenziali per la nostra vita vegetativa e di relazione, come mangiare, bere e parlare, nonché l’espressione delle emozioni. Non stupisce quindi la ricca innervazione e la conseguente rappresentazione corticale fornita nel XX Secolo dallo studioso W. Penfield nel suo Homunculus
(Figura 1.1).
Figura 1.1 Rappresentazione dell'homunculus sensitivo (a sinistra) e motorio (a destra)
Ma questo distretto è anche il sito dal quale originano alcune tra le condizioni dolorose acute e croniche più diffuse, come il mal di denti, le cefalee, i dolori neuropatici del trigemino e i disturbi della muscolatura temporo-mandibolare. Inoltre, per il particolare valore simbolico della faccia, i fattori psicologici giocano un ruolo fondamentale nell’attivare e mantenere alcuni stati di dolore cronico. Per tale motivo, oltre che per il fatto che la maggior parte dei dolori orofacciali riguarda il sesso femminile, alcune tra le più complesse sindromi dolorose di questa regione sono state definite come disturbi da somatizzazione. Solo recentemente è stata presa in considerazione l’ipotesi di disfunzioni del sistema nervoso periferico e centrale, spesso di difficile rilevazione. In questo primo capitolo analizzeremo i meccanismi di base del dolore orofacciale alla luce delle più attuali conoscenze a nostra disposizione.
La trasmissione e l'elaborazione dello stimolo nocicettivo
Il nervo trigemino (o V paio di nervi cranici)
È un nervo misto che innerva sensitivamente tutta la faccia anteriormente alle orecchie, con l’esclusione di una piccola zona dell’angolo inferiore della mandibola, innervata dal nervo grande auricolare ramo di C2 e C3. Innerva inoltre la bocca nel suo terzo anteriore, lasciando al glossofaringeo l’innervazione posteriore (Figura 1.2 a) e una piccola parte dell’orecchio, la parte ascendente dell’elice e del trago innervata dal nervo auricolotemporale, ramo del nervo mandibolare. Tutta la zona posteriormente alle orecchie e il collo è innervata dalle radici nervose dei primi tre nervi cervicali. Il trigemino possiede tre branche, o divisioni, chiamate oftalmica, mascellare e mandibolare o indicate rispettivamente con i numeri romani I, II e III. Ciascuna branca innerva un determinato territorio cutaneo senza sovrapposizioni anatomiche, a differenza di quanto accade con i nervi spinali. Ciò permette ad alcune tecniche neurolesive, come la termorizotomia trigeminale con radiofrequenza, di eseguire lesioni selettive lasciando intatti i territori innervati dalle branche adiacenti. La I divisione, o branca oftalmica, innerva la fronte, le palpebre, la parte anteriore dello scalpo, ma anche le meningi e la cornea. La II divisione, o branca mascellare, innerva la cute sottostante l’orbita, il labbro superiore, i denti superiori, il palato duro e molle. La III divisione, o branca mandibolare, innerva il labbro inferiore, la mandibola, i denti inferiori e la parte anteriore e media della lingua. Il suo territorio si estende in alto fino alla tempia (Figura 1.2 b).
La componente motoria del trigemino corre insieme alla terza branca, partecipando all’innervazione dei muscoli masticatori. Il V provvede inoltre all’apprezzamento di alcune caratteristiche del cibo, come la temperatura, la consistenza e la piccantezza. Il senso del gusto è invece mediato da altre tre paia di nervi cranici, il VII, il IX e il X. Vale la pena, in questa sede, di ricordare la complessa innervazione dell’orecchio esterno. La parte ascendente dell’elice e del trago sono innervate dal quinto paio, la conca dal glossofaringeo, dall’intermedio del facciale e dal vago e la parte rimanente da rami di C2 e C3 (Figura 1.2 c).
Figura 1.2 Rappresentazione del distretto orofacciale
I recettori
Le fibre nervose afferenti primarie del trigemino hanno il loro corpo cellulare nel ganglio di Gasser (primo neurone), equivalente anatomico del ganglio della radice dorsale spinale, e terminano nei tessuti da loro innervati. L’estremità distale di queste fibre funziona da recettore, vero e proprio trasduttore che converte lo stimolo in attività elettrica che si trasmette lungo la fibra. I recettori possono essere corpuscolati o terminazioni nervose libere. I primi sono collegati a fibre mieliniche di grande diametro, fibre A beta, e anche di diametro inferiore, A delta, e trasmettono sensazioni tattili, pressorie, vibratorie e propriocettive. I recettori corpuscolati sono a bassa soglia di attivazione e le sensazioni da loro trasmesse viaggiano a una velocità di 40-70 metri al secondo.
Le terminazioni nervose libere sono i nocicettori che trasmettono il dolore e hanno una soglia di attivazione che, in circostanze normali, è più alta di quella dei recettori corpuscolati. Non esiste uno stimolo specificamente doloroso in grado di eccitare i nocicettori. Tutti gli stimoli possono essere dolorosi se abbastanza intensi. Però, se applicati sui recettori corpuscolati, non evocheranno dolore ma solo sensazioni tattili; se invece applicati sui nocicettori, evocheranno dolore. Le terminazioni nervose libere, o nocicettori, sono collegate a fibre mieliniche di piccolo calibro, A delta, che conducono a una velocità di 5-15 metri al secondo, e soprattutto a fibre amieliniche C a lenta conduzione, 1-1,5 metri al secondo. I nocicettori possono essere eccitati da stimoli di alta intensità meccanici, chimici o termici, segnalando quindi anche il caldo nocicettivo (>45 ºC) e il freddo nocicettivo (<15 ºC). Comunque, non sempre questa distinzione è così rigida e in alcune circostanze di dolore neuropatico le fibre A beta assumono una funzione nocicettiva, così come non tutte le fibre A delta e C trasportano informazioni nocicettive e alcune sono associate con recettori che rispondono al freddo o al caldo non nocicettivo o anche agli stimoli tattili. Usualmente, uno stimolo di elevata intensità potenzialmente lesivo per i tessuti, applicato sulla porzione recettoriale del neurone, provoca l’apertura di canali ionici e l’instaurarsi del potenziale d’azione che si propaga dalla periferia al ganglio e da qui al tronco, sede del secondo neurone nel caso del trigemino. Più intenso è lo stimolo, maggiore sarà la frequenza di scarica. La localizzazione e la qualità dello stimolo verranno trasmesse dalla specificità anatomofunzionale dei recettori. Esistono infatti diverse famiglie di recettori, ognuna abbinata a differenze funzionali che le rendono selettivamente responsive a stimoli specifici. Avremo così dei meccanonocicettori, dei chemonocicettori e dei termonocicettori. Esistono poi dei recettori che, rispondendo a più di uno stimolo, sono chiamati polimodali. Oltre alle informazioni sensitivo discriminative, l’attivazione dei nocicettori provvede anche a fornire informazioni sulle qualità affettivo-motivazionali del dolore.
La sensibilizzazione periferica
In caso di lesione, trauma o processo infiammatorio, i mediatori chimici che si liberano, rilasciati dai mastociti, dalle cellule del sistema immunitario, dai macrofagi e dalle cellule danneggiate, agiscono sui canali ionici o sui recettori di membrana delle terminazioni nervose libere dei nocicettori alterandone la sensibilità. Alcuni di questi mediatori producono un aumento dell’eccitabilità (bradichinina, prostaglandine, glutammato, serotonina, norepinefrina e molti neuropeptidi) e altri invece esercitano un effetto inibitorio (endorfine, acido gamma amino butirrico-GABA, eccetera).
I primi, più numerosi, abbassano la soglia di eccitazione dei nocicettori rendendoli più sensibili a stimoli di più bassa intensità o innocui. Questo fenomeno prende il nome di sensibilizzazione periferica
e sarebbe alla base del dolore spontaneo non evocato, dell’iperalgesia (aumentata risposta a uno stimolo abitualmente doloroso), dell’allodinia (dolore provocato da uno stimolo non doloroso) e della diffusione extraterritoriale del dolore. Questo fenomeno solitamente si risolve nei tempi brevi che occorrono per dominare il processo infiammatorio che ne è la causa e risponde bene ai farmaci analgesici antinfiammatori, grazie al loro meccanismo d’azione di inibizione della produzione dei metaboliti responsabili dell’abbassamento della soglia di eccitabilità. Nei casi in cui, però, il fenomeno si autonomizza sganciandosi dalla causa che lo ha provocato, avremo la ipereccitabilità persistente dei nocicettori che viene inquadrato come un tipo di dolore neuropatico. Inoltre, è degno di nota il fatto che gli afferenti nocicettivi possano subire alterazioni fenotipiche in risposta a processi infiammatori. Questo può accadere a carico dei canali ionici, specie i canali del sodio, che possono essere alterati aumentando il fenomeno della sensibilizzazione. Un comune esempio clinico di sensibilizzazione periferica a carico delle terminazioni nervose libere trigeminali è dato dal dolore da pulpite dentale, nel quale un innocuo stimolo termico su un dente infiammato provoca dolore (allodinia termica).
La sinapsi tra neurone di primo e secondo ordine
Dal ganglio di Gasser, sede del primo neurone e quindi corrispettivo anatomofunzionale del ganglio della radice dorsale spinale, le afferenze primarie convergono ai nuclei del tronco (mesencefalo, ponte e bulbo o midollo allungato) dove avviene la trasmissione sinaptica tra il neurone di primo ordine e quello di secondo ordine. In effetti, a livello troncale i nuclei del trigemino costituiscono un ampio complesso neuronale divisibile in un nucleo sensitivo principale e un nucleo del tratto spinale. Quest’ultimo comprende, a sua volta, dall’alto in basso, tre subnuclei: orale, interpolare e caudale. Gli stimoli afferenti tattili e propriocettivi craniofacciali a livello del tronco si pongono in contatto sinaptico con i neuroni meccano-sensitivi a bassa soglia presenti in tutti i nuclei troncali, compreso anche il caudale (Figura 1.3).
Figura 1.3 Rappresentazione schematica del nucleo del tronco encefalico, sede di sinapsi tra i neuroni di primo e di secondo ordine
Invece gli stimoli nocicettivi e quelli termici non nocivi si pongono in contatto sinaptico con neuroni, che sono localizzati in prevalenza nel subnucleo caudale o nelle adiacenti corna dorsali di C1 e C2. Comunque, molte afferenze nocicettive fanno sinapsi anche a livello del subnucleo orale e interpolare. La trasmissione del segnale nocivo avviene grazie al rilascio di neurotrasmettitori eccitatori come gli aminoacidi, il glutammato e i peptidi, la sostanza P e il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP).
I neuroni nocicettivi di secondo ordine, sulla cui superficie si trovano i corrispondenti recettori per questi neurotrasmettitori, appartengono a due tipi. I neuroni nocicettivi specifici (NS), che sono attivati solo da stimoli nocivi, e i wide dynamic range (WDR), che sono invece attivati sia da stimoli nocivi trasmessi dalle fibre amieliniche C e A delta che da quelli tattili trasmessi dalle fibre A beta e A delta. Molti di questi neuroni sono localizzati nel subnucleo caudale e nelle corna dorsali di C1 e C2 e ricevono stimoli che originano esclusivamente da tessuti superficiali come la cute o la mucosa orale. Il loro ruolo è essenziale per la rilevazione, la localizzazione e la discriminazione del dolore superficiale. Invece, le informazioni che giungono dai tessuti profondi, come i muscoli o la polpa dentale, sono elaborate soprattutto da un sottogruppo di questi neuroni nocicettivi cutanei che si trovano nel subnucleo caudale, nelle corna dorsali di C1 e C2 e nella zona di transizione tra i subnuclei caudale e interpolare.
Quindi questo sottogruppo, oltre a ricevere stimoli superficiali, riceve anche estese afferenze convergenti dai tessuti profondi e dalle afferenze spinali cervicali. Queste estese convergenze giustificano la scarsa localizzazione, la diffusione e il riferimento del dolore che sono caratteristici di alcuni dolori orofacciali che coinvolgono i tessuti profondi, come i disturbi della muscolatura temporo-mandibolare (DTM) e alcuni tipi di dolore cervicale.
La sensibilizzazione centrale
Un aumentato input periferico come quello prodotto dalla stimolazione delle fibre amieliniche C e A delta in caso di lesione o infiammazione può produrre delle modificazioni neuroplastiche a livello troncale, che sono responsabili della cosiddetta ipereccitabilità o sensibilizzazione centrale
. Uno dei meccanismi più conosciuti responsabili di questo fenomeno è quello indotto dal glutammato, che induce una cascata di eventi intracellulari nei NS e nei WDR. In pratica, un’aumentata attività delle fibre C comporta a livello del terminale presinaptico del primo neurone un’aumentata liberazione di neurotrasmettitori eccitatori, tra cui il glutammato, che attiva nel neurone postsinaptico di secondo ordine i recettori AMPA. A questa interazione consegue un aumentato ingresso nella cellula di ioni Na fino a raggiungere un grado tale di depolarizzazione sufficiente a rimuovere gli ioni Mg dai canali ionici degli adiacenti, e inattivi, recettori NMDA.
L’attivazione di questi permette l’ingresso degli ioni Ca attraverso i loro canali ionici nella cellula con ulteriore depolarizzazione della membrana del secondo neurone e ulteriore attivazione di altri recettori NMDA in una reazione a catena alla quale si è dato il nome di wind up. Ripetuti periodi di wind up, fenomeno che si esaurisce in pochi minuti, scatenano la long-term potentiation (LTP), che in sostanza aumenta, per un certo tempo, amplificandola, l’efficacia della trasmissione dello stimolo doloroso tra primo e secondo neurone. Quando è fisiologica, l’ipereccitabilità centrale è transitoria e ha un significato protettivo poiché aumenta la sensibilità del sistema nervoso a percepire il dolore e quindi migliora il potere difensivo dei tessuti minacciati dallo stimolo nocivo. Probabilmente, all’attuarsi del fenomeno contribuirebbe un’ipofunzione GABAergica, con deficit dei circuiti inibitori, e un’attivazione della glia. Nel sistema nervoso centrale le cellule gliali rappresentano la maggioranza, dal 70 al 90 per cento, e se ne individuano due tipi, la microglia e la macroglia. La prima è costituita da macrofagi che sono normalmente in uno stato funzionale di inattività dal quale vengono modificate in seguito all’arrivo di uno stimolo nocicettivo condotto dalle fibre C. Questo stimolo le attiva aumentandone il numero e la forma nonché le funzioni.
Tra queste vi sarebbe la produzione di citochine pro-infiammatorie in grado di aumentare la trasmissione sinaptica eccitatoria tra primo e secondo neurone, con un effetto allodinico e iperalgesico. La macroglia (astrociti, oligodendrociti, cellule ependimali, cellule di Schwann) contribuisce con un’aumentata sintesi di glutammato responsabile dell’attivazione di altri recettori NMDA.
Se questo fenomeno di sensibilizzazione centrale è mantenuto, può condurre e sostenere il dolore cronico. Quanto descritto rappresenterebbe la prova che i percorsi neuronali del dolore non sono strutture rigidamente programmate, bensì circuiti plastici modificabili da eventi innescati da una lesione traumatica o infiammatoria. Le conseguenze indotte da questo processo di sensibilizzazione centrale e periferica sono l’aumentata grandezza dei territori dove insiste lo stimolo nocivo e la ridotta soglia di attivazione dei nocicettori. L’iperalgesia, l’allodinia e il riferimento del dolore ne sarebbero i sintomi rilevabili con l’esame obiettivo.
Dai nuclei del tronco al talamo e alla corteccia
Gli assoni del secondo neurone del tronco del complesso nucleare trigeminale possono ramificare nello stesso complesso modulando l’attività di altri neuroni presenti in questa struttura o proiettarsi ad altre zone troncali (formazione reticolare, nucleo del rafe, area parabrachiale, nuclei motori dei nervi cranici) contribuendo ad attivare i circuiti responsabili delle risposte autonomiche e muscolo-riflesse evocate dalla stimolazione dei tessuti orofacciali. Alcune delle aree suddette compongono il sistema modulatorio discendente che influenza, aumentandola o inibendola, la trasmissione nocicettiva. Infine molti neuroni del complesso nucleare troncale del trigemino ascendono ad aree ipsi e controlaterali del talamo.
Le principali aree talamiche che ricevono sia le informazioni somatosensitive craniofacciali che quelle nocicettive dal complesso nucleare del tronco sono il complesso ventrobasale, con la sua porzione mediale (nucleo ventrale posteromediale, VPM) e laterale (nucleo ventrale posterolaterale, VPL) il talamo mediale e il gruppo nucleare posteriore. I neuroni termorecettivi talamici a bassa soglia inviano le loro proiezioni agli analoghi neuroni dell’area somatosensoriale della corteccia cerebrale dove gli stimoli vengono rilevati, localizzati e ne vengono discriminate le caratteristiche. Anche i neuroni nocicettivi talamici, NS e WDR, si connettono ai neuroni somatosensoriali della corteccia e avrebbero un ruolo nel definire le caratteristiche spaziotemporali dello stimolo nocivo.
Sembrerebbero inoltre avere un ruolo nell’aspetto cognitivo, motivazionale e affettivo del dolore.
Le aree della