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I nostri momenti magici
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E-book320 pagine4 ore

I nostri momenti magici

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Info su questo ebook

«Una storia deliziosa di amore per la vita.»
Ali Mcnamara

Dall’autrice del bestseller La piccola bottega del tè 

Dopo aver affrontato un anno difficile, Claire desidera solo una vacanza rilassante. Ha deciso di concedersi una pausa in un bellissimo cottage al mare, per dedicarsi a scrivere tutto quello che le passa per la testa. Tre settimane di pace sono proprio ciò di cui ha bisogno per dimenticare le preoccupazioni che l’hanno assediata. È determinata a godersi la felicità che si può trovare in ogni piccolo dettaglio. Il suo rassicurante progetto, da vivere in completa solitudine, subisce però un brusco cambiamento quando Claire conosce il nuovo vicino: l’affascinante e silenzioso Ed, dal fisico scultoreo, che lui non esita a mettere in mostra durante le sue nuotate mattutine. Un po’ di romanticismo estivo rischia di mettere a repentaglio i piani di Claire, ma potrebbe anche rivelarsi il segreto per una vacanza indimenticabile...

Una fuga al mare in cerca di solitudine 
Un incontro inaspettato
Un’estate che diventa molto romantica

«Una storia deliziosa di amore per la vita. Mi è venuta voglia di fuggire al mare non appena ho finito il primo capitolo!»
Ali McNamara

«Ho adorato questo libro. Una perfetta fuga dalla realtà.»
The Sun
Caroline Roberts
Vive nel Northumberland, in Inghilterra, un luogo che, con le sue spiagge sabbiose, i castelli e i meravigliosi panorami di campagna, ha ispirato quasi tutte le sue storie. È autrice di numerosi romanzi di successo nel Regno Unito. I nostri momenti magici è il secondo libro arrivato in Italia con la Newton Compton, dopo il grande successo di La piccola bottega del tè.
LinguaItaliano
Data di uscita8 giu 2018
ISBN9788822723710
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    Anteprima del libro

    I nostri momenti magici - Caroline Roberts

    1973

    Titolo originale: My Summer of Magic Moments

    Copyright © Caroline Roberts 2017

    Originally published in the English language by HarperCollins Publishers Ltd.

    Caroline Roberts asserts the moral right to be identified as the author of this work

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Emanuela Alfieri

    Prima edizione ebook: giugno 2018

    © 2018 Newton Compton editori s.r.l, Roma

    ISBN 978-88-227-2371-0

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Caroline Roberts

    I nostri momenti magici

    Indice

    Nota dell’autrice

    Capitolo 1. Una tazza di tè e una vista mozzafiato

    Capitolo 2

    Capitolo 3. Sandaletti di plastica, crema solare, cappelli morbidi e panini con la sabbia

    Capitolo 4. Un bagno caldo con tantissima schiuma

    Capitolo 5. Fish and chips cosparsi di sale e aceto, un cono gelato Flake 99 e una vista sul porto

    Capitolo 6. Ridere sotto la pioggia

    Capitolo 7. Il profumo del pane appena sfornato

    Capitolo 8

    Capitolo 9. Distesi sulla schiena a guardare le nuvole sospinte dal vento

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12. Amicizia

    Capitolo 13. Cocktail, tacchi alti e balli sui tavoli

    Capitolo 14

    Capitolo 15. Un gattino con cui raggomitolarsi

    Capitolo 16

    Capitolo 17. Ballare a piedi nudi sulla sabbia al chiaro di luna

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22. La famiglia

    Capitolo 23. Pigiama, pop-corn, divano, film

    Capitolo 24. Casa nuova, vita nuova

    Capitolo 25. Momenti preziosi con le amiche e un po’ di prosecco

    Capitolo 26. Un abbraccio

    Capitolo 27. Fare qualcosa per aiutare gli altri

    Capitolo 28. La magia di essere vivi

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    Capitolo 31. Sfruttare al massimo ogni giorno, ogni istante

    Capitolo 32

    Epilogo

    Ringraziamenti

    Per Heidi

    Ci sono momenti magici nella vita di tutti i giorni. Dobbiamo solo ritagliarci il tempo di vederli.

    Anonimo

    Nota dell’autrice

    L’ispirazione sui momenti magici, che rappresentano l’idea alla base del libro, è scaturita dal mio desiderio che i personaggi, in special modo Claire, che affronta tante difficoltà, ritrovino la felicità nei piccoli piaceri della vita. Man mano che il romanzo prendeva forma, ho pensato di associare l’idea al mestiere di giornalista di Claire. Mentre scrivevo, ho voluto che la protagonista sperimentasse durante la vacanza non solo i momenti magici percepiti da me, ma anche quelli di altre persone; quei piccoli istanti preziosi che tutti possiamo vivere, ma a volte dimentichiamo di apprezzare. Così ho chiesto ad amici, familiari e colleghi, ho cercato tra le pagine dei giornali e ho persino fatto ricerche su internet per trovare momenti magici di altre persone da inserire nel libro. Le risposte sono state deliziose e spesso molto personali, quindi ringrazio chiunque abbia condiviso con me un suo momento, e mi scuso per non aver potuto inserire tutti i contributi nella storia e nei titoli dei capitoli. Hanno veramente reso il romanzo ancora più speciale.

    Spero che questo libro vi faccia pensare a quali potrebbero essere i vostri momenti magici e vi aiuti ad apprezzarli ancora di più ogni volta che se ne presenterà uno nuovo.

    Caroline

    1

    Una tazza di tè e una vista mozzafiato

    C’era un sottile velo di luce mattutina grigio-rosata sospeso sul mare. I colori le ricordavano l’interno di una conchiglia madreperlacea, tenui e magnifici. Strinse la tazza di tè fra le mani. Ancora una volta in piedi di prima mattina: erano le sei. Capitava regolarmente dopo l’incubo dell’anno prima. La mente e i pensieri passavano dal concitato all’esausto. Aveva creduto che tanto valesse alzarsi e prepararsi la prima tazza di tè della giornata. Almeno lì poteva stare seduta a godersi la vista tranquillizzante del mare.

    Che incubo il viaggio del giorno prima. Si poteva sperare in un inizio migliore per quella che doveva essere una vacanza rilassante. L’auto si era fermata a due strade da casa – ultimamente usava il termine in senso ampio – a Newcastle-upon-Tyne. Aveva dovuto farla rimorchiare in officina dove, dalle espressioni di disappunto degli uomini nelle loro tute da lavoro sporche d’olio e dal modo in cui scuotevano la testa, era risultato chiaro che per sistemarla non sarebbe bastata un’ora, e neppure un giorno, e che probabilmente la riparazione le sarebbe costata una piccola fortuna. Così aveva dovuto prendere la metropolitana fino alla stazione centrale, un treno per Alnmouth e poi spendere un’altra bella somma – venticinque sterline, né più né meno – per raggiungere in taxi l’idilliaco cottage sul mare, che avrebbe dovuto essere da qualche parte vicino a Bamburgh, ma che sembrava trovarsi nel mezzo del nulla.

    L’idilliaco cottage in sé lasciava molto a desiderare. Aprendo la porta con la vernice bianca tutta scrostata Claire si era ritrovata in un ingresso rivestito con ruvida carta da parati beige e sintomatiche macchie di umidità piene di bolle. Poi era passata in cucina, uno sfoggio di semplici credenze bianche in

    MDF

    e fornelli che sembravano reperti archeologici. La sera prima non aveva avuto il coraggio di provarli e si era accontentata del panino comprato sul treno, rimasto intatto, e di una mela che aveva nella borsa.

    Si era seduta sul divano di velours marrone scuro del salotto, fissando un orologio, che si era fermato forse anni prima, posto sulla mensola di un caminetto. Quando l’occhio le era caduto sulla poltrona coordinata con il cuscino della seduta a dir poco sfondato, su un tris di tavolini in legno anni Settanta e infine su un paio di stampe sbiadite alle pareti, si era chiesta dove diavolo fosse finita. Doveva essere una vacanza riposante, un’occasione di relax. E pensare che aveva prenotato il cottage per la bellezza di tre settimane. Era economico, non poteva negarlo, ma non si aspettava qualcosa di tanto spartano.

    Aveva cercato di tirarsi su il morale. La casa era un po’ datata e aveva bisogno di cure, questo sì, ma forse era solo stanca. Dopotutto aveva avuto una giornata esasperante. Aveva deciso di andare a letto presto, così si era infilata sotto una trapunta cucita a mano nella camera matrimoniale al piano superiore e si era detta che al mattino la casa le avrebbe fatto un’impressione migliore.

    Ma il cottage non prometteva bene neanche nella luce delle prime ore di una giornata di giugno! Tutto appariva logoro, consunto, e le finestre e i davanzali sembravano un ammasso di legno marcito. Quel posto cadeva a pezzi e, come se non bastasse, dopo aver cercato invano la caldaia e i caloriferi per mitigare il freddo della mattina, aveva capito che il riscaldamento non era centralizzato. Una tazza di tè era rimasta l’unica possibilità e a quel punto, aveva pensato, poteva anche mettere il naso fuori di casa, prendere una boccata d’aria fresca e godersi la vista del mare. A quanto pareva doveva ritenersi fortunata che il balcone su cui affacciava la camera da letto reggesse ancora.

    D’accordo, Claire Maxwell. Ora basta lamentarsi, vecchiaccia. Sei qui per riposare e ristabilirti. La mente le parlava con una voce da maestrina che assomigliava tanto a quella di sua madre. No, non le avevano dato quasi un mese di ferie perché se ne stesse seduta lì a lagnarsi. Era l’inizio di una nuova vita, che non sapeva dove l’avrebbe portata. Per il momento voleva dire stare seduta su un balcone di legno instabile un venerdì mattina di giugno a guardare il sole sorgere sul Mare del Nord. C’era un senso di pace, un gabbiano solitario scendeva in picchiata dal cielo e una coppia di beccacce di mare bianconere in equilibrio su zampe esili come stuzzicadenti immergevano il becco arancione nell’acqua bassa.

    Una porta sbatté da qualche parte facendo traballare il balcone. Claire strinse la tazza per evitare che si rovesciasse. C’era solo un altro cottage in pietra lì a ridosso della spiaggia, accanto al suo – era stata la posizione isolata a convincerla. Ovviamente l’altro era abitato; dopotutto era estate. Un ragazzo stava uscendo di casa; era probabile che fosse lì con la moglie e una nidiata di bambini chiassosi. Essendo le sei di mattina, il resto della famiglia doveva essere senz’altro sotto le coperte, ma nel giro di un’ora o poco più di sicuro sarebbero stati pronti a distruggere la tranquillità di Claire.

    Fissò l’uomo – non aveva nulla di meglio da fare – uscire dal rettangolo d’erba del suo giardino, che dava direttamente sulla spiaggia. Era alto, con spalle larghe, capelli biondo-rossicci – davvero niente male, in effetti – e indossava sandali infradito, una maglietta bianca e pantaloncini rossi. Sembrava sulla trentina. Fece una corsetta in direzione del mare, fermandosi un paio di metri prima della battigia per sfilarsi i sandali. Poi, con un gesto rapido, si tolse la maglietta scoprendo un magnifico torso tonico e leggermente abbronzato. Guarda guarda, le cose si stavano mettendo bene! Un altro movimento lesto e via i pantaloncini. Wow, niente costume sotto. Il biancore roseo dei glutei sodi e i muscoli della schiena scolpiti la lasciarono senza parole. Lui si piegò leggermente per lasciar cadere i vestiti. Oddio. Claire si chinò in avanti sulla sedia, il cuore le batteva all’impazzata.

    Lui proseguì la sua corsetta verso il mare nudo. Visto da dietro era magnifico, atletico. Wow! Ma era reale? Non è che la sera prima si era scolata troppi bicchieri di vino o qualcosa del genere? Era un’illusione? Un’allucinazione? Se era un sogno, non aveva nessuna voglia di svegliarsi. Strinse la tazza nella mano – era dura, di un color verde vomito e il tè sembrava latte raffreddato. Quello era vero di sicuro.

    Il ragazzo raggiunse le onde che si infrangevano, ci si tuffò in mezzo ed eccolo fluttuare nella schiuma. Lo guardò nuotare verso l’acqua più profonda, meno mossa. Sembrava un nuotatore esperto.

    Cavolo, in quel momento si rese conto che lui avrebbe dovuto rientrare in casa e se la sarebbe trovata di fronte, nudo, con tutte le sue cosette in bella mostra. Forse lei avrebbe dovuto rientrare con discrezione e lasciargli un minimo di privacy.

    E perdersi una vista del genere? Era escluso. No! Non capita tanto spesso di vedere un corpo fantastico come quello. Anzi, quasi mai. Il suo ex di sicuro non aveva un fisico del genere. Ma se l’avesse vista seduta lì a sbavare come una depravata? Sarebbe sembrata un po’ strana, no? Una guardona. Però, a pensarci bene, quando le sarebbe ricapitato di poter dare una sbirciatina a un corpo come quello? Dopotutto era arrivata prima lei. Non si sarebbe messo in bella mostra in quel modo se non avesse voluto che una donna normale dotata di sangue caldo lo guardasse.

    Decise di spostare appena la sdraio nella zona in ombra del balcone – lì era probabile che non l’avrebbe notata – e, sorridendo tra sé, si rimise seduta a guardare la testa di lui che fluttuava come quella di una foca sul pelo dell’acqua. In effetti, a pensarci, non era poi così tranquillo da quelle parti. E, dopo tutto quello che aveva passato, che male c’era se si concedeva il lusso di guardare un maschio forte, sano e piuttosto attraente?

    Il cancro riusciva a farti anche quello – ridimensionare le cose, mostrare quanto potesse essere preziosa la vita, insegnare che bisognava afferrare ogni istante, e specialmente i piccoli momenti magici come la vista di un bell’uomo nudo. E perché no? Sul serio, perché no?

    Così, tenendo ancora in mano quel che restava del tè, si appoggiò allo schienale della sdraio e assorbì tutto: il mare che rumoreggiava e si infrangeva dolcemente, l’odore di sale nell’aria, il richiamo di un gabbiano, il calore dorato del sole di giugno che dava inizio a un altro giorno. E guardò Adone riemergere dalle onde. Prima le spalle, il petto, gli addominali scolpiti, la pancia. Oddio… e dopo cosa si sarebbe visto? Uno… due… e… Caspita, un ciuffo di peli castani. E va bene, l’acqua del Mare del Nord doveva essere piuttosto fredda, eppure il risultato era comunque di tutto rispetto. Niente male, signor Adone.

    Okay, adesso fai la brava, Claire Maxwell – datti un contegno e torna in casa.

    Ma se adesso ti muovi finirà per vederti, si intromise con sfacciataggine il suo alter ego (e stavolta la voce non ricordava di certo quella di sua madre). Si sentì avvampare le guance e il cuore partì al galoppo. E se l’avesse vista? Se si fossero incontrati nei giorni e nelle settimane successive, la cosa sarebbe stata molto imbarazzante. Immaginava già la conversazione: «Salve, sono Claire, la tua vicina per le prossime tre settimane».

    «Ah giusto, ti ho notata mentre divoravi con gli occhi il mio corpo nudo… Sei una guardona abituale?».

    Si appiattì sulla sdraio. Se si fosse alzata in quel momento, era abbastanza sicura che lui avrebbe notato il movimento sul balcone. Meglio stare ferma.

    Lui camminò fino al mucchio di vestiti – un momento, guarda, no, non guardare, respira – si infilò i pantaloncini, la maglietta, i sandali e si scrollò i capelli con un gesto che le fece venire in mente un cane bagnato, poi fece una corsetta verso casa, apparentemente ignaro della sua presenza.

    Claire rimase con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.

    2

    Sono sempre stato deliziato alla prospettiva di un nuovo giorno, un tentativo fresco, un’ulteriore partenza, con forse un po’ di magia in attesa da qualche parte dietro al mattino

    J.B. Priestley

    Come il cottage, che cadeva a pezzi, anche l’impianto dell’acqua calda lasciava molto a desiderare. Era entrata in casa per cominciare la giornata con una bella rinfrescata, ma si era prima scottata e poi congelata a causa di una doccia elettrica preistorica, posizionata su una vasca da bagno verde avocado (più verde dissenteria, in realtà, aveva pensato). L’intera esperienza sembrava essere uscita fuori da un film horror di torture. Aveva dovuto saltare dentro e fuori dall’acqua che colava giù cercando di azzeccare i tempi giusti e farsi lo shampoo si era trasformato in uno scherzo di cattivo gusto – metà della schiuma era ancora lì quando aveva alzato bandiera bianca ed era uscita fuori. Perlomeno non c’erano molti capelli di cui preoccuparsi al momento: i riccioli avevano appena cominciato a ricrescerle con una piega da elfo che, secondo la sorella Sally, le donava – a quanto pareva era un taglio alla maschietta stile Audrey Hepburn. Claire era convinta che Sally cercasse solo di essere gentile.

    Asciugandosi, tamponò con cura la cicatrice increspata che le attraversava il seno sinistro. Non le faceva più molto male; solo ogni tanto un dolorino strano. Ma non le piaceva guardarla. Stava ancora cercando di abituarsi al cambiamento nel suo corpo.

    Andò in camera da letto. Gli arredi erano poco più accettabili di quelli del bagno: un letto matrimoniale in legno di pino con lenzuola bianco-blu in patchwork, un copriletto color crema realizzato all’uncinetto (quello riuscito meglio alla nonna), e una toeletta verniciata di bianco con tanto di specchio – uno svogliato tentativo di eleganza da località di mare (o un tentativo svogliato e basta), che grossomodo funzionava. La cosa migliore della camera era la portafinestra, da cui si accedeva al balcone affacciato sulla distesa di sabbia grigio-dorata con vista sul ruscelletto che serpeggiava accanto ai due cottage arrivando fino alla battigia.

    Claire era seduta sullo sgabello della toeletta davanti allo specchio di pino, con addosso solo la biancheria intima. Era sempre stata piccola di statura, sul metro e sessanta, ma, dopo la malattia, era diventata molto più magra di quanto avrebbe voluto. Si spalmò la crema idratante, applicò un velo di mascara agli occhi castano scuro – era grandioso avere di nuovo le ciglia – e uno strato di lucidalabbra rosa chiaro. Non le era mai piaciuto esagerare con il trucco e, quel giorno, voleva sentire l’aria fresca e il sole sulla pelle. Poi indossò una semplice maglietta rosa chiaro e dei jeans corti.

    Il primo giorno di vacanza la aspettava. Non doveva andare al lavoro né aveva appuntamenti in ospedale. Il mondo e quel folle cottage fatiscente erano il suo guscio d’ostrica. Era decisa ad approfittare al massimo di quel periodo di evasione. Che cosa avrebbe fatto? Decise di andare a piedi lungo la spiaggia fino al paese di Bamburgh. Non doveva essere così lontano.

    Dal giardino fronte spiaggia, un pezzettino di prato trascurato con un tavolo di legno malconcio e quattro sedie, si diresse a sinistra, sulla sabbia. Mentre passeggiava, ripensò alle vacanze dell’infanzia trascorse nella zona con i genitori e la sorella maggiore, tanti anni prima. Era il motivo per cui aveva scelto quel posto – i ricordi felici: sale, sabbia e brividi, coccole negli asciugamani caldi e i deliziosi e grondanti coni gelato Flake 99 del furgoncino di Mr. Whippy, parcheggiato nel posteggio appena sopra le dune.

    Come al solito provò una stretta al cuore. Il suo adorabile papà non c’era più. Era morto cinque anni prima, pace all’anima sua: un infarto l’aveva strappato ai suoi cari a soli sessantadue anni. Le mancava ancora così tanto. Come cambiavano le cose. La sua stessa malattia le aveva stravolto la vita come non avrebbe mai immaginato. Era legata alla mamma e alla sorella; l’avevano sostenuta tanto durante le cure. In effetti, si erano offerte entrambe di accompagnarla in vacanza e tenerle compagnia, ma lei voleva solo starsene per conto suo e prendersi una piccola pausa, così aveva rifiutato in modo educato ma fermo le loro proposte.

    Quando la sabbia cominciò a entrarle nelle scarpe da barca, se le sfilò, assaporando la sensazione dei granelli caldi e soffici sotto i piedi. Il sole si arrampicava in cielo, inondando di luccichii dorati le onde che sciabordavano. Le persone a passeggio con i cani la oltrepassavano, con gli animali che correvano intorno allegri, si rotolavano con palline da tennis, saltavano in acqua e ne uscivano scompigliati e arruffati, per poi scrollarsi di dosso aloni di acqua scintillante. Le sarebbe piaciuto avere un cane. Quando era bambina, a casa, avevano Millie, un labrador affettuoso. Faceva parte della famiglia. Ma Paul, il suo ex, non era mai stato dell’idea di avere animali domestici, preferendo una casa in perfetto ordine. Diamine – come aveva fatto Paul a infilarsi nella sua testa? Metti quei pensieri da parte subito, si disse. Sotterra tutte le ferite che ti ha fatto in una buca enorme nella sabbia.

    Adesso c’era lei. E la sua vita da quel momento in poi. Avanti così. Avrebbe fatto un giro in paese, comprato dei bei prodotti locali, poi sarebbe rientrata, avrebbe preparato un’insalata o qualcosa per pranzo, affettato qualche verdura per la zuppa e, più tardi, si sarebbe goduta un po’ di relax seduta al sole in giardino, leggendo l’ultimo libro che aveva comprato e che, in linea di massima, non le dispiaceva. Sperava che a quel punto la famiglia del cottage accanto non avrebbe fatto la sua rumorosa entrata in scena. Ma no, si rimproverò, non avrebbe fatto la parte della classica vecchia vicina lagnosa. I bambini si sarebbero comportati come tali, e, dopotutto, erano su una spiaggia – che giocassero. Ecco, quella era un’altra cosa per cui Paul non avrebbe fatto i salti di gioia: avere dei bambini. Non era mai stato il momento giusto, o forse, pensò sarcastica, lei non era mai stata la persona giusta. Che bastardo.

    Il giorno si allungava davanti a lei allo stesso modo in cui la spiaggia si stendeva a perdita d’occhio. Era in giro da un po’. Quanto distava di preciso il cottage dal paese? Sapeva che l’imponente castello posizionato sulle dune contrassegnava l’area del villaggio, ma, ora che aveva svoltato nella successiva baia a forma di mezzaluna, non riusciva ancora a vederlo. Maledizione, doveva essere a chilometri di distanza.

    Però lei era lì per rilassarsi, quindi passeggiare sulla spiaggia in una mattina mite di giugno non era niente male. Non aveva fretta. Abbandonare per un po’ la routine, il lavoro, i rituali logoranti della chemio e della radioterapia – tutte queste cose erano una benedizione. Ce l’aveva fatta: era sopravvissuta. E sapeva fin troppo bene che per alcune non era andata in quel modo; al solo pensiero sentì un nodo stringerle la gola: le adorabili signore che, come lei, si sparavano in vena flebo di sostanze chimiche della durata di un’ora, allineate sulle poltrone per chemioterapia, neanche si trovassero in un qualche stravagante salone da parrucchiere, dove rubavano i capelli invece di prendersene cura. Non aveva voglia di sprecare un altro giorno, anche se non sapeva ancora cosa voleva veramente. A parte un po’ di riposo e una piccola pausa, ovviamente.

    Un giorno alla volta, Claire. Goditi il sole sulla pelle. La luce del giorno, l’aria pura. Il calore di un letto accogliente, anche se instabile. Sorseggia una tazza di tè fragrante, un bicchiere di vino bianco bello fresco o un merlot che scalda dentro, guardando il mare. Ah, ancora meglio, guardando un tonico torso maschile. I ricordi della visione del mattino le affiorarono nella mente, facendola sorridere.

    Un corpo maschile. Era da tanto che un uomo non la toccava. Tra lei e il marito le cose avevano cominciato ad andare male già prima del cancro. E, successivamente, il giorno in cui le avevano detto che era fuori pericolo, aveva capito quanto. Non c’era nulla di peggio che essere presi a calci quando si è già a terra. Però quella mattina non se ne parlava proprio di rimuginarci sopra. Quel giorno era fatto per un nuovo inizio, per le speranze inedite e per godersi la vita. Piuttosto avrebbe pensato al nuotatore muscoloso.

    Si fece strada attraverso gli scogli, calpestando a piedi nudi viscide alghe verde lime. I sassi, all’apparenza di un colore nero brillante, a un esame più attento erano screziati di blu e rosso scuro. Le venne in mente quando con la nonna faceva il bagno nelle pozze tra gli scogli e immergeva quei retini da pesca col manico nel tentativo di catturare un gamberetto o un minuscolo pesciolino argentato – quelli però erano veloci, e come si dimenavano, quasi impossibile prenderli. Il gioco teneva lei e la sorella maggiore Sally occupate per ore. La nonna le guardava dalle dune, seduta sul telo, un libro in mano e una scorta enorme di ogni genere di vivande stivata nella borsa frigo. Alloggiavano tutte e quattro – la nonna, la mamma, Sally e lei – stipate in una roulotte lungo la costa – e diventavano cinque quando papà tornava dal lavoro. Fish and chips cosparsi di sale e aceto mangiati dall’involucro di fogli di giornale, mentre se ne stavano seduti sul molo a Seahouses. In quel momento riusciva quasi a sentirne il profumo – forse era solo il sale nell’aria di mare. Sarebbe proprio dovuta andare a farci un giro. Giorni felici! Quando la vita era così semplice.

    Le gambe presero il ritmo. A volte la sabbia era granulosa, ruvida tra le dita, altre era liscia e le prendeva forma sotto i piedi. C’erano anche altre orme: impronte di scarpe, di zampe, minuscole tracce sottili lasciate da un uccello marino, e una leggera brezza frusciava tra l’erba appuntita delle dune. Claire sospirò, si fermò un attimo e inspirò l’aria pura del mare. Era il motivo per cui era lì. Si sentiva bene a respirare, camminare, esistere.

    Svoltò nuovamente e, infine, ecco il castello di Bamburgh svettare in lontananza. Provò un certo sollievo, a dir la verità: anche se la passeggiata era di suo gradimento, iniziava a essere stanca. Dopo la chemio le sue energie non erano ancora tornate ai livelli dei giorni che avevano preceduto la malattia. La sua infermiera oncologica l’aveva avvisata che avrebbe potuto passare un anno prima che tornasse a sentirsi quella di una volta e, al momento, erano passati solo cinque mesi.

    Il castello dominava l’orizzonte, imponente e magnifico, appollaiato

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