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Bambini in Pausa
Bambini in Pausa
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E-book222 pagine3 ore

Bambini in Pausa

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Info su questo ebook

Bambini catapultati di colpo in un limbo, incapaci di capirne appieno il motivo, le loro vite messe in pausa. Bambini che dietro ai silenzi, alle risate, alle lacrime nascondono pensieri, sogni, paure. Un gruppo di autori ha utilizzato disegni, temi e riflessioni di diversi bambini della periferia di Napoli per incarnare in altrettante storie timori, speranze ed emozioni vissute durante il periodo di quarantena. La paura di non vedere tornare le persone andate via, il bisogno di ascoltare un amico immaginario, la nostalgia del mare e dei primi baci, il terrore di essere dimenticati da chi si ama, le incomprensioni famigliari ma, soprattutto, la speranza di tornare a sorridere. Sono solo alcuni dei sentimenti di cui gli autori si sono fatti portavoce, perché queste storie appartengono ai bambini, a tutti i bambini. Racconti: Loro sono ancora fuori di Marco Peluso - Fuori tema di Monia Rota - Andati via di Maria Masella - Gocce sulla pelle di Laura Scaramozzino - Lasonil di Monica Gentile - La vista dal quinto piano di Serena Pisaneschi - Corsari barbareschi di Claudio Santoro - Una piccola corona d’oro di Mara Fortuna - Poco alla volta di Floriana Naso - Da lassù qualcuno ci guarda di Mario Emanuele Fevola - Io e il “virius” di Maria Concetta Distefano - Acqua e zùccaro di Giovanna Esposito - La strega e l’elefante di Claudia Moschetti - Nuove amicizie di Erna Corsi - Compagno di giochi di Andrea Cinalli - Piccole donne di Paola Giannò - Noi ti sconfiggeremo di Elisabetta Carraro - Pelle di Marco Peluso

LinguaItaliano
Data di uscita14 dic 2020
ISBN9788868153793
Bambini in Pausa
Autore

Marco Peluso

Marco Peluso, autore napoletano di trentaquattro anni, esordisce nel gennaio 2014 con la Damster edizioni con cui ha pubblicato diverse opere. A oggi sono circa 60 i suoi racconti presenti sul sito www.eroxe.it. I racconti e i romanzi di Marco rispecchiano il suo stesso vivere. Una vita solitaria, fatta di eccessi, di alcool, e di lavori odiati fatti solo per tirare avanti. La vita di un uomo come tanti, che non si definisce né un artista né uno scrittore, ma solo uno che non riesce a dormire prima delle cinque del mattino ormai da anni, e impiega le sue notti ubriacandosi e scrivendo le sue storie, forse per deridere una realtà che gli sta stretta. Umiliandola. Sbranandola. Dissacrandola. Questo è Marco Peluso, né più né meno.

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    Anteprima del libro

    Bambini in Pausa - Marco Peluso

    Bambini in pausa

    racconti

    AA. VV.

    a cura di Marco Peluso e Monia Rota

    Meligrana Editore

    Copyright  Tutti i diritti riservati

    È vietata la riproduzione del presente lavoro senza il consenso dei legittimi autori

    Progetto in collaborazione con la

    Figli in Famiglia O.N.L.U.S. – www.figliinfamiglia.it

    I edizione (Amazon KDP): dicembre 2020

    ISBN: 9788868153793

    Prefazione di Francesco Costa

    In copertina: illustrazione di Gennaro Varriale Gonzalez

    Redazione: Giulia Baldini

    Meligrana Editore

    Via della Vittoria, 14 – 89861 Tropea (VV) – Italy

    Tel.. (+ 39) 338 6157041

    www.meligranaeditore.com – info@meligranaeditore.com

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    Indice

    Frontespizio

    Colophon

    Licenza d’uso

    Copertina

    Prefazione

    Licenza d’uso

    Questo ebook è concesso in uso per l’intrattenimento personale.

    Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.

    Se si desidera condividere questo ebook con un’altra persona, è necessario acquistare una copia aggiuntiva per ogni destinatario. Se state leggendo questo ebook e non lo avete acquistato per il vostro unico utilizzo, siete pregati di acquistare la vostra copia.

    Grazie per il rispetto verso il duro lavoro di questo autore.

    Prefazione

    In un momento in cui l’editoria italiana assume in modo sempre più definito la fisionomia di un universo che, riferito soltanto a se stesso, è popolato da un pugno di scrittori che, raccontando non importa che cosa, si connotano al contempo come romanzieri, saggisti e recensori letterari, non rimane alcun margine di manovra a chi è fuori da questa ragnatela. In cerca di uno spiraglio che consenta loro di pubblicare i loro scritti, autori meno noti tentano di far udire la loro voce dai più remoti angoli d’Italia. Ha quindi qualcosa di eroico l’irruzione sulla scena letteraria di quest’antologia di racconti riuniti sotto il comune titolo Bambini in pausa che sprigiona la violenza di un sasso lanciato in uno stagno sia per il talento degli scrittori che partecipano all’iniziativa che per l’urgenza del tema trattato.

    Come vivono i bambini, ecco il tema, la clausura fra le pareti domestiche imposte dai provvedimenti sempre più restrittivi che il governo, non solo quello italiano, adotta per fronteggiare il dilagare di un’epidemia che ha stravolto in questo 2020 la vita dell’intera umanità?

    Si vorrebbe non saperlo, l’istinto sarebbe quello di tapparci gli occhi e le orecchie per difenderci dal dispiacere di apprendere ciò che ognuno di noi oscuramente sa oppure immagina. Lo scardinarsi di ogni certezza, la convivenza con adulti sempre più incazzati per la paura della malattia, per la disoccupazione, per la povertà, fanno delle vite dei bambini un percorso assai sofferto e in certi casi estremi addirittura un calvario.

    Bambini in pausa pretende di arruolare il maggior numero possibile di lettori, e ne ha diritto. Inaspriti o accomodanti, furiosi o rassegnati, ma pronti ad affrontare l’emergenza con una lucidità che spesso manca ai loro genitori, i piccoli protagonisti di questi racconti chiedono di essere ascoltati e di far arrivare le loro voci il più lontano possibile.

    Ascoltiamoli: oppresso da un padre violento, il Mattia di Marco Peluso paragona la mano della sua mamma, brutalizzata dal marito, al petalo di un fiore; il protagonista del racconto di Monia Rota che sogna di fidanzarsi da grande con la cugina Anna, progetta di piazzare un disegno del virus sulla porta di casa con il segnale di divieto di accesso; la bambina di Maria Masella trema quando vede andar via le persone perché non sa bene dove vanno e teme che non tornino più; tappata in casa, l’eroina del racconto di Laura Scaramozzino ha nostalgia del mare e dei baci che si è scambiata l’estate scorsa con Gianni che gridava come un gabbiano ed è tornato al Nord; Monica Gentile regala alla sua piccola protagonista una sorella maggiore di nome Imma che si ritiene in grado di opporsi alla violenza paterna ed è certa che chi fa ridere gli altri, la vince su tutto; per il bambino del racconto di Serena Pisaneschi l’obbligata clausura diventa una vera e propria arma, più potente dei raggi laser, per debellare il virus; Claudio Santoro, ricordando che essere dimenticati è la sorte peggiore che si possa vivere, narra la speranza del ricciuto Gioele che la quarantena aiuti mamma e papà a far la pace; nel racconto di Mara Fortuna, Nora vede il coronavirus come una micidiale coroncina dorata che, entrando dal naso o dalla bocca o da un orecchio, può andare a incastrarsi nella gola, nel cuore o in una gamba; Floriana Naso registra la noia che assale il suo piccolo eroe nel rendersi conto che, non avendo né fratelli né animali domestici, avverte la mancanza dei compagni di scuola; fra le conseguenze più rassicuranti della pandemia, perché è noto a tutti che non tutto il mal viene per nuocere, Mario Emanuele Fevola tiene a sottolineare che, da quando la fabbrica non lavora più, l’acqua del fiume è diventata limpida; avendo il padre in galera perché ha fatto il balordo, per dirla con la mamma, il piccolo Lorenzo si rende conto nel racconto di Maria Concetta Distefano di vivere a sua volta in cattività e, quel ch’è peggio, senza aver fatto il balordo; la piccola Alison, creata da Giovanna Esposito, si chiede per quale motivo il virus abbia la corona e, attonita, sfiora l’ipotesi che sia una regina; Claudia Moschetti dà voce all’ansia di una madre che si chiede, nel caso dovesse ammalarsi, che cosa potrebbe accadere alla bambina che porta in grembo; Chiara, la bambina del racconto di Erna Corsi, approfitta di una falla per spezzare la catena delle regole e spingersi oltre il consentito; Andrea Cinalli si pone nella mente di Francesca che, ascoltando un notiziario televisivo, pensa che tantissime persone sono morte a causa di una certa corona; la protagonista del racconto di Paola Giannò, deliziosamente vitale, ha riscontrato due cose positive in questi giorni strani: ha imparato a usare il computer e ha scoperto che le piace leggere; Elisabetta Carraro dà vita alla ribellione di Leonardo che non può andare a scuola per colpa di un invisibile mostriciattolo che non gli fa neanche tutta questa paura; nel potente racconto conclusivo di Marco Peluso, Lisa ha la sensazione che, oltre la porta di casa sbarrata con assi di legno, la città sia sparita nella nebbia e il mondo non esista più. Che cosa resta da fare in tanta desolazione se non tramutarsi in farfalla e volare via?

    I bambini in pausa di quest’antologia ricordano a chi lo avesse dimenticato che sono loro a sopportare i pesi più gravosi e che da loro ci giungono i più toccanti esempi di coraggio e di sopportazione. Nel parlare della loro condizione in un periodo di cui si parlerà nei libri di storia come delle famigerate piaghe d’Egitto e di altre indimenticate epidemie, questo libro assolve in modo impeccabile, in una persuasiva polifonia di talenti, il compito che ogni libro dovrebbe prefiggersi, quello di registrare le peculiarità del mondo in cui viviamo, denunciandone naturalmente drammi e storture, senza rinunciare alla tentazione di additarne a chi legge uno migliore fra i tanti possibili.

    Francesco Costa

    Ringraziamenti

    Si ringraziano i bambini sotto elencati che, su richiesta dell’associazione Figli in Famiglia O.N.L.U.S. e dei curatori dell’antologia, hanno realizzato disegni, temi e pensieri per parlare di come hanno vissuto o visto la quarantena e cosa si aspettano dal futuro. Gli autori hanno ricevuto i loro lavori e, partendo da essi, hanno cercato di elaborare pensieri e sentimenti dei bambini scrivendo dei racconti.

    I bambini hanno fornito materiali creati a partire da un tema, ma non sono stati guidati dagli autori; così come gli autori, ricevuti i lavori dei bambini, non si sono confrontati con loro per creare i racconti, ma hanno lasciato che fossero i lavori dei bambini a guidarli.

    Alexander Polyanskyy, Sofia Carfora, Nocerino Emmanuelle, De Luca Vincenzo, Grimaldi Giulia, Lyadysheva Anastasia, Esposito Dora, Warnakulasuriya Jayden Mathew, Ilary Ambrosino, Lucci Christian, Raffaella Pinto, Roberta Pia D’Alessandro, Deborah Autiero, Chiara Autiero, Di Salvo Emmanuelle, e altri ancora…

    Bambini in pausa

    Loro sono ancora fuori di Marco Peluso

    Fuori tema di Monia Rota

    Andati via di Maria Masella

    Gocce sulla pelle di Laura Scaramozzino

    Lasonil di Monica Gentile

    La vista dal quinto piano di Serena Pisaneschi

    Corsari barbareschi di Claudio Santoro

    Una piccola corona d’oro di Mara Fortuna

    Poco alla volta di Floriana Naso

    Da lassù qualcuno ci guarda di Mario Emanuele Fevola

    Io e il virius di Maria Concetta Distefano

    Acqua e zùccaro di Giovanna Esposito

    La strega e l’elefante di Claudia Moschetti

    Nuove amicizie di Erna Corsi

    Compagno di giochi di Andrea Cinalli

    Piccole donne di Paola Giannò

    Noi ti sconfiggeremo di Elisabetta Carraro

    Pelle di Marco Peluso

    Loro sono ancora fuori

    di Marco Peluso

    Mattia sa che non può uscire, se esce muore, glielo ha detto la mamma. E Mattia non vuole morire, deve prendersi cura della mamma che sta sempre a casa davanti ai fornelli, e pure di papà che ora passa tutto il giorno sul divano a guardare il telegiornale dove si sentono sempre stridere le sirene delle autoambulanze, come in strada, e c’è la gente che urla, i poliziotti che girano con la mascherina sulla faccia e un uomo in giacca e cravatta che dice che tutto andrà bene e che bisogna stare a casa e che occorre lottare per il bene dei propri cari. Ma papà dice che quello è un chiavico di sfaccimma. Dice che è un marivuolo di merda come tutti gli altri.

    Mattia, nascosto dietro l’uscio della cucina, fissa quell’uomo alla tv. È attento, non si fa vedere, è invisibile perché si è cosparso con la crema magica, quella che profuma di eucalipto e che la mamma si spalma sul viso. Sono settimane che la mamma non la usa, da quando non si esce più o si esce solo con la maschera, perché la maschera non fa morire, anche se Mattia sa che la maschera è velenosa, perché è aliena. Ha paura per la mamma che adesso sta ferma davanti ai fornelli e indossa un grembiule a fiori al posto del suo vestito da principessa, ma lui lo sa che è solo una maledizione: la mamma in verità è bella, è un fiore profumato, è tutta fiori la mamma! E vola via da quel corpo gracile che gira e rigira il mestolo nel pentolino, per poi librarsi sulle pareti e volteggiare fin sul soffitto. E profuma come l’odore del sugo al pomodoro che si addensa nel tinello e svetta su papà che, ossuto e tutto nervi, affondato nel divano, beve una birra e urla contro l’uomo elegante: «Ma chi sfaccimma t’ha mis lì? ‘St’omm ‘e merda!»

    Mattia guizza via. Sente ancora papà inveire contro la tv e la mamma che gli urla di stare calmo, di non dire le maleparole, mentre l’odore del pomodoro lo segue nel corridoio in un manto appiccicoso e appetitoso. Ma lui sa che adesso non può mangiare, deve pensare a salvare la mamma e anche il papà, sì, perché quello non è il suo papà, è anche lui vittima di un maleficio, e lui li salverà, glielo ha detto la Volpe Coniglio.

    Il suo corpo minuto sguscia in una cameretta colorata. Un ciuffo di capelli neri gli copre la fronte olivastra, ma lui lo scosta subito e corre fra vecchi giocattoli, pupazzi rotti e tappeti di disegni.

    Si guarda attorno furtivo, i bambolotti lasciati a dormire negli angoli della stanza lo spiano, e così i soldatini sulle mensole che gli puntano contro i fucili.

    «Non ci hanno seguiti…» sussurra e lesto sposta la tenda della finestra, per poi affacciarsi e spiare chiazze opache che si muovono nell’oscurità, sagome dai volti coperti da mascherine verdi, bianche, nere: un corteo che appare e svanisce nei vicoli ramificati attorno al suo palazzo. E subito un ringhio gli soffia sul collo. Unghie acuminate gli sfiorano delicate la spalla.

    «Loro sono ancora fuori, non dobbiamo farci vedere» latra ancora la Volpe Coniglio. «Dobbiamo solo aspettare…»

    Un sorriso di luce brilla sul volto di Mattia. Lascia stare la tenda e, nel girarsi, si perde in quelle due pupille gialle che lo fissano. Ma di colpo esplodono in gocce d’ambra, lasciando davanti a lui solo il gelo di un muro e la mamma che urla da dietro la porta: «Uè, te buo’ mover a venire a tavola o no?»

    Mattia si allontana lesto dalla finestra, seguito dalla Volpe Coniglio. Muto, a testa bassa, apre la porta e la mamma lo accoglie con uno schiaffo sulla nuca.

    «E muovete! Ca già aggia pensa’ pure a tuo padre!»

    Mattia non dice nulla. In silenzio cammina dietro la mamma. Sa che lei è dentro quel corpo debole, fatto di stracci e urla. Deve solo aspettare, la Volpe Coniglio glielo ha detto.

    A tavola non si ode altro che la voce dell’uomo elegante proveniente dalla tv, dice che gli italiani stanno dando il massimo, che tutti stanno facendo qualcosa di grande ed esorta le famiglie a non uscire di casa.

    Mattia ascolta e mangia a testa china, attento a spiare i movimenti del suo papà che, mentre la mamma già lava i piatti, beve vino e fissa rabbioso il televisore.

    Poi di colpo un bisbiglio esce da sotto la tavola e si insinua fra le gambe di Mattia.

    «Lo sai che adesso è uno di loro, lo hanno preso…»

    Mattia batte il piede a terra.

    «Non ora…» sussurra.

    Suo padre si volta furente verso di lui, ma Mattia continua a tenere il volto chino e a mangiare. Trema, sente gli occhi di suo padre strisciargli sulla pelle.

    «Non è più lo stesso, lo vedi?» mormora la voce da sotto al tavolo, salendogli fin sul ventre. «Da quando è stato licenziato non fa che stare qui a bere. Lo vedi che anche adesso beve?»

    La forchetta trema fra le dita di Mattia, non riesce a portare il cibo alla bocca, mentre gli occhi di suo padre sono sempre fissi su di lui e la voce dell’uomo alla televisione continua a fluttuare nella stanza, fra il crepitio delle stoviglie nel lavello, mentre l’acqua zampilla sulle mani frettolose di sua madre e il vino scorre nella gola di suo padre.

    «Faremo di tutto per aiutare le famiglie che sono in difficoltà.»

    Papà torna a puntare adirato il televisore, la Volpe Coniglio esce da sotto al tavolo e si accovaccia sulle gambe di Mattia.

    «Temo che non potremmo portarlo con noi…»

    Mattia non riesce più a muovere il braccio, la forchetta è paralizzata nel piatto, infilzata in una manciata di maccheroni fumanti, rossi di pomodoro. Poi un colpo scagliato sul tavolo li fa cascare nel piatto, come cadaveri insanguinati.

    «‘Stu chiavico! Nun glie basta ca c’ha chiuso int ‘e case comm ‘e surici? Ne’ munnezz, mo’ ‘e sold p’ magna’ ce daje tu?»

    Mattia cerca di non guardarlo, quello non è più il suo papà, l’uomo che la domenica, quando andava al mercato lì vicino, lo portava con sé e gli comprava il pezzo di pizza, quella con il pomodoro e la fetta di mozzarella al centro. Adesso gli fa paura, è come gli uomini con la maschera, e la Volpe Coniglio sulle sue ginocchia gli sussurra in un ringhio: «Dobbiamo pensare solo alla mamma adesso…»

    Mattia la guarda, la mamma, e gli sembra così piccola, una bambina incatenata a quel lavello che continua a pulire, diversa dalla donna che rideva quando lo portava a vendere le sigarette a Forcella, fra tutte le persone fatte di colori, di voci e di profumi, le stesse che adesso sono state catturate da quelli che indossano le maschere e portano anche loro le maschere e non hanno più una faccia, una bocca, una voce, e anche se stanno fuori non muoiono solo perché sono spie degli alieni.

    La fissa, Mattia, e la vede volteggiare fra le nuvole di schiuma nel lavello, per poi tuffarsi nella cascata che sgorga dal rubinetto e ancora volteggiare attorno a lui, bellissima e allegra, tutta profumo e morbidezza.

    Ma ancora un pugno di suo padre, sferzato sulla tavola, spazza via di colpo la mamma.

    «‘E parl, strunz! ‘E sold p’ magna’ mo’ me daje tu?»

    Dopo cena, mentre la mamma, sempre più stanca e provata dalla tosse, stira i panni e papà sta ancora sul divano a guardare la tv e a bere vino, improvvisamente il cielo si illumina di fuochi colorati. Ovunque esplodono botte, il loro fragore si perde fra applausi e risate.

    Mattia sgattaiola in fretta sul balcone, seguito dalla Volpe Coniglio. Veloce e sorridente si aggrappa alla ringhiera e, il viso rivolto in alto, vede il buio infuocato da ghirlande gialle, rosse, verdi e arancio che scoppiano nelle sue pupille e cadono nel vicolo fino a scivolare in rigagnoli luminosi sui palazzi crepati, mentre sui balconi decine di persone battono le mani e cantano, delle donne usano le pentole come fossero tamburi e il suo amico Totore, al piano di sopra, di fronte a lui, ride a batte a sua volta le mani.

    La mamma di Mattia esce anche lei e gli poggia la mano sulla spalla, delicata come un petalo di rosa, e adesso anche Mattia batte le mani e ride assieme a Totore, mentre i fuochi d’artificio gli esplodono lucenti nelle iridi e le canzoni si fondono alla risata della mamma. La Volpe Coniglio, attenta, veglia su di loro.

    Poi un urlo frantuma ogni rumore, ogni musica, ogni voce.

    «E che sfaccimma! ‘O vulite chiudere ‘stu balcone ca trase ‘nu maronn ‘e fridd?»

    La musica si rompe

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