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Tutto bene, Ria?
Tutto bene, Ria?
Tutto bene, Ria?
E-book338 pagine4 ore

Tutto bene, Ria?

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Info su questo ebook

Ria è una cacciatrice di tesori che cerca di trovare la sua strada nel mondo mentre si prende cura della sua amica alcolizzata.

Bruno è un insegnante che ha deciso di portare il suo cane con sé in viaggio .

Peter è uno scrittore freelance il cui viaggio in India prende una svolta inattesa.

Bong Gu è un cane cinese che condivide gli eventi con il suo padrone durante un viaggio a tempo indeterminato.

Gwen è un'artista alcolizzata, che scatena inconsapevolmente su chi le sta intorno la sua personalità disturbata

Questa è la loro storia.

LinguaItaliano
Data di uscita21 ago 2020
ISBN9781071563472
Tutto bene, Ria?

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    Anteprima del libro

    Tutto bene, Ria? - Bruno Maiorana

    DISCLAIMER

    Questa è un'opera di finzione. Nomi, personaggi, luoghi e incidenti sono frutto dell'immaginazione dell'autore o sono utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, aziende, società, eventi o locali è del tutto casuale.

    Libro 1 – Tutto bene, Ria?

    Sommario

    1 - Ria

    2 - Peter

    3 - Ria

    4 - Peter

    5 - Ria

    6 - Peter

    7 - Ria

    8 - Peter

    9 - Ria

    10 - Peter

    11 - Gwen

    13 - Gwen

    14 - Hamza

    15 - Ria

    16 - Peter

    17. Hamza

    18 - Ria

    19 - Peter

    20 - Hamza

    21 - Ria

    22 - Peter

    23 - Hamza

    24 - Ria

    25 - Peter

    26 - Hamza

    27 - Ria

    28 - Peter

    29 - Hamza

    30 - Gwen

    31 - Peter

    32 - Hamza

    33 - Ria

    34 - Peter

    35 - Hamza

    36 - Ria

    37 - Peter

    38 - Hamza

    39 - Peter

    40 - Ria

    41 - Hamza

    42 - Ria

    43 - Hamza

    44 - Ria

    45 - Hamza

    46 - Peter

    47 - Hamza

    48 - Peter

    49 - Hamza

    50 - Ria

    51 - Hamza

    52 - Ria

    53 - Bong Gu

    54 - Ria

    55 - Bong Gu

    56 - Bruno

    57 - Peter

    58 - Bruno

    59 - Ria

    60 - Bruno

    61 - Ria

    62 - Bruno

    63 - Ria

    64 - Bruno

    65 - Ria

    66 - Bruno

    67 - Ria

    68 - Bruno

    69 - Ria

    70 - Bruno

    71 - Ria

    72 - Bruno

    73 - Ria

    74 - Bruno

    75 - Gwen

    76 - Bruno

    77 - Gwen

    78 - Bong Gu

    79 - Gwen

    80 - Bruno

    81 - Capuccina

    82 - Bruno

    83 - Gwen

    84 - Bong Gu

    85 - Capuccina

    86 - Bong Gu

    87 - Gwen

    88 - Bruno

    89 - Capuccina

    90 - Bruno

    91 - Gwen

    92 - Ria

    93 - Gwen

    94 - Ria

    95 - Gwen

    96 - Ria

    97 - Bruno

    98 - Ria

    99 - Bruno

    100 - Ria

    101 - Bruno

    102 - Gwen

    103 - Ria

    104 - Bruno

    105 - Ria

    106 - Bruno

    107 - Ria

    108 - Bruno

    109 - Ria

    110 - Bruno

    111 - Ria

    112 - Bruno

    113 - Ria

    114 - Gwen

    115 - Ria

    116 - Terra

    117 - Ria

    1 - Ria

    ––––––––

    Ci sono cose in questo mondo che nessuno ha mai visto. Alcune sono nascoste negli angoli più oscuri di grotte profonde e dimenticate, altre rimangono dormienti sul fondo dell'oceano, e molte cose sono sepolte sotto l'asfalto che pavimenta le nostre autostrade e le nostre città.

    Il mondo le ha nascoste per renderli difficili da ottenere, e gli elementi fanno la loro parte perché rimangano nascoste. Verrà un giorno, però, in cui saranno scoperte. Da me. Mi chiamo Ria, e sono una cacciatrice di tesori.

    Fin da quando ero bambina, ero affascinata dalle cose misteriose. Non le cose soprannaturali, ma il genere di cose che si vedono tutti i giorni, l'oceano, il cielo, le stelle, l'universo. Cose che ti avvolgono nella loro immensità e ti tolgono il respiro con la loro grandezza, ti fanno mettere in discussione l'esistenza stessa, facendoti sentire minuscolo e impotente alla loro presenza.

    Da bambina mi piaceva anche cercare cose nascoste o perdute. Chiedevo a mia madre di nascondere qualcosa da ritrovare e lei registrava il tempo che mi era necessario e mi diceva ogni volta che avevo battuto il mio record.

    Spesso mi assale il ricordo di me che aspetto impaziente fuori dalla porta della mia stanza da letto, cercando di percepire qualsiasi fruscio che mia madre faceva al suo interno mentre trovava un posto per nascondere l'oggetto. (Solo più tardi ho scoperto che lei, sapendo che stavo ascoltando, faceva dei rumori a caso, solo per confondermi).

    Poi apriva la porta e sorrideva.

    Ok Ria, sei pronta?

    Io feci un cenno con la testa.

    Trova la penna che ho nascosto, e se la trovi in meno di due minuti, c'è del gelato per te.

    Poi lei diceva: VAI!, ed io impazzivo cercando di trovare la penna.

    Il 7 maggio 2005, mia madre disse di avere una sorpresa speciale per me. Attesi fuori dalla porta con pazienza come avevo fatto innumerevoli volte in precedenza, solamente questa volta non sentivo nessun suono provenire dall'interno. Ah sì, era anche il mio tredicesimo compleanno.

    L'oggetto che devi trovare per me è un piccolo pezzo di carta, mi spiegò. So benissimo che un piccolo foglio di carta può essere facilmente infilato o arrotolato in qualsiasi cosa, ovunque. Per questo ti do venticinque minuti interi per trovarlo.

    Un gioco da ragazzi, pensai. Non avevo mai avuto più di quindici minuti per trovare qualcosa prima. Conoscevo questa stanza come il palmo della mia mano, e in più avevo venticinque minuti. Non potevo assolutamente fallire.

    E qual è il mio premio? chiesi mentre usciva dalla stanza.

    Questa volta è una sorpresa. Regolò il timer e disse: Vai!, chiudendo la porta dietro di sé.

    Dopo che uscì dalla stanza, sentii l'aria farsi sempre più pesante, pesare su tutto il mio corpo, come se lei stesse controllando l'atmosfera della stanza.

    Ignorando il mio istinto, iniziai a cercare sistematicamente in ogni angolo della stanza, frugando tra i vestiti, scuotendo le pagine di ogni libro e ispezionando ogni crepa e fessura dove ci fosse abbastanza spazio da inserire un piccolo foglio di carta.

    Ispezionai accuratamente dietro l'interruttore della luce, scollegai tutto per controllare se era arrotolato all’interno di una presa della parete. Svitai le spine elettriche nel caso fosse stato incastrato sul retro, e smontai tutti gli apparecchi elettrici della stanza con il minuscolo coltellino svizzero che avevo sempre in tasca.

    Venti minuti dopo e niente. Cominciavo a innervosirmi, perché avevo letteralmente frugato in ogni angolo della stanza senza successo, inoltre c'era molta tensione nell'aria. C'era qualcosa di sicuramente sbagliato, e lo sentivo bruciare da dentro. Non aveva fatto rumore nascondendo la sorpresa, non mi aveva detto qual era il premio e mi aveva dato venticinque minuti per trovare un pezzo di carta - tutto quadrava.

    Quando furono passati ventitré minuti, la mamma entrò nella stanza per vedere come andava.

    Non è qui, dissi. Ho sbuffato e mi sono lasciata cadere sul pavimento.

    "È qui. So che lo troverai perché hai un dono. Credo in te, quindi concentrati e pensa fuori dagli schemi, o come dicono gli inglesi, out of the box, fuori dalla scatola. Puoi farcela, Ria" disse sorridendo e uscì dalla stanza, lasciandomi ancora più perplessa quando il timer arrivò a novanta secondi.

    Un brivido mi scese lungo la schiena. Mi sedetti sul pavimento, impotente. Perché farmi tanta pressione il giorno del mio compleanno? Perché non ero riuscita a sentire nulla quando stava nascondendo il foglio? Perché mi aveva dato venticinque minuti? C'era un collegamento?

    Mancava solo un minuto. Perché aveva detto di credere in me e che abbia un dono? Era una specie d’indizio? Concentrati, pensa fuori dagli schemi. Concentrati, Ria. Concentrati.

    Tu hai un dono. Pensa fuori dagli schemi, come dicono gli inglesi, out of the box, fuori dalla scatola. Concentrati!

    La scatola...

    Un regalo...

    Venticinque...

    Quelle parole erano collegate!

    Mancavano solo trenta secondi. Potevo farcela, sapevo di potercela fare. Vediamo...un regalo in una scatola...venticinque regali... No, un regalo tra venticinque... No, non venticinque, il giorno venticinque, un regalo, in una scatola, a Natale... Un regalo di Natale, questo era l'indizio! Avevo ricevuto da lei un regalo, lo scorso Natale, un paio di scarpe da corsa, le stesse che indossavo in quel momento, sì! Scarpe! Doveva essere nascosto dentro le mie scarpe. A soli quindici secondi dallo scadere del tempo mi tolsi le scarpe e levai le solette. Trovai un foglio di carta nascosto lì sotto. Negli ultimi cinque secondi rimasti aprii la porta e le mostrai la carta.

    Una lacrima le corse lungo la guancia mentre mi stringeva tra le braccia e piangeva piena di orgoglio: Sapevo che ce l'avresti fatta!.

    E lei lo sapeva. I genitori sono bravissimi a riconoscere il talento dei loro figli, e lei aveva notato il mio. Il dono del riconoscimento degli schemi e della risoluzione dei problemi, un dono che non sapevo nemmeno di avere, fino a questo momento della mia vita. Sapeva che ero in grado di distinguere i diversi schemi di quel giorno e metterli insieme per trovare il tesoro.

    2 - Peter

    ––––––––

    C'erano alcuni posti in città in cui valeva la pena di trascorrere del tempo. Fare esperienze, esperienze uniche, come pranzare da soli in città, in un pomeriggio di sole.

    La cameriera mi portò un piatto chiamato Nasi Lemak, un piatto della tradizione malese fatto di riso, acciughe, uova e cetrioli. Proprio quello che volevo. Ecco perché amavo il Karma Café. Non avevano un menu, ma ti servivano quello che avevano e poi avresti pagato per ciò che pensavi valesse. L'idea era che tu riceva quello che ti meriti, da qui il nome.

    Oltre a non avere menù, il locale non aveva decorazioni o ornamenti di alcun tipo, e le persone che vi lavoravano indossavano magliette bianche a tinta unita. Non c'era niente con cui intrattenere o distrarre i clienti. Niente cartelli o Wi-Fi, niente musica, niente poster. Solamente tavoli, sedie e un salvadanaio di cartone. Non c'era nemmeno bisogno di chiacchierare con il personale: ti portavano solo il cibo e se ne andavano.

    Era la cena pura e semplice. C'erano già abbastanza cose di cui preoccuparsi nella vita, quindi era bello andare lì e far decidere a qualcun altro che cosa avrei mangiato quel giorno. Anche le cameriere erano carine, quindi era sempre un vantaggio. Era un commento sessista? Anche se lo fosse stato, era così. Era onestà, più che diplomazia.

    In una linea temporale alternativa, sarei stato probabilmente il capo cuoco di questo ristorante. Trovare il piatto giusto per ogni persona non era un lavoro facile, ma era sicuramente divertente. Immaginate che entri un gruppo di quattro persone: cucinerei ravioli per una di loro, Masala dosa per la successiva, per la terza preparerei grilli fritti con miele e olio di sesamo, e l'ultima riceverebbe un piatto tradizionale africano, chiamato "butto tutto in una pentola, lo faccio bollire, lo servo e m’invento un bel nome africano come pula-pula o tuku-tuku".

    Il mio secondo caffè preferito era sicuramente il Neko Café. Non che fossi un grande fan dei gatti, ma era divertente osservarli con la consapevolezza che non fossero sotto la mia responsabilità. Potevano litigare o rompere un bicchiere, tanto non sarei stato io a pulire dopo di loro. Al contrario, sarebbe stato davvero divertente stare a guardare una cosa del genere. Egoista? Anche se fosse...amen! L'onestà prima di tutto, no?

    Finito il pasto, infilai una banconota da dieci dollari nella scatola all'ingresso me ne andai per la mia strada. Non che avessi un posto speciale dove andare, era solo che la digestione è più facile quando si cammina.

    Guardavo il mio riflesso allampanato nella vetrina del negozio di fronte. Avevo lo stesso aspetto di quando avevo quindici anni: magro, alto e portavo i capelli allo stesso modo.

    Sentii il bisogno di controllare la tasca destra. Dentro c'era un mazzo di chiavi. Erano le mie chiavi, quelle che mi servivano per entrare nel mio appartamento, e c'era anche una lunga lista.

    Ogni giorno mi svegliavo e meditavo, e dopo un quarto d'ora di meditazione, facevo abitualmente una lista di sette cose che volevo fare quel giorno. A volte erano cose semplici come spazzare il pavimento o fare la spesa. Altre volte erano più complesse, come mandare un messaggio a una ragazza o preparare una gara di breakdance. La maggior parte dei compiti di questo particolare giorno era stata portata a termine prima di pranzo, e ora la lista si era ridotta a due sole voci. Una di queste era scrivere una breve recensione della mia lavatrice per un vecchio amico che voleva che lo facessi. Non che ci fosse qualcosa di speciale nella mia lavatrice, o forse sì, non lo sapevo. Il mio amico aveva un sito web che parlava di cose a caso, quindi la recensione della lavatrice sarebbe probabilmente stata collocata tra un post su un artista del Rinascimento e una ricetta russa per lo stufato di manzo.

    La seconda cosa che dovevo fare era andare a prendere qualche libro a casa dei miei genitori a Milwaukee. Anche se qualche anno prima mi ero trasferito lontano da casa, c'erano ancora un sacco di cose lì. Era anche una buona occasione per vederli un'ultima volta prima di partire per l'India due settimane dopo.

    Avevo già venticinque anni e decisi che era ora di andare a vedere il mondo, altrimenti mi sarei pentito di non aver viaggiato quando fossi invecchiato. È vero, probabilmente avrei dovuto iniziare un po’ prima a spuntare le cose dalla mia lista, ma venticinque anni non erano un'età così avanzata. Immaginiamo per me un’aspettativa di vita di settantacinque anni, cioè venticinque anni di vita vissuta assecondando le aspettative altrui, e cinquanta anni da vivere a modo mio, seguendo le mie regole, o almeno cercando di farlo.

    3 - Ria

    Mamma è morta tre mesi dopo il mio tredicesimo compleanno. Si è scoperto che aveva combattuto il cancro per circa un anno, ma aveva scelto di non dirmelo, perché i nostri ultimi mesi insieme potessero essere i più allegri possibile. Il giorno in cui ho compiuto tredici anni, sapeva già che non le rimaneva molto tempo, e per questo piangeva.

    Per quanto riguarda il premio per aver trovato il foglio di carta nella mia scarpa, ricevetti un nuovissimo Metal Detector Fisher S4. Era proprio quello che avevo sempre desiderato, ma ogni volta che l'avevo chiesto, la mamma si era opposta, dicendo che ero troppo giovane per andare in giro a cercare tesori da sola, e probabilmente aveva ragione.

    Più tardi quel giorno comprammo una piccola pala da giardinaggio e un paio di cuffie stereo nere da un negozio vicino e andammo in spiaggia per provarle insieme. Eravamo entrambe molto eccitate: Io perché stavamo andando alla nostra prima vera caccia al tesoro, e la mamma perché lo ero io.

    Il posto era deserto. Il cielo era più chiaro che mai. La sabbia soffice, le onde dolci e la brezza salmastra dell'oceano ci ricordavano quanto fossimo fortunate a essere lì, a stare insieme, a essere vive. Setacciammo la riva per circa due ore. Individuai la posizione di un oggetto con il mio metal detector e la mamma mi aiutò a scavare. Alla fine della giornata avevamo trovato due dollari, trentasei centesimi, dodici tappi di bottiglia e un vecchio fermaglio per capelli arrugginito. Non male per la nostra prima volta.

    Sulla strada del ritorno a casa ci fermammo in un ristorante thailandese per prendere un takeaway. Tornate a casa, mentre mangiavamo, facemmo una lista di tutti i posti della città che sarebbero adatti per andare a caccia di tesori, compresi tutti i parchi, i parchi giochi, le spiagge e i campi nelle vicinanze. Poi discutemmo su cosa avremmo fatto nel caso in cui avessimo trovato qualcosa di veramente prezioso, e abbiamo scritto una serie di regole:

    -  Se il tesoro è davvero bello e prezioso, lo teniamo per noi.

    -  Se è brutto ma di valore, lo vendiamo

    -  Se è bello ma inutile, lo regaliamo a qualcun altro.

    Fu il compleanno perfetto. Ancora oggi, ogni volta che penso alla mamma, vado in macchina in spiaggia a cercare tesori, poi prendo un po' di cibo thailandese e passo una giornata tranquilla a casa a leggere o a pianificare la mia prossima avventura.

    4 - Peter

    ...e l'interno di acciaio inossidabile è progettato per pulire ogni fibra di tessuto, proteggendo la stoffa e lasciandola morbida come il sedere di una scimmia dopo una fresca pioggia estiva nella giungla vietnamita. I cicli di pulizia, da quelli più pesanti a quelli più delicati, sono caratterizzati da una funzione salva-calze che garantisce che il numero di calze uscite sia uguale al numero di calze entrate all'inizio del ciclo di lavaggio. Perfetto.

    Quando ebbi terminato la recensione, chiamai la mamma per farle sapere che sarei andato a trovare lei e papà la sera. Erano due ore di macchina da Chicago a Milwaukee e c'era ancora un sacco di tempo, così decisi di prendere la strada panoramica.

    Dopo aver guidato per un'ora, mi fermai in un caffè con vista sul porto. Non c'erano né gatti né staff con la maglietta bianca, solo io, una cameriera stanca e un'adolescente seduta a un altro tavolo che leggeva un libro con la copertina rigida, probabilmente una studentessa del liceo. Mi chiesi come mai non fosse a scuola. Non sembrava il tipo di ragazza che salta le lezioni. Né sembrava che stesse aspettando qualcosa o qualcuno, era solo lì, parte del paesaggio. Non si distingueva dalla cameriera, dalla macchina del caffè o da me stesso.  

    Avrà avuto sedici o diciassette anni. Aveva un aspetto mediocre e indossava una tuta blu e un paio di snickers. I suoi capelli biondi e corti erano lucidi e ben spazzolati. Sembrava che le importasse più dei suoi capelli che del suo abbigliamento. Era piuttosto piccola e il suo corpo, anche se non ancora sviluppato, non comunicava altro che delicatezza ed eleganza. Un piccolo zainetto blu appeso al lato della sedia. Speravo che, se mai avessi avuto una figlia, avrebbe portato i capelli così tutti i giorni.

    Pagai il caffè, salii in auto e aprii i finestrini pensando ai capelli della ragazza. Forse se avessi avuto qualche anno di meno. Forse se non fossi stato così codardo. Ok, questo è tutto, niente più forse, mancavano solo due settimane all'inizio del mio viaggio e all'inizio della mia nuova vita. Il nuovo me, il me stesso che avrebbe avuto il coraggio di avvicinarsi alle ragazze carine nei caffè, sarebbe nato tra due settimane e fino a quel momento avrei dovuto comportarmi bene e mantenere il mio solito aspetto, in modo che nessuno si accorgesse di ciò che stava crescendo dentro di me.

    Salve, mi scusi, ho bisogno di un passaggio in città. La ragazza del negozio era in piedi fuori dalla portiera dell’auto, mentre stavo per mettere in moto. Ero così perso nei miei pensieri che non l'avevo nemmeno vista arrivare. Stava guardando dentro l’auto da fuori, stringendo lo zaino e il libro con entrambe le mani, visibilmente nervosa. La sua voce era vibrante e colorata, niente di simile a quella che avevo immaginato quando l'ho vista prima che fosse inghiottita dal suo libro.

    Non vado in città, sto andando a Milwaukee per vedere i miei, spiegai mentre ammiravo i suoi capelli, cercando di non rendere la cosa troppo evidente.

    Posso avere un passaggio a Milwaukee, allora? mi chiese come ad anticipare la mia risposta.

    Poteva farlo? Sembrava essere minorenne, ma non c'era nulla in lei che facesse pensare che potesse causare problemi. Non sembrava una prostituta, voglio dire, aveva persino un libro in mano. Ogni volta che incontravo un autostoppista per strada, gli davo un passaggio, mi sembrava la cosa giusta da fare. Se avessi trasportato un centinaio di panini e ci fosse stata una persona affamata sulla mia strada, gliene avrei dati alcuni, non ci avrei pensato due volte. Avevo quattro posti vuoti e andavo comunque a Milwaukee. Non avrei potuto vivere con me stesso se avessi ignorato una persona nel bisogno, soprattutto quando non mi sarebbe costato nulla aiutarla. Questa ragazza non era la tipica autostoppista, era diversa. Era un'opportunità, una possibilità per me di uscire dalla mia comfort zone, in preparazione del mio viaggio.

    Alcuni dicono di avere paura di essere assassinati dagli autostoppisti, ma io non credo che sia vero. Penso che quello di cui hanno paura sia di lasciare la loro comfort zone, preferendo restare in quella in cui non ci si aspetta da loro che raccolgano gli autostoppisti. Inoltre, in un Paese nel quale i media ti dicono che tutti ti vogliono fare del male, non era difficile capire perché la gente ha così tanta paura degli sconosciuti.

    Va bene. Le ho aperto la portiera e l'ho guardata scivolare con grazia nell'auto e allacciare la cintura di sicurezza, il tutto in un unico movimento fluido, ininterrotto. Vai al liceo? Le chiesi, tanto per togliermi questo pensiero.

    No, disse, rilassando il braccio sul telaio del finestrino abbassato. "Ma penso di doverti ringraziare per averlo pensato: in realtà ho ventitré

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