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Il Vigilante
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E-book282 pagine3 ore

Il Vigilante

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Info su questo ebook

Siamo a Montreal, nella lunga e torrida estate del 1996 e fra le ombre si aggira un fantasma, un Vigilante che caccia per le strade della città. 
I suoi bersagli sono il peggio del peggio: assassini, teppisti, stupratori... Sei mesi, sedici omicidi e la polizia non ha ancora nessuna pista, o almeno fino a quando non riceve una email direttamente da parte dell'assassassino. Il Tenente Dave McCall, capo della Task Force Omicidi Speciali di Montreal, ha bisogno d'aiuto per scoprire i segreti celati dietro i suoi messaggi provocatori. Chiede aiuto a Chris Barry, un esperto in investigazioni e comunicazioni computer. Insieme, McCall e Barry si lanciano all'inseguimento di un predatore che caccia altri predatori, per portarlo davanti alla giustizia. Ma quale delle giustizie prevarrà? La loro, o quella del Vigilante?

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita12 mag 2021
ISBN9781667400396
Il Vigilante

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    Anteprima del libro

    Il Vigilante - Claude Bouchard

    Il Vigilante

    Una storia di

    Claude Bouchard

    Il Vigilante

    Tutti i diritti riservati

    Copyright © 1995 di Claude Bouchard

    Design di copertina di Luke Romyn

    Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro potrà essere riprodotta o trasmessa in alcun modo in assenza di un permesso scritto da parte dell’Autore ad eccezione di una recensione online, dove si potranno citare brevi passaggi.

    Questo è un lavoro di finzione. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono il prodotto dell’immaginazione dell’Autore, oppure sono stati utilizzati in modo fittizio. Qualunque somiglianza con persone, vive o decedute, eventi o luoghi è puramente casuale.

    ––––––––

    Pubblicato da Claude Bouchard

    Prologo

    Il vecchio era di nuovo ubriaco. Di solito significava guai.

    Un ragazzino di dieci anni nascose in silenzio il suo asciutto corpicino di appena cento trentaquattro centimetri, rintanandosi nei recessi della soffitta, quello che lui chiamava il suo posto segreto. Se fosse rimasto in silenzio lì sarebbe stato al sicuro perché il bastardo diventava violento quando era ubriaco.

    Il giovane però temeva per la sua sorella quindicenne, la quale era tornata dieci minuti prima del loro patrigno. Attraverso la griglia di aereazione sul soffitto della sua camera la sentì e poi la vide entrare e gettare il suo zainetto consumato sul letto. Non sapeva che lui fosse lì, nessuno era a conoscenza del suo posto segreto. Non usavano mai la soffitta.

    L’aveva osservata mentre lei si esaminava il viso allo specchio dell’armadio, arruffava i suoi capelli biondo scuro, mossi e tagliati fino alle spalle, e faceva la linguaccia al suo riflesso.

    Anche se non gliel’aveva mai detto, pensava che si facesse sempre più carina ma lei non sembrava mai essere contenta del suo aspetto o degli abiti consunti e senza marca che era costretta a indossare.

    Dove cazzo sono tutti? gridò il vecchio, adirato, arrancando pesantemente su per le scale.

    Il ragazzo sentiva lo stupido ubriacone rimbalzare da un muro all’altro mentre incespicava di sopra. Sdraiato sullo stomaco, iniziò ad arretrare verso la griglia, attento a non impigliare i suoi jeans troppo larghi sul rovinato pavimento in legno. Si sentiva il rumore di porte violentemente aperte e richiuse nel corridoio del piano superiore. Raggiunse la griglia di aereazione e sbriciò in basso verso sua sorella maggiore, desiderando ci fosse un modo per poterla magicamente trasportare lì su da lui, come in Star Trek.

    Era seduta sul letto con le ginocchia tirate sotto il mento, raggomitolata in un angolo, tremante di paura che fissava la porta. S’irrigidì visibilmente quando i passi si fecero più vicini e un’ondata di nausea travolse suo fratello mentre osservava in segreto, impotente. I passi si fermarono dall’altro lato della porta e ci furono alcuni istanti di silenzio, che servirono solo ad accrescere il terrore di entrambi i fratelli.

    ‘Per favore va via. Lasciala in pace!’ supplicò mentalmente il ragazzino, mordendosi le nocche per non urlare.

    In quel momento la porta si spalancò con uno schianto e sua sorella sobbalzò, terrorizzata.

    Come va, carina? ringhiò il loro patrigno, sorridendo maliziosamente. Non mi hai sentito chiamare?

    Io, io stavo studiando, balbettò lei con voce sottile. Non ti ho sentito. Mi dispiace.

    Dalla sicurezza del suo nascondiglio il ragazzino poteva ora vedere bene lo sciattone, un tozzo quaranta e qualcosa con capelli ingrigiti e unti, dei jeans sporchi e una pancia prominente che spuntava da sotto la maglietta troppo stretta. La sua postura instabile suggeriva che fosse andato a bere dopo il suo turno all’officina, ammesso che fosse andato a lavorare.

    Dov’è la tua mammina, tesoro? farfugliò lui, avvicinandosi.

    È f-fuori, credo rispose la ragazza, cercando senza successo di sembrare sicura. Ma dovrebbe rientrare molto presto.

    Il vecchio sorrise di nuovo, più un ghigno in realtà, mentre vacillava leggermente. E quella merdina di tuo fratello? le chiese. Dove sta?

    N-non lo so, mugugnò lei. Non c’era nessuno quando sono tornata.

    Quindi siamo soltanto io e te, eh, ragazzina? rifletté l’uomo, grattandosi la barba sovrappensiero mentre i suoi occhi, freddi e annebbiati, indugiavano sulle forme del corpo di lei sotto il suo sottile prendisole giallo.

    Sono sicura che la mamma tornerà molto presto, ripeté lei quasi in lacrime, stringendosi in un angolo e tremando di terrore.

    Il vecchio ghignò per qualche istante, poi fece qualche passo indietro e chiuse la porta.

    Mentre tornava verso di lei iniziò a sbottonarsi i jeans, replicando Beh carina, molto presto non è abbastanza presto per me oggi. Mi sa che oggi dovrai fare tu la parte della tua mammina.

    Il ragazzino rotolò di lato, lontano dalla griglia, rifiutandosi di guardare ciò che accadeva di sotto. Sua sorella gridava e il rumore degli schiaffi era interrotto solo ogni tanto da un Zitta, carina. Coprendosi le orecchie, il giovane restò nascosto nell’ombra piangendo dalla frustrazione. Ma che cosa avrebbe potuto fare? Aveva soltanto dieci anni.

    Dopo un paio di minuti, sentì la porta aprirsi e richiudersi violentemente, poi ci fu silenzio. Con le lacrime agli occhi strisciò in avanti e sbirciò di sotto ancora una volta.

    Il loro patrigno era andato via ma sua sorella era ancora lì, distesa sul letto, che piangeva e tremava violentemente. Il suo vestito era strappato e lui poteva vederle i seni scoperti, graffiati e feriti. Il suo occhio sinistro, appena sopra lo zigomo, stava già iniziando a gonfiarsi a causa dei colpi di quel maiale e le lenzuola erano macchiate di sangue.

    Iniziò di nuovo a piangere in silenzio, giurando che una volta cresciuto si sarebbe vendicato.

    Capitolo 1 – Martedì, 25 Giugno, 1996

    Otto di sera. Sandy era a scuola per l’ultima serata della sessione primaverile e non sarebbe tornata a casa per un po’. Aveva accennato qualcosa sull’andare a bere con degli amici studenti per festeggiare la fine di un altro semestre. Era dunque plausibile che non sarebbe tornata prima della mezzanotte. Le piacevano quei piccoli eventi sociali ed era sempre solita tornare tardi in quelle occasioni.

    Con Sandy fuori era solo in casa, ma ciò non si era mai rivelato essere un problema e quella notte non sarebbe stata diversa dalle altre. Era perfettamente capace di badare a sé stesso e avrebbe trovato un modo per occupare il suo tempo.

    Indossò un paio di Levi’s neri, una maglietta scura e le sue Reebok nere, allacciandole fermamente. Lasciò la camera da letto e scese al piano terra, dirigendosi verso l’armadio all’ingresso per recuperare la sua giacca di pelle nera. Niente borchie o catene, solo pelle nera. Scivolò nella giacca e mise in testa un berretto da baseball nero. Degli occhiali da aviatore con lenti riflettenti completavano l’insieme.

    Esaminando il suo riflesso sulla porta a specchio dell’armadio si sorrise, mormorando Perfetto, come sempre.

    Era ora di andare.

    Dopo aver impostato allarme e sistema di sicurezza, afferrò la sua borsa di tela e scese la piccola rampa di scale che conduceva al garage.

    Una volta lì esitò per qualche istante, come sempre, tentato di usare la Corvette che se ne stava lì tutta scura, lucidata e scintillante. Ma no, avrebbe attirato troppo l’attenzione, e francamente, non sarebbe stata neanche una scelta pratica. Sospirando si arrampicò nel furgoncino, accese il motore e quando la porta del garage si fu aperta accelerò verso la serata.

    ****

    Era seduta al bar della sua bettola preferita, irritata dai due coglioni che non facevano altro che sorriderle e buttarle occhiatine.

    ‘Perché una ragazza non può rilassarsi un po’ dopo una dura giornata come fanno gli uomini?’ si chiese, scocciata.

    Sperava che i due idioti si sarebbero stancati e avrebbero guardato altrove. Dopotutto non aveva fatto nulla per attirare la loro attenzione. Aveva anche rifiutato il drink che le avevano offerto. Stava soltanto cercando di rilassarsi dopo una dura giornata d’ufficio.

    Un altro Manhattan? chiese il barista, interrompendo i suoi pensieri.

    Ancora uno, rispose bruscamente lei, osservando i suoi antagonisti. "Sul mio conto."

    Non badare a loro, Eileen, suggerì allora il muscoloso barista, con comprensione, annuendo in direzione dei due pretendenti. Sono solo un paio di dementi, tutto qui. Non ti daranno fastidio mentre ci sono io.

    Grazie, Alain, disse la donna, sorridendogli con gratitudine. "Hai ragione. Sono davvero solo un paio di dementi, si sono limitati solo a guardarmi."

    Ghignò e improvvisamente aggiunse in modo teatrale, Ahimè, nonostante provi a non essere appariscente, temo che dovrò accettare di essere un bel bocconcino.

    E anche umile aggiunse Alain con una risata, mentre andava a prepararle il drink.

    Eileen Baker era, in effetti, una donna molto attraente. Ormai una dirigente pubblicitaria veterana, all’età di trentadue anni vantava lunghi capelli scuri e ricci, occhi verdi e un sorriso mozzafiato che le aveva consentito facilmente di pagarsi l’università con un lavoro da modella part time. Con i suoi cento sessantadue centimetri ed un fisico longilineo e scolpito attirava sguardi tanto indossando dei jeans e una maglietta quanto un completo in minigonna e tacchi come quello che indossava in quel momento.

    Prima che Eileen se ne rendesse conto, il terzo drink era già quasi andato e iniziava a sentirsi meglio. I due incravattati dall’altro lato del bar sembravano aver perso interesse, impegnati ad osservare le notizie sportive alla TV. Non sembravano poi essere così male; probabilmente erano sposati, avevano dei figli. Era solo una questione di ormoni; gli uomini erano fatti così. Bastava affrontarli, accennare alle loro mogli e tutto a un tratto non riuscivano più a guardarti negli occhi nemmeno se ne fosse dipesa la loro vita.

    In sottofondo c’era del buon rock and roll, Springsteen, metà anni Settanta.

    Il posto iniziava a riempirsi nonostante fosse solo martedì sera. Dopotutto erano solo le nove meno un quarto e quello era uno dei posti più popolari in zona. Molti, come lei, lavoravano fino a tardi e avevano bisogno di un posto dove rilassarsi un po’ prima di tornare a casa, dormire un paio d’ore e poi ricominciare tutto daccapo. Ah, la vita della corsia preferenziale, vivere negli anni Novanta, lavoro, lavoro, lavoro.

    Terminò il suo bicchiere e anche se tentata di prenderne un altro decise che bastava così. Avrebbe dovuto guidare e, in più, aveva una presentazione importante in mattinata. Fece un cenno ad Alain, pagò il conto lasciando la solita mancia generosa e si avviò verso casa.

    ****

    Si fermò in una stradina laterale di Sherbrooke e trovò parcheggio senza alcun problema. Era ancora presto e la folla non raggiungeva quelle parti nel martedì sera.

    Spense il motore, scese dalla vettura e inserì l’allarme. Non si poteva mai essere troppo attenti per quelle strade; ed era proprio quello il motivo per cui era andato lì.

    Era sicuro che al massimo dopo qualche minuto avrebbe trovato un po’ d’azione.

    Almeno, era quello che sperava.

    ****

    Eileen aveva avuto la fortuna di trovare parcheggio sulla Aylmer, distante appena un isolato dal bar. Non le piaceva particolarmente l’area durante la notte ma, a dirla tutta, nessuna parte del centro città era sicura una volta calato il buio. Ubriachi, drogati, senzatetto e gang si erano lentamente ma inesorabilmente accaparrati la vita notturna del centro nel corso degli ultimi quindici anni. Il tasso di criminalità si era alzato drasticamente e tutti i tentativi dell’amministrazione cittadina di frenarne l’ascesa erano falliti miseramente; la vita negli anni Novanta.

    Mentre girava l’angolo, Eileen avvertì alle sue spalle il suono di passi fermi e rapidi venire in sua direzione. Poteva già vedere la sua auto e aumentò il passo.

    Raggiunse il veicolo e gettò un’occhiata alle sue spalle, armeggiando nella sua borsa alla ricerca delle chiavi. I due giacca e cravatta del bar stavano venendo verso di lei.

    Cercò freneticamente di aprire la portiera ma prima che riuscisse ad infilare la chiave avvertì qualcuno appiccicarsi addosso e stringerla per i fianchi.

    Un po’ presto per tornare a casa, tesoro, non credi? le sussurrò la voce da dietro. Perché non andiamo adesso a berci quel drink?

    Anche se spaventata, si voltò per scoccare un’occhiata furiosa al più giovane dei due, e rispose con fermezza, Non credo che a tua moglie farebbe piacere.

    Ghignando al suo compare più anziano, l’aggressore replicò deridendola Ma che cosa carina. La signorina si preoccupa per la mia signora.

    Voltandosi nuovamente verso di lei, le ringhiò Forse hai ragione, puttana. Forse non abbiamo tempo per un drink.

    La fece voltare afferrandola per il busto e le trattenne i polsi, coprendole la bocca con l’altra mano. Mentre il complice più anziano stava di guardia, impedendole di dibattersi la trascinò di peso verso un vicolo buio.

    Una volta lì la gettò sul pavimento, in un angolo formato da due mura di mattoni. Eileen iniziò a gridare e lui la ricompensò schiaffeggiandola.

    Continua così tesoro, e questa serata potrebbe mettersi male le sibilò il suo aggressore, minacciosamente.

    Osservandola maliziosamente iniziò a slacciarsi i pantaloni mentre si avvicinava alla donna, tremante e raggomitolata. In quel momento però udì un improvviso suono gorgogliante alle sue spalle e voltandosi vide il suo complice sdraiato a terra, che scalciava con le mani strette alla gola.

    Mentre lo osservava in stupito silenzio, senza riuscire a capire, notò una pozza scura formarsi rapidamente attorno la testa dell’uomo. Alzando lo sguardo si rese conto che ci fosse un altro uomo a qualche passo di distanza, con una mazza da baseball in una mano e un coltello, lungo e sottile, nell’altra. Sotto la tenue luce, si rese conto che la lama era macchiata e gocciolava. Il suo compagno aveva smesso di muoversi e giaceva a terra, privo di vita.

    Lo sconosciuto si chinò con calma verso il corpo e pulì con cura la lama sulla giacca dell’uomo morto. Poi spinse un bottone sul manico del coltello, la lama scomparve e lui ripose l’arma in una tasca.

    Tornò in piedi e si rivolse ad Eileen.

    "Signorina, credo che dovrebbe andare. Mi dispiace molto per ciò che le hanno fatto passare questi due gentiluomini ma le prometto che non lo faranno mai più."

    Senza parole e in lacrime, Eileen si alzò e con gambe tremanti corse fuori dal vicolo. Pochi secondi e si sentì il rumore di un motore rombare e lo stridio di ruote sull’asfalto.

    Lo sconosciuto, impugnando la mazza, si voltò verso il giovane assalitore, il quale stava ancora armeggiando con la zip dei pantaloni.

    Adesso, amico mio annunciò con un sorriso letale. E’ il mio turno di divertirmi un po’.

    Capitolo 2 – Mercoledì, 26 Giugno, 1996

    Sei del mattino. Chris Barry si svegliò sulle note di Come to my Window di Melissa Etheridge, provenienti dalla radio. Spense in fretta l’allarme per evitare di svegliare sua moglie, la quale dormiva beatamente al suo fianco.

    Mentre la guardava pensò, come tante altre volte, a quanto fosse stato fortunato. Era ancora più bella di quando l’aveva incontrata la prima volta, quindici anni fa. Ad appena diciotto anni.

    Sospirando soddisfatto, scese dal letto e si avviò verso il bagno adiacente alla loro camera da letto, chiudendo lentamente la porta per non disturbarla.

    La loro era una bella vita e Chris era orgoglioso di ciò che era riuscito a realizzare fino a quel momento. Dopo il liceo, aveva pensato che lo studio non fosse importante quanto i soldi e si era dedicato al mondo del lavoro. Tuttavia, dopo un paio d’impieghi come commesso aveva capito che se desiderava di più dalla vita, un’istruzione superiore sarebbe stata necessaria. Si era quindi iscritto ad un’università locale e dopo duri anni di lezioni serali si era guadagnato una laurea in economia aziendale. Ora, all’età di trentaquattro anni, era il Vicepresidente Esecutivo e Direttore Generale della CSS Inc., preceduto soltanto da Walter Olson, il fondatore, Presidente e CEO dell’azienda.

    La CSS Inc., la quale stava rapidamente diventando l’azienda leader nel settore di sicurezza computer e relative indagini, era stata fondata da Walter parecchi anni prima. Operando in principio sotto il nome di SecurInvestigations Ltd., era stata fondata come una società dedicata a indagini e sicurezza, che offriva i propri servizi a corporazioni con problemi di criminalità interni. In più, aveva spesso aiutato la sicurezza pubblica in eventi come concerti o convegni.

    Sebbene nel corso degli anni la società si fosse guadagnata una rispettabile reputazione nel campo, i tempi che cambiano avevano dimostrato quanto potesse essere elusivo il concetto di prosperità. A causa di profitti scarsi per via della competizione crescente e dei cambiamenti di mercato, Walter Olson era stato costretto a cercare svariate possibilità che potessero riportare la sua attività dove meritava d’essere. Tutto ciò avveniva otto anni fa. Fu allora che Walter aveva incontrato Chris Barry.

    Chris si era presentato a Walter con un colloquio promozionale, offrendo i suoi servizi. Gli aveva spiegato quanto la sua attività fosse limitata alla nicchia già satura dei servizi investigativi convenzionali e che ciò gli stesse sottraendo profitti anziché aggiungerne. Gli aveva parlato della rapida crescita tecnologica nel mondo delle corporazioni e dell’impennata di crimini da colletto bianco grazie all’utilizzo sempre più comune dei computer. Aveva anche approfondito su come virus, falsificazione dei documenti e appropriazioni indebite aumentassero giorno dopo giorno a causa del traffico d’informazioni. Gli aveva spiegato di quanto potesse essere facile per qualcuno con conoscenze informatiche ed una mente criminale infiltrarsi nei sistemi attraverso un modem e modificare informazioni a suo piacimento. Gli aveva, in effetti, illustrato quanto potesse essere proficuo il mercato della sicurezza e delle indagini virtuali.

    Quello era un campo di cui Walter, uno della vecchia scuola, non capiva nulla. Tuttavia, il ragazzo seduto di fronte a lui sembrava sapere molto bene di che cosa stesse parlando ed aveva presentato le sue idee con grande energia. Forse quella era davvero la strada verso il futuro.

    Walter aveva ben poco da perdere e la sua attività era in caduta libera. In più c’era qualcosa nel giovane Barry, l’aveva colpito il modo in cui sembrava trasudare sicurezza. Quasi per capriccio, Walter gli aveva offerto un lavoro.

    Tempo due anni ed i profitti annuali erano decuplicati, da venti a duecento milioni. Dopo cinque anni, la compagnia nota come CCS Inc. (Computer Security Services) aveva sorpassato il miliardo di utili ed era quotata in borsa. La stima degli introiti per quell’anno superava i tre miliardi

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