La lampada magica (eLit): eLit
Di Alice Sharpe
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Info su questo ebook
E se un giorno la dolce Gina Cox entrasse in possesso della chiave per realizzare tutti i suoi desideri? La logica e la razionalità non c'entrano quando si parla d'amore e una semplice lampada acquistata in un mercatino dell'usato si può rivelare ben più di un semplice oggetto d'arredamento, lo dimostra il fatto che il desiderio più recondito di Gina si presenta immediatamente alla sua porta, nei panni del bellissimo, virile e affascinante Alan. Be', come inizio, niente male, e se poi...?
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Anteprima del libro
La lampada magica (eLit) - Alice Sharpe
1
Lauta ricompensa a chi restituirà una vecchia lampada d'ottone stile Aladino, venduta per errore il 15 agosto al mercato delle pulci di Hazelnut Way davanti all'abitazione numero 482. È un caro ricordo di famiglia. Chiunque ne fosse in possesso è pregato di chiamare il 555-1000.
Gina Cox chiuse il giornale e ripensò al giorno di due settimane prima quando lei e Howard Raskeller, che aveva creduto essere l'uomo della sua vita, avevano visitato il mercato delle pulci di Hazelnut Way. Il suo sguardo si posò su una pila di scatole ammucchiate in un angolo del suo nuovo ufficio. Lì da qualche parte doveva essere sepolta proprio la lampada di Aladino citata da quell'annuncio.
Aveva passato settimane alla ricerca di un'idea originale per il rinnovo del ristorante di un suo cliente e quando aveva trovato quella lampada era stata felice di possedere finalmente qualcosa di davvero particolare da proporre.
Tutto il suo progetto sarebbe stato ispirato a una atmosfera orientale e proprio la lampada avrebbe assunto un ruolo fondamentale. Ma adesso sembrava che fosse costretta a rinunciarvi e a restituire proprio l'oggetto più importante di tutto l'arredamento.
«Dannazione!» esclamò passandosi la mano tra i ricci biondo scuro che le ricadevano morbidi sulle spalle.
Aveva ancora un paio di ore libere prima di un incontro con una cliente piuttosto difficile e cercare la lampada in una tale confusione le avrebbe almeno permesso di non pensare a quell'appuntamento.
Comunque si rendeva conto che non era obbligata a restituire qualcosa che ormai era suo e quel pensiero in un certo senso la tranquillizzava. Solo che le parole ricordo di famiglia l'avevano colpita al cuore.
Frugando tra i numerosi scatoloni del recente trasloco finalmente si ritrovò tra le mani la scatola giusta e liberò la lampada dalla carta restando ancora una volta meravigliata della linea aggraziata e del fascino dell'ottone antico. Quando l'aveva intravista tra tutte quelle cianfrusaglie, il suo cuore di arredatrice si era messo a battere forte e lei avrebbe pagato qualsiasi cifra per averla, anche ben più alta dei cinque dollari che le avevano chiesto.
Che un oggetto simile potesse essere un ricordo di famiglia era abbastanza strano. Cercò di immaginare la storia che c'era dietro ripensando all'uomo anziano che glielo aveva venduto. Forse aveva ereditato quella lampada da qualche avo che l'aveva comprata in un viaggio in Oriente per testimoniare la magia di quei luoghi e tutte le avventure che vi aveva vissuto. Forse era stata semplicemente acquistata in un mercatino di quartiere come quello che aveva visitato lei e tutto il resto era stato frutto della sua fervida fantasia.
Comunque fosse, quella lampada era abbastanza importante per qualcuno che, per riaverla, era disposto a offrire addirittura una ricompensa.
Per lei i ricordi di famiglia non erano una questione di poco conto. Figlia di una ragazza madre che l'aveva abbandonata era stata cresciuta dai nonni materni.
Suo nonno era un uomo duro che non voleva più neppure sentire nominare il nome di sua figlia in sua presenza e sua nonna era più dolce per certi versi, ma anche lei non aveva mai voluto parlare del passato.
Di sua madre Gina aveva solo un ricordo, un piccolo cammeo d'argento che per lei aveva un valore inestimabile e che portava sempre al collo. Capiva bene, dunque, l'importanza che hanno i cimeli di famiglia!
Certamente il proprietario del ristorante mediterraneo al quale aveva descritto entusiasta la lampada e la sua idea non sarebbe stato certo contento di sapere che l'aveva dovuta restituire. Ma di questo si sarebbe occupata più tardi.
Compose il numero di telefono che era scritto sul giornale gettando uno sguardo distratto all'orologio. Dannazione! Era già così tardi? Posò la cornetta e contemporaneamente afferrò la borsa infilandovi in fretta e furia la lampada.
L'avrebbe restituita personalmente se l'appuntamento con Ann Dunsberry non fosse durato troppo a lungo.
Tre ore più tardi esausta ma felice di non dovere più incontrare quella donna fino alla settimana dopo, Gina parcheggiò la macchina di fronte al numero 482 di Hazelnut Way.
Era una villetta su due piani circondata da un piccolo giardino, un'abitazione modesta, ma ben più calda e accogliente della sfarzosa residenza dei Dunsberry.
Un grazioso portico in legno abbelliva la facciata e, salendo i pochi gradini che la separavano dalla porta, Gina cercò di immaginare i volti delle persone che vi vivevano. Il simpatico vecchietto che le aveva venduto la lampada doveva avere una moglie dolce che aveva curato ogni angolo e ogni oggetto di quella casa con tutto il suo amore.
Bussò alla porta che era socchiusa e in distanza sentì che una voce la invitava a entrare.
L'interno della casa era proprio come se lo era immaginato se non fosse stato per una bicicletta da corsa appoggiata al muro e per l'enorme quantità di libri e riviste impilati sul tavolo del salotto.
L'aria era addolcita dal profumo di biscotti appena sfornati e nessun'altra essenza sarebbe stata più adatta all'atmosfera così accogliente di quel luogo.
«Sono qui in cucina» urlò una voce dal fondo del corridoio. «Ma non sei in anticipo, dannazione?»
Certo che quel tono e quell'imprecazione non si addicevano a una dolce signora anziana. Pochi attimi dopo, un forte rumore metallico echeggiò nella casa e si interruppe proprio nel momento in cui Gina entrò nella cucina illuminata dal tiepido sole di un tardo pomeriggio settembrino.
Al centro della stanza, in piedi di fronte a un forno aperto, c'era un uomo che indossava un grembiule rosso acceso sul quale c'era scritto: Da' un bacio al cuoco, e per terra davanti a lui una teglia. Sparsa per tutta la stanza c'era una miriade di biscotti ancora caldi, ma completamente frantumati. Solo dopo qualche attimo l'uomo si accorse della presenza di Gina.
I suoi occhi scuri la scrutarono diffidenti e dalla loro profondità trasparivano lampi di rabbia. Gina notò confusamente gli zigomi ampi e i capelli neri che gli ricadevano morbidi sulla fronte, il suo corpo snello e muscoloso, ma non riuscì a distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
Lui continuò a fissarla anche quando chiuse lo sportello del forno e si inchinò per raccogliere la teglia. «Ti prego, dimmi che non sei Naomi Roberts e che non sei venuta per i biscotti per la vendita di beneficenza.»
L'intensità del suo sguardo l'aveva stregata e Gina faticò a interrompere quell'incanto. «No, non sono Naomi Roberts.»
«Grazie a Dio, perché ho qualche difficoltà con il forno, oggi. Comunque, credo davvero che tu non sia Naomi. Ho sentito dire che ha cinque bambini e che è piuttosto grassoccia.»
«Non ho bambini» osservò Gina.
«Ne ero sicuro e poi non sei nemmeno grassoccia.»
Dopo quest'ultima osservazione sentì lo sguardo dell'uomo percorrere tutto il suo corpo e si pentì di non essersi vestita in modo più frivolo e seducente e non così elegante e formale.
«Non dirmi chi sei» la supplicò scherzosamente.
«E perché non dovrei?»
«Perché credo di saperlo» ribatté lui.
Gina controllò la propria borsa. Era perfettamente chiusa e certo nessuno avrebbe potuto indovinare che nascondesse una lampada di Aladino.
«Va bene, ci sto. Allora, chi sono?» chiese divertita.
«Sei l'addetta del Dipartimento d'Igiene incaricata del controllo dei biscotti casalinghi cucinati dagli uomini.»
Gina sogghignò. «Ma come hai fatto a indovinare?»
«Aspetta un attimo. Prima di arrestarmi devi sapere che ci sono delle circostanze attenuanti.»
Un seduttore, ecco cos'era, uno a cui piace incantare la gente. Gina aveva appena avuto a che fare con un uomo di quel tipo e non ne conservava un bel ricordo. D'altro canto si trattava di una conoscenza occasionale.
Se avesse incominciato a paragonare ogni uomo che incontrava a Howard Raskeller, avrebbe trascorso il resto della sua vita evitando il genere maschile. Dopo qualche attimo sorrise. «E quali sarebbero queste circostanze?»
Lui nascose il volto dietro la teglia in modo che lei potesse vedere solo i suoi occhi luccicanti. «Mi sono scottato con questo affare.»
Decise di stare al gioco. «Mi dispiace, ma un cedimento delle attrezzature non ti solleva dalle responsabilità per avere commesso un tale crimine» disse trattenendosi a stento e indicando il pavimento. «Ci sono troppe prove contro di te.»
Lui scosse il capo fissandola divertito. «Sei proprio un osso duro, non riuscirò mai a convincerti della mia innocenza.»
«E come mi spieghi quel Da' un bacio al cuoco?»
«Diciamo che è un invito» disse fissandola intensamente negli occhi. «O forse è solo quello che penso in questo momento.»
Gina sentì un brivido percorrerle il corpo. Proprio come aveva pensato! Quell'uomo era un seduttore nato.
Rivolgendole un'occhiata e un sorriso, lui si inchinò a pulire il pavimento.
«Cosa fai? Cerchi di disfarti delle prove?» domandò Gina incrociando le braccia al petto.
«Quali prove?» Con un gesto deciso gettò i biscotti nella pattumiera e si tolse il grembiule. Su un paio di jeans scoloriti indossava una maglietta di cotone che doveva avere subito qualche lavaggio sbagliato. Ma la tenuta era assolutamente perfetta per mettere in risalto il suo fisico muscoloso e ben proporzionato.
Le cose si complicavano. Oltre a essere un seduttore era anche un tipo assolutamente affascinante. Gina si morse leggermente il labbro inferiore e distolse lo sguardo da lui. «Allora ce l'hai fatta a scamparla?» osservò lei.
«Accidenti, cominciavo a pensare che mi avresti arrestato sul serio. Allora, come ti chiami?»
«Gina Cox.»
«Piacere, Gina, io sono Alan Kincaid. Allora, non te la prendi se ti chiedo come mai sei comparsa nella mia cucina?»
Solo in quel momento le tornò in mente il perché della sua visita. «In realtà sto cercando un uomo più anziano che dovrebbe vivere in questa casa.»
«Allora sei venuta per zio Joe» affermò con una smorfia. «Dannazione, mi ero illuso che volessi proprio me.»
Avrebbe voluto dirgli di smetterla con quell'atteggiamento, perché non sarebbe mai riuscito a fare di lei la sua ennesima conquista. «Vorrei solo dirgli che ho qui la sua lampada d'ottone.»
Alan le si avvicinò e le afferrò meravigliato le braccia. «Tu? Tu sei quella che l'ha comprata?»