Dagli albori di una vita sofferta
Di Luca Nieddu
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La sua vita cambierà all'improvviso quando scoprirà che Lizzy, l'unica persona che fosse veramente stata in grado di amarlo, sparirà nel nulla. Tra misteri e oscurità.
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Anteprima del libro
Dagli albori di una vita sofferta - Luca Nieddu
DAGLI ALBORI DI UNA VITA SOFFERTA
Introduzione
«Prima che i tuoi problemi diventino insormontabili anche per me, dovresti abbandonare questa casa». Furono queste le ultime parole udite da Peter, pronunciate dalla madre a seguito della sua ennesima ricaduta. Parole amare, che dette sulla soglia della porta, pesavano come un macigno sulla sua già debole ed insicura personalità.
Victoria era vedova di un uomo alcolizzato, morto affogato nel vomito dieci anni prima l’aver pronunciato quelle parole. Lo conobbe durante un concerto nel Luglio del ’78 dopo il quale avevano intrapreso una relazione prettamente fisica, che a distanza di un anno e troppe sbronze, era culminata con la nascita di Peter.
Prima di sposarsi, Liam capì di aver sviluppato una dipendenza e decise quindi di intraprendere un programma di disintossicazione. Disintossicazione dall’alcolismo, che come diceva Victoria, non avrebbe fatto crescere il loro bambino nel modo in cui aveva sempre sognato. Ma cosa sarebbe rimasto del sogno? Quale amarezza, quale sofferenza, quale tristezza o trauma era più forte della consapevolezza di una madre, nel sapere che il figlio sarebbe nato, svezzato e cresciuto in un ambiente contaminato, marcio già da prima che venisse innocentemente alla luce?
Al matrimonio dunque, Liam e Victoria stringevano il patto di una vita, si promettevano di amarsi eternamente, di rispettarsi e di sostenersi. Ma se apparentemente tutto era bello e luccicante, sarebbe passato veramente poco tempo, prima che il vero patto che Liam aveva stretto con quel mondo così inadatto alla vita familiare, ai bambini e all’amore, si mostrò per quel che realmente era. Quel mondo, che volente o nolente, esige l’esclusività di tutti quelli che ne prendono parte.
E fu quindi così, il giorno in cui Peter vide la luce per la prima volta, quello in cui Liam ne sentì nuovamente il richiamo. Giorno in cui, Presentatosi in sala parto ubriaco fradicio, non riuscì a trattenere il vomito di fronte alla visione di una donna che dava alla luce un bambino.
Quest’ultimo episodio passato insieme segnò la definitiva rottura, il crollo di un mondo artificioso e fortemente costruito, che rappresentava l’unico universo comprendente la loro vita insieme
Era quindi rimasta definitivamente sola. Sola aveva dato alla luce quell’ammasso di carne ed ossa che si poteva stritolare con due mani, come una noce. E sola l’avrebbe fatto crescere, quasi come se quel giorno, fosse stato solo un anticipazione, di quello che avrebbe dovuto sopportare per il resto della vita.
1.
Peter si svegliò nel divano del piccolo soggiorno, sentendosi solo. Dal giorno in cui la madre l’aveva cacciato da casa era una sensazione alla quale si era abituato, fin troppo forse, tanto che aveva sviluppato una forma di apatia verso chiunque volesse stringere rapporti con lui. Le mura all’interno delle quali si rifugiava non erano soltanto la sua casa, quelle mura erano il suo guscio, come il guscio di una noce.
Tempo prima aveva avuto un breve rapporto con una ragazza molto carina, Lizzy, ma nonostante i suoi sforzi nel cercare di rendere quella relazione duratura e solida, lui come era solito fare e come forse gli era stato tramandato nei geni, mandò tutto all’aria. Non avrebbe mai voluto assomigliare al padre, ma col passare degli anni la figura che di lui si delineava era sempre più simile a quella della persona che per errore l’aveva messo al mondo. Con Lizzy era finita perché l’amore per lei non era tale da sovrastare il suo amore per le droghe, se riusciva ad amare qualcosa al punto tale da entrare in contrasto col suo amore per l’eroina, allora si sentiva in dovere di abbandonarla poco tempo dopo.
Il ragazzo se ne stava ancora lì, sul divano, erano ore che non si alzava e probabilmente diversi giorni che non si faceva una doccia, ma non gli importava un fico secco di tutto questo, non gli importava nulla di quello che avrebbe potuto trovare fuori da quella porta.
Alzandosi, rattrappito dalla testa ai piedi, sussurrò rivolto a se stesso «Che ora sono? Già le 10 e 30, bisogna che mi dia una mossa».
Peter lavorava part-time in un ristorante, dove faceva le pulizie della sala e nei Sabati sera dava una mano ai camerieri. La sera prima c’era stata una festa a tema messicano durante il quale i cuochi avevano preparato cibo piccante e le cameriere, con sombrero in testa e shorts, avevano servito da mangiare e da bere a più di 150 persone. C’era stato un gran casino, e Dio solo sa quanto quella mattina avrebbe dovuto sudare per rimettere tutto in ordine.
Scacciando il gatto, che aveva la cattiva abitudine di dormire nel box doccia, aprì l’acqua calda. Nutriva una sorta di odio per quell’animale, forse perché le era stato regalato da Lizzy, forse perché in fin dei conti non aveva mai amato i felini. In ogni caso non ci aveva certo stretto un legame indissolubile.
Uscendo da casa, una luce abbagliante partorita dallo splendore del sole mattutino, gli accecava la vista. Sforzandosi di focalizzare l’ambiente circostante, intravide così Robert Bob
Stinson, un vecchio oppiomane reduce del Vietnam, suo vicino di casa. Figliolo, non sai cosa ho visto laggiù
gli disse una sera Bob mentre arrostivano carne di maiale in giardino. I fantasmi di quella fottuta guerra mi perseguitano dalla mattina alla sera
aggiungeva sempre.
Raggiungendo la sua vecchia Escort parcheggiata nel viottolo, Peter gli fece un cenno con la mano e lui rispose sollevando il primo spinello acceso della giornata.
Il tragitto dal suo appartamento al ristorante erano due chilometri di strada extra urbana fiancheggiati dallo splendido ambiente naturalistico caratteristico della zona del New England. Ma eravamo davvero nel New England? Non importa, basti a rendere l’idea. Il riff iniziale di Man In The Box venne sputato come un rigurgito dagli altoparlanti della Escort e Peter prese una sigaretta dal pacchetto di Camel, accendendola con la foga di chi, titubante sulle sorti del suo immediato futuro, sta per inalare la sua ultima dose di nicotina.
Si ricordava bene quella canzone, che boccata dopo boccata si contorceva in acidi riff di chitarra e urla strazianti. Aveva più o meno vent’anni quando l’ascoltava in macchina con gli amici. Anni in cui nonostante tutto dominava ancora la spensieratezza. Anni vissuti con ancora un briciolo di fiducia verso il futuro. Adesso non sapeva bene cosa gli trasmettesse quella canzone, ma comunque preferì scacciare quei pensieri, il presente era di per se abbastanza problematico per permettersi il lusso di essere nostalgico riguardo tempi goliardici ormai andati per sempre.
A questo scopo smise di rimuginare su quella canzone e abbassando il volume dello stereo, si concentrò sulle cose da fare in quel momento. Mentre rifletteva gli venne in mente un messaggio di segreteria ricevuto qualche giorno prima, il quale lo avvisava che Lizzy sarebbe passata da lui quel Giovedì per prendere degli oggetti che lei stessa aveva dimenticato a casa sua tempo addietro. Diceva esattamente "Giovedì se non