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Non posso dimenticare
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E-book150 pagine2 ore

Non posso dimenticare

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Info su questo ebook

I suoi genitori l'hanno sempre considerata una selvaggia ribelle, Joel, il cognato, l'ha sempre giudicata una ragazza di facili costumi così Lissa, profondamente segnata da un episodio accaduto quando aveva solo quindici anni, è riuscita solo in parte a superare i complessi dell'adolescenza. Ora, per ridare una famiglia alle due nipotine rimaste orfane in seguito a un disastro aereo, deve rincontrare Joel e la cosa la turba non poco. Figurarsi la sua sorpresa quando lui, per il bene delle bimbe, le propone il matrimonio! Lissa, che intravede la possibilità di vendicarsi per tutto quello che ha sofferto, accetta: vuole vedere Joel intrappolato in un'unione senza amore, senza passione...
LinguaItaliano
Data di uscita15 mag 2016
ISBN9788858949870
Non posso dimenticare
Autore

Penny Jordan

Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.

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    Anteprima del libro

    Non posso dimenticare - Penny Jordan

    successivo.

    1

    La stanza era molto scura, piena di fumo e di gente. Vedeva intorno a sé volti sconosciuti, alcuni dei quali atteggiati in una smorfia minacciosa. Il panico la sommerse, a ondate. Avrebbe voluto voltarsi e fuggire, ma per qualche ragione misteriosa i suoi piedi restavano incollati al pavimento. L'aria era colma di suoni e profumi mai sentiti prima. Fu presa dalla disperazione: mai e poi mai sarebbe riuscita a fuggire da quel luogo di tormenti. All'improvviso, come per miracolo, una porta si aprì e la luce invase la stanza. Un uomo apparve sulla porta a braccia aperte come per invitarla a correre verso di lui, il viso nell'ombra. Pur senza vederne i lineamenti, capì di chi si trattava e le sue labbra si dischiusero in un grido gioioso mentre andava a rifugiarsi tra le sue braccia.

    Papà... Lo chiamò una... due volte, ma il sollievo si tramutò in orrore quando l'uomo si fece avanti e lei vide, terrorizzata, che non era suo padre bensì uno sconosciuto dal volto arcigno e tenebroso: ebbe la vaga sensazione di averlo già incontrato, chissà dove, chissà quando. Urlò e il suono della sua voce, piena di dolore e di terrore, la fece uscire d'un balzo dal mondo irreale di quell'incubo per riportarla alla realtà.

    Il suo incubo! Lissa fu scossa da un brivido mentre si passava le dita tremanti sulla pelle madida di sudore. Da anni ormai la tormentava... da quando cioè aveva rotto con i suoi ed era venuta a vivere a Londra. Sospirando, diede un'occhiata all'orologio: le sei e mezzo... Inutile tentare di riaddormentarsi. Tra circa un'ora si sarebbe dovuta alzare comunque.

    Attraversò a passi incerti la camera da letto ed entrò in cucina dove si diede da fare con la caffettiera. La fragranza del caffè lenì i suoi nervi scossi e, circondando con le mani il bricco caldo, lasciò che il tepore penetrasse nelle sue dita gelate. Era gennaio e il riscaldamento centrale, a quell'ora, non era ancora acceso. Tremando nella camicia da notte leggera ritornò in camera e si lasciò scivolare sotto il piumone, rannicchiandosi nel tepore confortevole. Amanda avrebbe riso a questo punto e avrebbe detto qualche frase sciocca, del tipo: il miglior modo di stare caldi a letto è di dividerlo con un uomo. Tutti ridevano quando lei parlava così. Aveva un modo così innocente di dire le cose, anche le più pesanti, che tutto diventava accettabile. Anche dopo alcuni anni di matrimonio e due figlie, Amanda sembrava ancora una ragazzina, con la zazzera di riccioli biondi e gli occhioni azzurri. Ora non c'era più. Un brivido di pena mista a un senso di colpa la percorse. Mio Dio, ancora non riusciva a crederci! Non era vero che aveva ricevuto quella telefonata a mezzanotte, tre giorni prima... che sua sorella, suo cognato e i rispettivi genitori erano morti quando un terribile uragano si era abbattuto sull'aereo che suo cognato stava pilotando. Non poteva essere vero.

    Non aveva visto spesso sua sorella dopo il suo matrimonio e neppure i genitori, del resto. C'erano state naturalmente le visite di cortesia, ma si era sempre creata un'atmosfera di disagio tra loro. Lei sapeva bene che i suoi genitori non avevano mai dimenticato, che non l'avevano perdonata per quanto aveva fatto. Col cuore a pezzi lei aveva tentato di protestare, di dichiarare la propria innocenza. Non le avevano creduto. Le lacrime cominciarono a scorrerle lungo le guance.

    Sto piangendo per mia sorella o per me stessa?, si chiese cinicamente. Non era mai stata particolarmente legata ad Amanda, maggiore di lei di quattro anni. Da ragazzina le era capitato spesso di pensare che delle fate buone dovevano aver vegliato la culla di sua sorella dandole in dono una vita felice, mentre per lei qualche spirito maligno aveva progettato una vita piena d'affanni.

    C'erano voluti anni di impietosa autoanalisi per capire che non aveva nulla da rimproverarsi; non era tutto negativo quello che aveva scoperto dentro di sé, anche se aveva considerato come segno di una inadeguatezza senza speranza il fatto di non essere lo specchio delle virtù di sua sorella. Era una cosa stupida lasciarsi ossessionare da questo incubo, dopo tanto tempo. Perché ritornava ancora? Perché, perché? È proprio necessario che mi ponga tante domande?, si chiese Lissa prendendosi in giro. No, naturalmente! Sapeva perfettamente che il sogno del party di quella famosa notte di tanti anni prima era ritornato, questa volta, perché Joel Hargreaves, il cognato di sua sorella, che aveva avuto tanto peso in quella vecchia storia, era diventato cotutore, insieme a lei, delle due bimbe che l'incidente aveva reso orfane.

    Quando aveva ricevuto la telefonata del notaio di Amanda e di suo marito John e si era precipitata a parlare con lui, chiedendo un permesso dall'ufficio, aveva stentato a crederci. Era rimasta esterrefatta nel sentire del tragico incidente di Miami dove Amanda e John erano in visita dai genitori di lui. Se Joel non avesse trattenuto con sé le bambine per quel fine settimana, anche loro sarebbero morte.

    Un brivido profondo la scosse di nuovo. Non sapeva che Amanda l'aveva nominata cotutrice delle bambine. Era stato il notaio a informarla. Strinse le labbra al ricordo delle parole caute, scelte con cura, del notaio, all'espressione fredda e sorpresa del suo volto quando gli aveva detto che non si sarebbe sottratta a una simile responsabilità. Lui aveva tossicchiato mostrando un lieve imbarazzo e aveva aggiunto che il signor Hargreaves... il signor Joel Hargreaves, lui in persona, aveva lasciato intendere che lei avrebbe rinunciato ad assumersi un compito così gravoso.

    Lissa, che conosceva Joel e il suo modo di pensare meglio del signor Lawson, si era sentita ribollire dentro: certamente Joel non aveva inteso dire che lei si sarebbe rifiutata di occuparsi delle bambine, ma che la considerava indegna di un compito così delicato.

    Lei invece voleva assumersi la sua parte di responsabilità, lo doveva a sua sorella e ai genitori, per non parlare delle piccole, Emma e Louise. Tuttavia c'era dell'altro, doveva ammetterlo: le bruciava ancora l'ingiustizia subita, sentiva il bisogno di dimostrare a Joel Hargreaves quanto fosse ingiustificato il suo giudizio su di lei, di provare a lui e a tutti quanti lo credevano infallibile che anche il grande Joel Hargreaves poteva prendere delle cantonate! Ecco perché quel sogno era ricomparso, riportandole alla memoria quella dolorosa vicenda. Non era mai riuscita a dimenticare l'umiliazione subita di fronte a lui.

    Sorbì il caffè imponendosi di scacciare il ricordo del passato. Aveva imparato a ignorarlo, anche se non era possibile eliminarlo. Se non poteva metterci una pietra sopra, poteva almeno evitare di ritornarci ossessivamente!

    Quando era venuta a vivere a Londra, aveva deciso di lottare con ogni mezzo contro il senso di inferiorità che l'aveva bloccata fino a quel momento. Si era trovata un buon impiego, che le piaceva molto, come segretaria privata di un architetto di grande avvenire, Simon Greaves. Si era comperata un piccolo appartamento, un monolocale, facendo un mutuo che a volte le sembrava estremamente oneroso. Possedeva l'automobile, si faceva le sue brave vacanze, aveva una cerchia di amici simpatici, non le mancavano gli appuntamenti. Tutto sommato, la sua vita era piacevole e aveva un discreto successo. Era uscita dall'ombra della sorella o almeno così le pareva... Ma si può veramente guarire dai traumi dell'adolescenza? Non era forse vero che in qualche intimo recesso della sua coscienza lei si considerava ancora indegna e inferiore e giudicava se stessa attraverso gli occhi dei suoi genitori che l'avevano condannata semplicemente perché non era la copia conforme di Amanda?

    Ora doveva smetterla con queste considerazioni! Gettò da parte il piumone e andò in bagno. L'aspettava una mattinata molto intensa e un incontro con il notaio dei genitori. Lo aveva già visto un paio di volte e non si era molto meravigliata di venire a sapere che i genitori, nonostante lo stile di vita, non disponevano di un gran patrimonio. Recentemente la casa era stata ipotecata per assicurare loro un'entrata annuale che naturalmente cessava al momento della loro morte. Tuttavia non era per discutere lo scarso patrimonio dei suoi che Lissa aveva sollecitato un nuovo incontro ma piuttosto per studiare la sua posizione legale nei confronti delle nipoti. Non occorreva un sesto senso per capire che Joel Hargreaves avrebbe fatto di tutto per toglierle la tutela delle due bambine. Tuttavia Amanda aveva espresso chiaramente il suo desiderio con un atto di fiducia e di amore che lei intendeva ricambiare.

    Nonostante la predilezione dei genitori per Amanda, i rapporti tra le due sorelle erano sempre stati buoni; pur senza essere particolarmente legate, si erano volute bene. Lissa non ricordava di aver mai visto Amanda arrabbiata con lei. Basta! Basta pensare a tutto ciò!, si ripeté, ma era più facile dirlo che farlo. A quindici anni era stata così innocente... così ingenua e fiduciosa. Invece l'avevano giudicata sregolata e selvaggia e le cicatrici provocate da quel giudizio ancora dolevano.

    Fece la doccia e si asciugò energicamente indirizzando boccacce alla sua criniera bruno rossiccia e al suo corpo snello riflesso nello specchio. Amanda, piccola e rotondetta, sprizzava femminilità, mentre lei da adolescente era stata talmente goffa e sgraziata da sembrare un maschio. Ora, quando Simon lodava la sua eleganza e la sua classe, era tentata di respingere i complimenti e di fargli capire che l'eleganza era il solo modo possibile per nascondere i propri difetti. Non trovava niente di particolare nella sua altezza o nell'ovale classico del viso. I capelli, che portava lunghi, erano forse la cosa più bella che avesse, tuttavia non erano biondi, così come gli occhi non erano azzurri ma di un colore indefinibile, tra il nocciola e il verde. D'altra parte si era resa conto da tanto tempo che non poteva essere una seconda Amanda, ma era semplicemente Lissa, con tutti i suoi difetti e le sue qualità. Sospirando, cominciò a truccarsi con mano esperta. Appena arrivata a Londra, aveva investito del denaro in un corso di maquillage che le aveva insegnato a valorizzare le proprie caratteristiche e a diventare un tipo e non più l'ombra della sorella. Tuttavia pochi intuivano che il suo atteggiamento freddo e distaccato nascondeva un'insicurezza di fondo. Neppure Simon che era il suo boyfriend, oltre che il suo datore di lavoro, capiva veramente che cosa si celasse nel suo intimo.

    Da diciotto mesi lavorava per Simon e da sei avevano cominciato a uscire insieme. Simon le piaceva. Lo ammirava anche. Era un uomo attraente, alto e biondo, con un sorriso aperto e uno charme innato, ma quando aveva cercato di rendere più intimo il loro rapporto, lei si era tirata indietro. Capiva che la sua freddezza sessuale lo feriva, ma come poteva spiegargli che ogni volta che stava per permettere a un uomo, a qualsiasi uomo, di toccarla, si vedeva davanti Joel Hargreaves in atteggiamento di profondo disprezzo? E questa immagine era così potente da spegnere sul nascere qualsiasi desiderio fisico. Joel, assunto a guardiano della sua moralità, esercitava sulla sua capacità di risposta sessuale un veto più potente del più severo dei genitori. Tutto ciò era talmente ridicolo! A Joel non importava nulla di lei e della sua vita. Lei a ventitré anni era in grado di decidere di se stessa. Era stupido essere ancora vergine. Avrebbe voluto liberarsi di quel peso, ma ogni volta che incontrava un uomo al quale le pareva di poter rispondere, Joel si interponeva e lei non riusciva a superare le barriere mentali che il passato le creava.

    Ora doveva smettere di pensarci. Avrebbe avuto bisogno di tutta la sua capacità di concentrazione durante l'incontro col notaio. Sapeva bene che Joel avrebbe tentato di toglierle le bambine. Lo aveva già dimostrato quando era andato in volo a Miami per organizzare i funerali di

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