Come pietra pomice
Di Dario Lerro
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Info su questo ebook
Il suo aspetto non è assimilabile a quello puro delle pietre preziose, tuttavia ha un forte valore simbolico.
Grazie alla sua struttura porosa come la natura umana, la pietra pomice assorbe gli umori, le delusioni, i dispiaceri che affliggono la nostra coscienza, fluttuando, leggera, negli abissi dell'anima, planando sugli ostacoli che la vita ci pone davanti.
“Come pietra pomice” racconta di riflessioni, pensieri sparsi, a volte seri altre no, è un passatempo oppure un inganno, lieve, che è servito per conoscermi meglio e a occupare la mente nei miei giorni vuoti.
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Anteprima del libro
Come pietra pomice - Dario Lerro
Occhi tristi
Me li ricordo ancora, quei giorni,
quando non avevi gli occhi tristi,
stringevi la tua birra come fosse l’ultima,
stringevi la tua vita perché era l’unica.
Occhi tristi e faccia da schiaffi,
gli altri ti trovavano bello.
Ti piacevano le donne,
il vino e i gelsi sui rami;
di politica poco capivi
ma avevi una forza antica,
che faceva breccia nei cuori più puri.
Occhi tristi e viso giallo,
di sbronze e di ultime cene;
ti piaceva giocare coi sogni,
disegnare scimmie e cammelli
sui bicchieri di carta alle feste dei bimbi.
Occhi tristi e animo stanco,
quante volte la tua rabbia avrebbe voluto
far saltare il banco,
ma eri un cane fedele, un docile amico,
un compagno fidato e distratto,
uno stupido saltimbanco.
Occhi tristi e lucidi, così pieni di emozioni
da riempire bacinelle di lacrime
con le frasi dei tuoi libri adorati,
da riempire di poesie d’amore
i cestini, di palle accartocciate.
Sciocco
Sciocco,
cosa pensi di fare?
A corto di idee, ti rigiri tra le lenzuola
per farti paura.
Sei una mera creatura,
di cartapesta
la tua vera essenza.
Sei sciocco,
lo sai anche tu, vile canaglia,
non hai la minima voglia
di mangiare la foglia.
Ti credi più furbo degli altri,
giochi a creare castelli in aria,
per farli saltare,
disegnando fiamme con i pastelli.
Che sciocco,
burlone egoista,
la tua pancia racconta storie
pregne di ricchezze,
e di memorie
la tua mente
è spettatrice non pagante.
Quanto sei fesso
Quanto sei fesso,
per aver creduto all’ordine dell’universo,
ma poi non trovi posto
nemmeno per te stesso.
Quanto sei fesso,
per aver nascosto il tuo sorriso dentro una foto,
per aver ceduto più di una volta
al fascino del successo.
Quanto sei fesso,
quando ti puntano il dito contro,
quando ti tieni tutto dentro,
anche se ti spingono dentro un fosso.
Quanto sei fesso,
quanto canti da solo nella tua testa,
perché lei sola conosce la strofa mancante;
quando piangi sul latte macchiato,
quando vai al primo appuntamento senza
[mutande.
Quanto sei fesso,
quando ti lavi i denti davanti allo specchio
mentre parli del tempo che passa
all’immagine del vecchio.
Quanto sei fesso,
quando disegni il tuo ritratto con un pastello
[bianco
e poi lo proteggi con un foglio di carta velina
per non rovinarlo.
Forse che…
Forse non hai capito che
se mi girano ti rigiro con un dito;
che se passa una tempesta
ti cancello quel nero dalla faccia.
Non hai capito, testa di medusa,
che questa è la mia casa,
che il rispetto e il lavoro si guadagnano,
che ti vedo bene a passare le giornate
sfogliando margherite.
Fratello un cazzo: io non ti conosco!
Sei un