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La meravigliosa lampada di Paolo Lunare
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E-book91 pagine1 ora

La meravigliosa lampada di Paolo Lunare

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Info su questo ebook

L’omissione è una menzogna oppure no? Quante ne occorrono per non turbare le relazioni che intessiamo con le persone che ci sono più care?
Quella tra Paolo e Petra è una storia di amore e di inganni capace di varcare i limiti temporali che scandiscono ciascuna esistenza.
Spiegarvi come e perché significherebbe privarvi del piacere di confrontarvi con quest’opera che ribadisce la capacità immaginifica di Cristò: un autore che partendo dal realismo magico di Landolfi e Buzzati, libro dopo libro, sta creando un nuovo genere letterario.
LinguaItaliano
Data di uscita19 apr 2021
ISBN9788894845150
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    Anteprima del libro

    La meravigliosa lampada di Paolo Lunare - Cristò

    vederlo.

    Parte prima

    La luce solare

    Paolo

    Il giorno in cui avrebbe sistemato i collegamenti elettrici per l’ultima volta e acceso la sua meravigliosa lampada, Paolo Lunare stava sentendo freddo per la prima volta dopo un’estate lunga e torrida. Era metà ottobre; una notte, per la precisione.

    Il suo garage non aveva mai avuto un condizionatore e, quando, nel pomeriggio, Paolo aveva ripreso a lavorare alla sua lampada, faceva ancora un gran caldo. Si era chiuso in garage in mezze maniche e aveva anche sudato parecchio, poi non aveva fatto più caso alla temperatura. Probabilmente era troppo concentrato sulla giusta sequenza dei numerosi collegamenti elettrici; oppure la temperatura, scendendo, si era resa così godibile da perdere posizioni nella classifica delle priorità sensoriali di Paolo.

    Il freddo arrivò prima come una premonizione, un ricordo lontano dell’epidermide, poi come un leggero brivido.

    Fu per questo che dopo diverse ore tolse le mani dal circuito della lampada. Quando aprì la serranda del garage fu investito da un leggero vento autunnale.

    Vide che fuori era sera, forse già notte.

    Fu felice: che stesse tornando il freddo e che fosse buio. Ma bisognava affrettarsi. Se non avesse finito di completare il nuovo settaggio di collegamenti elettrici prima dell’alba, non avrebbe potuto provare la lampada e avrebbe dovuto aspettare l’indomani sera per sapere se, finalmente, fosse riuscito a trovare il giusto equilibrio per la luce.

    Paolo non era particolarmente esperto di illuminazione e neanche di elettrotecnica; era giusto capace di riparare una presa, rimettere a posto piccoli apparecchi, far funzionare di nuovo vecchie radio. Niente di più. Eppure si era convinto che sarebbe riuscito a inventare una lampada e poi un completo sistema di illuminazione che producessero «la luce del sole così com’è».

    Richiuse la serranda e tornò a lavorare.

    Guardò l’orologio, era l’una; abbassò un poco il volume della radio poggiata su una sedia di vimini al suo fianco. Petra, sua moglie, era sicuramente già andata a letto – così pensò Paolo – vagamente rattristata per la sua assenza, un po’ stizzita per aver constatato che suo marito la faceva addormentare da sola ancora una volta. Forse l’indomani mattina gli avrebbe chiesto: «Ma cosa cazzo fai tutta la notte là sotto?». Lui avrebbe eluso in qualche modo la domanda per non rovinarle la sorpresa. Oppure – considerava Paolo – domani non mi chiederà proprio niente. Magari per lei è indifferente che io ci sia o no. Può darsi che a lei vada bene anche così.

    Il fatto è che Paolo stava lavorando a quella lampada da tre anni perché fosse pronta in tempo per il loro quindicesimo anniversario di matrimonio. Doveva essere il suo regalo e a quel giorno mancava poco più di un mese.

    Si erano sposati in un piovoso mattino di novembre e il riso si era mischiato all’acqua dopo essere scivolato sulle loro teste.

    Non fu un azzardo passionale, ma quasi un gesto dovuto. Si erano fidanzati molti anni prima sui banchi di scuola e non si erano più separati. Un giorno lui le aveva telefonato e le aveva detto «il nonno è morto, ci ha lasciato la casa» e lei gli aveva risposto «allora sposiamoci». Era andata così, semplicemente.

    Entrambi si erano detti che nulla sarebbe cambiato, che dopo tanti anni il loro rapporto poteva considerarsi stabile, maturo; che, anzi, si sarebbe rafforzato adesso che avrebbero potuto vivere finalmente insieme, che tutto quello che avevano sperato per loro si stava avverando; si erano detti che quella casa in cui invecchiare insieme era l’ultimo pezzettino che mancava per rendere completa la loro felicità – che lei non avrebbe potuto avere figli per una questione congenita l’avevano scoperto già da qualche anno e se ne erano fatti una ragione entrambi. La casa, il matrimonio, la vita insieme sarebbero stati sufficienti. Se lo erano promesso diverse volte nell’anno in cui avevano organizzato le nozze.

    A quindici anni di distanza Paolo Lunare era convinto che quelle promesse valessero ancora. Solo che, sempre più di sovente, aveva avuto la sensazione che quella felicità si confondesse con tutto il resto, che fosse diventata sottofondo: una temperatura perfetta, così gradevole da perdere posizione nella classifica delle loro priorità. Se si fermava a riflettere sul suo rapporto con Petra, sapeva di amarla e di essere sereno con lei, ma non faceva più nulla per farglielo capire. E gli sembrava che lei si comportasse nello stesso modo. Lui però le stava costruendo la lampada per renderla felice. Lei stava facendo qualcosa di altrettanto impegnativo per lui?

    Si immaginava Petra addormentarsi stizzita e ignara che la sua assenza era il massimo della presenza che lui potesse offrirle: tre anni di notti dedicate al suo regalo. Ma la felicità di quel regalo avrebbe mai potuto riparare lo strappo di tutte quelle notti da sola? Questo si chiedeva Paolo, o se invece non stesse costruendo quella lampada per convincere se stesso che quella felicità completa che si erano promessi fosse ancora intatta; se non fosse un ingarbugliato espediente per passare qualche ora in solitudine con la magnifica scusa di fare qualcosa di grandioso per lei, per loro.

    Quando molti anni prima Paolo aveva chiamato Petra per avvisarla che il nonno era morto e che, come promessogli da sempre, lui avrebbe ereditato la casa e il garage in via Giovanni Bartolomeo, Petra non gli aveva solo proposto il matrimonio ma aveva anche aggiunto: «Sai che dovremo fare qualcosa per l’orribile illuminazione di quella casa, vero?». Paolo aveva risposto di sì, visto che il tono della domanda non sembrava prevedere la possibilità di altre risposte e si era sforzato di visualizzare mentalmente il problema, ma non riusciva proprio a capire. Poco male – aveva pensato allora – metteremo le luci dove vuole lei.

    Invece nei vari sopralluoghi con gli operai per la ristrutturazione della casa, Petra cambiò idea sulla collocazione e sull’estetica delle plafoniere e dei lampadari diverse volte e soprattutto non fu mai soddisfatta della qualità della luce prodotta dalle lampadine elettriche. Che fosse troppo fredda o

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