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E-book243 pagine3 ore

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Info su questo ebook

Londra, una moderna Babilonia, centro di quel grande impero che giunse, con le sue infinite contraddizioni, a dominare un quarto della superficie delle terre emerse. In questa città due anime, tanto diverse, quanto opposte, stanno per incontrarsi e vivere una nuova realtà destinata a cambiare per sempre la loro esistenza. Rey Foster è un insegnante di liceo senza lavoro alla disperata ricerca di un futuro…. Julian Noah Edrington, è l’ultimo discendente di un casato prestigioso ed è tormentato dal proprio passato. Opportunity è l’inizio della loro storia, dedicata come per molti di noi all’infinita ricerca di noi stessi e di ciò che ci completa.
LinguaItaliano
Data di uscita4 set 2015
ISBN9788893064187
Opportunity

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    Anteprima del libro

    Opportunity - Cristiano Pedrini

    Opportunity

    Capitolo primo

    Un tenue bagliore di luna

    Rey guardò il frigorifero per l’ennesima volta. Era praticamente vuoto con l’unica eccezione di un piatto con alcune fette di formaggio ed un barattolo di salsa rosa. Chissà come c’era finita là dentro. L’ultima volta che lo aveva aperto ci aveva trovato almeno un brik di latte, divenuto poi il suo pranzo. Ma ora? Cenare con salsa rosa e formaggio… Che allegria.

    Richiuse la porta del frigo, voltandosi verso la cucina. Tornò a sedersi al tavolo, continuando a leggere la pagina degli annunci di lavoro. Anche se si trattava dell’edizione del giorno prima, che era riuscito a farsi dare al bar all’angolo della strada, poteva comunque tornargli utile. O almeno, lo sperava. Ormai era senza lavoro da quasi tre mesi e i suoi risparmi erano un felice ricordo. Per fortuna la proprietaria del piccolo appartamento in cui abitava gli aveva concesso una proroga dell’affitto ma non poteva certo rallegrarsi.

    Prese il portafoglio che aveva lasciato sul tavolo e l’aprì, trovandoci solo una banconota da cinque sterline.

    Eccoti qui - mormorò l’uomo passandosi le mani tra i lunghi capelli neri che scendevano disordinatamente sulle spalle. Siete gli ultimi rimasti.

    Tornò alla lettura degli annunci. Certo sarebbe stato contento di trovare un nuovo lavoro, magari come insegnante oppure come precettore, ma non si faceva grosse illusioni. Nelle condizioni in cui si trovava avrebbe detto di sì a qualsiasi cosa. O meglio, a qualcosa che sapeva di poter fare.

    Trascorse quasi un’ora chino sulle pagine del giornale, cerchiando le inserzioni che potevano interessargli. Quando sollevò la testa, fissando il piccolo orologio appeso alla parete, si accorse che erano da poco passate le ventidue.

    Si era fatto tardi e non si sarebbe certo messo a telefonare a quell’ora.

    Non aveva proprio voglia di andarsene a letto e rigirarsi fino al mattino nel tentativo di prendere sonno. Erano giorni che andava avanti così: un interminabile dormiveglia che gli impediva di riposare decentemente. E in fondo pensava fosse comprensibile.

    Forse una passeggiata gli avrebbe conciliato, stavolta, il sonno.

    «Perché non tentare anche questo» pensò, andando verso la porta d’ingresso dell’appartamento. Si infilò il cappotto scuro e prese il cellulare dalla mensola guardandosi nello specchio, proprio sopra di essa. I suoi occhi castani sembravano più stanchi del solito, contrastando con la sua carnagione pallida. Ma cosa poteva aspettarsi; erano giorni che non mangiava in modo adeguato.

    Uscì chiudendo la porta dietro di sé.

    Scendendo le scale deserte del palazzo si ricordò di Raven. Recuperò il cellulare dalla tasca e lesse il messaggio che lui gli aveva mandato due giorni prima.

    Devo parlarti. Ho una proposta che potrebbe risolvere i miei e i tuoi problemi - aveva scritto.

    Conosceva Raven da un po’ di tempo; si erano infatti conosciuti sette mesi prima. Erano entrambi appassionati di antiquariato. All’epoca non perdeva nessuna esposizione che si teneva in città e lo aveva conosciuto proprio ad una di esse, anche se si era convinto, con il tempo, che l’uomo le visitava solo per trarre qualche vantaggio economico.

    Erano diventati ottimi amici, ma a volte gli sfuggiva qualcosa del suo carattere. Era come se in lui vi fosse un lato nascosto che cercava di tenere celato a tutti i costi.

    Anche Raven aveva perso il lavoro. Nonostante fosse un buon consulente finanziario, la crisi del settore non lo aveva risparmiato, lasciandolo dall’oggi al domani in mezzo ad una strada.

    Insomma, si trovavano nelle stesse acque. E di questo non riusciva a capacitarsi. Credeva che quell’uomo, che aveva guadagnato sempre molto più di lui, fosse stato più accorto e previdente. Insomma, che avesse dei fondi d’investimento, risparmi, un qualche salvagente sul quale fare affidamento.

    Invece aveva come l’impressione che fosse diventato più spiantato di lui.

    Liquidò la sua richiesta con un sms dove lo ringraziava, dicendogli che in quei giorni non stava affatto bene e che preferiva restare a casa per riprendersi.

    Forse era troppo sospettoso, ma da quando lo frequentava gli era capitato di vederlo più di una volta, uscirsene fuori con soluzioni all’apparenza facili ed immediate ma non certo prive di controindicazioni. Come quella volta che gli aveva proposto un fondo fiduciario che poi scoprì fosse sì molto remunerativo, ma altrettanto rischioso.

    No. Raven era un amico, ma non certo un buon amico… E questa non era una differenza da poco.

    Senza rendersene conto era già in strada.

    Si incamminò verso il vicolo che costeggiava il palazzo dove viveva, attraversandolo rapidamente.

    Non gli piaceva percorrerlo, soprattutto a quell’ora, ma lo avrebbe condotto più velocemente verso il vicino parco, una delle sue mete preferite.

    Ad un tratto, oltrepassando una fila di bidoni dell’immondizia che emanavano un cattivo odore, senti un leggero gemito.

    Pensò immediatamente ad un piccolo gattino indifeso.

    Si avvicinò a quel luogo maleodorante e sollevandosi sulla punta dei piedi, cercò di guardare oltre.

    C’era qualcosa, una sagoma; ma non era certo quella di un gatto!

    Era rannicchiata, contro la parete di mattoni, e nascosta solo in parte dai bidoni.

    Si approssimò di più, girando attorno ad essi. Finalmente ora poteva vedere bene.

    Davanti ai suoi occhi c’era un ragazzino.

    Superati i primi attimi di esitazione, si chinò su di lui per osservarlo meglio.

    Poteva avere al massimo quindici, sedici anni. Ehi… Ti senti bene? - domandò Rey.

    Lui finalmente aprì gli occhi, lentamente, guardandolo. L’uomo non aveva mai visto degli occhi così incredibilmente freddi. La loro tonalità blu, limpida come quella degli zaffiri, contribuiva a renderli tali. Per molti questo colore era considerato il simbolo della calma, della tranquillità e dell’equilibrio, ma per lui era solo un qualcosa da ammirare all’infinito.

    Il ragazzino richiuse presto gli occhi, tossendo ripetutamente. Non era certo in buone condizioni, pensò Rey.

    Sembrava aver avuto una giornata peggiore della sua; lo si capiva dai vestiti logori e sporchi, anche se sembravano di buon taglio. Sulla sua fronte scendevano disordinatamente dei capelli neri ma con dei riflessi che non riusciva bene a identificare, forse per via della poca luce che c’era nel vicolo, oppure perché erano semplicemente sporchi.

    Anche il suo viso, scarno ed affilato, era provato, ma la sua carnagione candida non era in alcun modo profanata dai piccoli lividi che si vedevano. Credeva di trovarsi davanti ad una maschera di porcellana, più che al viso di una persona in carne ed ossa.

    Rey lo scosse leggermente.

    Il ragazzo cercò di scostarsi mormorando qualcosa di incomprensibile.

    Fece per rialzarsi ma non con il risultato desiderato. Scivolò finendo tra le braccia di Rey.

    Sei un tipetto testardo - osservò.

    Lasciami! Non devi toccarmi! - esclamò il giovane cercando di rimettersi in piedi.

    Ma dove vorresti andare in questo stato?

    Io… io voglio tornare a casa… - sussurrò prima di perdere definitivamente conoscenza.

    Rey si ritrovò il peso morto del ragazzino tra le braccia.

    Lo sorresse, tenendolo in braccio, poi cominciò a guardarsi attorno: il vicolo era deserto.

    Cosa poteva fare?

    Era praticamente dietro casa. Forse avrebbe dovuto portarlo in ospedale, ma che cosa avrebbe raccontato ai medici? Di averlo trovato in mezzo ai rifiuti? Già si immaginava le numerose domande che gli avrebbero fatto.

    Forse era meglio portarlo a casa e prestargli le prime cure. Lo sapeva che questa decisione non era del tutto logica ma…

    Doveva ammettere che quella situazione stuzzicava non poco la sua curiosità. Dopo settimane di noiosa routine e di appiattimento mentale, qualcosa lo aveva reso di nuovo vivo e capace di farlo emozionare.

    E poi c’era il ragazzo… a cui il fato aveva concesso un insolito mix di luci ed ombre; un mix che il corpo rappresentava in modo ricercato e sfacciato; sembrava creato apposta per essere notato da chi aveva attorno.

    Ritornò sui suoi passi, andando verso il condominio. Oltrepassato l’atrio spoglio, salì faticosamente la rampa delle scale fino al quarto piano, dove viveva, dimenticandosi completamente dell’ascensore.

    Cercò le chiavi nella tasca del cappotto. Cosa non facile visto cosa stava portando in braccio, ma dopo qualche sforzo le dita afferrarono il portachiavi.

    Apri la porta ed entrò.

    Adagiò il ragazzo sul letto della camera e andò a prendere la cassetta del pronto soccorso che teneva in cucina. Quando rimise piede nella stanza osservò meglio quel corpo immobile, illuminato dal tenue bagliore della luna, ormai alta in cielo, che lo rischiava.

    Si fece avanti aprendo la cassetta per prestargli le prime cure.

    Capitolo secondo

    Un misterioso piccolo principe

    Rey continuava a rimuginare.

    Si sentiva stranamente a disagio dal momento che stava per curare qualcuno che neppure conosceva. Qualcuno che, a giudicare dal primo approccio, non sembrava gradire alcun tipo di aiuto. Eppure quella fierezza che aveva dimostrato nel reagire, cercando di allontanarlo e di tenerlo a distanza, si era sciolta come neve al sole, restituendogli la dimensione più tipica di un ragazzino della sua età.

    Chissà quale era il suo nome.

    Sicuramente fiero e nobile, coerente con la reazione avuta nel vicolo.

    Forse Edward?

    Oppure Charles…

    George…

    Stranamente gli erano venuti in mente solo nomi di sovrani. Qual è il tuo nome, piccolo principe? - mormorò Rey scostandogli i capelli dal viso. Ma non ci fu alcuna risposta.

    Immerse un panno nella bacinella che si era portato dalla cucina e lo strizzò per bene prima di passarglielo sul viso, ripulendolo con cura.

    Poi passò alle mani, piccole e affusolate.

    Quando le prese nelle sue rimase perplesso. La pelle del palmo, di colore niveo, era morbida come quella di un bambino piccolo. La sensazione che provò al suo contatto fu stranamente rilassante.

    Decise di sbottonargli i polsini della camicia e di sollevare le maniche per poter dare una rinfrescata anche alle braccia ma qualcosa glielo impedì.

    I suoi occhi si soffermarono sui polsi del ragazzo.

    Profondi lividi, simili a striature, erano visibili su entrambi. Qualcuno li aveva stretti con forza, forse con una corda o con qualche altro oggetto, imprimendo su quella pelle così chiara, dei forti toni violacei…

    Altri dubbi si affollarono nella mente dell’uomo, ma su tutti dominava una domanda: chi giaceva nel suo letto?

    Più passava il tempo e più si rafforzava la convinzione che si trattasse di qualcuno di importante.

    Aveva cercato inutilmente un portafoglio o dei documenti che ne potessero rivelarne l’identità, ma la ricerca non aveva dato frutti.

    Avrebbe scoperto qualcosa solo al suo risveglio.

    Per ora doveva solo preoccuparsi di farlo riposare e di rendere la sua permanenza il più confortevole possibile.

    Gli tolse le scarpe appoggiandole sul pavimento e gli sfilò le calze.

    Di nuovo, quando le sue mani sfiorarono i piedi, anch’essi piccoli e ben curati, ebbe modo di notare la delicatezza della pelle che, al contrario del viso e delle mani, era pulita.

    Lo sollevò, tenendogli la schiena dritta per potergli levare la camicia in parte stracciata. Prima una manica, poi l’altra, lasciando che il tessuto gli scivolasse dietro alle spalle.

    Lo distese.

    Ora poteva osservare il torace dove spiccavano i capezzoli minuti e rosei come due gocce di quarzo che risaltavano in quella candida distesa. I suoi muscoli erano solo accennati, rivelatori di una crescita ancora acerba.

    Era davvero un ragazzo questo essere dai tratti così delicati? Per un momento Rey credette di trovarsi di fronte a qualcosa di diverso da un maschio, anche se era evidente una leggera peluria dello stesso colore dei capelli che, partendo dall’ombelico, finiva sotto i pantaloni neri.

    L’uomo rimase immobile per alcuni minuti. Incerto se togliergli anche quelli.

    Perché esitava?

    In fondo era un uomo tale e quale a lui, al di là di quelle fattezze tanto aggraziate quanto insolite.

    Insolite sì, ma attraenti. Non poteva negarlo.

    Ma che stai pensando, stupido! - disse a voce alta picchiandosi un paio di volte il pugno contro la fronte.

    Sbottonò i pantaloni e glieli abbassò fino a toglierli.

    Senza volerlo i suoi occhi finirono immediatamente sui boxer neri del ragazzo, come a volersi sincerare di essere davvero davanti ad un maschio.

    Quando ne ebbe la certezza sospirò profondamente. Quell’ultimo indumento metteva ancor più in risalto la sua carnagione.

    Ecco, sei contento ora? - si disse - Sei di fronte ad un maschio; è un ragazzino, ma è pur sempre un maschio. Questo ragazzino mai visto prima lo stava attirando come una calamita.

    Prese la coperta e la sollevò fino a coprire prima le sue gambe lisce e sottili poi le spalle.

    Ora poteva riposare.

    Ma domani, quando si sarebbe svegliato, cosa poteva preparargli per colazione?

    Formaggio e salsa rosa?

    Prese di nuovo il portafoglio ed estrasse la banconota da cinque sterline.

    Ebbe come la sensazione che il viso della Regina si animasse e gli parlasse: Hai voluto fare l’eroe, caro Rey? Allora vai fino in fondo.

    Già - concluse l’uomo.

    Ora ho anche le allucinazioni - scherzò poi.

    Decise di fare un salto al negozio del vecchio Jang. Era l’unico aperto anche di notte e fortunatamente era solo a cinquecento metri da casa. Non se la sentiva infatti di lasciare solo il ragazzo troppo a lungo.

    Si rimise di nuovo il cappotto ed uscì, chiudendo la porta d’ingresso a chiave.

    Un litro di latte e un pacchetto di biscotti. Al massimo un paio di sterline - pensò a voce alta mentre scendeva le scale. Di nuovo in strada si sentì invadere da un senso di apprensione, causata forse da un sincero sentimento di accudimento. Ero stato figlio unico, non aveva mai avuto nessuno di più piccolo che crescesse con lui.

    Gli sarebbe tanto piaciuto avere un fratello, ma i suoi genitori non erano stati della stessa idea. Forse si erano spaventati con il suo arrivo e non avevano voluto ripetere l’esperienza.

    Entrò nel market del cinese, uno dei primi a stabilirsi nel quartiere. Jang lo aveva conquistato subito con la sua bonarietà e gentilezza. Nonostante i suoi sessantasette anni, gli capitava, a volte, di fare il turno notturno, benché avesse, come aiuto al negozio, i suoi tre figli.

    Quella sera non c’era lui dietro il bancone ma il figlio maggiore, Lau.

    Rey infilò nel cestello il latte, scelse dei biscotti al burro e andò verso la cassa per pagare.

    Lau sollevò il viso per guardarlo da dietro i piccoli occhiali rotondi che indossava quando faceva i conti.

    É tutto? - chiese.

    Ehmm sì… - ripose Rey – anzi no. Ancora una cosa. Non avresti una crema, qualcosa per la pelle arrossata e screpolata? - chiese tradendo un certo disagio.

    Che tipo di pelle? Per le mani.

    Vediamo - disse il cinese osservando attentamente le sue mani - non mi sembrano così brutte.

    La crema non è per me. É per un… Per un mio amico. Capisco. Beh, senza saperne molto di più posso darti questa

    - disse prendendo un tubetto argentato dalla vetrinetta che aveva dietro le spalle.

    É un unguento con gemme di tiglio e ribes nero. Ma non esagerare - gli raccomandò l’orientale.

    E quanto costa?

    Ti farò un prezzo di favore. Solo tre sterline. Tr... tre hai detto?

    Lau annuì sorridendo.

    Ok. La prendo - esclamò Rey.

    Se l’era cavata… Anche se aveva dovuto dire addio alle sua ultima banconota.

    Prese la piccola borsa con la spesa e uscì rapidamente. Sperava che il ragazzino nel frattempo non si fosse svegliato, spaventandosi di trovarsi a casa di uno sconosciuto.

    Per fortuna i suoi timori si rivelarono presto infondati. Quando oltrepassò la porta della camera da letto vide che il suo giovane ospite era ancora nelle braccia di Morfeo.

    Si

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