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E-book85 pagine56 minuti

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Info su questo ebook

Non c'è romanzo, commedia, saggio, tragedia, articolo, trattato, filastrocca capace di esprimere con le sue parole i sentimenti che la poesia rilascia ad ogni suono. Nei suoi brevi e modesti componimenti ha voluto trattare temi come la vita, che ha riscoperto essere a lui molto cara; ha cercato di mettere a confronto l'essere umano con un altro tipo di esistenza.
LinguaItaliano
Data di uscita15 set 2020
ISBN9788835895053
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    Anteprima del libro

    Sotto sopra - Ciro Bruno

    Ciro Bruno

    Sotto Sopra

    Ciro Bruno

    Sotto Sopra

    Prima Edizione 2018

    Isbn 978-88-3343-063-8

    Lello Lucignano Editore

    Tutti i diritti sono riservati. © Copyright LFA Publisher

    Via A. Diaz n°17 80023 Caivano - Napoli – Italy

    Tel. e Fax 08119244562

    www.lfaeditorenapoli.it - info@lfaeditorenapoli.it

    Partita IVA 06298711216

    Facebook, Twitter, Instagram & Youtube: LFA Publisher

    Sotto Sopra

    come Vi racconto:

    il vuoto ha disperso il senso,

    esso si è rifugiato nell’anonimato,

    quindi dare il titolo ad ogni scritto,

    credo spetti all’Animo di ogni Essere,

    che legga oggi o mai

    questo libro.

    Il senso dell’occulto,

    piano su foglie cadute in agosto umide d’estro

    e tatto maldestro.

    Capsule derivanti da mescole acidule,

    colmano il vuoto che si forma nello stomaco

    d’Esseri scuri in volto come negli animi.

    Brividi… magari fossero a fior di pelle,

    essi corrispondono ad onde per un oceano,

    è possibile aver sensazione della loro presenza

    anche se coperti d’amor e gioie.

    Una fune trattiene prese di posizioni rispetto al Tuo carattere,

    strazio e germogli sorreggono l’invidia ad un passo dal suolo

    esso scurito dall’umido di false lacrime.

    Probabile aggancio alla struttura di un antico caseggiato,

    forse rifugio d’ombre che ancor piu’ strane si mostrano a colori al cospetto di una favola,

    si una favola… l’erba che ti veste e poi ti spoglia

    tra raggi di luna e profumo di viole.

    Candida la pelle che accosti ad un sorriso sordo ed infastidito,

    il gioco pregiudica la giovane età

    celandosi in costumi d’altre epoche,

    il prossimo giorno lo si immagina cortese

    nei confronti di una strafottente nebbia,

    si farà fatica a non inciampare in scarti di frutta,

    gettata per dar sollievo a pozze di fame.

    Scialli di parole coprono la nuda schiena,

    ma non il ventre che lamenta il suo vuoto,

    darsi un tempo per ritrovare l’arco,

    sotto il quale stringevi i denti per non proferir parola,

    giusta soluzione per non offendere

    l’anziano cuore di un indovino stolto

    e povero di fantasia

    ma audace per non diventar scarno.

    Illudersi, compiangersi,

    gettarsi tra lamine di ferro

    e riflettere il proprio interno in vetrate di zucchero,

    sapor d’amore che mai hai donato nel tempio dei viventi,

    con creme ed essenze ricavate da semi d’oriente,

    vai a condire il pane del giorno,

    con gusto definisci il retroscena

    amalgamato al solito dittongo di colori

    creato per confondere il gelo della vita

    dalla sensazione di un qualcosa

    che forse un tempo è stato parte di Noi.

    Che dirti, mi hai stregato

    e sono sveglio accanto al tuo sorriso.

    Che dirti, mi manca il fiato

    e sono libero di gioir del tuo sguardo.

    Che dirti, non ho parole

    e canto il nostro incontro.

    Che dirti, tremo di paura

    e volo leggero nel tuo fascino.

    Che dirti, sogno il tuo sapore

    e fuggo nella nudità del fragile.

    Che dirti, mastico liquirizia

    e inalo essenza di ciclamino.

    Che dirti, accarezzo il freddo

    e scopro il gioco coperto da un velo di zucchero.

    Che dirti, stanco di attendere,

    e disseto l’animo con essenza di primavera.

    Che dirti, prigioniero di te

    e nulla farò per fuggir dal magico momento.

    Che dirti, sprigiono forza dirompente

    e con tal gioia ti abbraccio.

    Che dirti, luce accecante

    e rivolgo lo sguardo al buio della sera.

    Che dirti, fragile amore

    e riscopro la tenerezza gemellata al fanciullesco passato.

    Che dirti, leggera ingenuità

    e non ti illudo della sobria verità.

    Che dirti, impenetrabile creatura

    e spoglio dell’abito l’ansia.

    Che dirti, penetrante desiderio

    e strappo l’elemosinata voglia al pesco

    su cui poggia la mia schiena.

    Che dirti, orchidea d’autore

    e dipingo le bianche nuvole del color dei tuoi occhi.

    Che dirti, mordi l’attimo

    e la vita dedico al tuo silenzio.

    Che dirti, sei vera

    e vorrei distruggere il momento che ho pensato di amarti.

    Che dirti, i piedi nudi nella pece

    e li adagio al mio volto, rosso di vergogna.

    Che dirti, stufa di attendere

    e scrivo ancor nel gioco.

    Che dirti, melodiosa voce

    e ballo allo scandir del fiato tuo.

    Che dirti, profezia mancata

    e studio ancor la lirica per trovar l’impronta tua.

    Che dirti, o mio infinito

    e credo proprio d’averti persa.

    Che dirti, hai vinto Tu.

    È la sesta volta che ti di dico basta!

    È la sesta volta che ti colgo dal sapore acidulo

    di una strana terra.

    Mirto, scogliera senza orizzonti,

    veli aleggianti in arcobaleni cartacei.

    Piccole dita ombreggiano profonde orme, di passo verso nord.

    E verso nella brocca comune

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