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Il corvo nero
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E-book327 pagine5 ore

Il corvo nero

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Info su questo ebook

Ho perso così tanto: la mia famiglia, la mia casa, l’orgoglio e la mia identità.
So che è tutta colpa mia, non c’è nessun altro da biasimare.
Ho imparato in fretta che essere il Corvo Bianco non è semplice. I morti sono irrequieti e arrabbiati, e io non ho la minima idea di come fare la banshee. Le persone intorno a me rischiano di farsi del male e, per tenerle al sicuro, devo prendere decisioni dolorose.
Zane Hunter, il terribile ragazzaccio che ha rubato il mio cuore, rende ogni cosa più difficile. Le nostre anime viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda: siamo compatibili, peccato però che io sia fidanzata con suo fratello.
La mia relazione proibita con Zane è complicata. Nel profondo, vorrei fare di più rispetto a quelli che sono i miei doveri, vorrei essere qualcosa di diverso rispetto a ciò che il passato della mia famiglia mi costringe a essere.
Pensavo di non avere altro da perdere, ma... mi sbagliavo.
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2021
ISBN9788855312301
Il corvo nero

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    Anteprima del libro

    Il corvo nero - J.L. Weil

    Capitolo 1

    La vita poteva essere perfetta un giorno e un disastro quello dopo.

    Io ne avevo già avuti più di quanti me ne spettavano. E sospettavo che non fosse ancora finita, era più o meno inevitabile quando eri una banshee.

    Ero un mietitore. Mi ci era voluto del tempo per accettarlo, e persino adesso era difficile credere di non essere del tutto umana, di avere dei poteri. Non ero solo un mietitore qualsiasi, ero l’ultimo Corvo Bianco, e la pressione per il fatto di ricoprire quel ruolo stava aumentando.

    La mia amata mamma era stata uccisa in un attimo. La nonna che avevo appena iniziato ad accettare e capire si era sacrificata per salvarmi. Mio padre era a zonzo per il globo, probabilmente annegando i dispiaceri nell’alcol e spendendo quei pochi soldi che ci erano rimasti. Ma immaginavo che il denaro non sarebbe più stato un problema ora che avevo ereditato una fortuna... o meglio la erediterò il giorno del mio diciottesimo compleanno, che sarà fra due settimane. Avrei però preferito essere povera in canna piuttosto che senza le due donne indispensabili per la vita di una ragazza.

    Incrociando le braccia, guardai fuori dalla finestra che si affacciava sul giardino lussureggiante. Solo che, fin dalla morte di Rose, l’atmosfera a Raven Hollow era precipitata. Avevo la sensazione che l’isola stesse piangendo insieme a me la perdita della sua regina. Il sole non brillava da giorni, i fiori esotici rimanevano chiusi e ritirati, con i petali che appassivano, e le acque erano turbolente, rollando e sibilando in una canzone triste.

    Gli ultimi giorni erano stati un vortice confuso. Rinchiusa a Raven Manor non ero uscita dalla proprietà, evitando il mondo. Ma avevo avuto a malapena cinque minuti da sola. Il resto dell’isola poteva non sapere che l’eccentrica Rose era morta, ma lo staff e la famiglia di Zane sì. Avevano unito le forze per assicurarsi che la mia incolumità non fosse in pericolo. E quello voleva dire più sicurezza, inclusa un’ombra che seguiva più o meno ogni mio passo. Giuro, non potevo nemmeno andare al bagno da sola.

    Tutto quello che volevo erano cinque minuti di pace e di quiete, e ora che li avevo ottenuti desideravo di nuovo il rumore. Almeno, in quel caso, la mia mente non sarebbe andata in cento direzioni diverse e non avrebbe dubitato di tutto.

    Sarei dovuta restare sull’isola? Avrei potuto essere il Corvo Bianco? Sarei stata condannata a un matrimonio senza amore? Avevo dentro di me quello che serviva per compiere il mio destino?

    E poi c’era il mio fratello minore. Per fortuna, TJ passava la maggior parte delle sue giornate chiuso in camera sua, seppellendo il suo dolore nel solo modo che un ragazzo di quindici anni conosceva: nei videogame. Sapevo che era confuso e arrabbiato, e come potevo biasimarlo? C’erano così tante cose che non potevo dirgli per il suo bene.

    Anche con l’intero staff alla villa e gente che andava e veniva, ero sola.

    Sola a fare i conti con la morte, con un potere che non iniziavo nemmeno a capire, un mondo che non potevo comprendere, un pericolo mortale.

    Nessun problema.

    A chi la do a bere?

    A volte ero soltanto io contro il mondo, e non c’erano risposte facili. Le persone facevano affidamento su di me, tre fazioni di mietitori per essere esatti, ma un’enorme parte di me voleva scappare via da tutto. Eppure un’altra parte sapeva che, a prescindere da dove potessi scappare, la morte mi avrebbe seguita. Era la mia maledizione e il mio dono, a seconda del mio umore.

    Il prezzo che pagavo per essere una messaggera di morte.

    Oggi era il giorno che avevo temuto. Il funerale di Rose. Anche Madre Natura doveva temerlo perché il cielo si aprì in un diluvio torrenziale. Contro il parere di quasi tutti, la mia prima decisione esecutiva come Corvo Bianco fu di celebrare un funerale piccolo per Rose. Solo la famiglia e gli amici. Molto intimo. Non solo per me, ma per TJ, che non aveva idea di quanto la sua famiglia fosse seriamente incasinata, fino al midollo, in realtà.

    Zander, il mio futuro marito, era appoggiato sulla soglia, elegante nel suo completo tutto nero. I suoi occhi blu irradiavano una tinta leggermente violetta. «Sei pronta?»

    Ogni volta che pensavo di sposarlo diventavo verde in faccia, tipo adesso. Mi sedetti sul bordo del letto, con le mani riposte ordinatamente in grembo, e sospirai. «Ha importanza?» In quei giorni, poche cose ne avevano. Dire che ero a un punto morto era un eufemismo. I miei desideri e i miei bisogni valevano meno dello sporco sugli stivali di Morte.

    Zander entrò nella stanza e la sua espressione fu ammorbidita dalla luce della lampada. «Per me ne ha.»

    Alzai lo sguardo. Il suo portamento avrebbe fatto andare in estasi la maggior parte delle ragazze, ma io non ero come loro, e lo avevo già dimostrato. «Voglio solo che questo giorno finisca.»

    Era stato deciso che Zander mi dovesse scortare al funerale di Rose. Come molte delle decisioni riguardanti la mia vita, ultimamente, non avevo avuto molta voce in capitolo. Roarke, il padre di Zane e di Zander, che fra l’altro era anche Morte, era più o meno subentrato come mio tutore dal momento che mio padre era convenientemente assente. Roarke credeva che dovessimo creare un precedente fra le fazioni, con effetto immediato. Zander ed io dovevamo essere visti insieme il più possibile. E non si doveva dire una parola sull’assenza di Rose.

    Non sapevo cosa pensare riguardo a tutta questa faccenda. Il mio cervello si era preso una vacanza lasciando che il corpo andasse avanti senza riflettere realmente sul motivo per cui facevo qualcosa.

    «Non devi preoccuparti, sai» disse Zander. «Ci siamo assicurati che l’area sia sicura e io sarò al tuo fianco tutto il tempo.»

    Mi mordicchiai il labbro inferiore. Se Zander fosse stato Zane, avrebbe saputo che la mia apprensione non era solo a causa della mia sicurezza, ma anche per la mia generale avversione per i funerali. «Lo so.»

    Plink. Plink. Plof. La pioggia bombardava il tetto e le vetrate. Mi alzai in piedi e camminai verso lo specchio a figura intera per dare un’ultima occhiata al mio aspetto. La mia pelle era pallida ed enfatizzata dal biondo dei capelli e dalla tonalità scura del mio completo. Il nero stava diventando il mio colore distintivo. Lisciai le pieghe invisibili della mia gonna. I miei grandi occhi, affaticati dalla mancanza di sonno, erano asciutti e sarebbero rimasti così.

    Avevo pianto tutte le lacrime che potevo.

    Mettendomi una fascia in testa, mi sistemai il velo nero di pizzo. Era un tributo a Rose e al suo amore per le cose eleganti. Era stata una donna di classe e oggi avrei cercato di avere una briciola del suo portamento. Con il mento rigido, girai su me stessa afferrando la borsetta dal lucido comò bianco. «Che lo spettacolo abbia inizio.»

    Le labbra di Zander si curvarono in un sorriso piccolo e triste. «Di sicuro sarà il funerale più segreto e sofisticato di tutti i tempi.»

    Quella era Rose. La parola sofisticata non iniziava nemmeno a descriverla. Non conoscevo nessun altro che avesse pianificato il proprio funerale fin nei minimi dettagli, perfino decidendo il colore delle rose. Ero stupita che non avesse scelto un vestito da farmi indossare. Con lei era stato tutto ordinato e fuori dall’ordinario. Era il tipo di persona che pretendeva attenzione e obbedienza. C’era ancora così tanto che non avevo mai avuto la possibilità di imparare su di lei e sul suo mondo, le cose importanti come essere una banshee, come comandare un’intera razza di esseri soprannaturali o impedire agli spettri di distruggere tutto. Non potevo fare a meno di sentirmi defraudata.

    Allo specchio, la mia espressione accigliata si fece più intensa.

    «Pronta?» chiese Zander, allungando la mano.

    Pensavo che nessuno fosse mai pronto per la morte. Quello era il mio secondo funerale in poco più di un anno. «Prontissima» borbottai, dandogli la mano. Mancava il brivido che avevo cominciato ad aspettarmi ogni volta che Zane mi toccava.

    Pregai di non essere condannata a paragonare ogni dettaglio con suo fratello, per il bene di entrambi.

    Zander ci condusse attraverso i lunghi corridoi e giù per le scale serpeggianti fino ad arrivare all’ingresso principale. «L’hai già fatto prima» commentai mentre giravamo l’angolo. Si aggirava per l’enorme casa come un professionista. Io ero stata lì per settimane e non riuscivo ancora a trovare la strada da una parte all’altra senza perdermi.

    «Raven Manor una volta era il centro nevralgico per tutti i mietitori. Zane ed io abbiamo passato molti fine settimana a esplorare ogni centimetro di questo posto.»

    Non riuscii a fare a meno di pensare a quanto dovesse essere stato imbarazzante per Roarke, Ivy e Rose, sapendo che le anime di Rose e Roarke erano perfette insieme. «Grandioso, forse puoi disegnarmi una mappa.»

    Lui scoppiò in una bassa risata. «Ancora meglio, potrei mostrarti tutti i nascondigli che abbiamo trovato.»

    Quello era ciò che avremmo dovuto fare, cominciare a conoscerci. Allora perché ero così riluttante a passare del tempo con Zander? «Sicuro, perché no?»

    Lui afferrò un ombrello nero dal manico lungo appoggiato al muro prima di uscire e aprirlo. Come un vero gentiluomo, aspettò per scortarmi sotto la pioggia. Ero sicura che Zane si sarebbe lanciato in una folle corsa dando per scontato che l’avrei seguito, e onestamente, non mi sarebbe importato bagnarmi un po’.

    Una limousine ci aspettava nel vialetto d’accesso circolare con il motore al minimo, mentre ci trascinavamo fuori dalla casa. Scavalcai una pozzanghera senza riuscirci, schizzandomi dell’acqua sulle gambe nude. Che gioia.

    «Dov’è TJ?» chiesi quando ci infilammo nel sedile posteriore.

    «È nella macchina davanti alla nostra. Mio padre ha pensato che sarebbe stato saggio tenervi separati in caso...»

    In caso io venissi attaccata. «Oh.» Speravo che TJ venisse con noi, il cuscinetto perfetto fra me e Zander.

    Non avevo intenzione di mentire. C’era un imbarazzo che entrambi facevamo finta che non ci fosse e che rendeva il tutto ancora più strano. In un futuro non molto distante, avremmo dovuto parlare, e di qualcosa di più del tempo.

    Ne avevo paura quasi quanto del funerale.

    Non ci dicemmo molto sulla strada per la cerimonia. Io fissavo fuori dal finestrino, tracciando le gocce di pioggia con la punta delle dita, persa nei miei pensieri, a pensare egoisticamente alla mia vita. Lui non sapeva cosa dire e nemmeno io. Eravamo ancora praticamente estranei.

    Quando la macchina si fermò, mi feci mentalmente forza con uno dei miei famosi discorsi incoraggianti alla Piper. Funzionavano raramente, ma questo non mi fermò dal provarci.

    Puoi farcela. Sei praticamente un’esperta di funerali... più che altro perché tutti quelli che ti stanno intorno muoiono, aggiunsi con sarcasmo. Bello, Piper. Non pensarci adesso.

    Volevo sbattere la testa contro la macchina.

    L’autocommiserazione e la psicoanalisi avrebbero dovuto aspettare, perché dovevo essere qualcosa che non ero. Solenne. Un capo. Resiliente.

    Come per miracolo, la pioggia cessò prima che arrivassimo alla commemorazione, e il primo accenno di sole in una settimana fece capolino da dietro le nuvole scure. Mi allungai verso la maniglia, ma la portiera si aprì e io smisi di respirare.

    Zane.

    Alto. Tenebroso. E irritante. Il suo volto era stranamente privo d’espressione e gli occhi erano scuri come globi neri. Si era dato una ripulita, dovevo ammetterlo, anche troppo; era inusuale per lui indossare una camicia grigio scuro e una cravatta.

    Lo mangiai con gli occhi, dimenticando tutto. Dov’ero. Con chi ero. Niente di tutto ciò importava in quei primi secondi in cui i nostri occhi si incontrarono. Il tempo cessò. Poi i rumori attorno a me riaffiorarono in superficie, come se stessi nuotando e fossi appena emersa dall’acqua.

    Improvvisamente, Zander era accanto a Zane ed entrambi i mietitori aspettavano che io scendessi dalla macchina. Allungando una gamba, mi spinsi fuori dall’auto, dando un’occhiata in avanti e vedendo TJ che tirava le sue lunghe e allampanate gambe fuori dal veicolo di fronte al mio.

    Espirai, traendo conforto dalla vista del mio irritante fratellino.

    Poi mi stavo muovendo, un piede davanti all’altro, con i tacchi che affondavano nel suolo molliccio, ma non sentivo niente, se non il corpo intorpidito. Zane e Zander stavano al mio fianco, uno per lato, scortandomi lungo la strada di mattoni.

    «Andrà tutto bene» mi mormorò una voce all’orecchio.

    Il tocco di Zane, la sua mano che sfiorava la parte bassa della mia schiena, mi confortò, alleggerendo un po’ della mia ansia. Non dissi niente, non potevo dire niente. Bastava che fosse lì.

    Presi posto ma non riuscii a distogliere lo sguardo dal suo. Un migliaio di parole non dette tra di noi. Come stai? Quando ti vedrò... da sola? Perché devi essere così bello?

    Avremmo potuto rimanere incantati se Ivy non si fosse interposta tra noi, spezzando il contatto visivo. Morte era al suo fianco, forte, affidabile e autoritario. I capelli neri di Ivy le ricadevano dritti e lucenti lungo la schiena. Mi baciò su entrambe le guance prima di prendermi il volto tra le mani sottili. «Se c’è qualunque cosa che posso fare per te, Piper, non esitare a chiedere. Sei parte della famiglia.»

    Le rivolsi un breve cenno di assenso, un groppo di emozioni in gola.

    Dopo quel momento, mi assicurai di guardare in qualunque direzione tranne quella dove c’era Zane. Riconobbi qualche volto nel piccolo gruppo. Zach e Zoe erano lì. Zach attirò il mio sguardo, facendomi l’occhiolino. Sembrava lo stesso di sempre, come se stesse per combinarne una.

    Le procedure funebri per il Corvo Bianco erano pensate per essere stravaganti. In un certo senso, lei era stata la loro regina e la cerimonia avrebbe dovuto essere adatta a un membro della famiglia reale con un’abbondanza di fiori, musica dal vivo e una processione di un chilometro, non quella semplice e piccola assemblea tenuta in segreto.

    Diedi un’occhiata all’interno del mio polso, dove c’era la prova della mia identità. Un corvo, con le ali spiegate per volare, brillava dolcemente di bianco.

    Il nostro piccolo gruppo si raccolse in un semicerchio nel Cimitero di Raven Hollow. TJ si agitò sulla sedia accanto a me, e lo capivo. Troppi occhi. Troppi ricordi. Troppe vecchie sensazioni che tornavano a galla.

    Osservavo l’ambiente circostante pensando alla mia vita, a tutto tranne che alla morte. Lontano, da entrambi i lati dell’ampio terreno, c’erano due statue giganti di un antico re e regina, senza dubbio monarchi dei mietitori. Le sculture di pietra incombevano vigili, come se stessero proteggendo i morti. Era un pensiero confortante.

    I miei occhi indugiarono a lungo su di esse prima di tornare su Roarke, che stava terminando il suo discorso. Il sole aveva cominciato ad affondare nell’orizzonte, ma il calore del giorno pervadeva ancora l’aria. Fu un tributo breve e dolce e dava sia a TJ sia a me l’opportunità di dire addio. Mi alzai con le gambe tremanti, stringendo una rosa bianca a gambo lungo fra le dita.

    Mi avvicinai alla sua bara, decorata con gioielli e un epitaffio con parole che non capivo. Passai un dito sulla superficie liscia, insicura di me stessa. «Non so cosa sto facendo» sussurrai, sentendomi stupida nel parlare alla sua bara, ma sapevo che lei era lì. Il suo corpo poteva anche non essere più in vita, ma il suo spirito sì e, conoscendo Rose, probabilmente stava ascoltando. O almeno lo speravo. «Ma sono disposta a imparare ora, credo.» Mi mordicchiai il labbro per un momento. «Mi dispiace solo che non abbiamo avuto più tempo, nonna.» Lasciai cadere la singola rosa in cima al luogo del suo riposo, con il petto che si gonfiava mentre lottavo per controllare il caos di emozioni che mi travolgeva.

    Feci un passo indietro.

    Potete immaginare il mio shock quando le statue dietro di me esplosero e frammenti di pietra volarono per aria. Lo sgomento mi invase.

    E poi, si scatenò l’inferno.

    Capitolo 2

    Cristo!

    Non riuscivo a credere ai miei occhi. Le statue erano letteralmente esplose. Fuoco e fiamme si levarono a ondate, dispiegandosi in aria. L’esplosione scosse il suolo e io mi stabilizzai aggrappandomi alla bara di Rose. Per un momento non riuscii a fare altro che guardare, troppo stupefatta per muovermi. Era come essere seduti in prima fila a guardare un film d’azione, solo che il calore delle fiamme scoppiettanti che si alzavano era decisamente reale.

    Poi, la banshee in me prese il sopravvento.

    «Zane!» gridai senza pensare. Il suo nome mi esplose dalle labbra, consapevole che il pericolo era in arrivo.

    Lui mi raggiunse in due soli lunghi passi. «Stai bene?»

    Annuii. «TJ?» chiesi con la preoccupazione che cresceva nella mia voce.

    I suoi occhi si mossero oltre la mia testa e lui fece un semplice cenno d’assenso. «È con Zander. Starà bene.»

    «Spettri?» chiesi, supponendo che le statue non avessero preso fuoco da sole.

    Lui si strappò la cravatta, gettandola per terra. «Dobbiamo andarcene. Ora.» Le sue dita si intrecciarono con decisione alle mie, ma mentre ci faceva girare, un lampo bianco catturò il mio sguardo.

    Sobbalzai contro di lui. Sulla cresta di una collina, in lontananza, si stava affacciando una folla di spiriti tremolanti; le loro forme biancastre si muovevano in maniera irregolare e molto più veloce di quanto io potessi correre.

    «Merda» borbottò Zane. «È ora del piano b.»

    Non sapevo nemmeno che ci fosse ìun piano a. Cercai freneticamente TJ, bisognosa di assicurarmi che fosse al sicuro. Zander lo stava spingendo in una delle limousine accese. Gli occhi di TJ trovarono i miei, nel caos. «Piper!» chiamò. La portiera della macchina era socchiusa, uno dei suoi piedi era dentro.

    Buon Dio. Adesso decideva inaspettatamente di preoccuparsi per me. «Sto bene» urlai. «Sarò proprio dietro di te. Ora sali in macchina.»

    L’indecisione gli attraversò il volto da ragazzino e pensai che avrei dovuto fare la stronza, ma poi il suo sguardo si spostò su Zane accanto a me. Qualsiasi cosa vide, doveva averlo rassicurato perché si infilò nella macchina senza aggiungere un’altra parola.

    Grazie a Dio.

    Mentre la macchina si allontanava, e tutti si agitavano cercando di fuggire, il caos eruppe cercando di scappare. Era un disastro. C’erano forse dieci di noi... e troppi di loro. Le cose erano destinate a sfuggire velocemente al controllo, e panico e terrore si fecero largo dentro di me.

    Esattamente quello che i responsabili di quell’attacco speravano, senza dubbio.

    Il combattente in Zane prese il sopravvento e le vene attorno ai suoi occhi pericolosi si scurirono, allungandosi lungo gli zigomi spigolosi.

    «Qual è il piano b?» squittii.

    «Combattiamo, Principessa. E mandiamo tutti gli stronzi che possiamo dall’altra parte.»

    Gli rivolsi un’occhiata pungente. Zane sapeva che prendere le anime non mi piaceva particolarmente, e non ero nemmeno brava. Non aspiravo ad essere una dura come lui. Volevo solo evitare di morire. Semplice. O così si sarebbe potuto pensare.

    Tre spettri balzarono sulla nostra strada. Zane scattò in avanti, mettendosi sulla linea di fuoco. Si gettò contro due degli spiriti, veloce e letale come lo ricordavo, sparendo nelle ombre solo per riapparire e dare un pugno sulla mascella a uno dei fantasmi. Gli spettri continuarono a muoversi. Il dolore non sembrava essere un problema per i morti. Ma Zane era migliore.

    Si lanciò contro l’altro spirito, il più piccolo, e con un gesto furioso gli avvolse le braccia intorno e lo scagliò a terra. Un potere gelido si riversò nell’aria quando Zane serrò la mano sul petto dello spettro; sapevo cosa stava per succedere. Guardai incantata mentre un’oscurità flessuosa prendeva il sopravvento, risucchiando l’anima dello spirito fino all’ultima goccia. Poi arrivò la luce accecante.

    Girai la testa, schermandomi gli occhi.

    Fuori uno, ne restavano un miliardo.

    Successe tutto molto in fretta.

    Serrando i pugni, feci qualche passo indietro, pronta a difendermi. Una ragazza di qualche anno più giovane di me mi si avvicinò. Aveva una corporatura slanciata e forte e tutto il suo corpo era teso come se fosse pronta a placcarmi. Porca vacca.

    Era difficile dire di che colore avesse avuto i capelli da viva, forse un castano scuro o un rossiccio. Mi sembrò di scorgere degli accenni di un tono ramato nella luce del sole al tramonto. E aveva qualcosa di familiare. Studiai il suo viso prima che cercasse di cavarmi gli occhi.

    «Amber?» tirai a indovinare. Me la ricordavo dalla scuola, era stata in classe con TJ.

    Assottigliò gli occhi, palesemente scontenta che l’avessi riconosciuta. «Non più.» Mi fissò con disprezzo, continuando ad avanzare verso di me con sguardo risoluto. «Quindi sei tu il Corvo Bianco.» Evidentemente, non approvava ciò che aveva trovato.

    «Già, ottengo spesso quella reazione» risposi con sarcasmo.

    I miei occhi sfrecciarono in giro, cercando di trovare una via di fuga o di capire se qualcuno sarebbe venuto a salvarmi. Purtroppo no. Zane stava facendo a pugni con altri due spettri. Quelli che restavano erano impegnati con altri spiriti arrabbiati rimasti in questo mondo. Potevamo anche essere in numero inferiori, ma avevano scelto di autoinvitarsi al funerale sbagliato. Non era stata una mossa furba. Quelle particolari Cornacchie erano i mietitori più forti che conoscevo, con il potere di spedire quegli spettri ostili dall’altra parte.

    Quindi ero sola.

    La gamba di Amber scattò per colpirmi all’altezza del ginocchio, che cedette, spedendomi a terra. Incespicando leggermente, provai ad alzarmi, ma la stronzetta mi afferrò per i capelli e tirò all’indietro. Strillai, ruotando per liberarmi dalla sua stretta ed ero abbastanza sicura che si fosse portata via un bel ciuffo dei miei capelli.

    «Che problema hai?» ringhiai, serrando i denti per ricacciare indietro le lacrime di dolore. Tirare i capelli era una mossa sleale.

    Lei piegò la testa in un modo che non era umanamente possibile. Mi fece venire i brividi «Devi ssschiattare» sibilò con voce roca.

    Così mi è stato detto. Stavo per alzare gli occhi al cielo, ma la zoccola mi placcò con tutto il suo peso, colpendomi come un muro di mattoni. Mi scosse il cervello e, allo stesso tempo, mi avvolse la mano sulla nuca e la ruotò con disinvoltura. Le mie dita volarono d’istinto verso le sue braccia, ma non riuscii a mantenere la presa e un attimo dopo la ragazza mi stava strangolando.

    Dannazione. Non me la stavo cavando troppo bene.

    Non c’era da sorprendersi in realtà, non ero addestrata per spaccare culi.

    Ma sentivo il bisogno interiore di sopravvivere, e i miei istinti presero il sopravvento. Con le braccia che si dimenavano lottai come una furia scatenata, graffiando e artigliandole la faccia senza

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