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Il cerchio del silenzio (eLit): eLit
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E-book299 pagine3 ore

Il cerchio del silenzio (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Valerie Gaines sogna da sempre di diventare una reporter d'assalto, e quando viene eletta caporedattore nella classe di videogiornalismo, è decisa a conquistare il premio per il servizio migliore nella gara che vede scontrarsi due team di studenti. Ha già in mente lo scoop che le garantirà la vittoria: rivelare i nomi dei membri, i riti di iniziazione, i bersagli del gruppo MP, che sta creando scompiglio all'interno della scuola con atti vandalici e di bullismo. Così, per penetrare nel cerchio di silenzio che ammanta la setta e guadagnare prestigio tra professori e compagni, Valerie si mette in gioco in prima persona, correndo anche dei rischi. E come se non bastasse, a peggiorare quel difficile momento ci si mette pure Jagger Voorham, il bello e dannato della scuola, nonché suo ex, che l'ha lasciata mesi prima senza una vera spiegazione e ora sembra voler stare solo con lei. Valerie, però, non ha alcuna intenzione di lasciarsi distrarre nel momento più importante della sua vita!
LinguaItaliano
Data di uscita31 mar 2017
ISBN9788858968529
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    Anteprima del libro

    Il cerchio del silenzio (eLit) - Carol M. Tanzman

    Copertina. «Il cerchio del silenzio (eLit)» di Tanzman Carol m.

    Immagine di copertina: Martin Dimitrov / iStock / Getty Images Plus

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Circle of Silence

    Harlequin Teen

    © 2012 Carol M. Tanzman

    Traduzione di Denise Truffelli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2015 HarperCollins Italia S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5896-852-9

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Frontespizio. «Il cerchio del silenzio (eLit)» di Tanzman Carol m.

    A Jack, Liana e Dylan

    Con amore e gratitudine

    Prologo

    Pessima idea, pessima idea, pessima idea...

    Le parole seguono il ritmo martellante dei battiti del mio cuore. Scattano, sfrecciano, veloci come saette. Sembra un incubo. Rincorro lo scuolabus, ma non importa quanto veloce posso andare, non riesco ad arrivare in tempo. Resto a piedi, da sola, circondata da capannoni abbandonati, strade buie e fetidi ubriaconi.

    Non è un sogno. So dove sto andando, solo che non sono abbastanza veloce.

    Jagger. Jags! Ti avevo chiesto di non farlo. Ti avevo implorato...

    Mi s’inumidiscono le guance. Come ho fatto a non accorgermi del temporale in arrivo? Per strada, però, non si scivola, e il ticchettio della pioggia non si mescola al rumore dei miei passi sul selciato irregolare.

    Mi tocco il viso e assaggio la goccia... è salata.

    E a quel punto mi rendo conto che quando arriverò sarà troppo tardi. Chiamatelo istinto, percezione extrasensoriale o puro terrore. Fa lo stesso. La sola cosa che conta è che è colpa mia. Ho spinto troppo, non posso più arrestare quello che ho iniziato.

    Avrei potuto evitare qualsiasi atrocità cui sto per assistere. Non importa quello che dicono tutti, non importa se c’è chi continua a ripetermi di non farmene una colpa. Perché, nel profondo del cuore, sarò sempre consapevole che è una bugia.

    Settembre – Ottobre

    1

    È il secondo giorno di scuola dell’ultimo anno e io, con la mano sudata, apro la porta dell’aula multimediale. Sta per cominciare il corso più importante della mia vita.

    «Non preoccuparti, Val» mi dice Marci. «Abbiamo tutto sotto controllo.»

    Getto uno sguardo sofferente a colei che è mia migliore amica da una vita. La solare Marci, che vede sempre il lato positivo e che è oltremodo ingenua. Io non ne sono altrettanto sicura.

    Ci dirigiamo insieme verso il banco che il professor Carleton ci ha assegnato. Ieri ha diviso la classe della Campus News in due squadre. Il primo compito del giorno è eleggere un caporedattore per squadra. Il lavoro che bramo, il posto per cui ho lavorato durante il primo anno e i due successivi alla Washington Irving High School e che, una volta mio, potrebbe portarmi direttamente al college dei miei sogni.

    Do una rapida occhiata al mio rivale. Raul Ortega: niente sfugge ai suoi occhi color cioccolato. È alto circa dieci centimetri più di me, muscoloso e con i capelli a spazzola. È senza dubbio il tipo ragazzo che vorresti al tuo fianco in una rissa; non che sia una testa calda, anzi, Raul è un tipo tosto. In fatto di giornalismo televisivo ne sa quasi quanto me, motivo per cui potrebbe ottenere dei voti.

    Raul avverte il mio sguardo, si gira e sfodera un sorriso nervoso. Eh sì, anche lui vuole quel posto. La vera domanda è: chi sceglierà il gruppo? A parte Marci Lee, la squadra è composta da Omar Bryant ed Henry Dillon. Con cinque voti, il pareggio è escluso.

    Il professor Carleton fa l’appello e poi esclama: «Okay, ragazzi, sapete cosa fare!».

    Per un attimo il nostro banco rimane in silenzio. Per non voler sembrare troppo sicura di me o troppo autoritaria, resisto alla tentazione di assumere il comando. Raul è occupato a lanciare occhiate d’intesa agli altri due ragazzi, e io avverto una brutta sensazione alla bocca dello stomaco. Ieri sera avrà parlato con loro? Li avrà convinti a votarlo?

    Se così fosse, sono fregata.

    Marci è la prima a scuotersi e, con energia, strappa un foglio di carta in cinque pezzi. «Avete tutti qualcosa con cui scrivere?»

    Henry tira fuori una penna. È il tipico secchione: ha saltato sia il secondo che il terzo anno, in terza ha vinto un premio nazionale di disegno ed è il capitano della squadra di scacchi. «Ne ho anche per voi.»

    Da sotto quel ciuffo di capelli castani che gli copre la fronte, Henry fa gli occhi dolci a Marci. Zitto zitto, è da almeno un anno che ha una cotta per lei. E zitto zitto resterà, perché lei esce con un giocatore football. A Henry, però, non importa, e continua imperterrito ad amarla. È probabile che sverrebbe se Marci lo baciasse.

    Omar tende una mano curatissima. «Ho dimenticato la matita.»

    «L’hai dimenticata?» ribatte Marci. «O non l’hai mai avuta?»

    Omar solleva le sopracciglia, e lei gli concede una risata prima di passargli un foglietto.

    A prima vista, Omar Bryant potrebbe sembrare una diva. A otto anni si era messo un mantello luccicante per Halloween e poi si era rifiutato di toglierlo fino a Natale; se ne era fregato di quello che dicevano gli altri e, se è per questo, lo fa anche ora. Scavando più a fondo, scopri l’anima sensibile di un vero artista. Tutti alla Campus News sanno che ha occhio e mano ferma e che, dietro l’obiettivo, la sua concentrazione è totale.

    Marci consegna il resto dei foglietti. Tutti scriviamo i nomi e, senza dire una parola, pieghiamo i biglietti in piccoli quadratini e li appoggiamo sul banco in religioso silenzio.

    «Controllo io.» Marci apre con cura il primo foglietto. «Valerie Gaines.»

    Mantengo un’espressione neutra: o è il mio voto, o quello di Marci. Sul secondo foglio c’è il nome di Raul, stessa cosa sul terzo.

    La delusione mi assale. L’avevo detto a Marci che non potevo vincere! Non se l’elezione si trasformava in una sfida maschi contro femmine, visto che nel nostro gruppo ci sono più ragazzi che ragazze.

    La mia amica mi guarda radiosa dopo aver letto il quarto voto. «ValGal.»

    Questo è senza dubbio il suo. Pareggio. Raul si sporge in avanti con un’espressione trionfante in viso. Immagino già cosa ci sarà scritto nell’ultimo foglietto...

    Raul Ortega.

    «Valerie!» esclama Marci.

    «Cosa?»

    Marci agita il foglietto. «L’ultimo voto è per te. Hai vinto!»

    Lo shock che ho dipinto in faccia è puro, tanto quanto la sorpresa nello sguardo di Raul. Marci mi regala un sorriso alla te l’avevo detto per poi saltellare verso la lavagna, dove prende un pennarello arancione e scrive: Valerie Gaines, caporedattore del gruppo B.

    Il professor Carleton annuisce. «Squadra A, avete un vincitore?»

    Scott Jenkins alza la mano. Con quei capelli dritti color sabbia e quella mascella squadrata sembra più magro di quello che è. Visti gli altri membri del gruppo A, anch’io avrei votato lui.

    Scott è bravo, ma io lo sono di più. Io m’impegno maggiormente, curo ogni dettaglio. Non deluderò mai la mia squadra.

    L’insegnante si alza in piedi. «Ottima scelta, ragazzi. Ora, ascoltate. Rivediamo le regole, così quando le infrangerete, non direte che non lo sapevate! Ogni programma è composto da quattro servizi, né più né meno, intervallati dai commenti del conduttore, che li introduce e li collega. Ricordatevi di trovare la prospettiva giusta. Come si svilupperanno le due storie? I servizi delle due squadre andranno in onda a settimane alterne. Prima il gruppo B, poi il gruppo A.»

    Che se ci pensi non ha senso. Dovrebbe cominciare il gruppo A visto che, dai, la A viene prima della B. Questo, però, è il modo di pensare del professor Carleton. Tortuoso. E al contrario.

    «Ultime tre regole. Primo» tira su l’indice, «dovrete compilare un questionario prima di ogni intervista.» Alza un secondo dito. «Non sono ammessi comportamenti scorretti o maleducati, come il bighellonare per i corridoi durante le riprese. Terzo: non aprite le scatole dei materiali se non sopra un tavolo o per terra, perché altrimenti farete cadere l’attrezzatura. Se si rompe saranno i vostri genitori a pagare e, credetemi, non ne saranno contenti.»

    Il professor Carleton è un corpulento afroamericano con i capelli rasati a zero e la cattedra immacolata, tutte prove del fatto che è un seguace della teoria less is more: sequenze strettamente rigorose, frasi di pochissime parole.

    Prosegue illustrandoci le procedure di base per il riordino dell’attrezzatura e, una volta finito, guarda l’orologio. «Okay, squadre, nel tempo che vi rimane cominciate a organizzare la prima trasmissione.»

    Entusiasta, tiro fuori l’agenda della Campus News ma, prima che qualcuno possa aprir bocca, la porta si apre. Tutti si girano.

    «Ommioddio!» sibila Marci. «E lui che ci fa qui?»

    Sento un vuoto allo stomaco.

    Jagger Voorham: broncio, labbra da bello e dannato, occhi color nocciola che cambiano colore in base all’umore, e poi sì... strafigo. Attraversa la stanza con quell’atteggiamento da rockettaro scansafatiche senza preoccuparsi di guardare nessuno, me compresa, come se non si fosse accorto che sono al centro della prima fila.

    Porge al professor Carleton il modulo color senape per il cambio di programma, e l’insegnante lo guarda storto.

    «Tranquilla, Marci» sussurro. «Carleton non lo accetterà mai. Jags non ha frequentato il corso introduttivo, non può essere ammesso all’avanzato.»

    Decisa, prendo l’agenda e cerco di coinvolgere gli altri a trovare storie per la prima trasmissione, ma l’attenzione di tutti è presa dalla tranquilla conversazione in corso nella parte anteriore dell’aula. Alla fine il professore annuisce con la testa.

    «Gruppo B» dice indicando Jagger. «C’è un nuovo membro.»

    Fai qualcosa, mima con la bocca Marci.

    Del tipo? Buttarmi sotto un autobus? Tuffarmi dal ponte di Brooklyn? Abbandonare il corso?

    Jagger si avvicina con nonchalance, e io abbasso lo sguardo pur di non dargli la soddisfazione di prendere atto della sua presenza. Non voglio assolutamente che lui, o chiunque altro nella stanza, veda le lacrime di frustrazione che mi bruciano negli occhi.

    Come ha potuto farmi questo? Il mio momento di trionfo... rovinato!

    La mia amica del cuore, una dinamo coreana alta un metro e mezzo e che non arriva ai cinquanta chili, mi sferra un calcio. Non c’è bisogno che la guardi per sapere a cosa sta pensando.

    Chi vuole avere a che fare con Jagger per tutto l’anno?

    E in quel momento suona la campanella. Tutta la classe salta su come rispondendo a una scossa di elettroshock. Il professor Carleton mi fa un cenno. «Puoi trattenerti un attimo, Val?»

    Marci mi lancia un’occhiata, ma io le faccio cenno di andare. Passando, Scott Jenkins mi rivolge un sorrisetto compiaciuto: sa che la mia squadra si è appena accollata un totale neofita. Hailey Manussian, per contro, mi lancia uno sguardo di odio puro, o forse si tratta di gelosia. Come la maggior parte delle ragazze nella scuola, Hailey sta attraversando la fase: se solo Jagger mi degnasse di uno sguardo!

    Con lo zaino in spalla, vado verso la cattedra.

    «Ho messo Jagger Voorham nella tua squadra» mi dice Carleton.

    Mi s’infiammano le guance solo a sentirlo nominare. «Ho visto.»

    «Non può inserire il corso introduttivo nel suo programma di studi. L’ho accettato perché anche lui è all’ultimo anno, come il resto della classe. Ma non significa che dovrai chiudere un occhio. Deve fare la sua parte. Mostragli come funziona, Val, okay?»

    Nonostante mi manchi il respiro, gli rivolgo uno sguardo da dura. «Certo, professor Carleton. Lo prenderò a calci nel culo.»

    L’insegnante ride. «Ci scommetto.» Poi indica un paio di premi – gli Student Emmy Awards –ricoperti di polvere sullo scaffale sopra la cattedra. «Scegli le storie giuste. Conto che tu riesca a vincerne un’altra.»

    «Senza fretta» rispondo io.

    «Senza quella, la Campus News non sarebbe diventata quello che è.»

    L’ultima campanella del giorno è come un allarme tsunami su un’isola del Pacifico. I corridoi esplodono mentre quasi duemila studenti corrono al piano superiore, che in questo caso significa armadietti e uscita. A gomitate mi faccio strada lungo il corridoio, stupita un po’ dal fatto che per quanto la scuola sia stata pulita durante l’estate, sulle pareti ci siano già delle iniziali scritte col gesso.

    Marci è davanti al suo armadietto e armeggia con la serratura.

    «Forse dovresti provare la nuova combinazione» le dico. «Quella è dell’anno scorso.»

    Accigliata, cerca nello zaino il foglio con la combinazione che gli insegnanti ci hanno distribuito in sala presenze. «Perché non ci danno tutti gli anni lo stesso armadietto?»

    «Marci, i misteri della WiHi sono... misteriosi.»

    Lo sportello di metallo si apre. Marci scambia i libri e scendiamo le scale. «Giusto, a pranzo mi sono dimenticata di chiedertelo. Cosa voleva Carleton?»

    «Dice che dovremmo far vedere a Jagger come funziona il nostro progetto.»

    «Non dovremmo, dovresti. Sei tu quella che sa tutto. Io seguo il corso di videogiornalismo solo perché ci sei tu.» Abbassa la voce. «Pensi di convincerlo a mettere Jagger nell’altra squadra?»

    «Cosa gli dovrei dire?»

    «Che quello è un bastardo senza scrupoli. Che ti ha infranto il cuore e poi sparso tutti i pezzi senza pensarci due volte.»

    Ahia. Rigira pure il coltello nella piaga.

    Una volta uscite, comincio a sbattere le palpebre per il sole pomeridiano, o almeno è quello che dico a me stessa. Settembre a Brooklyn Heights è come l’ordine casuale sull’iPod. Non si può mai sapere che tempo farà. Questa settimana rientra nella tipologia fine estate con accenni d’autunno. Il che significa che è stato uno spreco essere stata chiusa nella scuola a farmi menate per Jagger Voorham.

    «Carleton mi ha dato il permesso di prenderlo a calci nel culo se fa cavolate» le dico.

    «Non serve a niente. Era il mio compagno di conversazione a Francese III, ricordi? L’avrei ucciso... ma Mademoiselle Reynaud è innamorata di lui, giuro. Ha una doppia faccia come pochi, quel cane.»

    «Chi, Jagger o la Reynaud?»

    L’insegnante di francese ha novant’anni ed è feroce come un pitbull. Insegna da così tanto tempo che stanno pensando di dare il suo nome ai bagni del corridoio di lingue. O magari al cesso stesso.

    «Sai perfettamente a chi mi riferisco» dice, arricciando il naso.

    Lo so eccome, e sono incavolata tanto quanto lei. Perché Jagger dovrebbe rovinarmi anche l’ultimo anno, oltre a quello precedente? Per mesi non abbiamo fatto altro che baciarci, e poi una sera ha trovato qualcun altro per placare la sua anima in pena, o come altro si dice. Il fatto che non fossi abbastanza per lui, o meglio che nemmeno sapessi di non esserlo, aveva scavato un buco profondo dentro di me.

    «Posso chiedere io a Carleton di spostarlo» insiste Marci. «Non c’è problema.»

    Scuoto la testa. «Scott non lo vorrà mai nel suo gruppo. E poi, il prof mi ha esplicitamente chiesto di dargli una mano.»

    «Di male in peggio» mormora Marci.

    «Ti ho sentito! Marci, non sei d’aiuto.»

    «Scusa. È solo che... non voglio vederti soffrire un’altra volta.»

    Un’altra volta? Per poco non scoppio a ridere. Quando l’ho visto entrare in aula multimediale mi sono resa conto che il dolore non se n’era mai andato. Era solo sepolto in quel vuoto che mi portavo dentro.

    «Non mi resta che sopportare. Sopportarlo. Ciò che non uccide, fortifica, no?»

    La mia migliore amica scuote la testa. «Non è quello che avrei scelto di fare io.»

    2

    La pizzeria Tony è un’istituzione del quartiere degli Heights. Separé vecchio stile con tavoli in formica, logore panche in pelle e la miglior pizza in una città nota più che altro per delle torte deliziose. Si trova nella via principale di Brooklyn Heights, Montague Street, tra la scuola di danza Moving Arts e un negozio d’antiquariato.

    Marci fa la fila mentre mi metto a cercare un tavolo. Il locale è pieno di gente della WiHi. Riconosco un paio di matricole. Capisco che hanno appena cominciato le superiori dalle facce spaventate che sembrano urlare: come ho fatto a sopravvivere al secondo giorno del primo anno?

    Cavoli! Bethany!

    Anche mia sorella ha cominciato il liceo, ieri, e ho promesso a mamma che l’avrei riaccompagnata a casa per tutta la settimana.

    Prendo il cellulare. Bethany ne ha uno decrepito come il mio perché i nostri genitori ce li hanno acquistati approfittando di un’offerta speciale. Non è difficile immaginare mia sorella che fissa il nome sullo schermo e che decide se considerarmi o meno.

    Risponde un attimo prima che parta la segreteria. «Cosa vuoi?»

    «Sei al tuo armadietto? Io...»

    «Sono a casa. Pensavi davvero che ti avrei aspettata?»

    «E non dici niente? E se ti avessi cercato per tutta la scuola...»

    «Non mi pare. Sei da Tony, con Marci.»

    Il casino nel locale mi ha tradita. «Com’è andato il secondo giorno?»

    «Secondo te?»

    Poi cade la linea, e capisco che mi ha sbattuto il telefono in faccia. Guardo male i due del primo anno, come se tramite loro potessi fulminare quella rompipalle di mia sorella. Terrorizzati, si affrettano a mangiare e si allontanano con fare impacciato. Dopo neanche dieci secondi, vedo Marci procedere verso il nostro tavolo con due tranci e un paio di limonate tra le mani.

    «Mi aiuti?» chiede.

    «Scusa.» Afferro i bicchieri prima che ne faccia cadere uno.

    Marci scivola nella panca del separé. «Okay, Valerie, sputa il rospo. Qual è il problema?»

    Nemmeno le chiedo come fa a sapere che c’è qualcosa che non va. «Bethany. Mi ha chiuso il telefono in faccia.»

    Marci afferra il barattolo di peperoncino tritato. «Almeno tua sorella odia qualcun altro a parte me.»

    «Bethany non ti odia.»

    «Sì, ti dico» insiste lei.

    «Non è vero.» La mia migliore amica solleva un sopracciglio. «Be’, non più di quanto odi chiunque altro» ammetto.

    Piego il trancio a metà e do il primo morso. Con quella salsa preparata a fuoco lento, il formaggio fuso e la crosta croccante, la pizza di Tony migliora subito il mio umore. «Comunque, sarebbe un ottimo conduttore, sai?»

    Marci quasi si strozza. «Chi, Jagger? Val...»

    «In quanto caporedattrice, è mio compito sfruttare al meglio le risorse del gruppo» affermo con tono sostenuto.

    Lei alza gli occhi. «Giusto. Ah, e congratulazioni!»

    Lo dice in modo così compiaciuto da farmi insospettire. «Marci, confessa. Come facevi a essere così sicura che avrei vinto?»

    Presa dalla sua pizza, ci aggiunge un po’ d’origano. «Perché te lo meriti. Perché sei la miglior...»

    Poi mi rendo conto. «Perché hai convinto Henry a votarmi. Marci Lee! Questo si chiama barare.»

    «E va bene, ma Raul aveva provato a fare la stessa cosa.»

    Mi rilasso sulla panca color vinaccia. «Ne sei sicura? Cioè, è vero, mi pareva si fossero scambiati uno sguardo d’intesa.»

    Marci annuisce. «Anche a me. Penso ci abbia parlato ieri, dopo la lezione. Prima che ci parlassi io. Quindi non mi sento per niente in colpa per averlo fatto.»

    «Cosa gli hai... aspetta, fammi indovinare. L’hai folgorato col tuo sorriso assassino dicendo che per te avrebbe significato tanto se la tua migliore amica fosse stata scelta come caporedattrice.»

    Finisce di masticare. «Te lo meriti, e questo Henry lo sa.»

    «Quindi non gli hai dovuto promettere un appuntamento?»

    «Valerie Gaines! In questo momento dovresti baciare i miei bei piedini asiatici invece di insultarmi.»

    Ha ragione, anche se avrei preferito vincere in modo leale, perché ero stata davvero scelta dalla maggioranza. Però, se Marci non mi avesse guardato le spalle, adesso mi crogiolerei nella disperazione.

    «Grazie.»

    «Prego.» Si sporge

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