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cAPPacity
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E-book393 pagine5 ore

cAPPacity

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Info su questo ebook

Immagina di trovare l’ennesimo social network sullo store del tuo smartphone.
Immagina di scaricarlo e installarlo.
Immagina di poter dare ai tuoi amici, ai tuoi conoscenti, a chiunque, una votazione da uno a cinque stelle.
Immagina che gli altri possano fare lo stesso con te.
Immagina che la cosa prenda sempre più piede.
Immagina un mondo in cui ormai la tua valutazione coincide con il tuo peso sociale.
Immagina di essere all’ultimo gradino.
Immagina di essere un monostella.
Cosa farai? 
L'autore:
Mattia Grossi è nato il 17/06/1990 a Terracina (LT) dove vive tuttora. Ha scritto una raccolta di racconti dal titolo “L’insonnia genera mostri che metto su carta” e un romanzo “Edwin non dorme”. Entrambe le opere sono state pubblicate nel 2015.
Per lui leggere e scrivere sono attività fisiologiche, come bere, dormire e mangiare.
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita15 giu 2021
ISBN9788833669236
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    Anteprima del libro

    cAPPacity - Mattia Grossi

    Sempre.

    Frammenti di umanità entusiasta

    Roberto e Marco non fanno altro che sorridere da un quarto d'ora a questa parte.

    Il primo è tutto un: Ma ti pare?; Ma è mezza stella, suvvia!; L’amicizia viene prima di queste cazzate!; Almeno adesso so che la cosa ti dà fastidio e non lo farò più.

    Il secondo sorride e si scusa, si scusa e sorride.

    È felice di essersi tolto un peso che si portava dentro da un po’, ma allo stesso tempo si dispiace: ha rovinato la perfetta reputazione dell’amico di sempre.

    Marco stamattina era seduto sul water, con il cellulare tra le mani. Lo ha rigirato una decina di volte tra le dita, giochicchiando con la cover della A.S. Roma. Poi, d’improvviso, ha dato un deciso colpo di polpastrello sul quadratino giallo con C viola, al centro dello schermo.

    Ha digitato Roberto Cruciani nella casella di ricerca e, dopo un altro paio di esitazioni, ha scritto una valutazione di getto: Conosco Roberto dalle elementari ed è sempre stato una persona leale e onesta. Posso anzi dire con tranquillità che non c’è mai stato un litigio tra di noi, né il minimo screzio. C’è solo una cosa di lui che non sopporto: quando ti parla, ti tocca. E non intendo una manata qua e là per sottolineare l’enfasi. No, una chiacchierata con lui, che ne sa di ogni e renderebbe interessante anche la lista della spesa, non fraintendetemi, è una vera e propria colluttazione. Ditate, spintarelle, colletti: un incubo per me, che non sopporto nemmeno essere sfiorato. Sono anni che cerco il modo di affrontare il discorso con lui e non trovo mai il coraggio. Ho paura che ci resti male e non capiscale reali intenzioni. Grazie a cAPPacity, ho finalmente avuto la possibilità di scrivere cosa penso di questa sua mania. Sono sicuro che grazie alla votazione leggermente negativa di tre stelle che gli ho dato, potrà capire e cambiare atteggiamento. È davvero il suo unico difetto ed è un peccato che non se ne renda conto.

    «Sicuro allora che non ci sei rimasto male? Eri a cinque piene, però l’applicazione mi ha obbligato a dare un voto. Non potevo andare oltre le tre stelle, perché mi diceva che il commento era negativo. Dovevo essere coerente con il giudizio. Mi dispiace.»

    «Dai, Marco, basta. Devi stare tranquillo. Veramente. La tua valutazione ha fatto media con le altre e ora sto a quattro stelle e mezzo. Che sarà mai? Offrimi un caffè e siamo a posto.»

    Roberto allunga la mano per dare una pacca sulla schiena all’amico, ma blocca il braccio a mezz’aria.

    «Questa è l’ultima, eh!» esclama Marco, con un sorriso sulla bocca. Quindi richiama l’attenzione del cameriere e ordina due caffè macchiati.

    «Ma sei scema?»

    Teresa e Gianluca sono seduti sul largo letto matrimoniale: la prima tiene le gambe incrociate e se ne sta con la testa poggiata sul largo petto del secondo.

    La mezzanotte è scoccata da qualche istante e il ragazzo ha appena compiuto ventinove anni.

    La compagna gli sta mostrando il suo regalo, sullo schermo dello smartphone.

    «Non ti piace?»

    «No… Cioè, sì… È solo che è strano. No?»

    «Pensavo fosse una bella idea.»

    «Lo è. O meglio, credo proprio che lo sia.»

    «Non lo è. Ho capito.»

    Teresa abbassa la testa. Sperava in una reazione diversa.

    Allora Gianluca le solleva il mento con indice e medio e la bacia.

    «È perfetto. Lo è, credimi.»

    «Sicuro? È che stavi sempre a dire che su cAPPacity non ti si filava nessuno. Che non ti giudicava nemmeno tua madre. Ho pensato fosse carino. Boh.»

    Gianluca le sorride: «È tutto ok. Grazie, amore mio», quindi la bacia di nuovo e si dedica al cellulare, scorrendo le cinquanta valutazioni ricevute.

    Teresa ha chiamato a raccolta tutti gli amici più stretti e quelli, per il compleanno, si sono spesi in giudizi più che positivi, facendogli raggiungere la vetta delle cinque stelle, da monostella che era.

    C’è Gigi che ha scritto: Una persona onesta, come non se ne trovano più in giro; quel matto di Paolo l’ha definito Un funambolo delle relazioni sociali, sempre in equilibrio sul filo della simpatia e dell’educazione; la sorella Lucrezia ha raccontato di quando da bambini si trovavano alla fiera di San Cesareo e ha vinto per lei un pesce rosso al tirassegno.

    Attivando il localizzatore GPS, il ragazzo scopre di avere la miglior media voto della settimana nella propria cittadina.

    La gratificazione lo investe tutt’assieme e si fa largo al centro del petto, provocandogli una sensazione di calda euforia.

    È stato uno dei primi a iscriversi a cAPPacity e l’ha trovata da subito un’applicazione geniale. Nel piccolo centro abitato dove vive però all’inizio nessuno gli ha dato credito, intenti com’erano a condividere selfie e frasi scontate sugli altri social.

    Il programma meritocratico ci ha messo un poco a carburare e quando finalmente anche gli amici si sono decisi a scaricarlo, non gli è arrivato neppure un giudizio.

    Ora non più! Sono un cinque stelle, cazzo! Ripete nella propria testa, come un mantra.

    Ha mostrato scetticismo in un primo momento con Teresa, ma solo per il dispiacere di aver ricevuto giudizi pilotati. Poi con i minuti si è convinto di un fatto: è la sostanza che conta.

    Intanto la compagna si è distesa sul fianco sinistro, dandogli le spalle e ha spento l’abat-jour dal proprio lato.

    «Buonanotte, amore mio» le sussurra in un orecchio, quindi la bacia sul collo e si prepara a imitarla, tentando di calmare l’eccitazione.

    Va per silenziare il cellulare, che però si anima e comincia a vibrare.

    Qualcuno lo sta chiamando.

    «Pronto?»

    «Il signor Infanti Gianluca? Mi scusi innanzitutto l’orario. Ha un attimo?»

    Dall’altro capo arriva una voce impostata, adulta. Impossibile che sia lo stupido scherzo di qualche ragazzo annoiato.

    «Sono io. Con chi ho il piacere di…»

    «Oreste Galieni della Solar Lux» taglia corto l’altro, per poi aggiungere: «Ci ha portato il suo curriculum, dunque vediamo, venerdì, giusto? Ingegnere in progettazione impianti, se non vado errato.»

    Gianluca manda giù un bolo di saliva. Stasera le emozioni hanno un ritmo frenetico.

    «Sì, sono io. Ho fatto uno stage di tre mesi in azienda da voi lo scorso anno, durante la mia laurea specialistica e…»

    «Mi scusi se la interrompo, ma ho ancora altre chiamate da fare e dovevo essere fuori dal mio ufficio quattro ore fa. Sarò breve: domattina vorremmo che lei venisse in sede alle undici, per discutere di un eventuale contratto.»

    Il ragazzo sente il respiro venire meno e per poco non sviene sul cuscino dietro di sé.

    «Signor Infanti? È ancora lì?»

    «Sì, ci sono. Ci s-sono. Come… Io…»

    È senza parole: una solidissima azienda, con vent’anni di storia alle spalle nella produzione di pannelli fotovoltaici, gli sta offrendo un lavoro. Quella stessa alla quale aveva portato il curriculum. Quella stessa in cui un segretario aveva preso il suddetto curriculum e l’aveva infilato fra migliaia di altri.

    «Perché io?» riesce a formulare alla fine, mordendosi la lingua un attimo dopo.

    L’ha davvero chiesto?

    Stupido, stupido, stupido.

    «Oggi abbiamo dei metodi di scelta più avanzati, signor Infanti. Sappiamo tutto degli impiegati, già prima che vengano in sede, grazie a delle ricerche incrociate sui social e sulla rete. Con lei questa sera a fare da discriminante sono stati gli ottimi giudizi su cAPPacity. A proposito, complimenti. Miglior media voto settimanale.»

    «Grazie. Quindi…»

    «Domattina la aspettiamo in sede alle undici. Buonanotte e mi scusi ancora per l’orario.»

    «Buonanotte.»

    Gianluca lascia cadere il cellulare sulle lenzuola, incredulo.

    Poi comincia a scuotere Teresa, ripetendo in loop: «Hai sentito, amore? Hai sentito, amore? Hai sentito, amore?»

    Quello che passerà agli annali come

    Punto di rottura

    Marisa si sistema la frangetta con un tocco preciso.

    Il cameraman le segnala con la mano destra che sono in onda fra tre, due, uno: «Vai.»

    «Un benvenuto agli spettatori dalla vostra Marisa Fermi. Questa sera condurrò per voi il tanto atteso confronto fra i candidati a sindaco di Roma: Remo Goretta…»

    «Buonasera a tutti, è un piacere essere suo ospite, Marisa.»

    «… e Cinzia Bartolomei…»

    «Buonasera anche da parte mia agli amici romani e non, che ci seguono.»

    «Bene. E dopo le dovute presentazioni, subito la domanda: vi aspettavate di arrivare al ballottaggio? Vediamo… Iniziamo con Cinzia? Prima le donne, per galanteria.»

    «Non c’è problema» commenta Goretta con un tono di voce disteso e un fulgido sorriso in bella vista.

    «Molto sportivo» dice la Bartolomei, con un pizzico di malizia, quindi cerca la telecamera più vicina e accavalla le cosce, inclinando leggermente il busto in avanti.

    «Se mi aspettavo di arrivare al ballottaggio e prendere il parziale di voti più alto alla prima tornata? Non vorrei passare per presuntuosa, ma sì, ne ero certa. Io e il mio gruppo abbiamo lavorato sodo negli ultimi due anni, cercando di giungere a questo momento senza alcuna impreparazione o esitazione di sorta. La gente sa che se voterà me, otterrà l’applicazione pedissequa di ogni punto del mio programma: riqualificheremo la metropolitana; andremo a dare sostegno nella periferia più profonda, dove il cittadino è dilaniato fra la malavita organizzata e una municipalizzazione, che non mi pento di definire altrettanto criminale. Ridaremo a Roma una veste elegante, rispettando lo status di enorme monumento a cielo aperto che tutto il mondo ci invidia.»

    «Qual è la sua replica, Goretta?» chiede quindi la giornalista all’altro candidato.

    Quello sembra quasi sorpreso di essere stato chiamato in causa e rinfila in tasca lo smartphone, con cui stava giochicchiando.

    «Mi scusi, ha ascoltato cos’ha detto la sua avversaria?» insiste la Fermi, colpita. L’uomo ha beatamente pensato ai fatti propri, mentre la donna conduceva il proprio discorso accorato. Ci sono tutti gli ingredienti per una discussione al vetriolo e Marisa non vede l’ora di sguazzarci dentro.

    «Mi sembra evidente che fosse disinteressato» commenta rapida la Bartolomei, con una misurata dose di asprezza.

    Marisa Fermi si concede un respiro. La candidata è già un passo avanti. Non c’è stato nemmeno il bisogno di sottolineare la mancanza di rispetto dell’altro. I due stanno arrivando allo scontro feroce e lei non deve nemmeno accompagnarli per mano.

    «Il candidato Goretta avrà avuto i suoi buoni motivi per distrarsi a questo modo. Per il principio di trasparenza che guida il programma, spero che voglia condividerlo con gli spettatori» annuncia infine. Ama fingere di avere a cuore l’equilibrio. Usa mezze frasi e mezzi toni, navigando sempre a vista, ma è il caos che brama più di ogni altra cosa. Perché il caos genera share e lo share porta introiti alla rete.

    Remo Goretta dal canto suo non sembra affatto a disagio.

    Ringrazia anzi la giornalista di avergli dato la possibilità di spiegare le proprie ragioni e sorride beatamente.

    «Perché guardavo il cellulare? Perché io, a differenza della mia avversaria, sono un uomo che sa stare al passo con i tempi. Vediamo, signorina Fermi, lei ha dimestichezza con cAPPacity?»

    La giornalista è spiazzata. Ha installato l’applicazione un mesetto fa, su invito del proprio compagno e vorrebbe rispondere di sì, ma non sa dove il politico voglia andare a parare.

    Dopo qualche istante di esitazione, si vede costretta a dire che la conosce. Meglio una gaffe, che un momento morto ripete sempre il direttore del telegiornale.

    Lei fa suo l’adagio e si tira fuori dall’impaccio.

    «Molto bene. Dubito fortemente invece che la mia avversaria sia a conoscenza di un simile strumento. O sbaglio, Cinzia?»

    La candidata sbianca e per trenta secondi boccheggia, incapace di replicare. Sul suo volto ci sono tutti i segni di chi non ha la più pallida idea dell’argomento in questione.

    «Credo che chi ci segue voglia sapere qual è il tuo programma elettorale, non cosa hai installato sul telefonino» afferma dunque la donna, con il tono di voce di chi sia stato in apnea un secondo in più rispetto al proprio limite.

    «Tu dici? Perché si dà il caso che proprio in questi minuti io sia stato confermato come miglior utente settimanale della città di Roma, per la quinta volta consecutiva. Vuoi che ti legga i pareri dei cittadini sulla mia persona? Anzi no, non voglio infierire e offenderti. cAPPacity è un sistema meritocratico rivoluzionario che negli Stati Uniti viene utilizzato a fini politici da almeno sei mesi, Cinzia. Tu non solo non sai cosa sia, ma non sei nemmeno iscritta. La prima tornata ti avrà anche sorriso, ma le votazioni e la partecipazione alla cosa comune non sono più legate solo a freddi sondaggi a campione e programmi triti e ritriti. Al ballottaggio so già che dalla mia avrò le trecentomila persone che mi hanno valutato negli ultimi dieci giorni. Trecentomila persone che erano indecise e che hanno sposato la mia causa, dandomi cinque stelle di valore, perché con il mio entourage abbiamo intercettato il loro umore, i loro progetti e abbiamo pianificato sull’interesse del singolo. Prego la regia di inquadrare il mio smartphone. Posso scorrere tutti i nomi e cognomi di chi mi farà vincere il ballottaggio contro Cinzia Bartolomei.»

    Marisa Fermi dilata le narici e inspira a fondo. Nei polmoni le entra l’aria viziata dello studio e per qualche istante resta immobile, incapace di reagire, gli occhi incantati sulle luci al neon, che illuminano lei e i due candidati.

    Remo Goretta si è rivelato un vero mattatore, colpendo l’altra dov’era totalmente impreparata. Ora si appresta a ledere la privacy di cittadini comuni, svelando in diretta nazionale il loro orientamento politico, e Marisa è obbligata a mandare la pubblicità. Senza fretta però, perché più passano i secondi, più prende corpo il servizio che a fine trasmissione rimbalzerà da un quotidiano online all’altro. E tutti parleranno del suo programma.

    Quando infine la giornalista si decide a chiudere, viene interrotta dalla voce rauca di una Cinzia Bartolomei livida in volto.

    «L’hai giocata sporca, Remo. L’hai giocata davvero sporca! Mi iscriverò a cAPPacity e ti dimostrerò la differenza fra un vero politico e il saltimbanco che sei.»

    La candidata esce quindi dallo studio, mentre Goretta, sorriso stampato sul volto, snocciola nomi e cognomi dei propri votanti: «Giulia Malizia, Ugo Corti, Giovanni Rinciollo…»

    «Pubblicità! Pubblicità!» urla la conduttrice e lancia a Goretta uno sguardo di rimprovero, più finto del seno della velina seduta in prima fila fra il pubblico. In realtà vorrebbe baciare il candidato per ringraziarlo: quella appena terminata è una puntata di Politicando che farà parlare di sé per lungo tempo.

    Spasmodica notte

    Nella stanza regna il silenzio.

    Solo il graffiare agitato della punta di una Bic su un bloc-notes e il ronzio di un condizionatore disturbano la quiete.

    Sono le due di notte e Cinzia non smette più di scrivere parole, cerchiarle e tirare frecce che le uniscano.

    È così che si concentra. Penna tanto stretta nel pugno da far sbiancare le nocche e giù a maltrattare un pezzo di carta qualsiasi, fino a che i pensieri non prendono forma e riesce a dar loro un ordine.

    Le parole che ha buttato e ributtato giù sono cAPPacity e Remo Goretta. A un certo punto, venti minuti fa, ha scritto di getto valutazione e stelle e per un attacco improvviso di rabbia ha dato una manata alla lampada sul tavolo, facendola roteare pericolosamente sul proprio asse.

    Meno male che c’è suo marito Ettore.

    Quando è rientrata in casa era una furia. Ha tirato un calcio al termosifone all’ingresso, ammaccando la valvola di apertura, ma il consorte non si è scomposto di un centimetro. Non si è neppure alzato dal divano.

    È stata lei ad andare da lui.

    Gli si è tuffata con la testa sulle cosce e Ettore le ha carezzato la nuca per diversi minuti, prima di aprire bocca.

    «Ti ho vista in televisione. All’inizio volevo evitarmi il confronto, ma poi ho acceso» ha detto, dopo una decina di minuti.

    Non ha aggiunto nulla. È fatto così e Cinzia lo sa: non si lascia mai andare a commenti di pancia o alla facile retorica. Osserva ciò che lo circonda e si risparmia ogni tipo di considerazione. È per questo che lo ama, perché tiene la calma, quando lei reagisce in modo sanguigno, senza valutare le conseguenze.

    «Mi ha umiliata. Ha giocato in modo subdolo» ha trovato la forza di dire Cinzia a un certo punto, la voce strozzata dal lino bianco del pantalone del marito.

    «Tu trovi?» le ha risposto Ettore.

    «Sì.»

    «Stiamo insieme da quindici anni. Eri attiva in politica già da nove, quando ci siamo conosciuti. Hai dedicato la tua vita a tutto questo.»

    «E quindi?»

    «E quindi se pensi che ti abbia umiliata, prendi le contromisure. La campagna elettorale non è ancora finita. Io bevo un goccio di mandarinetto e vado a dormire. Vieni a letto con me?»

    «No. Non ho sonno adesso. Ti raggiungo più tardi.»

    «Ok.»

    Ettore sposta con gentilezza la testa della moglie, si alza e prende una bottiglia con il collo lungo dal tavolinetto di vetro al centro del salotto.

    Si versa un’oncia di liquore in un bicchierino e lo manda giù in due sorsi.

    «Buonanotte. Non ti stancare troppo. Hai bisogno di riposare.»

    «Sì, tranquillo.»

    Sono le due e venti ora e Cinzia ha scritto per l’ennesima volta cAPPacity sul foglio, rannicchiata sulla scrivania del suo studio.

    Non ha intenzione di vedere in cosa consista l’applicazione. Ha un vecchio cellulare che si connette a malapena a internet: non si sarebbe iscritta neppure a nessun social, se il suo entourage non le avesse imposto la creazione di un profilo Facebook in vista delle elezioni.

    «Adesso devi assolutamente entrare su cAPPacity e surclassare Goretta» le ha intimato il segretario di partito in una veloce chiamata, subito dopo l’intervista e lei non ha potuto fare a meno di sussurrare un poco convinto «Ok.».

    Ora però nella solitudine dello studio sta ripercorrendo mentalmente il proprio percorso politico e non c’è niente che le appartenga meno di una propaganda su cAPPacity.

    A diciott’anni ha mandato a puttane, per usare le parole del padre, un futuro solido e sicuro come odontotecnica: le sarebbe bastato prendere la laurea ed ereditare lo studio dentistico di famiglia, senza nessun affanno.

    E invece ha girato l’Europa, accrescendo la propria cultura politica. Voleva dare basi solide all’attivismo, allargare i propri orizzonti e arricchirsi di esempi e di figure a cui ispirarsi. Ha vissuto a Parigi, Londra, Bruxelles, prima di tornare a Roma e cominciare gli studi.

    A che scopo dunque adesso abbassarsi al livello di chi fa una campagna elettorale di vuoti apprezzamenti sul web?

    La donna si morde il labbro inferiore e la mano destra corre istintivamente alla penna. La parola compromesso compare sulla carta, nell’ultimo spazietto bianco disponibile.

    Se c’è una cosa che la donna ha imparato a sue spese in anni di politica, è che alla fine di tutto conta solo la vittoria: gli sconfitti e le loro idee per la comunità svaniscono, quando non si incontra il favore del popolo.

    La verità è che teme la sfrontatezza mostrata nel dibattito da Goretta. Andando contro ogni suo principio, si costringe dunque ad accendere il portatile e ad aprirlo sulla scrivania.

    Domani con il suo entourage studierà il miglior modo di contrastare l’avversario sulla piattaforma, ma ora ha bisogno di capire le funzioni di base. Cominciare a muoversi nel terreno di battaglia e prendere confidenza con esso.

    Ciò che la colpisce subito positivamente è il design del sito. I colori giallo e viola dominano, in una bicromia che rende il tutto accattivante.

    Le immagini del profilo degli utenti si trovano sulla sinistra dello schermo, mentre a destra c’è una banda viola scuro, su cui campeggiano cinque stelle dal contorno giallo oro.

    Al passare della freccetta del mouse di Cinzia, quest’ultime si animano e si colorano, in base alla votazione che si vuole dare all’utente.

    L’aspirante sindaca allora va per cliccare sul primo utente che le capita a tiro nella home, lasciando una stella di valutazione, ma un messaggio di errore compare sullo schermo.

    Vuoi dire la tua su qualcuno, senza che gli altri possano fare lo stesso con te? Noi di cAPPacity pensiamo che questo non sia equo. Iscriviti pure nella casella in basso a sinistra e comincia un’esperienza che cambierà la tua vita.

    «Ma vaffanculo» sussurra Cinzia a denti stretti, quindi clicca sulla casella di ricerca, digitando il nome di chi l’ha spinta ad aprire il sito.

    La bacheca di Remo Goretta non è solo viola e gialla. Ci sono scorci di Roma, a fare da sfondo alle centinaia e centinaia di valutazioni ricevute.

    Cinzia allora va per premere sulla x in alto a destra perché ne ha avuto già abbastanza: vuole chiudere tutto e andare a dormire.

    Prima che possa farlo, però, si apre un video a tutto schermo.

    C’è il suo avversario sorridente con lo smartphone nella mano destra, mentre con la sinistra mostra agli utenti i progetti di rifacimento della metropolitana di Roma.

    «I miei progetti…» ha la forza di dire Cinzia, disorientata e avvilita da tanta arroganza.

    Chiude quindi il video con un colpo di indice sul mouse.

    È di nuovo sulla bacheca del verme, del lurido, del ladro, convinta ormai che la rabbia non possa raggiungere un livello superiore.

    Ma c’è un ultimo elemento, che riesce nell’impresa di renderla ancora più furente.

    Sotto il nome dell’avversario campeggia una scritta, che a primo impatto le era sfuggita: Utente sponsorizzato [?].

    Clicca di slancio sul punto interrogativo e ciò che legge la spinge a chiudere il laptop di scatto, facendola quasi scoppiare in lacrime.

    Remo Goretta è uno dei più grandi sostenitori del progetto cAPPacity ed è stato uno dei primi a credere in noi. In segno di riconoscenza, per tutto il prossimo mese chi lascerà una valutazione positiva su questo profilo, riceverà una stella sul proprio.

    Cinzia lascia cadere la testa sul petto, inerme. Ha qualche giorno per contrastare un qualcosa che ha origini lontane e solide e di cui non sapeva assolutamente nulla. Combattere Remo Goretta sul web e sconfiggerlo sembra un’impresa titanica e lei non crede di esserne in grado.

    Prova una serie di sentimenti contrastanti al momento, a cui non riesce a dare una definizione organica.

    Di una sola cosa è certa: odia cAPPacity in modo viscerale, perché ha trasformato un pusillanime come Remo Goretta in un degno avversario.

    Uno sfortunato frammento di

    umanità entusiasta

    Giulio Lauretano adora cAPPacity.

    Ha scaricato l’applicazione sullo smartphone quando ancora non era disponibile la versione in italiano e l’ha amata da subito.

    Per lui, professore di matematica di quarantasette anni, stanco di valutare i soliti ragazzini delle medie, è stata una manna dal cielo.

    Adora il proprio lavoro, non fraintendiamoci, e proprio per questo motivo, potersi spendere in analisi approfondite di altre persone, con la possibilità di dare una votazione anche fuori da scuola, lo esalta.

    Può occupare un pomeriggio intero a osservare il vicino e premiarlo con una stella quando differenzia l’immondizia, o togliergliela quando dimentica di disattivare gli schizzetti in giardino e sperpera acqua.

    La moglie Flavia, donna per nulla avvezza alle dinamiche valutative del marito, spesso lo rimprovera, per il modo in cui spreca il tempo con certe cazzate, per dirla con le sue parole.

    Ma Giulio nemmeno la sente. Su cAPPacity la donna ha un giudizio di una stella e per lui, cinque stelle da sempre, le parole di lei non hanno alcun minimo peso.

    «Impegnati, Flavia. Organizza qualche caffè con le amiche. Prepara un dolce fatto in casa e vedrai che la situazione migliora. C’è questo sito di ricette…»

    «Ti ho detto mille volte che non mi interessa nulla. Sono una monostella? Benissimo! Non ho bisogno del giudizio della gente!»

    «Aspetta! Aspetta! Dio, sì! Sì! Finalmente!» urla Giulio d’improvviso.

    «Ma che hai? Mi hai fatto prendere un colpo!»

    «Tua zia Liliana si è iscritta a cAPPacity e ti ha dato cinque stelle di giudizio, dopo che l’hai accompagnata in posta l’altra mattina! Vali 1,3 ora! Sei fuori dai monostella! Sì!»

    La donna impreca a mezza voce e si lascia andare a un sospiro.

    «Che c’è? Sei scontenta?»

    «Mia zia ha settantun anni. Non ci credo che si sia fatta trascinare anche lei in una roba simile. Siamo davvero alla frutta.»

    «Ma invece di ringraziarla…»

    «Mah. Mi metto a passare l’aspirapolvere, va.»

    «Ma dai, lo sai che…»

    Il rumore dell’elettrodomestico esplode in tutta la casa e Giulio si lascia andare a una smorfia indolente nei confronti della moglie.

    Giulio si concede ogni giorno un’oretta di valutazioni su cAPPacity, disteso sul divano del salotto, e puntualmente Flavia accende quella macchina infernale, facendogli perdere la concentrazione.

    In fondo gli basta solo un poco di relax, al fresco della portafinestra aperta. Non chiede molto.

    E invece appena si allunga, comincia il brusio: comincia a pensare che la moglie lo faccia apposta, per farlo desistere dall’uso dell’applicazione.

    «Non puoi proprio passarla dopo?» esclama allora il professore, dando inizio all’ennesima discussione a tema cAPPacity. Una roba che in casa Lauretano si ripete ogni giorno, uguale a sé stessa, da quattro mesi a questa parte.

    Ma Flavia non vomita il solito «Io, a differenza sua, caro signor Lauretano, quando stacco da lavoro, torno a casa e comincio la battaglia per rendere, non dico pulito, ma vivibile questo posto. Se vuole però mi seggo al suo fianco e ci divertiamo a giudicare i vicini in base a come potano le siepi, che ne pensa?»

    No, sul volto della moglie si mescolano meraviglia e terrore. Con il labbro inferiore tremante la donna indica a Giulio qualcosa oltre il divano, in direzione della portafinestra.

    L’uomo all’inizio non capisce e pensa a uno scherzo di cattivo gusto, ma poi una vibrazione frenetica gli giunge all’orecchio e una piccola ombra gli si staglia sulla faccia.

    Si costringe allora a voltarsi: ciò che vede lo fa letteralmente cadere dal divano e indietreggiare sul pavimento, usando mani e piedi in modo caotico.

    Un drone giallo oro e viola scuro, non più grande di una delle consolle per videogiochi dei due figli Pietro e Paolo, se ne sta sospeso a mezz’aria, grazie a quattro eliche orizzontali che vorticano all’impazzata.

    Da sotto il corpo centrale del bizzarro oggetto sporge invece una telecamera che, come il periscopio di un sottomarino, studia il mondo esterno.

    «Indivi-duato mono-stella. Indivi-duato mono-stella. Indivi-duato mono-stella.» ripete a circuito continuo una voce metallica proveniente dal bizzarro velivolo.

    Dopo la sorpresa, sul volto di Giulio arriva quindi l’amarezza.

    Nell’ultima settimana ha letto su un paio di forum di hi-tech che la valutazione su cAPPacity avrebbe avuto delle ripercussioni sociali, ma credeva fossero le solite bufale che girano su internet.

    Il fatto che un drone, con il simbolo dell’applicazione sul dorso, sia entrato in casa sua a caccia di monostella, non è affatto un buon segno.

    Ha insistito tanto con la moglie perché si impegnasse a migliorare la propria valutazione e sperava davvero che il voto della zia potesse risolvere le cose una volta per tutte, ma evidentemente il cambiamento non è stato ancora registrato dai

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