Autopsia del matrimonio
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Anteprima del libro
Autopsia del matrimonio - Anastasia Carcello
D'AUTORE
ANASTASIA CARCELLO
AUTOPSIA DEL MATRIMONIO
Studio Byblos - editore
Il libro è dedicato a chi per anni ha vissuto
l’infelicità di una vita coniugale,
senza attivare le risorse che possedeva
per raggiungere il giusto equilibrio
e la gioia di vivere.
I racconti sono frutto di fantasia ed ogni riferimento ad eventi o persone è del tutto casuale
IL MIO MATRIMONIO
Il bianco lungo abito che non ho mai avuto.
Il cavaliere dal buon cuore che credevo di avere.
L’amore eterno che promettevo sicura.
L’attesa di una vita serena che non è mai arrivata.
La famiglia unita che sognavo da bimba
Il tradimento intuito trasformato in compagno devoto.
Il rispetto necessario alla vita, di continuo rimosso.
La fede coniugale spogliata di valore, scelta da altri.
La vita mi ha dato il contrario di ciò che cercavo!
Ostacoli da superare, lacrime da nascondere,
solitudine da ingoiare, sorrisi da recitare,
senso di colpa perenne.
La mia missione è compiuta:
fallimento totale, svendita e saldi!!
Prendete tutto, anche i sogni già sognati
e i desideri non realizzati.
Io volo via, mi riprendo la mia libertà
che incautamente avevo ceduto
in nome di un Amore inesistente...
Primo Capitolo
LA FESTA DELLA MAMMA
Uscita di corsa dalla messa delle 11,30, Myria aveva fretta perché doveva ancora comprare i fiori per la suocera, per festeggiare a pranzo, insieme al resto della famiglia di suo marito. Era la festa della mamma e quello era il primo anno che i suoi tre figli mancavano alla ricorrenza. Roberto il maggiore faceva uno stage a Londra, Lorenzo aveva da poco iniziato un percorso Erasmus a Parigi e la piccola Alessia era in gita scolastica in Irlanda, perciò per Myria non era una festa quella ricorrenza, i figli le mancavano tanto.
Si dovevano, tuttavia, rispettare le consuetudini di famiglia: pranzo dai vecchi suoceri, che malgrado gli ottanta anni suonati si ostinavano a fare i ragazzini, litigando per ogni sciocchezza e brontolando se il cibo era poco cotto o troppo salato o semplicemente poco gradito.
Il dolce, torta alla crema e cioccolato, come al solito era preparato dalla cognata, anche se negli ultimi anni lo comprava in pasticceria, perché non aveva tempo né voglia di stare ai fornelli.
Myria, invece, era addetta al pranzo con menù fisso: classica pasta a forno con le polpettine, rosbif e patate e macedonia o in alternativa fragole al limone. Preparava sempre in anticipo tutto ciò che doveva portare a casa dei suoceri, incapaci ormai di provvedere al proprio sostentamento; riuscivano per fortuna ad essere autonomi per la colazione, fatta di latte e biscotti, spesso consumati anche a cena, quando restavano da soli davanti alla televisione.
Il marito di Myria, Tommaso, era rimasto a lavorare al PC, sempre in arretrato sulle consegne dei progetti di ristrutturazione, quell’anno particolarmente numerosi. In città si era diffusa la voce tra la gente altolocata che l’architetto, tornato da New York dove aveva fatto uno stage di due anni, era proprio bravo, aveva idee moderne ed innovative e non era neppure troppo costoso.
Tutti facevano a gara per averlo amico, invitandolo a cerimonie ufficiali o in privato insieme ad amici comuni, con l’intento di conoscerlo meglio ed informarsi direttamente da lui su che tipo di ristrutturazioni facesse, dove avesse lavorato prima di andare all’estero e tante altre domante sulla sua professione.
In realtà la curiosità della gente era ancora più ampia, le persone indagavano sul suo stato civile: era sposato? separato o divorziato? visto che non era accompagnato dalla signora agli inviti ufficiali. Lui non amava parlare della consorte, era evasivo, tuttavia parlava molto volentieri dei tre figli, al momento lontani per motivi di lavoro o di studio. Tommaso, particolarmente galante, aveva molto successo con le donne, non solo giovani ma anche ultraquarantenni, se ben tenute. Non era infrequente che con alcune di esse intrecciasse in breve tempo una storia d’amore e sesso più o meno lunga, spesso difficile da tenere nascosta in una piccola città, dove si conoscevano quasi tutti e spettegolavano volentieri.
Come di consueto, sua moglie era all’oscuro delle avventure amorose del momento, ma conosceva bene la dipendenza sessuale
di suo marito, che come qualsiasi altra dipendenza umana, poteva andare fuori controllo dalla volontà. Diventava per lui una sfida, quasi una necessità, conquistare la preda di turno, fare sfoggio delle sue capacità non solo professionali e portarsela a letto era poi inevitabile.
Alcuni personaggi del cinema affetti dal suddetto disturbo, detto anche sex addiction
, si liberavano da questa dipendenza ricoverandosi in cliniche specializzate, per salvare il matrimonio o il lavoro, entrambi a rischio quando si trasformava in ossessione.
Tale attitudine di Tommaso in qualche circostanza aveva fatto infuriare il marito della signora conquistata, mettendo a dura prova l’unità di entrambe le famiglie, se la relazione fosse divenuta di dominio pubblico.
La coppia, ormai rodata da ventisei anni di matrimonio e cinque di fidanzamento, allenata ad affrontare ogni pericolo che minasse la stabilità del matrimonio, rispettava quasi tutte le tradizioni familiari e le insegnava ai figli.
Questi ultimi, ignari del comportamento paterno, credevano che tutte le famiglie unite fossero come quella in cui vivevano, benché spesso un banale diverbio si trasformasse in una vera lite furiosa tra i due genitori, in cui entrambi si rinfacciavano comportamenti inopportuni.
Myria quella fatidica mattina corse fuori dalla Chiesa, senza partecipare al canto finale, come faceva di solito, scese per il pendio che precedeva la strada principale giungendo presto al passaggio pedonale più vicino. Si accorse tardi che arrivava verso di lei una macchina di media cilindrata, a velocità sostenuta, ma pensò tranquilla Sono sulle strisce pedonali e si fermerà
.
Nell’arco di un secondo si accorse non solo che il guidatore continuava ad avanzare come se non la vedesse, ma nell’istante che accelerò il passo per evitare l’urto, si trovò bruscamente sul cofano della macchina e quindi seduta sull’asfalto, dove era atterrata con violenza, battendo il sedere e principalmente il tallone sinistro. Si toccò subito la schiena, vertebra dopo vertebra, mosse la colonna piano, provò senza riuscirci a rialzarsi poi si girò a guardare il giovane guidatore, che intanto si era fermato e sceso dalla vettura.
La donna più impaurita che indolenzita gli disse con tono pacato Non hai visto che stavo attraversando sulle strisce pedonali?
e di rimando, arrabbiato, il ragazzo neo-patentato le rispose: E lei non mi ha visto? Perché non si è fermata invece di continuare a camminare?
ma poi vedendo la faccia sofferente di Myria aggiunse : Potrebbe essere mia madre!
Appunto bisogna stare più attenti, perché dopo i cinquanta anni si è più lenti
rispose Myria con la voce tremante per lo choc.
Nel frattempo la signora Gina, vicina di casa, anche lei uscita da messa, le si avvicinò per chiedere come stava e aiutandola a tirarsi su, la face appoggiare al suo braccio fino a raggiungere la panchina, sul marciapiede, per farla sedere. Altre persone curiose si avvicinarono domandando se fosse il caso di chiamare un’ambulanza per portare la donna investita in ospedale, ma Myria, pallida e ancora in preda allo choc, aveva un solo bisogno: tornare a casa e sdraiarsi sul suo letto, per affogare nel pianto la paura della morte che le era passata vicina sfiorandola.
Prese solo le generalità dell’autista imbranato, compreso il numero di telefono per le pratiche burocratiche dell’assicurazione e poi zoppicando al braccio della sua vicina se ne andò a casa in silenzio.
Si trattava di fare solo duecento metri di strada e non vedeva l’ora di abbracciare suo marito che l‘aspettava per andare dai suoi a pranzo, e lei purtroppo non era riuscita ad andare a prendere i fiori per la suocera...
Tommaso aprì la porta alla vicina che aveva suonato il campanello e si sorprese nel vedere sua moglie bianca come un cencio al braccio di Gina che la sosteneva.
Sentite le spiegazioni, congedò in fretta la vicina di casa ringraziandola e appena chiuse la porta cominciò a sgridare quella sciocca di sua moglie: Cosa sei venuta a fare a casa? Dovevi andare al pronto soccorso con l’ambulanza! Cavoli sei un’imbranata, lo capisci che l‘assicurazione così non ti darà un euro? E poi io che ti faccio se ti sei rotta il piede?
La povera Myria scoppiò in un pianto inconsolabile, non sapeva che dire a quel marito che se ne fregava altamente della paura di morire che aveva appena sperimentato e del suo stato d’animo, senza considerare il dolore al piede che diventava sempre più forte.
Come al solito era interessato ai soldi, altro che amore per la vita salva, pensava al denaro che avrebbe potuto perdere, se non fosse subito andata in pronto soccorso e farsi vedere in urgenza.
Riuscì solo a dire: Per te era meglio se fossi morta allora, così il premio assicurativo sarebbe stato duplice, quello dell’assicurazione del guidatore e quello della mia assicurazione sulla vita. Scusami se ti ho fatto perdere tanti soldi!
concluse con una punta di sarcasmo.
Non riuscì più a dire niente, il suo pensiero si fissò su un unico tema: Quest’uomo non mi ama più e non da adesso! Perché sono ancora con lui? Perché non vado via? Dov’è finito il mio coraggio?
Lo osservava di traverso e notava soltanto adesso la cattiveria nei suoi occhi, la noia di quella vita insieme da anni, ormai senza gioia né dolore.
Quel matrimonio divenuto senza senso, se non fosse per i figli, che appena potevano stavano a debita distanza da loro, per non respirare quell’aria pesante di casa, pronta ad esplodere per le cariche elettriche nate dall’ironia e dallo scherno, per le offese bilaterali lanciate a cannonate, per l’indifferenza pungente e per il disprezzo manifesto di un coniuge verso l’altro. Era sempre Tommaso ad iniziare la discussione ma Myria gli andava dietro per difendersi, diceva, ma poi si metteva allo stesso livello, trascendendo ed era soddisfatta alla fine di dirgli in faccia quello che pensava di lui. E non erano complimenti!
Si alzò dal divano zoppicando, prese del ghiaccio dal freezer, lo avvolse in uno strofinaccio trovato al momento in cucina, se lo pose sul tallone dove il dolore era più forte e si stese nuovamente sul divano. Stettero quasi un quarto d’ora