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Un nuraghe per tutti: La Sardegna di Nurnet e la costruzione dell’Identità
Un nuraghe per tutti: La Sardegna di Nurnet e la costruzione dell’Identità
Un nuraghe per tutti: La Sardegna di Nurnet e la costruzione dell’Identità
E-book196 pagine1 ora

Un nuraghe per tutti: La Sardegna di Nurnet e la costruzione dell’Identità

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Info su questo ebook

La costruzione di una mappa, di un’immagine che potesse dare una percezione diretta della grandezza dell’Antica Civiltà Sarda, è lo spunto dell’avventura e delle considerazioni contenute nel libro.
La narrazione del Progetto e del coinvolgimento partecipativo nella sua realizzazione.
Un invito al recupero di un’Identità e una Storia sempre sottovalutate e, forse, volutamente oscurate.
Una mappa che diventa mentale, una narrazione fatta di cartografie, foto, racconti popolari, descrizioni del paesaggio, mitologie classiche, alla ricerca delle ragioni dell’Isola Sacra, evidenti nel lascito archeologico ma sconosciute agli stessi abitanti della Sardegna.
Un libro che mira al cuore di chi soffre per la trascuratezza con cui noi stessi Sardi abbiamo trattato la Madre Terra.

Nurnet – La rete dei Nuraghi è una Fondazione di Partecipazione, costituita nel settembre del 2013 da sessantanove soci fondatori, che ha come scopo prevalente la promozione della cultura del periodo in cui sull’Isola si svilupparono le civiltà pre e nuragica.
Lo scopo della Fondazione è il promuovere un’immagine diversa della Sardegna nel mondo e da ciò generare economia turistica con tutti gli effetti benefici collaterali di filiera.
LinguaItaliano
EditoreCondaghes
Data di uscita13 dic 2017
ISBN9788873569282
Un nuraghe per tutti: La Sardegna di Nurnet e la costruzione dell’Identità

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    Un nuraghe per tutti - Antonello Gregorini

    Antonello Gregorini

    Un nuraghe per tutti

    ISBN 978-88-7356-928-2

    Condaghes

    Indice

    Un nuraghe per tutti

    1. La mappa della Sardegna preistorica

    2. Il progetto

    3. La partecipazione volontaria

    4. La questione storiografica

    5. I conflitti fra appassionati e titolati

    6. L’Isola Sacra oltre il Grande Verde

    7. Considerazioni sulla distribuzione dei nuraghi

    8. Considerazioni sulla numerazione dei nuraghi

    9. Il paesaggio archeologico della Sardegna

    9.1 Gli itinerari sulle montagne

    9.2 Gli itinerari lungo costa

    9.3 Gli itinerari nelle valli

    9.4 Il Sinis

    9.5 Il Sulcis

    9.6 Il Campidano dei pochi nuraghi

    9.7 Il regno di Trexenta e Marmilla

    9.8 Anglona – Monte Acuto

    9.9 Ogliastra

    9.10 La Baronia

    9.11 Le Barbagie

    9.12 Nurra – Monteleone

    Postfazione

    Riferimenti fotografici

    Ringraziamenti

    L'Autore

    La collana Pósidos

    Colophon

    Un nuraghe per tutti

    www.nurnet.it

    www.nurnet.net

    LA MAPPA DELLA SARDEGNA

    La Sardegna Preistorica, mappa scaricabile gratuitamente dal sito Nurnet (www.nurnet.it) nella sezione Download (link: http://www.nurnet.it/funzioni/download/file/Siti-Archeologici-Sardegna_70_x100_con_regioni_storiche.jpg)

    1. La mappa della Sardegna preistorica

    La mappa della Sardegna (scaricabile in HD dal sito Nurnet) indica la distribuzione dei monumenti preistorici della Sardegna.

    Nella legenda sono indicate le icone tipologiche che consentono la distinzione fra le domus de janas, i menhir (appartenenti al neolitico pre-nuragico), i proto-nuraghi (circa 1.800 a.C.), i nuraghi veri e propri nella classificazione più utilizzata, i villaggi, i pozzi sacri e le tombe dei giganti (necropoli del villaggio nuragico).

    La mappa fu donata alla Fondazione di Partecipazione Nurnet, La Rete dei Nuraghi, da uno sconosciuto lettore che la realizzò con un lavoro certosino di mosaicatura delle tante videate a zoom ingrandito del geoportale.

    Ciò che più colpisce della mappa, al primo sguardo, è l’intensità della presenza dell’uomo in un periodo in cui, secondo lo stereotipo imperante, gli abitanti della Sardegna sarebbero dovuti essere ben pochi, oltre che privi delle risorse e dell’organizzazione delle grandi civiltà successive.

    Colpisce oltremodo, per le ragioni che più avanti esporremo, l’ipotesi che i territori in cui sono presenti un minor numero di monumenti non siano quelli con minore densità abitativa, ma verosimilmente quelli in cui le azioni di eliminazione, riutilizzo e sovracostruzione operate dalle successive popolazioni hanno portato alla sparizione di gran parte delle originarie strutture.

    Si può affermare con sicurezza che la mappa sia la prova del raggiungimento parziale dell’obiettivo che si era prefisso il gruppo di amici che nel 2013 promosse la costituzione della Fondazione, radunando attorno a sé 70 soci iniziali.

    A tutti erano apparse evidenti alcune tendenze: la generalizzata scarsa conoscenza della civiltà preistorica della Sardegna; la sua pressoché totale assenza sui libri di storia di ogni corso ordinario di studi – o la pochezza con cui spesso veniva presentata –; la carenza dell’azione istituzionale e il fallimento di molti progetti cospicuamente finanziati; le difficoltà, da parte di chi intendeva visitare l’Isola, a raggiungere i vari siti potendo disporre di un’adeguata descrizione del paesaggio archeologico e nuragico, compreso quello più interno, quasi sconosciuto e a volte difficilmente accessibile; la perdita evidente di un importante valore culturale ed economico, che una migliore gestione dei beni archeologici avrebbe potuto offrire; la trascuratezza con cui gli stessi Sardi hanno trattato e trattano questo patrimonio la cui valenza non è mai stata convenientemente compresa, anche a causa di una situazione di diffusa ignoranza e miseria che purtroppo ha storicamente caratterizzato lo status di buona parte della popolazione isolana.

    Le ragioni che hanno determinato la stesura, l’avvio e quindi la continua implementazione del progetto Nurnet possono sintetizzarsi in un desiderio di rivalsa positiva in grado di contrastare il sentimento di rabbia e sconforto che conseguiva alla constatazione di quanto appena descritto.

    2. Il progetto

    L’innovazione della multimedialità, la facilità di accesso all’informazione, i costi bassi delle apparecchiature e delle connessioni; l’ormai globale diffusione della rete internet; lo sviluppo tecnologico dei sistemi informativi territoriali e digitali; la disponibilità di moderni catasti territoriali; la possibilità per chiunque di fare del giornalismo, anche se di non eccelsa qualità, magari trasferendo semplici riflessioni ed emozioni in occasione della visita a un sito o di un particolare avvenimento in grado di stimolare fantasia e creatività; l’ulteriore possibilità di condividere con tutto il mondo ciò che si vede o si prova in un batter di tastiera, magari ricorrendo a un semplice apparecchio telefonico che la tecnologia rende giorno dopo giorno sempre più potente: queste e altre sono le relazioni di causa/effetto che hanno consentito di ideare il progetto e, successivamente, di implementarlo almeno nelle sue connotazioni più semplici e di minor costo.

    In questo, tuttavia, non siamo stati né i primi, né i soli, né i più attivi. Infatti, da oltre un decennio è in atto un processo alimentato da diverse fonti, prevalentemente trainato da appassionati sardopatici, che vorrebbe riconoscere la centralità della civiltà sarda nella preistoria del Mediterraneo, con particolare riferimento al bacino occidentale di questo mare.

    Al di là dell’appropriazione letteraria di alcuni miti dell’antichità, quale quello di Atlantide o dell’Isola oltre il Grande Verde, o di Tartesso – giusta o sbagliata che essa sia –, a volte effettuata con metodo scientifico, in altri casi cavalcando semplicemente l’onda del sentimento, del risentimento, della fantasia o delle polemiche che queste tesi suscitano, resta il fatto che nella Sardegna del II millennio a.C. si sviluppò una civiltà fiorente, con caratteristiche di assoluta unicità, e abitata da persone capaci di realizzare edifici dall’architettura imponente in un periodo in cui, sulle coste occidentali del Mediterraneo, non risulta vi fossero insediamenti e strutture organizzative paragonabili a quelle orientali.

    Tutto ciò si manifesta ancora oggi, con forte evidenza, nelle narrazioni del paesaggio sardo che costituiscono il secondo fulcro del progetto Nurnet.

    Questi templi-abitazioni-fortezze, megalitici presidi di valli, coste, corsi d’acqua, giare e pascoli, non è possibile che potessero essere il prodotto di una popolazione poco numerosa, non organizzata socialmente, giuridicamente e politicamente, che non vivesse in relativa pace, in regime di intenso scambio di informazioni, cultura e prodotti, sia verso l’interno che verso il mondo esterno, di là dal mare.

    La letteratura scientifica accademica, invece, sino a qualche anno fa negava questi aspetti, asserendo la chiusura verso l’esterno della Sardegna (i sardi non navigavano), una situazione di costante belligeranza delle sue popolazioni, la povertà e l’aggressività di genti costrette dentro i nuraghi fortezza, in continuo conflitto anche con le tribù delle valli contigue e dei vari cantoni.

    Da qui l’assurdità di certe rappresentazioni presenti ancora nei racconti delle guide turistiche e nei musei più importanti, dove i nuragici appaiono armati di arco e frecce, appostati sulle varie torri del nuraghe, intenti a respingere l’attacco di altri nuragici a cavallo, quasi in linea con i classici film western.

    Queste e altre fondamentali questioni sono ancora dibattute. Riguardano per esempio l’utilizzo dei nuraghi, a volte assimilati a fortezze o a templi, altre ad abitazioni o a vedette, altrimenti a capisaldi di direttrici astronomiche o più semplicemente ai vertici di una qualche geometria riconoscibile ancorata alle topologie orografiche. Ancora oggi il dibattito è in corso e spesso degenera in toni reciprocamente ingiuriosi e intolleranti delle tesi altrui.

    La mappa e il geoportale da cui discende, devono essere visti come struttura del progetto Nurnet, volto a produrre l’immagine d’insieme, l’ideogramma della rilevanza storica di quel popolo, rivolto all’universo dei potenziali visitatori dell’Isola, ma anche ai suoi stessi giovani, attraverso le scuole, per poter invertire quel corso di misconoscenza della Storia della Sardegna che talvolta per i suoi abitanti era ed è insopportabile.

    La partecipazione e le narrazioni provenienti dalle decine di migliaia di lettori della pagina Facebook di Nurnet e del suo sito internet, come anche l’apertura organizzata di pagine locali di narrazione, comprese quelle in lingua straniera, sono anch’esse struttura portante del progetto, luogo delle relazioni, della creazione del flusso di contenuti, delle sintesi che arricchiscono lo scarno ma potente ordine che un geoportale digitale può e deve offrire.

    La mitopoiesi è «l’attività, l’arte o la tendenza a inventare favole, a formare miti; in particolare, nell’interpretazione dell’antropologia culturale, processo di formazione ideologica con cui si attribuisce a fatti reali o alla narrazione di essi un valore fantastico di riferimento culturale e sociale»¹. Tale termine è stato utilizzato dai media locali e da vari commentatori per descrivere l’operazione mistificatoria che sarebbe svolta da una consistente base di appassionati non titolati, di artigiani archeosperimentatori, riproduttori di vestiari, armi, vasellame, modelli di edifici, persone che non usano il metodo scientifico, strettamente inteso, quindi operano liberi dal rigore del confronto con le precedenti teorie, e che, di frequente, appaiono ispirati da amore religioso per la loro terra e le sue sorti. Tuttavia sono annoverati fra i mitopoietici, detti fanta-archeo-sardisti, anche alcuni accademici di altre materie, persone che conoscono il metodo scientifico e che hanno dedicato decenni della loro vita allo studio dell’archeologia e della storia sarda.

    Mitopoiesi percepita, ancora, come conseguenza della volontà di ancorare al mito la narrazione reazionaria e popolare, di legittimazione di una nazione mancata, storicamente assoggettata, fatta di racconto letterario di basso livello, privo di riferimenti scientifici reali e sviluppati con metodo.

    Ogni popolo, tuttavia, ha utilizzato la mitopoiesi per consolidare la propria identità e nessuno si sognerebbe di contestare il mito di Romolo e Remo e della Lupa, neanche quando è riportato, senza alcuna pretesa di scientificità, nei libri di storia per ragazzi. Miti diversi, come quelli che descrivono le beghe degli dèi e degli eroi: complementi inscindibili della Storia, di regola utilizzati come strumento pedagogico per stimolare la fantasia e fornire risalto a modelli positivi di buon cittadino, leale verso Dio, Patria e Famiglia o comunque verso l’ordine costituito, qualunque esso sia.

    Questa pratica del ricorso al mito è talmente diffusa, e altrettanto pacificamente inserita nei percorsi pedagogici, a volte anche nei testi storici, da apparire insensato discuterne in questa sede per dimostrane l’utilità.

    Nel caso di Nurnet e di altre iniziative analoghe, si confonde l’azione volta alla ricerca di

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