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Intenzioni nascoste
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E-book363 pagine4 ore

Intenzioni nascoste

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Info su questo ebook

Quando la missione della tredicenne Cailey Marshall in una casa abbandonata del Texas prende la piega sbaglaita, deve trovare il modo di scappare dai suoi spietati rapitori e sopravvivere, mentre i suoi genitori sono costretti a fare una scelta mortale per salvare la figlia e scoprire la verità. Cailey intraprende una sfida ideata dalla sua cricca di amiche, ma la sfida va terribilmente storta. Quando suo padre, Barry Marshall, scopre che il gioco avventuroso di sua figlia l'ha fatta rapire da Anne Murphy e dai suoi aguzzini, si trova di fronte a un dilemma mortale. L'ultimatum di Anne gli impone di uccidere suo fratello o Cailey morirà. Si rifiuta di dirgli perché suo fratello deve morire. D'altra parte, una madre farebbe di tutto per suo figlio. È Erin, che senza esitazione, si fa in quattro per salvare sua figlia. Anche se significa commettere un omicidio. Nel frattempo, Cailey deve affrontare il tormento sadico di Anne per avere la speranza di sopravvivere.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita23 giu 2021
ISBN9781667405117
Intenzioni nascoste
Autore

Alan Brenham

Alan Brenham is the pseudonym for Alan Behr, an author and attorney. He served as a law enforcement officer before earning a law degree and working as a prosecutor and a criminal defense attorney. He has traveled to several countries in Europe, the Middle East, Alaska, and almost every island in the Caribbean. While working with the US Military Forces, he lived in Berlin, Germany. Behr and his wife, Lillian, currently live in the Austin, Texas area.

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    Anteprima del libro

    Intenzioni nascoste - Alan Brenham

    Alan Behr 

    Pseudonym: Alan Brenham 

    P.O. Box 1922

    Temple, Texas 76503

    512-751-4034

    alan@alanbrenham.com

    INTENZIONI NASCOSTE

    di

    Alan Brenham

    Non è la dimensione del cane nella lotta, è la dimensione della lotta nel cane.  —Mark Twain

    CAPITOLO 1

    CAILEY MARSHALL

    ––––––––

    Non mi sarei dovuta trovare nei pressi di quella vecchia casa dei Pierce. Una silhouette inquietante di una baracca. Sarebbe stata la mia fortuna se il posto fosse crollato su di me non appena ci avrei messo piede dentro. Se mia madre avesse saputo dov’ero, le sarebbe venuto un diavolo per capello. Ma alla fine ero stata in un sacco di posti e i miei genitori non lo sapevano neanche. Sono venuta qui per una sfida. Alcune ragazze nella mia classe di terza media avevano il loro cosiddetto club. Volevo entrarne a far parte. Per essere una di loro avrei dovuto visitare quella casa dopo il tramonto e riportare un oggetto che quelle ragazze avevano lasciato lì. Il mio unico indizio era di cercare in un posto pieno d'acqua. Comunque, ero lì, a far brillare la torcia del mio iPhone intorno a quella che era stata la cucina della vecchia casa dei Pierce. Aveva ancora il pavimento in linoleum. Alcune parti di esso erano strappate. Altre completamente mancanti. Un doppio lavandino cosparso di escrementi di topo. Nient'altro in vista. Uno spazio in cui c’era stato un frigorifero. Ante degli armadi mancanti. Pezzi di soffitto penzolanti. L'intero posto puzzava di muffa.

    Nessuno viveva qui da quando i Pierce morirono qualche anno fa. O almeno è quello che dicevano i ragazzi a scuola. Non lo so, non ero mai stata in questo quartiere. Era vecchio. Squallido. Dicevano anche che i Pierce infestavano ancora la casa. Questa era la parte che aveva fatto spaventare la mia migliore amica, Teegan, nel venire con me. Secondo loro, i fantasmi dei Pierce vagavano ancora per la casa. Sì, giusto. Probabilmente me l'avevano detto per spaventarmi. Non ne avevo ancora visto uno. Niente catene. Nessun gemito strano. L'unico suono che sentivo era quello di un vetro rotto scoppiettante sotto le mie scarpe quando entrai attraverso la porta sul retro. Probabilmente proveniva dai pannelli di vetro della porta, siccome sono stati rotti da fuori.

    Entrai in una stanza di medie dimensioni. Aveva due grandi finestre, entrambe spalancate. Il camino era ricoperto di polvere e ragnatele. Parole che farebbero arrossire mia nonna erano state scolpite nei muri. La stanza sembrava una discarica. Borsine del Mcdonald’s accartocciate e mozziconi di sigaretta sparsi ovunque. Bicchieri di carta schiacciati, lattine di birra distrutte e bottiglie di vino vuote ammucchiate nell'angolo.

    Un passaggio mi condusse in un corridoio stretto. Il peggiore odore di vomito mi portò al bagno. Pizzicavo il mio naso mentre entravo. Sia il lavandino sia la vasca erano vuoti. La toilette non era stata sciacquata da chissà quanto tempo. Un altro bagno a sinistra da controllare. Doveva essere nella camera da letto dei Pierce. L'unica cosa rimasta in quella camera da letto era un vecchio letto matrimoniale. Quello e alcuni preservativi gettati in un angolo. Sentii un clic mentre camminavo in bagno. Come se qualcuno o qualcosa camminasse sul pavimento. Deve essere stato un topo. Oh grande.

    Un grugnito mi fece capire che non ero sola lì. Avevo chiuso la porta sul retro quindi escludo che potesse essere un cane. Nessun topo emetteva grugniti, almeno che io sappia. Potrebbe essere una di quelle ragazze della scuola. Decisi di controllare fuori. Uscii dalla stanza. Qui è quando lo sentii. Il ticchettio affrettato di passi pesanti. Il mio stomaco bloccato in gola.

    La voce scontrosa di un uomo mi impedì di respirare. Ah lo so che sei qui, piccolina. Mi infilai in un angolo dietro la porta. Niente di buono, mi dissi, sarebbe stato il primo posto in cui avrebbe guardato. Dovevo nascondermi. Ma dove? Il rumore dei suoi passi cresceva, sempre più forte. Illuminai con la luce dell’iPhone intorno alla stanza. L'armadio? No-oh. Avrebbe guardato lì di sicuro. Il letto.

    Il mio unico nascondiglio. Sotto il letto. Corsi attraverso la stanza. Mi sdraiai sulla mia pancia e scivolai sotto. Spensi la torcia. Le ragnatele avvolgevano la mia faccia e le orecchie. Deve esserci stato un pollice di polvere lì sotto. Giacevo ancora lì, in attesa e sperando che sarebbe andato dall'altra parte. Pezzi del materasso sfioravano la mia faccia. Avrebbero potuto essere altre ragnatele. Non sarei mai dovuta venire in questa casa fatiscente. Al buio. Da sola. Non avrei mai dovuto accettare la sfida di quelle ragazze. Probabilmente non c'era niente nascosto nei lavandini o nelle vasche. Se riuscissi ad uscire viva da qui, mamma e papà avrebbero urlato e strillato. Mamma mi avrebbe messa in punizione fino al mio trentesimo compleanno. La mia vita sarebbe finita. Potrebbe essere lo stesso se quest'uomo mi trovasse. Ho visto le sue gambe appena oltrepassò la porta. Scarpe da lavoro. Si aggregò nella stanza. Sentii il colore impallidire della mia faccia quando si fermò a un passo dal letto. Il suo respiro roco sembrava quello di un leone ansimante. Trattenni il respiro e rimasi immobile ancora. Non fare un solo suono, dissi tra me e me. Ogni secondo sembrava durare un'eternità. Ascoltai i suoi passi sempre più vicini. Speravo e pregavo che non sentisse il battito del mio cuore.

    Non c'è posto per te per nasconderti, piccola. Tanto vale strisciare fuori da sotto quel letto.

    Infilai il mio pugno in bocca per non urlare. Tutto il mio corpo tremava anche se avevo cercato di rimanere immobile il più possibile.

    Andiamo. Non ti farò del male.

    Non mi mossi.

    Porca puttana, piccola troia bionda. Non costringermi a trascinare il tuo culetto ossuto fuori da lì sotto.

    Sbattevo via il sudore dagli occhi.

    Improvvisamente, il letto si sollevò dal pavimento. Fece un forte botto quando sbatté contro il muro.

    Mi misi a urlare.

    Un’ombra mostrava il profilo di un uomo enorme. Si chinò. La sua mano mi raggiunse.

    Rotolai via e mi alzai in piedi.

    Si rialzò, allungando le braccia.

    Feci una mossa finta e poi corsi a sinistra.

    Mi tirò indietro per i capelli e avvolse le sue braccia spesse intorno a me, sollevandomi dal pavimento. Puzzava come uno spogliatoio di una palestra e l’alito sapeva di birra.

    La mia bocca sembrava come se fosse stata farcita con del cotone. Poi feci pipì. L'umidità calda scorreva lungo la gamba dei pantaloni. Mi contorcevo e rigiravo per cercare di liberarmi. Non aveva funzionato così feci l'unica altra cosa che potevo. Urlai più forte che potevo.

    Mi strinse la mano sulla bocca. Una mano grande come un guanto da baseball.

    Gli morsicai il dito. Forte. Muggiò come un animale ferito. Quando mi lasciò, corsi fuori dalla stanza. Esci di qui, mi dissi. Allontanati da lui. Corri. Scappai dalla stanza, corsi attraverso la cucina. La mia gamba sentiva i pantaloni bagnati appiccicati alla mia pelle. Continuai a correre comunque. Fuori dalla porta sul retro. Nella notte. Una volta uscita fuori, l'odore di pipì era scomparso. Come una saetta andai dietro l'angolo. Rumori di passi dietro di me. Uno sguardo veloce dietro le mie spalle.

    La sua massa oscura che correva. La sua voce ringhiava. Ah, ti prenderò a calci nel culo quando ti prenderò.

    Sì, va bene. Corsi oltre i cespugli. Proprio accanto alla mia bicicletta. Il mio cuore batteva.

    Grugniva. Non te ne andrai.

    Un forte dolore pungente nella mia spalla. Proprio quando sentii quel suono scoppiettante. Una brutta sensazione di bruciore attraversò la mia spalla. Cercavo di correre, ma inciampai. Poi una seconda sensazione di bruciore. Questa volta nella mia schiena. Faceva male, super male. Le mie gambe si trasformarono in gomma così la pancia sbatté a terra. Il mio cervello si offuscò.

    Le braccia forti mi sollevarono via da terra. Lui. Mi dispose nel bagagliaio di una macchina. Una donna con una maschera si chinò su di me. Lei afferrò il mio braccio. Una punta affilata come un ago. Ricordo di averla implorata di lasciarmi andare a casa. Questi furono i miei ultimi pensieri.

    CAPITOLO 2

    Mi svegliai in un letto, ma non il mio. In una stanza buia, c’era odore di muffa. Di nuovo, non la mia. Sembrava più fredda del congelatore dei miei genitori. La mia spalla sinistra e la mia schiena soffrivano. Un frammento di luce fuoriusciva sotto una porta. Oscillai le gambe fuori dal letto, con l'intenzione di camminare verso quella porta. Un suono di catene si fece sentire con il mio primo passo. Qualcosa di stretto e pesante attaccato alla mia caviglia sinistra. Una catena di quelle che il nonno utilizzava per trainare la sua auto. Per cosa? Ero come un cane al guinzaglio? Caddi sul pavimento e tirai la fascetta di plastica intorno alla mia caviglia. Era attraversata da una catena. Tirai il più forte possibile la catena. Era troppo forte per me. Strisciando attraverso la stanza, la seguii fino ad un anello avvitato nel pavimento. Dopo un paio di minuti passati a strattonare e a tirare l’anello, non ottenendo nessun risultato, pulii il sudore dalla mia faccia. Guardando la catena, iniziai a piangere. Poi mi legai le mani intorno alla bocca e urlai più forte che potevo. Ehi.

    Nessuno rispondeva, ma vidi delle ombre che si muovevano da sotto la porta. Ombre di persone.

    Qualcuno, urlai. mi aiuti.

    La porta scricchiolava. Una luce si accese. Quel mostro stava dalla porta, indossava un passamontagna nero e una tuta da contadino. Dev'essere lo stesso tizio che mi aveva inseguita dalla vecchia casa dei Pierce.

    Feci marcia indietro fino al letto, trascinando quella catena.

    Si raggomitolò sul pavimento, fermandosi vicino al letto. Sollevò la catena e la tirò, quasi tirandomi giù dal letto. Sì. Dovrebbe tenerti.

    Ti prego lasciami andare. Mi asciugai le lacrime dalle guance. Non ti ho mai fatto niente.

    Alzò il dito. Stronzate. Questo morso lo chiami niente?

    Mi dispiace.

    Ah mi dispiace. Lo disse in tono goliardico. Il suo labbro inferiore sporgeva come se mi stesse prendendo in giro. Cosa fai? Pipì a letto?

    No.

    C'è un odore simile a quello.

    Perché lo stai facendo?

    Non disse niente.

    Per favore. Prometto che non lo dirò a nessuno. Voglio andare a casa.

    Il suo sorriso svanì. Chiudi il becco.

    Se mi lascerai andare—

    Ah ho detto stai zitta. Mi puntò il dito in faccia. Apri la tua bocca, piangi, se ti viene da piangere, ti faccio rimpiangere di averlo fatto. Prova a fare qualcosa e ti pentirai di averlo fatto.

    Rabbrividii e tenni la mia mano davanti alla faccia.

    Se avessi fatto a modo mio, saresti stata cibo per vermi in quella casa. Per fortuna non l’ho fatto. Avrei dovuto investirti con la macchina quando sei andata via da casa della tua amica. Ancora meglio, avrei dovuto farlo quando ti ho vista a distanza da casa. Così, questa è la tua nuova casa, figlia di puttana. Non abituarti troppo. Non resterai qui ancora a lungo.

    Una donna con indosso un passamontagna rosso ci raggiunse nella stanza. Mi ricordava la mia insegnante di educazione fisica. Non magra e non grassa. Sembrava essere alta circa come mamma. Una camicia a quadri abbinata ad un paio di jeans. Vai avanti, gli ordinò. Me ne occupo io qui.

    Mi puntò il dito. Ricorda bene quello che ti ha detto.

    Guardò le mie scarpe da ginnastica. Dovrei strapparle così la mocciosa non scapperà.

    Non preoccuparti, disse la donna.

    Perché stava succedendo? Cosa volevano? Scommetto che mamma e papà erano super incazzati che non fossi a casa. Ormai mamma avrà già chiamato la mamma di Teegan. Mi sono chiesta se Teegan avesse rotto il nostro patto, dicendo loro dove sono andata. Lo speravo. Conoscendola però, non avrebbe detto nulla a loro. O avrebbe mentito come aveva promesso di fare. Papà era probabilmente in giro, dandomi la caccia. Scommetteva che aveva mandato i poliziotti a cercarmi.

    La donna raccolse l'estremità della catena dove si collegava alla fascetta di plastica. La tirò su due volte e poi la fece cadere, face un suono potente quando colpì il pavimento. Aveva gli occhi azzurri come i miei. Forse anche i capelli biondi. Non saprei dirlo però.

    Sei completamente sveglia. Bene. Ecco alcune regole di base. Non cercare di fuggire. Lasceremo che Clint ti faccia male se lo farai. Non urlare o strillare. Non servirebbe a niente visto che nessuno ti sentirà. Vedi quel secchio laggiù? Indicò un secchio di metallo vicino al muro. Quello è il tuo bagno. Spero che ti piacciano i cracker al burro di arachidi perché è quello che mangerai per i prossimi giorni.

    Aveva un accento divertente. Certo non era del Texas. Se ne stava per andare.

    Uscii fuori del letto, trascinando la catena rumorosa dietro di me. Le mie mani si unirono come se stessi pregando. Ti prego. Lasciami andare. Giuro che non lo dirò a nessuno.

    Smetterei di implorare se fossi in te. Primo, farà davvero incazzare il ragazzone. E secondo, non succederà.

    Perché mi stai facendo questo? Cancellai una scia di lacrime dalla mia faccia. Cosa ti ho fatto?

    I suoi occhi mi fissarono attraverso i buchi degli occhi di quella maschera per un lungo momento, come se stesse pensando a cosa dire. Stai attenta a quello che gli dici. Ha una brutta vena che lo attraversa per un miglio di larghezza. E odia i bambini nel caso in cui non l’avessi ancora capito.

    Non mi importava se gli piacevo o quale fosse il suo problema con i bambini. Volevo andarmene da qui. Per favore lasciami andare a casa. Prometto di non dirlo a nessuno. Croce sul cuore.

    Se ti lascio andare? Ridacchiò. Solo quando potremmo pattinare all'Inferno. Abituati a stare qui per un po'.

    Si girò verso la porta.

    Aspetta! Presi il suo braccio.

    Mi affrontò, strappando le mie dita dal suo braccio.

    Quanto tempo è un po'?

    Finché una certa persona non muore e spera che non sia tu.

    CAPITOLO 3

    Spense la luce e chiuse la porta, lasciandomi nella totale oscurità. Come una gigantesca tenda nera caduta dal soffitto. Un urto, poi un tremolio di un'ombra mi ha fece scavare il più possibile lontano sul lettino, indietreggiando. In un primo momento, pensai che si fosse nascosto qui. Il mio stomaco rotolò. Un rutto. Raggiunsi a malapena il bordo della culla quando vomitai tutto quello che avevo nel mio stomaco, schizzando sul pavimento. Mi distesi sul letto. Un secondo o due dopo, mi appoggiai sopra il bordo e vomitai il resto. Il mio stomaco continuava a rotolare, ma non venne fuori nient’altro. La mia testa martellava così mi coricai. Una gelida sensazione di freddo mi travolse. Tirai la coperta sopra di me. Fino al mento. Rotolai sul mio fianco. La catena mi fece male quando tirai su le ginocchia. Il suo commento che una certa persona doveva morire o avrei fatto bene a desiderarlo, mi fece piangere. Seppellii la mia faccia nel cuscino sottile in modo che non mi sentisse.

    La luce si accese. Mi aggrappai alla coperta il più stretto possibile. Mi avrebbero picchiata per aver pianto. Uno di loro mi tolse la coperta dalla faccia.

    Non picchiarmi. Mi coprii la faccia con le mani perché sapevo che sarei stata schiaffeggiata o presa a pugni. Non riuscivo a smettere di piangere. Voglio andare a casa.

    Alzai lo sguardo e la vidi con quel passamontagna rosso, accovacciata alla mia sinistra. Un'altra donna, con un passamontagna marrone, si sedette sul lettino accanto a me. Era più pesante di quella con il passamontagna rosso. Occhi color nocciola. Stesso accento della prima donna.

    Smettila di piangere, disse la donna con la maschera rossa.

    La donna più pesante tirò fuori il suo cellulare e mi indicò la faccia. Chiamo i tuoi genitori. Se urli o fai qualsiasi suono, sarà l'ultima volta che li sentirai. Tutto chiaro quello che ti sto dicendo?

    Fammi parlare con loro, per favore.

    Ti dico io cosa farò. Se mi dici il numero di telefono di tuo padre, prenderò in considerazione di lasciarti andare a casa. Diavolo, ti ci porto io.

    Spifferai il numero di cellulare di papà.

    Premette il numero, posizionò il cellulare sul lato della sua maschera. Pochi secondi prima di parlare. Qualcuno qui vuole parlare con te.

    Mi mise il telefono all'orecchio. Salutalo e digli il tuo nome.

    Papà, sono Cailey. Aiutami.

    Anne strappò via il telefono. Disse qualcos'altro poi si spinse giù dal letto e si diresse verso la porta.

    No. Aspetta! cercai di raggiungerla, ma se n'era andata. Hai detto che se ti avessi detto il numero, mi avresti accompagnata a casa.

    Coprì il telefono con la sua mano poi mi guardò come se fossi un idiota. Devi essere sorda o semplicemente stupida. Rise fino all'uscita.

    Me l'hai promesso. Mi girai e caddi di faccia sul cuscino.

    Quella con la maschera rossa mi mise la mano sulla schiena. Cailey . .

    La scostai via. Lasciatemi in pace. Siete tutti bugiardi.

    La cosa migliore che tu possa fare è stare tranquilla e comportarti bene. Non agitare la barca. Sei d’accordo con me? Capisci quello che sto dicendo?

    No. Perché non posso andare a casa?

    Sospirò poi scese dal lettino. Ti porterò un paio di jeans puliti.

    Molto tempo dopo che se ne andarono, mi sdraiai lì, pensando a papà e mamma, a quello che stavano passando. Mamma starà piangendo. Le viene la lacrima facile quando le cose si mettono malissimo. Più pensavo a lei, più piangevo. E papà, lui sarà furioso.

    Dovevo liberarmi e scappare. Era l'unica via d'uscita per me. Pensando oltre tiravo e strattonavo quella fascetta di plastica per farla scattare, ho usato tutta la mia forza fino a farmi male alle mani, tiravo anche sulla fascetta di plastica che l'uomo aveva legato alla mia caviglia. Non importava quanto duramente abbia tirato, la fascetta di plastica non si muoveva. Non mi restava altro da fare che urlare più forte che potevo, sperando che qualcuno fuori mi sentisse e chiamasse la polizia. Qualcuno mi aveva sentita bene. Lui. La porta si schiantò contro il muro. La luce si accese. Calpestò il pavimento come un t-rex impazzito. Ti ho detto cosa sarebbe successo se tu avessi aperto la tua dannata bocca. Immagino che tu abbia pensato che stessi scherzando. Beh . . . Tirò la catena, trascinandomi attraverso la branda, più vicino a lui. Alzò la sua mano in su come se mi stesse per schiaffeggiare.

    Proteggevo il mio volto con entrambe le mani. Voglio andare a casa. Lasciami andare a casa. Per favore.

    Lasciami andare a casa, disse, cercando di imitarmi. Abbassò la mano. Non vai da nessuna parte, quindi chiudi il becco. Lasciò cadere la catena e fece un passo indietro come se stesse per andarsene. Invece, si girò e mi puntò il dito. Se piangi o gridi di nuovo, minacciò, prendendo un coltello tascabile e aprendolo. Quella lama sembrava uno dei machete del nonno.

    Non osavo muovermi. Non che lo volessi. Avrebbe potuto tagliarmi con quello.

    Ah verrò qui e ti taglierò le corde vocali, così non potrai più urlare. Hai capito, piccola mocciosa?

    La donna con la maschera marrone spinse la porta aprendola e gli urlò contro. Porta il tuo culo qui. Ora!

    Mi asciugai gli occhi e lo fissai, desiderando che morisse. Chiuse la porta dopo che se ne andò. Discussero. Urlando l'uno contro l'altro.

    Quella maledetta mocciosa ha bisogno di essere uccisa. Tutto quello che sta facendo ci sta bloccando, gridò. Nutrirla. Sorvegliarla.

    Se ti becco a sventolare di nuovo quel coltello in faccia, te lo sbatto dentro.

    Provarci ogni volta che vuoi.

    Un battito di silenzio.

    Non eri in te. Ora, diciamo che possiamo farlo. Merda, non mancherà a nessuno.

    Gli urlò contro. Farai il tuo cazzo di lavoro. Questo significa che devi assicurarti che viva. Capito?

    CAPITOLO 4

    BARRY MARSHALL

    Stavo valutando i documenti dell’ esame quando il telefono squillò. Lo raggiunsi senza cercare. Rispose una donna con un accento del New England. Qualcuno qui vuole parlarti.

    La voce di Cailey che mi supplicava di aiutarla. Spaventata. Piangeva. Che diavolo?

    Cailey, non è divertente. È meglio che torni a casa ora.

    Papà, non posso. Ti prego aiutami.

    Sentii il sangue bollirmi nelle vene quando capii che non stava giocando. Dove sei?

    Un breve silenzio prima che la donna parlasse. I genitori dicono sempre quello che faranno per tenere al sicuro i loro bambini. Cosa sei disposto a fare, professore?

    Il mio sguardo si è spostato verso la porta. Chi è questa?

    Fin dove vuoi arrivare?

    Qualsiasi cosa tu voglia, ti prego, non farle del male.

    Sono molto felice di sentirlo. Fin dove sei disposto ad arrivare?

    Quanto vuoi? Mi serve un po' di tempo per prenderli dalla banca.

    Non voglio soldi. Voglio che tu uccida tuo fratello. Hai tempo fino a mezzanotte di lunedì. Sette giorni interi. Se fallisci, Cailey muore. Se vai alla polizia, Cailey muore.

    Perché vuoi mio fratello morto? Che ha fatto?

    Perché? Perché ha avuto a che fare con le persone sbagliate.

    Incasinato con le persone sbagliate? Cosa vorrebbe dire, fottuto con le persone sbagliate?

    Chiedi a lui.

    Che diavolo ha fatto? Scopato la figlia di un mafioso di New Orleans? Questo era tutto quello a cui riuscivo a pensare. Scopare fu ciò che gli costò sua moglie, Hannah. Anche se, faticavo a credere che Stuart sarebbe stato così stupido da pasticciare con la figlia di un mafioso. Stuart è un broker di investimento ben rispettato. Troppo furbo per finire in un casino del genere.

    Poi parlò. Dì che hai capito.

    Io . . Capisco. Non farle del male. Chiusi gli occhi. Per favore non farlo.

    Starà bene finché farai quello che ti viene detto. Riattaccò senza dire un'altra parola.

    Erin aprì la porta del nostro ufficio. Si era tolta il suo top bianco e nero e i jeans per indossare una t-shirt senza maniche e pantaloncini da passeggio. Guardandola, era ovvio da chi Cailey avesse preso gli occhi azzurri e i capelli biondi ricci.

    Chi era al telefono?

    Tutto quello che potevo fare era guardarla. Provai a parlare ma non riuscivo a dire mezza parola. Surreale.

    Deve averlo intuito. Si fermò nella porta. Mio Dio, Barry. Cos’è successo? Sembra che hai visto un fantasma.

    Hanno preso Cailey. Piansi.

    Cosa? Chi ha preso Cailey?

    Quella chiamata. Indicai il telefono della scrivania. Una donna ha detto che aveva Cailey.

    Qualcuno sta giocando con te. Cailey è a casa di Teegan.

    No. Ha fatto parlare Cailey al telefono. Cailey mi ha pregato di aiutarla. Piangeva e si arrabbiava.

    La faccia di Erin impallidì. Inciampò all'indietro, poi si aggrappò al muro. Afferrò il telefono e digitò un numero. Vedremo.

    Una scelta di Hobson. Salvarne uno e perderne un altro. Se non avessi sentito la voce di Cailey, l'avrei ignorata come uno scherzo telefonico.

    Joyce? Sono Erin. Cailey è lì?

    Due pieghe profonde sopra il naso. Mi guardò. No, non è a casa. I suoi occhi si spalancarono. Quanto tempo fa è uscita?

    Un battito.

    Ha detto dove andava?

    Hai visto qualcuno con lei? Un battito. Oh mio Dio. Sì. Ok. Grazie. Chiuse la chiamata e posò il telefono sulla scrivania. Cailey ha lasciato casa di Teegan in bici due ore fa.

    Erin prese il telefono per chiamare il 911.

    No! le strappai il telefono e lo chiusi. Mi ha detto di non contattare la polizia o Cailey morirà.

    Che cosa vuole?

    Disegnai un lungo respiro di tipo rilassante che fece ben poco per calmarmi. Vuole che io uccida mio fratello. Vuole che io uccida Stuart.

    Erin mi fissava. L'incredulità si registrava nei suoi occhi.

    Saltai giù dalla sedia. Vado a cercarla.

    Perché? Hai detto che è nelle loro mani. Cosa ti aspetti di trovare?

    Non lo so. La sua bici. Qualcosa. Qualsiasi cosa. Forse un vicino ha visto qualcuno.

    Vengo anch’io.

    Camminammo lungo il vicolo cieco verso Linwood Road. Quando raggiungemmo l'incrocio, ci dividemmo. Erin andò a destra e io andai a sinistra un isolato a Vista Court. Nessuno intorno. Scansionai cespugli e alberi per trovare la sua bicicletta. Niente.

    Mantenere la calma era facile quando ero un poliziotto in cerca del figlio o della figlia di qualcun’ altro. Questa era MIA figlia. Mantenendo la calma voltai a destra dalla finestra. E ora vorrei quasi portare ancora un distintivo. Ma, dopo aver ucciso quel maniaco che aveva minacciato mia moglie, persi il fegato per queste cose.

    Voltai indietro oltre il cul de sac nella direzione in cui era andata Erin. Setacciammo i prossimi due blocchi. Non trovando nulla, arrancammo di nuovo al cul de sac. Le domande mi invasero la mente. Perché quella donna voleva Stuart

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