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La civiltà ipogea
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E-book230 pagine2 ore

La civiltà ipogea

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Info su questo ebook

Da chi furono scavati quei misteriosi ambienti sotterranei collegati da migliaia di chilometri di cunicoli e gallerie che si sviluppano in gran parte del sottosuolo del pianeta? A quando risalgono questi incredibili siti, e perché furono realizzati?
A seguito di ricerche svolte sul campo e attraverso un’analisi delle tecniche di scavo si è potuto appurare che la maggior parte delle strutture ipogee presenti in buona parte del mondo possono essere state realizzate solo con l’ausilio di fresatrici meccaniche, una moderna tecnologia del tutto sconosciuta alle antiche popolazioni, che avrebbero solo riutilizzato tali siti, come hanno fatto ad esempio in Italia gli Etruschi.
La loro possibile datazione, a seguito della lettura dello sviluppo idrogeologico, potrebbe collocarsi tra i 25.000 e i 50.000 anni fa e sarebbe quindi precedente a qualsiasi civiltà umana ufficialmente nota.
La conclusione alla quale l’autore di questo saggio è potuto pervenire è che una razza antropomorfa, tecnologicamente evoluta ma morfologicamente dissimile dalla razza umana, abbia anticamente colonizzato il sottosuolo del nostro pianeta per fini ancora da accertare.
LinguaItaliano
Data di uscita7 mar 2021
ISBN9791280130372
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    Anteprima del libro

    La civiltà ipogea - Alessandro Marcon

    Τεληστήριον

    ALESSANDRO MARCON

    LA CIVILTÀ IPOGEA

    LOGO EDIZIONI AURORA BOREALE

    Edizioni Aurora Boreale

    Titolo: La civiltà ipogea

    Autore: Alessandro Marcon

    Collana: Telestèrion

    Con prefazione di Roberto Pinotti

    Editing e illustrazioni a cura di Nicola Bizzi

    ISBN versione e-book: 979-12-80130-37-2

    LOGO EDIZIONI AURORA BOREALE

    Edizioni Aurora Boreale

    © 2021 Edizioni Aurora Boreale

    Via del Fiordaliso 14 - 59100 Prato

    edizioniauroraboreale@gmail.com

    www.auroraboreale-edizioni.com

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    PREFAZIONE

    Ho conosciuto Alessandro Marcon nel 2002, quando mi ha sottoposto un suo primo affascinante articolo per Archeomisteri, la rivista da me diretta organo del CIRPET, il Comitato Interdisciplinare per le Ricerche Protostoriche e Tradizionali.

    Romano, impiegato al Ministero per i Beni e le Attività Culturali come funzionario alle tecnologie presso la Soprintendenza Archeologica, Alessandro Marcon ha effettuato molti viaggi all’estero – specialmente in Egitto – che gli hanno dato impulso a indagare sui misteri delle antiche civiltà e della storia meno conosciuta dell’umanità, nell’intento di trovare risposte logiche e documentate agli anacronismi che avvolgono la nostra protostoria in particolare, fra archeologia, tradizione e mito.

    In tutto il pianeta si ritrovano – specie in Asia ed Europa – ricorrenti leggende su incredibili mondi sotterranei ed estese reti di gallerie che collegherebbero nel mondo paesi anche molto distanti fra loro. Marcon ha effettuato una serie di ricerche anche nella nostra penisola ed è infine giunto alla conclusione che parecchi antichi siti ipogei attribuiti agli Etruschi e a vari altri popoli protostorici indicati come le più antiche genti dell’Italia centrale siano certo stati poi riutilizzati da questi, ma siano anche stati realizzati in precedenza da una civiltà sconosciuta molto più antica di cui oggi intravediamo solo sparute tracce. L’assunto è certamente ardito, ma tutt’altro che infondato. Dall’asiatico Agarthi alle leggende precolombiane fino alle tradizioni italiche emerge infatti la concreta possibilità che una vasta rete ipogea diffusa in tutto il mondo sia collegabile ad una antichissima civiltà madre avanzata e dimenticata, completamente distrutta da un cataclisma planetario e la cui eco è rimbalzata fino a noi in Platone con la sua Atlantide e nella tradizione del Diluvio Universale comune a tutti i popoli della Terra. E oggi si configura sempre di più lo scenario secondo cui le più antiche culture note all’archeologia classica (da quelle mesopotamiche a quella egizia, da quella vedica a quella cinese, da quelle preincaiche e olmeca a quelle protomediterranee) non sarebbero state altro che diverse forme di lenta ascesa verso la civiltà odierna successive ad una catastrofe cosmica globale che avrebbe annientato, con la sommersione di intere aree continentali, eruzioni vulcaniche, diffusi terremoti, maremoti e tsunami di portata globale dovuti a probabili impatti meteorici ovvero asteroidali uniti a subitanei cambiamenti climatici, una remota cultura-madre umana avanzata e diffusa su tutto il pianeta che avrebbe riportato l’uomo nella barbarie preistorica da cui si era elevato millenni prima fino ad una Età dell’Oro oggi senza ricordo. D’altronde, la scoperta di tutta una serie di elementi finora ignoti – dalle città sommerse al largo del subcontinente indiano nel golfo di Cambay e alle rovine di Göbekli Tepe in Turchia fino al rinvenimento di vegetazione tropicale non digerita negli stomaci dei vari mammuth lanosi rinvenuti ibernati in Siberia a evidente dimostrazione di un pressoché immediato mutamento climatico dell’intera zona – retrodatano la civiltà ben oltre il decimo millennio avanti Cristo, fino ad un’epoca preistorica significativamente prossima alla collocazione leggendaria della distruzione dell’Atlantide platonica.

    Tutto ciò chi scrive lo ha presentato nel suo saggio Atlantide e il mistero dei continenti perduti, in catalogo negli Oscar Mondadori dal 1995 e oggi best seller anche in Spagna. Ma è giusto tenere presente che Alessandro Marcon ha dato a tutto ciò un prezioso contributo non solo con i suoi studi negli ultimi vent’anni sulla Civiltà Ipogea diffusa in tutto il modo validamente riuniti in questo volume con particolare attenzione alla nostra penisola e che ben si collocano in un quadro generale di possibili rifugi sotterranei (ovvero time capsules) realizzati a salvaguardia loro e della loro cultura dai timorosi superstiti di una ancestrale catastrofe planetaria, anche con il suo saggio La molteplicità dell’Uno, edito nel 2012, in cui sono affrontate varie problematiche che legano certe antiche conoscenze tradizionali ed esoteriche a quanto oggi l’archeologia di frontiera – che sempre di più sta bypassando quella classica ormai stantia e del tutto superata – va indicando con sempre maggiori evidenze. Un approccio, quello di Marcon, estremamente serio quanto avanzato che indica coraggiosamente scenari sovente ignorati e inediti in un paese come il nostro dove la imperante e declassata cultura di massa talvolta impedisce la diffusione della vera conoscenza scientifica e storico-archeologica a vantaggio delle riduttive indicazioni imposte da miopi e spregevoli baronie accademiche.

    Roberto Pinotti

    Dicembre 2020.

    INTRODUZIONE

    Che antiche civiltà, la cui esistenza riportata principalmente da leggende e miti, e attualmente negata dalle ricerche effettuate dalla scienza ufficiale, abbiano preceduto quella storicamente conosciuta è un fatto ancora controverso e tema di accesi dibattiti tra scienza ufficiale e ricercatori di confine.

    Ma forse tali civiltà sono effettivamente esistite, influenzando gli albori della nostra odierna civiltà, tramandando antiche cognizioni che sono alla base di quelle conoscenze giunte a noi come i misteri dell’antichità e quelle che vengono definite solo prove circostanziali e non suffragabili, possono assumere ben altra consistenza se valutate più dettagliatamente.

    Il presente lavoro è il frutto di ricerche che sono state effettuate nel territorio italiano e in massima parte in quello dell’antica Etruria, con lo scopo di dimostrare che un’antica e tecnologicamente evoluta civiltà ha effettivamente abitato in tempi remoti il nostro pianeta, colonizzandone principalmente il sottosuolo.

    In tutto il pianeta ritroviamo leggende che riguardano misteriosi mondi sotterranei e vaste reti di gallerie che collegano paesi anche distanti tra di loro. Ma forse in ogni leggenda c’è un fondo di realtà. E’ questa l’idea che ha dato inizio ad una serie di ricerche, che hanno portato ad avanzare dapprima l’ipotesi e in seguito una sempre maggiore certezza, hanno fatto propendere verso la seria possibilità che parecchi siti ipogei, ora attribuiti alle civiltà del Centro Italia (Etruschi, Falisci, Romani, etc.), fossero solamente riutilizzati dagli stessi a fini cultuali, sepolcrali o come cave ma che, in effetti, fossero stati realizzati da una civiltà tecnologica molto antica che aveva abitato quella come molte altre zone della penisola e del pianeta.

    L’idea che ha stimolato tale tipo di ricerca è giunta a seguito di una visita effettuata presso il Centro culturale Fondazione Spientia nei pressi di Sutri, il cui fondatore, ing. Marcello Creti, era propugnatore da diversi anni di questa teoria. Si è resa quindi, per mio conto, necessaria una verifica e un approfondimento di quanto affermato indagando sul territorio e cercando in tal modo di dargli una valenza oggettiva e scientifica.

    Analizzando attentamente e senza preconcetti le prove che verranno riportate nel corso del presente lavoro, si noterà come un determinato tipo di tipologia di scavo e di uso siano difficilmente attribuibili ai popoli storici che hanno abitato quei territori.

    Un’ipotesi per essere valida, anche se può sembrare azzardata, deve adattarsi ad una spiegazione oggettiva degli insiemi esaminati finché non si scontri con l’oggettività dei fatti, anche se non si colloca in quanto ufficialmente acquisito.

    Sarebbero queste tracce che farebbero pensare ad una civiltà altamente tecnologicamente evoluta che avrebbe preceduto la nostra. Per tecnologicamente evoluta non si intende un tipo di civilizzazione capace di inventare ed usare macchine semplici come leve, argani e quant’altro, ovvero il tipo di tecnologia che normalmente si attribuisce alle antiche popolazioni, ma una vera e propria civiltà tecnologica, provvista di macchine avanzate e conoscenze che forse anche noi ancora non abbiamo raggiunto.

    Tali teorie possono trovare riscontro nelle ricerche effettuate che hanno fatto propendere che tale civiltà fosse di un tipo del tutto diverso da quanto da noi oggi conosciuto, sia dal punto di vista fisico che tecnologico. Diverse ricerche fatte nel territorio ed in ambito antropologico danno adito a pensare che un tale tipo di civilizzazione sia realmente esistita sulla terra.

    La teoria di una civiltà tecnologica che ha preceduta la nostra e che ha dato le basi alla nostra civiltà ha le sue radici non solo nel mito platonico di Atlantide, ma anche su miti e molteplici fonti che narrano di diverse antiche civiltà che hanno popolato il nostro pianeta, in massima parte misconosciute dalla scienza ufficiale. Questa Civiltà Ipogea avrebbe preceduto la nostra di diversi millenni. Le tracce che si possono rilevare nel territorio e le ricerche effettuate danno adito a pensare che un tale tipo di civilizzazione sia realmente esistita sulla Terra, dando vita al mito degli dei dell’antichità e forse addirittura precedente di molti millenni a quella summenzionata di Atlantide.

    Le ricerche effettuate hanno fatto propendere che tale civiltà fosse di un tipo del tutto diverso da quanto da noi oggi conosciuto, sia dal punto di vista fisico che tecnologico. Diverse ricerche fatte nel territorio ed in ambito antropologico danno adito a pensare che un tale tipo di civilizzazione sia realmente esistita sulla terra.

    Anche in epoca moderna ci sono stati esploratori e ricercatori che hanno narrato dell’esistenza di estese e labirintiche reti di gallerie che percorrono il sottosuolo di buona parte del pianeta, nonché di stanze e addirittura città sotterranee.

    Posso menzionare a tal proposito Cronaca di Akakor di Karl Brugger in cui l’autore raccoglie la testimonianza del discendente di un antico popolo tecnologicamente evoluto che aveva vissuto in tempi remoti in Amazzonia e che aveva costruito gallerie e siti sotterranei, spingendosi fin sotto l’oceano atlantico.

    Altro autore Alec McLellan. Nel suo Da Atlantide a Shamballah narra di un’antichissima rete di gallerie sotterranee che attraverserebbero tutto il mondo.

    Nella stesura di questa ricerca ho tralasciato di approfondire le caratteristiche di alcuni siti che ho comunque elencato in appendice trattandone singolarmente ed evidenziandone le peculiarità.

    CAPITOLO I

    GLI IPOGEI NEI MITI DEL PASSATO

    Diversi sono i miti che ci parlano di entità che abitavano le profondità della terra, così come di personaggi che presumibilmente vi vivevano e che vennero considerati dalle antiche popolazioni degli dei. Questo probabilmente perché apparivano ai loro occhi con delle qualità che, per le loro limitate conoscenze nel campo della tecnologia, li facevano apparire come degli Dei. Diverse sono le antiche civiltà che hanno nei loro miti la presenza di divinità provenienti dal sottosuolo.

    Fra gli etruschi ricordiamo Tages. La sua figura viene tramandata come quella di un "bambino

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