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Musica... Autismo... La violenza delle istituzioni
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E-book205 pagine3 ore

Musica... Autismo... La violenza delle istituzioni

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Info su questo ebook

Il musicista e lo psicologo hanno in comune la dimensione dell’”ascolto”, sonoro armonico nel primo caso ed empatico nel secondo. L’autrice sottolinea l’importanza del sapersi porre in ascolto dell’altro per coglierne la completezza armonica o ricercare il suono dissonante che rende l’insieme disarmonico al fine di porvi rimedio. L’ascolto implica rispetto e riconoscimento del silenzio come pure l’accettazione del nuovo che può emergere e il sottostante significato.
Psicologo e musicista hanno in comune anche il porre al centro della scena le “emozioni”, l’ accoglierle in tutta la loro vasta gamma espressiva; ascoltarle, accettarle, restituirle elaborate ed interpretate in un dialogo costante. La Fornero riferisce di bambini con diagnosi di autismo, ma anche delle istituzioni in cui si svolge la loro vita, ha osservato le dinamiche delle famiglie, ha incontrato insegnanti, educatori, assistenti, ha cercato il confronto coi neuropsichiatri. Dopo ha descritto come poco alla volta, si siano materializzate da un lato la sofferenza del minore e dall’altro la cecità delle istituzioni, ma anche i risultati raggiunti, i canali di comunicazione aperti. Quest’opera si pone lo scopo di non essere solo critica, ma soprattutto propositiva e invitante alla riflessione, all’attenzione necessaria a  sollecitare nuovi interventi.
LinguaItaliano
Data di uscita11 apr 2018
ISBN9788828304111
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    Anteprima del libro

    Musica... Autismo... La violenza delle istituzioni - Maria Gabriella Fornero

    Bibliografia

    Ringraziamenti

    Ad Alessandro Piredda

    che con un occhio, sul tabellone alfabetico trasparente, mi ha dettato le frasi io non posso camminare non posso parlare. Diciannovenne, non gli è ancora stato riconosciuto il diritto di avere un puntatore ottico per comunicare.

    Desidero ringraziare innanzi tutto la mia famiglia che non solo mi ha sempre incoraggiata a scrivere le mie esperienze, ma ha anche rispettato gli spazi che mi erano necessari.

    Al dott. Emanuele Fontana, responsabile della Neuropsichiatria dell’ASL TO3 di Pinerolo (To) va la mia grande riconoscenza per il tempo che mi ha sempre dedicato e per i suoi importanti suggerimenti. Ringrazio la dott.ssa Danila Ghiano, la dott.ssa Mariangela Giustetto e la dott.ssa Elisa Saracco che negli incontri–riunioni condivisi, sono state e continuano ad essere un’opportunità di confronto e crescita professionale molto importante.

    Un ringraziamento va al dott. Marco Rolando, direttore della NPI Asl To3 Pinerolo e valli, per la sua disponibilità. Ringrazio il dott. Paolo Negro, neuropsichiatra infantile presso l’Asl To3 di Pinerolo e valli, che negli anni mi ha sempre concesso uno spazio di confronto e di riflessione che per me è stato arricchente.

    Un ringraziamento anche all’avvocato Elisa Debernardi per tutte le informazioni che mi ha fornito riguardo alla tutela dei diritti dei minori e del loro ascolto in ambito legale.

    Un grazie per la cura nell’impaginazione grafica a Maurizio Bazzano, autore del libro Jahl.

    Ma soprattutto la mia gratitudine va a tutti i bambini/ragazzi che ho avuto modo di seguire per un pezzetto del loro cammino, che mi hanno insegnato molto, mi hanno dato modo di capire quanto qui ho scritto. Inoltre sono grata a quei genitori che hanno trovato il coraggio di raccontare la loro sofferenza, sono stati un insegnamento molto importante per le mie ricerche.

    Prefazione

    Ho letto con molto interesse questo nuovo libro di M. Gabriella Fornero, che ringrazio per la stima che mi ha dimostrato chiedendomi questa prefazione, perché tratta di temi assai delicati partendo dalla descrizione di storie di terapie con bambini portatori di Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, cioè di quello spettro variegato di patologie che fino a poco tempo fa andavano sotto il generico nome di Autismo.

    E' esperienza comune di chiunque legga i giornali imbattersi periodicamente in qualcuna delle tante leggende che vengono inventate per spiegare la genesi di questi Disturbi, ultima tra le tante la colpevolizzazione delle vaccinazioni, senza alcuna prova scientifica.

    Ben vengano quindi i testi come questo che affrontano con serietà e rigore scientifico il problema senza dimenticare di coniugarli con la creatività che, soprattutto nella relazione con i bambini, è ingrediente prezioso.

    Queste storie di terapia ci interpellano a diversi livelli e prima di tutto ci impongono una seria riflessione sui motivi per cui questi disturbi così complessi e con un carico di sofferenza così pesante per i piccoli pazienti e le loro famiglie trovino, a seconda della buona o della cattiva sorte, risposte di assoluta eccellenza o l'assoluto deserto con tutte le sfumature intermedie tra questi due estremi.

    Un tema delicato e complesso è proprio quello delle famiglie e della loro sofferenza che spesso non trova ascolto e con cui si deve invece saper dialogare anche per evitare che diventi di per sé un fattore di ostacolo al cambiamento al di là delle migliori intenzioni.

    Emergono anche con chiarezza, da alcuni dei casi che M. Gabriella Fornero ci racconta, i limiti di istituzioni fondamentali come la scuola i cui insegnanti sono sovente poco e male formati a comprendere, accogliere e supportare le peculiari caratteristiche di questi alunni più fragili e vulnerabili, come i servizi di Neuropsichiatria Infantile ed i Servizi Socio-Assistenziali che vivono da sempre una condizione di mezzi insufficienti ma che negli ultimi anni hanno visto restringersi in modo drammatico le proprie capacità di intervento, condizione questa che genera frustrazione e demotivazione, con il rischio di favorire reazioni di arroccamento e chiusura invece di stimolare il confronto e la messa in comune delle poche risorse in un vero lavoro di rete.

    Dalle pagine di questo libro emerge con chiarezza che molto si può fare per migliorare la qualità di vita di queste persone con interventi competenti e capaci di costruire relazioni significative.

    Nello specifico l'uso del linguaggio universale della musica coniugato con la conoscenza della complessità del nostro cervello e della mente che ne rappresenta l'epifenomeno più alto apre spazi di intervento e possibilità di lavoro che a me sembrano di grande interesse.

    Ancora una volta mi pare che il tratto distintivo ed il merito di questo lavoro sia quello di cercare sempre di costruire ipotesi che si incardinino nel corpo in costante evoluzione delle evidenze scientifiche ed al tempo stesso di non trascurare le questioni poste dalla nostra organizzazione sociale rispetto al dovere di assumere la responsabilità di offrire diritto pieno di cittadinanza e opportunità di crescita positiva anche ai più deboli. Buona lettura!

    Dott. Emanuele Fontana Neuropsichiatra e Psicoterapeuta

    Direttore del Servizio di Neuropsichiatria Asl To3 Pinerolo e valli.

    Presentazione

    In questo libro la Fornero riprende i temi principali della psicologia dinamica, considerando la persona nella complessità della sua vita psichica, con forze dinamiche che emergono e che si possono cogliere solo se ci si pone in una posizione d’ascolto. Ascolto fatto di persone, parole, suoni, silenzi. E’ un ascolto totale, rispettoso della persona che ha bisogno di relazione. Eccola la parola magica che qui si preme sottolineare: relazione, legame, interrelazione e interconnessione.

    La cosa che colpisce maggiormente nella lettura del libro è l’autenticità dell’Autrice, priva di accademismi e capace di ascolto autentico nei confronti della sofferenza dei minori e delle loro famiglie. Il libro offre una testimonianza tangibile di quanto sia potente l’influenza delle esperienze infantili. Nella costruzione precoce del legame con il caregiver si viene a creare la capacità relazionale di ciascuno e si prende contatto anche con la propria pelle psichica. Il nostro Io ha bisogno di incontri per potersi sviluppare e crescere. Ci sono situazioni familiari dove la relazionalità non si sviluppa o è in forma molto rigida.

    Il cervello in via di sviluppo appare influenzato e colpito dall’esposizione a diverse forme di avversità, legate non solo a grave maltrattamento fisico o all’abuso sessuale, bensì all’esposizione a una relazione disfunzionale con le figure di accudimento. Il maltrattamento che M. G. Fornero descrive, passa attraverso l’esposizione continuativa a relazioni intrise di proiezioni di parti scisse della madre, proiettate sul figlio, con la collusione del padre. I neuroscienziati stanno ora descrivendo i meccanismi che si sviluppano in conseguenza alle relazioni maltrattanti in età precoce. Diversi studi testimoniano come l’esposizione a traumi precoci sia associata a un certo numero di anomalie strutturali a livello cerebrale. Sono a disposizione prove consistenti di una riduzione nell’area mediosagittale del corpo calloso. Allo stesso modo ci sono risultati solidi che indicano una riduzione del volume ippocampale. Colpisce particolarmente il risultato che l’esposizione a ripetuti episodi di violenza relazionale riduce notevolmente il volume della materia grigia nella corteccia occipitale e nei giri fusiforme sinistro e linguale destro.

    Sfortunatamente e nonostante questi risultati, il modello psicosociale e il modello medico della psichiatria rimangono in conflitto tra loro piuttosto che trarre vantaggio dalle nuove scoperte per rinforzarsi reciprocamente. Le conseguenze dell’esposizione a relazioni precoci traumatizzanti non vengono generalmente riconosciute e perciò vengono sottovalutate, invece di essere tenute in considerazione come meccanismi eziologici. Queste esperienze si perdono nel tempo e sono nascoste dalla vergogna, dalla segretezza e dai tabù sociali contrari all’esplorazione di certi ambiti dell’esperienza umana.

    L’autrice del libro descrive come il calarsi in una dimensione musicale permetta la nascita o la riscoperta di una capacità comunicativa e relazionale, dove la persona possa esprimere il desiderio di ascoltare i propri suoni interiori e di riprodurli all’esterno o immedesimandosi in quelli prodotti dalla musicista. E’ così che questi bambini, visti e vissuti come fragili e sofferenti, hanno potuto ascoltare le proprie emozioni, comunicarle e condividerle con qualcuno che potesse e sapesse accoglierle, elaborarle e restituirgliele per gestirle, superando difese che sono state erette dallo stesso bambino, dalla famiglia e/o dagli operatori istituzionali, dandosi invece la possibilità di vivere e crescere.

    I risultati dell’autrice forniscono una base credibile per la definizione e la condivisione di un paradigma che orienti pratiche di salute pubblica e di servizio sociale che comincino con una valutazione psico-relazionale di tutti i pazienti. Il vantaggio potenziale è enorme, così come lo è anche la probabile resistenza di alcuni clinici e delle istituzioni a questo cambiamento.

    La collega apre uno squarcio sulle possibilità offerte ai bambini e alle loro famiglie dalla presa in carico psicoterapeutica e, affrontando il tema della trasmissione transgenerazionale, afferma quanto sia indispensabile, da parte delle istituzioni, porsi dal punto di vista della prevenzione e non soltanto della diagnosi e della cura del sintomo. Diventare genitori è un percorso difficile, in particolare quando si arriva a questa tappa dopo aver attraversato nell’infanzia relazioni disfunzionali con il proprio caregiver, relazioni lontane ma ancora cariche di dolore che si riattiva nel diventare genitori. Ci si porta dentro il bambino che si è stati, ma anche le figure genitoriali con le quali si sono instaurate le relazioni primarie.

    Il libro offre molti e interessanti spunti di riflessione e appoggia la sua teoria sulle evidenze delle neuroscienze. L’essere umano è fatto, intessuto di relazioni, a partire dalla relazione che la mamma insatura con il feto. Quanto sarebbe importante partire prima della nascita, proprio dalle rappresentazioni del bambino, l’investimento sulla genitorialità, il contatto con i propri vissuti emotivi. La prevenzione in molti settori è accantonata, in una mera ottica di risparmio immediato, senza la capacità di pensare anche da un punto di vista economico ai costi che si dovranno affrontare successivamente. Ci si deve fare carico della famiglia e non solo dei figli, un bambino non esiste senza i genitori, tutto il suo mondo ruota attorno a loro.

    Con la forza e il coraggio che la contraddistingue, M. Gabriella Fornero denuncia il danno che le istituzioni possono fare accettando di identificare quel bambino con un’etichetta diagnostica.

    Dot.sse Danila Ghiano, Mariangela Giustetto e Elisa Saracco, Psicologhe Psicoterapeute.

    Introduzione

    Ancora una volta mi trovo a scrivere di problemi psicologici e di musica, come se nel mio lavoro di psicologa dovessi quasi giustificare l’uso della seconda a favore dei primi. Ed è così, anche nelle pagine che seguono ho scritto come ho colto la possibilità di avvicinare due dimensioni culturali e professionali che sembrano essere tanto lontane, ma che l’esperienza mi ha insegnato che invece possono essere molto vicine. Il musicista e lo psicologo hanno in comune la dimensione dell’ascolto, sonoro-armonico nel primo caso, ed empatico nel secondo: sapersi porre in ascolto dell’altro per coglierne la completezza armonica o ricercare il suono dissonante che rende l’insieme disarmonico al fine di porvi rimedio. L’ascolto implica rispetto e riconoscimento del silenzio come pure l’accettazione del nuovo che può emergere e il sottostante significato.

    Psicologo e musicista hanno in comune anche il porre al centro della scena le emozioni, l’accoglierle in tutta la loro vasta gamma espressiva; ascoltarle, accettarle, restituirle elaborate ed interpretate in un dialogo costante. Questa è, in sintesi, la ragione per cui vedo vicine queste due dimensioni di lavoro.

    Scrivendo mi sono trovata a riferire di bambini con diagnosi di autismo, di musica, ma anche delle istituzioni in cui si svolge la vita di questi giovani. Mi sono chiesta se avrei dovuto scegliere un solo ambito e scrivere di quello e se sarebbe stato possibile, ma la mia risposta è stata: no. Questi temi, secondo me, in questo caso, devono essere affrontati insieme affinché io possa descrivere la mia esperienza e spiegare il percorso effettuato, a quali conclusioni sono approdata e come le motivo.

    Negli anni ho sempre provato un gran interesse per tutto quello che poteva essere anche lontanamente riconducibile all’uso della musica nella terapia ed ho trovato scritti teorici e divulgativi molto interessanti, ma quando mi chiedevo cosa effettivamente un terapeuta possa trovare utile fare di fronte a certi problemi, cioè se usare la musica, in quali casi e come,…. non ho trovato le risposte che cercavo! Ora, senza la presunzione di avere insegnamenti da impartire ad altri, provo a raccontare come ho usato il sonoro per entrare in comunicazione con alcuni bambini, cosa è successo, dove sono giunta attraverso questa mia esplorazione. Ecco la ragione per cui intendo dare il mio contributo sperando possa essere utile ad altri colleghi, ma soprattutto desidero testimoniare quanto la musica possa essere una grande alleata nella professione dello psicologo.

    Nel mio precedente libro (I Colori dei Suoni Antigone 2012) ho descritto come ho utilizzato lo stimolo sonoro con malati di sclerosi multipla, con ciechi e sordi, con persone in stato di coma, con danno neurologico, con pazienti psichiatrici, ora è la volta dei bambini che sono stati portati da me con diagnosi di autismo. Il sonoro è stato utilizzato in modo differente per ognuno di loro, e qui provo a raccontare come e perché ciò è stato utile.

    In questo cammino è stato inevitabile e importante incontrare le istituzioni che ruotano attorno al bambino, ho osservato le dinamiche delle famiglie, ho ascoltato i componenti; ho incontrato insegnanti, educatori, assistenti; ho cercato il confronto coi neuropsichiatri. Poi ho descritto come, poco alla volta, si siano materializzate da un lato la sofferenza del minore, e dall’altro la cecità del mondo circostante. Alla fine mi sono trovata ad essere critica, magari anche un po’ pesante, ma le mie argomentazioni hanno sempre avuto l’intenzione d’essere propositive e invitanti alla riflessione.

    La sofferenza che ho incontrato è talmente grande che mi auguro di riuscire a renderla per quello che è, che bello sarebbe riuscire a sollecitare una nuova attenzione ed interventi utili!

    Un aspetto che dovrebbe essere sempre più tenuto nella dovuta considerazione è quello che riguarda la stretta interdipendenza che esiste, ed è sempre più dimostrata, tra la mente e il corpo.

    Continuo anche qui a ribadire come non si possano considerare gli aspetti organici in modo totalmente disgiunto da quelli psicologici, allo stesso modo non si possono osservare le dinamiche psichiche senza prestare ascolto a quello che il corpo ci dice coi suoi sintomi. Inoltre il nostro cervello gode di una grande plasticità e questo fatto non ci può far sentire autorizzati a considerare l’età evolutiva di tutti i bambini con problemi, anche i più gravi, nell’ottica dell’immobilismo; intendo dire che ogni creatura merita che si cerchino delle strade, dei percorsi da seguire, non per la presunzione di una totale remissione dai sintomi o guarigione, ma in nome dell’umiltà che ci fa avere l’intenzione di migliorare la qualità della loro vita. Solo in questo modo si possono incontrare quei risultati che parevano inimmaginabili, che fanno avanzare nel cammino di crescita psicologica e rendere migliori le situazioni relazionali. E’ proprio di fronte a questi risultati che poi viene in mente che possa esistere una sorta di non cronicità nella cronicità.

    Credo che possa essere utile iniziare l’esposizione della mia esperienza raccontando, a grandi linee, il mio incontro con sette bambini e lasciare a dopo le riflessioni.

    Intendo sottolineare che non ho avuto alcuna intenzione di entrare nel merito delle cause dell’autismo, ritengo questo un campo molto vasto e complesso e lo lascio a persone più competenti di me, mi limito a portare il mio modesto contributo e la mia osservazione nel caso possano essere utili.

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