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La Porta degli Dei: Continua il viaggio nei misteri dell’astronomia egizia sulle tracce degli Dei
La Porta degli Dei: Continua il viaggio nei misteri dell’astronomia egizia sulle tracce degli Dei
La Porta degli Dei: Continua il viaggio nei misteri dell’astronomia egizia sulle tracce degli Dei
E-book390 pagine4 ore

La Porta degli Dei: Continua il viaggio nei misteri dell’astronomia egizia sulle tracce degli Dei

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Info su questo ebook

In “La Porta degli Dei , Massimo Barbetta continua e porta a conclusione la sua ricerca sui misteri della teologia e dell’astronomia egizia.

Vengono descritti nel dettaglio, contestualizzandoli con le immagini che ci provengono da alcune tombe dei faraoni nella Valle dei Re, alcuni contenuti del “Libro dell’Amduat” e del “Libro delle 12 Porte del Duat”. Vengono verificate, integrandole, le traduzioni dei principali egittologi di molti passi geroglifici di questi testi, così come dei “Testi delle Piramidi”, dei “Testi dei Sarcofagi” e del “Libro dei Morti”.

Da qui emergono conoscenze tecnologiche, astronomiche, e, seppure parzialmente, astrofisiche, davvero impensabili per un popolo, quale quello degli antichi egizi, definito dai più del tutto arcaico.

Seppure espresse in una modalità descrittiva tipica dell’epoca, molte descrizioni si rivelano sorprendentemente attuali anche dal punto di vista iconografico. Emerge, così, la consapevolezza degli antichi egizi, che per viaggiare fra le stelle, in direzione della mitica e lontana Patria degli Dei, collocata in una precisa e circoscritta zona di cielo, la barca del dio Ra doveva servirsi di particolari artifici o condotti spazio-temporali, i cui aspetti, i cui effetti, la cui struttura e la cui disposizione celeste erano descritti con sorprendente precisione.

Completato da moltissime fonti bibliografiche, da 155 immagini e da un’Appendice su alcuni aspetti del film “Stargate”.
  • L’utero della dea del cielo e la formazione a “goccia”: semplice simbolo o culla della creazione?
  • Le 3 forme di un misterioso serpente e l’oca celeste: l’enigma di uno strano “Gioco” che dalla testa dell’oca giunge alla testa del serpente tracciando…una strada per le stelle!
  • Destinazione finale nel “Nu”: i Guardiani del Portale ed il dio che mantiene aperto l’accesso.
  • Un incredibile antenato dell’odierno “Wormhole”: Uno o… più? Com’era fatto? Dov’era posto nel cielo? Chi lo custodiva? Cosa succedeva al suo interno?
  • Un pazzesco viaggio siderale: dalle velocità superiori a quella della luce…all’arresto istantaneo!
  • Il Popolo delle Stelle.
  • Gli arieti, Custodi dei 2 incroci del cielo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 giu 2021
ISBN9788833801513
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    Anteprima del libro

    La Porta degli Dei - Massimo Barbetta

    Ringraziamenti

    A GIULIA, sempre attenta, discreta e paziente, in questi anni di difficile ricerca, e ai cari EDOARDO, ALBERTO e LEONARDO.

    A MICHELE MANHER, mentore fondamentale, in lunghe telefonate, della vasta materia egittologica.

    A MONICA BIANCHI LA FORESTI, per la rivelatoria consulenza dei testi in tedesco.

    Introduzione

    Nel libro Stargate – Il Cielo degli Egizi, di cui il presente volume costituisce un’ideale continuazione, avevamo parlato dei concetti base dell’astronomia, della teologia e della cosmologia egizia inerente gli dèi e la Creazione. Avevamo, poi, esaminato le immagini che ci giungevano dai soffitti astronomici delle tombe di sovrani e dignitari del Nuovo Regno e dai templi che risalivano al periodo tolemaico, decisamente ispirati dall’astronomia babilonese, quali i due Zodiaci di Denderah (rettangolare e circolare) e i due templi di Esneh, quello nel vecchio centro dell’abitato e quello definito come "A", posto alla sua periferia.

    L’analisi dettagliata di questi luoghi ci aveva portato a capire come vi fosse una particolare attenzione e interesse degli antichi egizi per due luoghi del cielo correlati alle acque cosmiche celesti. Tale luogo, seppure esteso, e relativamente definito geograficamente, non riguardava, in ogni caso, l’intera volta celeste.

    Ma questi due peculiari luoghi del cielo, o Decani, erano anche correlati, nelle tombe regali, a una legenda che citava, seppure in forme lievemente diverse, il "Khat Nut, l’Utero della dea del cielo", associando, in una di esse, la figura del faraone proprietario della tomba, che era ritratto in posizione adorante, come se rendesse un pio e devoto omaggio a dèi… che però non comparivano affatto! A tale legenda, invece, era riservata una criptatura intenzionale nelle tombe di principi e dignitari, confermando, nel contempo, sia la segretezza che si doveva mantenere a riguardo, che la rilevanza religiosa del soggetto stesso.

    In questo libro, invece, approfondiamo l’aspetto e la struttura della costellazione egizia entro cui compariva una delle due legende che contenevano il "Khat Nut, osservando le connessioni con conoscenze teologico-astronomiche, in base agli studi di valenti egittologi. Parleremo poi, più diffusamente, dei molti, sbalorditivi e variegati aspetti del serpente Mehen", che avevamo già incontrato nel primo volume, sia in un contesto cosmologico che negli enigmatici e simbolici aspetti dell’omonimo gioco, rinvenuto nelle tombe egizie.

    Cercheremo, inoltre, di indagare le molteplici raffigurazioni e descrizioni del viaggio di andata e ritorno compiuto dalla barca di Ra nello spazio profondo, in direzione dell’Abisso celeste del "Nu e delle sue correlazioni con i due leoni Aker-u. Esploreremo i significati reconditi nelle raffigurazioni della dea Mucca del cielo", insieme alle misteriose e particolareggiate descrizioni e immagini contenute nella 12a e ultima Ora del Libro dell’Amduat e del Libro delle 12 Porte del Duat, imperniate sulla complessa struttura e funzione del "Khat Nut", articolata in funzione cosmologica.

    Verificheremo, poi, l’inaspettata rilevanza del dio "Shu, quale artefice del viaggio celeste di Ra, oltre alle precise descrizioni dei Qerrt, entro cui si spostava, nel cielo, la barca di Ra".

    Esamineremo, dal punto di vista lessicale, per le indotte riflessioni astro-fisiche che suscita, una sbalorditiva e ricorrente frase, che parlava di un aspetto del viaggio celeste di Ra, tratta dal Capitolo XV del Libro dei Morti.

    Analizzeremo, quindi, le descrizioni e la disposizione, nelle due immagini che ci sono giunte, dei due Decani chiave della nostra ricerca, poste all’interno del corpo della Dea del Cielo, con un possibile nesso, sia con il "Khat Nut, che con le raffigurazioni del Disco alato", emblema tipico della divinità nell’Antico Egitto.

    Investigheremo, poi, sia da un punto di vista lessicale che epigrafico, le polimorfe e dettagliate descrizioni, che facevano gli antichi testi, di un gruppo di individui non-umani, che potremmo definire come il popolo delle stelle.

    Decritteremo, poi, sia l’immagine delle tre stelle poste in diagonale, con la formazione a triplice goccia/uovo/occhio, attribuendole un’identificazione astronomica, sia la strana formazione ovoidale, con l’occhiello a un’estremità, con molte stelle disseminate sul suo bordo, rinvenuta in due tombe.

    Analizzeremo, inoltre, i molti misteri nascosti nelle raffigurazioni delle due dee ippopotamo, con le altre figure zoo- e antropomorfe a esse vicine, che ci giungevano dai soffitti astronomici delle tombe dei faraoni e dei dignitari, e cercheremo di fare luce sulla enigmatica figura del dio a testa di falco, talora chiamato "An", stranamente posto in orizzontale, e sul significato del diverso strumento da esso imbracciato.

    Investigheremo, infine, la figura di Horus il Giovane e le funzioni dei due arieti spesso alati, posti in verticale e quasi affrontati fra loro, collocati negli zodiaci di epoca tolemaica.

    Chiude il libro, anche se lontana dalla struttura e dall’approccio metodologico investigativo usati per la redazione dell’intera ricerca, un’interessante Appendice. Essa compie un’analisi lessicale della frase geroglifica contenuta sul coperchio dello "Stargate", tratta dall’omonimo film di successo, insieme alla comparazione con peculiari immagini proposte dalla stessa pellicola, interfacciate con simili immagini, provenienti dalle varie fonti citate nel presente libro.

    Insomma, un’analisi davvero corposa, che inizia da uno "Stargate", il mio libro, per giungere all’altro, l’omonimo film di successo!

    Che la lettura abbia finalmente inizio!

    1

    La costellazione dell’Oca e un serpente… polimorfo

    Sono a noi note le costellazioni egizie di un lato del cielo, che venivano ripetutamente e sistematicamente raffigurate (anche se specularmente ribaltate), a scopo rituale e ri-evocativo, nelle tombe. Esse comprendevano l’ippopotamo femmina/"Reret, il Palo d’Ormeggio/Menit, la Coscia del toro/Meskhety"/Orsa Maggiore, ma anche i diversi coccodrilli e il leone accovacciato, che si estendevano a cavallo o al di sopra dell’Eclittica.

    Tuttavia ve ne erano altre, poste dall’altra parte del cielo, di cui ci sono rimasti i rispettivi appellativi, ripetuti molte volte negli orologi solari delle tombe ramessidi, grazie alle ricerche di Ludwig Borchardt¹ o di Jean-François Champollion², ma di cui non conosciamo, né l’assetto né la conformazione, mancandoci immagini che le raffigurassero (vedi Figura 1).

    Figura 1. Dettaglio, tratto da Otto Neugebauer e Richard Parker, ripreso da Carlo Gallo (L’astronomia egizia, p. 152), che mette a confronto, all’estrema sinistra, alcuni Decani egizi …

    Figura 1. Dettaglio, tratto da Otto Neugebauer e Richard Parker, ripreso da Carlo Gallo (L’astronomia egizia, p. 152), che mette a confronto, all’estrema sinistra, alcuni Decani egizi (Khent Her-u, Khent Kheru, Sa-wy Kod, Kha-u, Art, contrassegnati dai numeri 21a, 21b, 22a, 23, 24), corrispondenti a fasce parallele di cielo, rapportandoli con le locali sovrastanti costellazioni della regione settentrionale del cielo (B) Arit, C) Tep n Apd = Testa dell’Uccello, Keft.f, la sua parte posteriore e D) Sba n Khau, Stella delle migliaia), a sviluppo orizzontale, collocate subito al di sopra dell’Eclittica, poste, invece, a destra nell’immagine.

    "Kha-u, le Migliaia", risulta presente in entrambe le zone, rivelando una sua notevole estensione in senso verticale.

    Un particolare interessante è che troviamo la zona celeste chiamata "Kha-u, le Migliaia, che risulta presente sia nella cintura Decanale", sia nella sovrastante fascia delle costellazioni egizie, rivelando una notevole estensione celeste in verticale.

    Abbiamo visto come i Decani "Khent Kher-u, Sa-wy Kod e Kha-u" appartenessero, astrologicamente, alle parti sottostanti tutta l’attuale costellazione dell’Ariete e la parte orientale di quella del Toro.

    In virtù degli studi di Otto Neugebauer e Richard Parker³, riproposti in italiano da Carlo Gallo⁴, notiamo come vi fosse, sopra questi Decani, al di sopra dell’Eclittica, una costellazione egizia che veniva definita Uccello, anche se il termine geroglifico "Apd la qualificherebbe meglio come Oca" (vedi Figura 2).

    Figura 2. Immagine tratta dall’Astronomische Inschriften di Brugsch, che, a pagina 189, ci mostra tre delle stelle orarie che demarcavano la costellazione “dell’Uccello” o “dell’Oca” (“Vogel” o “Gans” in tedesco). …

    Figura 2. Immagine tratta dall’Astronomische Inschriften di Brugsch, che, a pagina 189, ci mostra tre delle stelle orarie che demarcavano la costellazione dell’Uccello o dell’Oca ("Vogel o Gans in tedesco). Le tre stelle che compaiono vengono così, rispettivamente, chiamate: Abd ent Apd, Tep n Apd, Keftu tef, stanti per il Becco, la Testa, la Coda dell’Uccello/Oca".

    Karl Heinrich Brugsch⁵ ci avverte che questo celeste volatile domestico era, a sua volta, suddiviso in tre stelle orarie che comparivano nel cielo in successione, con andamento da est a ovest (vedi Figure 3, 4 e 5):

    Figura 3. Neugebauer e Parker, nel loro Egyptian Astronomical Texts, riprendono le informazioni di Brugsch e ci informano che la costellazione egizia di “Apd” era suddivisa, invece, in quattro asterismi: il “Becco dell’uccello”, la “Testa dell’uccello”, la “Gola dell’uccello” (la cui presenza è incostante e confusa con le due precedenti) e la “sua parte posteriore”.

    Figura 3. Neugebauer e Parker, nel loro Egyptian Astronomical Texts, riprendono le informazioni di Brugsch e ci informano che la costellazione egizia di "Apd era suddivisa, invece, in quattro asterismi: il Becco dell’uccello, la Testa dell’uccello, la Gola dell’uccello (la cui presenza è incostante e confusa con le due precedenti) e la sua parte posteriore".

    Figura 4. Dettaglio dell’orologio stellare della tomba di Ramses IX, inerente la II decade del mese di “Phaophi”, collocato nella stagione di “Akhet”, proveniente da Jean Francois Champollion (Monuments de l’Egypte et de la Nubie). Vengono mostrate, nel riquadro grigio scuro, le due stelle orarie citate in precedenza. Nel riquadro grigio chiaro possiamo osservare, invece, il termine “Apd”, con il determinativo “dell’Oca”.

    Figura 4. Dettaglio dell’orologio stellare della tomba di Ramses IX, inerente la II decade del mese di "Phaophi, collocato nella stagione di Akhet", proveniente da Jean Francois Champollion (Monuments de l’Egypte et de la Nubie). Vengono mostrate, nel riquadro grigio scuro, le due stelle orarie citate in precedenza. Nel riquadro grigio chiaro possiamo osservare, invece, il termine "Apd, con il determinativo dell’Oca".

    a) becco dell’Uccello, " Ab ent Apd "

    b) testa dell’Uccello, " Tep n Apd " in geroglifico

    c) la sua parte posteriore, " Keft-f ".

    Marshall Clagett⁶, peraltro, riprendendo l’analisi fatta da Neugebauer-Parker, aggiunge anche una 4a stella oraria: la gola dell’Uccello/Oca, posta fra la stella della Testa e quella della parte posteriore del volatile.

    Anche se sia il Wallis Budge⁷, che Marshall Clagett⁸, che Karl Heinrich Brugsch⁹, riportano come il vocabolo "Apd venisse usato anche con il termine di anatra, oltre a quello di oca, preferiamo seguire la dizione Oca, usata sia da Peter Le Page Renouf, che da William Matthew Flinders Petrie (1853-1942), ed è con questo termine che noi chiameremo nel testo, da qui in avanti, questa costellazione. Il termine Apd", peraltro, era già in uso ai tempi dei vetusti Testi delle Piramidi, visto che era stato rinvenuto nelle piramidi di Unas e Pepi II.

    Il Dictionary stesso fa notare che, talora, veniva usata l’espressione "Apd n Nu, Oca delle acque. Tale espressione, se applicata, in senso astronomico, visto che Apd, è, appunto, una costellazione, potrebbe rammentare le Acque cosmiche celesti". Nella piramide di Unas leggiamo, così, nella traduzione di Wallis Budge¹⁰: «Questo Unas vola come un’oca (Apd) e sbatte le ali come Kheper, egli vola come un’oca (Apd), sbatte le ali come Kheper sopra il trono vuoto nella Barca di Ra».

    Abbiamo detto che non ci sono pervenute raffigurazioni egizie originali delle costellazioni presenti nella parte di cielo che comprende la costellazione dell’Oca.

    Tuttavia ci soccorre, in questo senso, l’opera di Petrie, che si è, infatti, occupato di molti degli aspetti delle conoscenze egizie, oltre ad aver avuto interessi archeologici anche in Palestina, dove egli morì, culminati in opere quali Egypt and Israel (1912).

    In Wisdom of the Egyptians egli ha affrontato, altresì, il tema dell’astronomia egizia.

    Non solo, ma, in questo testo, Petrie ha provato personalmente a tratteggiare a mano libera, senza avere le pretese di un disegnatore provetto, le costellazioni degli antichi egizi inerenti questa parte di cielo, del tutto assenti nelle fonti documentali egizie, trasponendo su carta tutte le indicazioni provenienti dalle molte iscrizioni su tombe e templi della terra d’Egitto, che avevano risvolti astronomici.

    Ecco descritto, dallo stesso Petrie, il proprio preciso intento metodologico per la mappa celeste da lui disegnata in anteprima¹¹:

    «Nessuno di questi lavori [degli egittologi] ha identificato la disposizione delle costellazioni. Il primo passo è quello di stendere, per la prima volta, una mappa stellare della XVIII Dinastia, rintracciando i meridiani orari e il polo di quell’epoca su di un mappamondo e poi trasferirlo sulla mappa… Nell’attuale descrizione sono mostrate le mappe stellari con la localizzazione delle stelle che le costituiscono. È una sorpresa riscontrare come gli Egizi ribaltassero le costellazioni nel disegnarle».

    Frequentemente, infatti, abbiamo trovato le raffigurazioni celesti del gruppo dell’ippopotamo femmina, rappresentate come se si trattasse di un’immagine vista allo specchio ("mirror-image), rispetto alla realtà. Questa visione era interpretata come il punto di vista dell’Occhio di Dio".

    Nel "Plate III" del suo Wisdom…, Petrie ci mostra proprio le costellazioni dell’Antico Regno che ci interessano, alcune poste sotto la linea dell’Eclittica (rappresentata dalla linea nera continua), altre sopra (vedi Figura 5).

    Figura 5. Immagine tratta dal “Plate III” del libro di Petrie, che mostra una rappresentazione delle costellazioni settentrionali durante l’Antico Regno, fatta dall’autore. …

    Figura 5. Immagine tratta dal "Plate III del libro di Petrie, che mostra una rappresentazione delle costellazioni settentrionali durante l’Antico Regno, fatta dall’autore. Distinguiamo da ovest verso est (da sinistra verso destra, nell’immagine) le costellazioni di Sirio/Sopdet, Orione/Sahu, le Iadi, da Petrie chiamata Mascelle o Sor", poste nella costellazione del Toro; e ancora le Pleiadi, l’Oca/"Apd e il Gigante/Nekht".

    La linea curva tratteggiata identifica l’Eclittica, mentre quella continua, con dei piccoli numeri, identifica la serie dei Decani. Infine, le linee verticali parallele rappresentano le ore dei meridiani celesti. Le stelle vengono raffigurate da Petrie con dei pallini pieni neri di varie dimensioni, proporzionali alla loro Magnitudo. Curioso è il termine "Tank, serbatoio, posto lungo l’Eclittica, subito sotto i piedi del Gigante/Nekht, che Petrie interpreta come la traduzione del misterioso vocabolo Khent".

    Vediamo così raffigurate, da ovest verso est, le costellazioni di Sirio/"Sopdet, Orione/Sahu e il gruppo stellare della costellazione del Toro (che Petrie chiama anche Sor, fonetizzando, in maniera differente dal solito, la dizione geroglifica Sar, ma alludendo, in tal modo, indirettamente, anche al nome ebraico dell’intera costellazione del Toro, p23-01 , Shor", corrispondente alle Iadi (contenenti, la stella Aldebaran, la più luminosa della costellazione).

    Le Iadi erano confidenzialmente chiamate anche mascelle presso i popoli semiti, come testimonia l’episodio biblico, analizzato in chiave allegorica, o astronomica-simbolica, da Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend¹² riguardante Sansone e la mascella d’asino (Giudici 15, 15-19). Non a caso osserviamo, nell’illustrazione di Petrie, la scritta "Jaws, Mascelle, posta subito sopra il termine Sor", nella costellazione del Toro.

    Troviamo poi, nella mappa di Petrie, procedendo verso est, le Pleiadi, sempre all’interno della costellazione del Toro, recanti la dizione egizia Migliaia. Essa richiama il nome del Decano "Kha-u", per gli egittologi equivalente alle Pleiadi, come conferma lo stesso Petrie¹³, in accordo con le costellazioni egizie, ma non con il sottostante omonimo Decano.

    Seguono, poi, nella rappresentazione di Petrie, la costellazione dell’Oca, "Apd e quella del Gigante, appellato Nekht", molto estesa orizzontalmente.

    All’interno di ogni costellazione egizia, raffigurata da Petrie, le singole stelle vengono disegnate usando dei pallini neri, alla stregua della raffigurazione astronomica presente nel soffitto della tomba di Seti I (che, invece, aveva adoperato dei pallini rossi) le cui varie dimensioni sono relative alla loro Magnitudo, o coefficiente di luminosità di ogni singolo astro. Le linee verticali, presenti nel disegno di Petrie, rappresentano dei meridiani celesti, contraddistinti da numeri romani progressivi che partono dalla destra dell’osservatore, spostandosi verso sinistra.

    Lungo la linea curva, su cui sono posti dei numeri molto piccoli, troviamo la teoria dei Decani, che segue la numerazione di Brugsch.

    Subito sotto i piedi del gigante "Nekht, troviamo la parola Tank, Serbatoio che, per Petrie, è l’insolita traduzione dell’enigmatico Khent".

    La costellazione dell’Oca ha la peculiarità di essere collocata da Petrie, per una piccola parte, al di sopra dell’Eclittica, e, per la maggior parte, al di sotto.

    Secondo Marshall Clagett¹⁴, che riportava la testimonianza di Peter Le Page Renouf¹⁵, la testa della costellazione dell’Oca corrispondeva ad Hamal, la stella più luminosa dell’odierna costellazione dell’Ariete. D’altro canto, lo stesso Clagett¹⁶ concorda con questa interpretazione, da lui stesso citata, affermando risoluto:

    «Non ho alcuna esitazione a identificare la Alfa dell’Ariete [Hamal] con la Testa dell’Oca [costellazione]. Allo stesso modo identifico "Arit" con Beta di Andromeda [nota come Mirach]».

    Per Josè Lull e Juan Antonio Belmonte¹⁷, invece, "Apd" corrispondeva alle odierne costellazioni del Triangolo e di Perseo, entrambe poste, però, ben al di sopra dell’Eclittica.

    Invece, nel suo Wisdom of the Egyptians Petrie¹⁸ riferisce che:

    «La 7a ora […] occupa la testa dell’Oca e la sua parte posteriore. La testa non può che essere nient’altro che Mirach [Beta di Andromeda]; il resto della figura corrisponde ad altre stelle, mentre i piedi corrispondono a cinque piccole stelle».

    Da segnalare, invece, che Le Page Renouf, come detto, in pieno accordo con Clagett, identificava Mirach con la stella oraria "Aryt", facente parte di un asterisma autonomo, collocata al di sopra della testa della costellazione dell’Oca. Essa era definita da Neugebauer e Parker «stella oraria solitaria».

    Globalmente, per questi autori, la costellazione dell’Oca "Apd" risultava essere un po’ più piccola e posta più in alto di quella disegnata da Petrie, essendo, come suggerito da loro, integralmente posta sopra l’Eclittica.

    Tuttavia, lo stesso Petrie¹⁹, pur avendo affermato di servirsi di una mappa stellare della XVIII Dinastia, adottava, per i Decani egizi da lui considerati, la classificazione astronomica dell’Antico Regno, che abbiamo osservato a p. 142 dell’Astronomische Inschriften di Karl Heinrich Brugsch, dimostrando di apprezzare anch’egli, al pari di Wallis Budge, il certosino lavoro dell’egittologo tedesco:

    Decano 28: "Qednu (il Kod" di Brugsch)

    Decano 29: Figli di Qednu (il "Sa-wy Kod" di Brugsch)

    Decano 30: "Art, Casa"(?)

    Decano 31: Stelle delle Migliaia, le Pleiadi

    Decano 32: "Braccio sopra il supporto di Sahu/Orione", Aldebaran.

    L’archeologo inglese²⁰ aveva peraltro anticipato che, in questa mappa stellare, secondo la sua analisi: «I punti più sicuri sono le Pleiadi al nr. 31 e Aldebaran al nr. 32».

    Infatti, normalmente, gli archeo-astronomi, che si rifanno alle liste Decanali del Medio o del Nuovo Regno, fino al periodo tolemaico, fanno seguire al Decano "Sa-wy Kod, I due figli di Kod, quasi sempre, il Decano Kha-u, Le Migliaia".

    Petrie, invece, in accordo con gli elenchi astronomici dell’Antico Regno che abbiamo trovato a pagina 142 dell’Astronomische Inschriften, pone tra i due, il Decano "Art, come detto, quasi scomparso, in questa posizione celeste, dal Medio Regno in avanti, e trasferito, in tutte le liste Decanali, a ovest (sinistra) di Kha-u".

    Petrie lo traduce con il termine Casa, probabilmente intendendo il senso di Camera, cripta, santuario, inteso come provenienza o origine dei "Neter-u" egizi.

    La concreta traduzione del vocabolo egizio "Art, tuttavia, si disperde in un ventaglio di ipotesi lessicali, al variare del simbolo del suo determinativo. Esse spaziano, così, da animale cornuto, a parte posteriore, coda, a un tipo di oca (gli ultimi due presentano delle analogie proprio con la parte posteriore della costellazione dell’Oca") e altri ancora.

    Inoltre, ecco che cosa scrive, lapidariamente, l’egittologo inglese²¹ come suo commento per questo misterioso Decano nr. 30, "Art: «Casa" o stazione solare; con una grande stella esagonale, Menkar», specificando che le sue informazioni potrebbero provenire da «Decani orari sistematizzati in elenchi da sarcofagi della IX e X Dinastia», appartenenti, cioè, al 1° Periodo Intermedio, subito dopo la fine dell’Antico Regno, ma che, concettualmente, si riferiscono, comunque, a questo periodo storico.

    Petrie, quindi, prende in seria considerazione il misterioso simbolo della stella esagonale (consueta modalità di rappresentare le stelle da parte dei babilonesi) che costituisce il determinativo del Decano "Art. Tuttavia, egli include la stella Menkar, Alfa della Balena, posta molto sotto l’Eclittica, nella parte inferiore della costellazione dell’Oca" (vedi Figura 6).

    Figura 6. A sinistra dettaglio dell’immagine precedente, disegnata da Petrie, che vediamo raffigurato con la sua solita fluente barba nell’immagine di destra.

    Figura 6. A sinistra dettaglio dell’immagine precedente, disegnata da Petrie, che vediamo raffigurato con la sua solita fluente barba nell’immagine di destra.

    Notiamo, all’estrema sinistra, le Iadi, subito sotto la scritta "Sor, Bull (Toro). Poco più a destra, nel riquadro grigio abbiamo la scritta Thousands, che si riferisce a Kha-u, le Migliaia, solitamente intese, dagli egittologi, come le Pleiadi. Vediamo, a destra, la costellazione dell’Oca, con la parola Image, Immagine" al suo interno, a cavallo dell’Eclittica.

    All’apice della gola del volatile celeste, troviamo, invece, la stella Hamal (Alfa dell’Ariete).

    Osserviamo, inoltre, una strana stella a sei punte, vuota al suo interno, posta subito sotto l’Eclittica, in concomitanza del piccolo numero 30, che Petrie collegava al Decano "Art, forse corrispondente, per Brugsch, ai Decani Sa-wy Kod, o Kha-u", nell’elenco dei Decani del Nuovo Regno.

    Questa stella a sei punte era collocata, da Petrie, a sud-est delle Pleiadi, ed è accompagnata da puntini verticali che terminano sopra la stella, posta sulla parte posteriore dell’ala destra dell’Oca celeste, ove è situata Menkar, l’Alfa della Balena, anche se quest’astro dista, sia in base al disegno di Petrie, che alla realtà astronomica, ben 11-12° dall’Eclittica.

    Secondo Petrie, la costellazione egizia dell’Oca corrisponderebbe alla fusione dell’attuale Ariete e di parte di Andromeda (per la parte sopra l’Eclittica) con la parte superiore dell’odierna Balena (per quella, molto più estesa, posta sotto l’Eclittica).

    Il collo e la testa della costellazione dell’Oca, corrisponderebbero, così, secondo gli egittologi, all’odierna costellazione dell’Ariete, ma la restante parte del corpo di questo pennuto celeste, a quale costellazione odierna apparterrebbe?

    Indagando un Atlante celeste in merito a quale costellazione attuale possa interfacciarsi con la parte inferiore della costellazione dell’Oca egizia, disegnata da Petrie nel suo Wisdom…, troviamo che l’unico asterisma che risponda a questa condizione, sia la parte superiore della costellazione della Balena, il "Cetus degli astronomi latini, ove è abitualmente posta la testa" del mostro celeste.

    Se accettiamo questa ipotesi, la stella collocata sulla punta posteriore dell’ala destra della costellazione dell’Oca egizia, corrisponderebbe proprio a Menkar, Alfa della Balena (alias "Menkab) il cui nome, pur mostrando fortuite assonanze fonetiche egizie, deriva il proprio nome dall’arabo Manhar, Narice".

    In effetti, poi, è interessante sottolineare come Angelo Angelini²² identifichi la stella principale del Decano "Kod", proprio con la stella Menkar, la Alfa della Balena, mentre Jeanne Conman²³ include, tra le varie stelle possibili per questo Decano, anche Deneb Kaitos, la Beta della Balena.

    Se, a questo punto, tuttavia, seguiamo il canovaccio interpretativo di Petrie, dobbiamo ammettere che la stella posta sulla punta della coda del volatile celeste egizio, corrisponderebbe, invece, alla stella Mira Ceti, nota, in realtà, come Omicron Ceti, ben conosciuta dagli astronomi moderni per i suoi interessanti, periodici e variabili cambiamenti di luminosità. Tuttavia, osservando nei dettagli la misteriosa stella a sei punte, vuota al suo interno, presente a pagina 142 del testo di Brugsch, e posta vicino alla costellazione dell’Oca, così come essa compare in Flinders Petrie, notiamo un fatto invero strano.

    Tale stella veniva collocata da Petrie, in un luogo celeste, posto a sud-est delle Pleiadi, proprio sotto l’Eclittica.

    Da questa stella a sei punte partono, nel diagramma di Petrie, una serie di micro-puntini, disposti in verticale, che sembrano collegarla, misteriosamente, proprio a Menkar, la stella posta nella punta dell’ala destra del volatile celeste, collocata, tuttavia, molto più in basso nel cielo. Menkar avrebbe, quindi, per Petrie, la funzione di stella titolare del Decano "Art, che ospiterebbe, al suo interno, e in quella particolare posizione celeste, l’enigmatica stella piena" a sei punte.

    Ma sorgono anche altri interrogativi.

    Infatti, nell’intero disegno astronomico delle antiche costellazioni egizie compiuto da Petrie, e che vedremo più avanti, le stelle sono sempre rappresentate, come detto, da puntini neri pieni, di varie dimensioni, proporzionali alla loro luminosità. Non a caso, la stessa stella Menkar non sfugge, per Petrie, a questa regola.

    Invece, in quella particolare zona del cielo, ove l’archeologo britannico pone l’inusuale stella vuota a sei punte, non vi è, attualmente, alcun astro visibile a occhio nudo.

    Non si riesce, inoltre, a comprendere perché l’egittologo inglese abbia collocato questa misteriosa stella a sei punte subito sotto l’Eclittica, a sud-ovest delle Pleiadi, quindi relativamente distante da Menkar, astro che, evidentemente, governava, per Petrie, il Decano "Art".

    Infatti, la stella Menkar, secondo calcoli trigonometrici odierni, disterebbe, invece, circa 11-12 gradi dal punto ove è stata posta, da Petrie, la strana stella a sei punte.

    Sembra di poter dedurre che questa stella piena a sei punte fosse un elemento astronomico, ospitato dal Decano "Art durante l’Antico Regno, ma estraneo al cielo delle stelle fisse, e che, durante il Nuovo Regno, in conseguenza di movimenti inerziali propri, essa si fosse trasferita a ovest di Kha-u".

    Nel soffitto della tomba di Seti I, datata alla XIX Dinastia nel Nuovo Regno, avevamo trovato, infatti, eccezionalmente, l’antico Decano "Art posto tra i Decani Sa-wy Kod e Kha-u".

    Questo Decano proponeva, come proprio determinativo, nella tomba di Seti I, un simbolo floreale a otto punte, che manifestava spiccate somiglianze con un fiore di loto sbocciato, a otto petali, dalle peculiari valenze cosmogoniche.

    Era davvero possibile che Petrie, tramite personali conoscenze inaspettate, ponesse il luogo della potenziale origine dei "Neter-u egizi all’interno del vetusto Decano Art, poi trasferitosi",

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