Patto ad alto rischio: Harmony Destiny
Di Dani Wade
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Anteprima del libro
Patto ad alto rischio - Dani Wade
successivo.
1
«Potremmo fare una passeggiata nei giardini...»
Kane Harrington lanciò un'occhiata alle finestre ad arco della imponente dimora. Il sole stava tramontando e ormai la casa era avvolta dalle ombre. «Si sta facendo buio» obiettò.
La giovane, di nome Joan, gli si avvicinò di un passo. «A me non importa.»
A me sì, pensò. Ed era sicuro che anche le altre ragazze avrebbero avuto qualcosa da ridire. Si erano recate lì, insieme alle loro madri, per passare un po' di tempo con lui. Era l'Harrington ancora single.
Lui e il fratello Mason avevano invitato le famiglie più importanti del Kentucky per mostrare loro le nuove scuderie. Si trovava al centro dell'attenzione da quattro ore e iniziava a esserne stufo.
«Mi dispiace, tesoro» mormorò, fingendo di essere amareggiato. «Mi sono dimenticato che devo fare una telefonata di lavoro. Torno subito.»
Scomparve lungo il corridoio che conduceva nell'ufficio, una delle poche stanze non aperte al pubblico. Anche se non viveva alla tenuta insieme a Mason e alla sua fidanzata EvaMarie, aveva comunque una scrivania e un computer per poter lavorare.
Sprofondò nella poltrona di pelle e rilasciò un sospiro di sollievo. Ora ricordava perché aveva evitato gli eventi mondani negli ultimi anni. Le donne erano attratte da lui come api dal miele e da quando era diventato milionario, aveva miriadi di ragazze ai suoi piedi che non lo lasciavano in pace.
Aveva accettato di partecipare a quell'occasione soltanto per far sì che le nuove scuderie venissero notate dalle ragazze e dalle loro famiglie.
I soldi che avevano ereditato dal padre non erano tutto. Lui e Mason dovevano costruirsi una solida reputazione nel mondo dell'equitazione.
Era disposto a qualunque cosa pur di assicurarsi che tutti avrebbero parlato di loro prima dell'inizio delle gare della Triple Crown.
Tuttavia aveva bisogno di un po' di tempo per se stesso.
Le donne che aveva conosciuto quel giorno erano incredibilmente noiose. Desiderava incontrare una ragazza che gli tenesse testa. Una persona speciale, fuori dalla norma.
Purtroppo non era stato così fortunato. Tutte quelle che aveva portato nelle scuderie avevano finto di essere ingenue e indifese. Si considerava un uomo molto protettivo, però si era accorto subito che recitavano. Quell'atteggiamento gli dava il voltastomaco.
Accese il computer e controllò le mail. Messaggi di lavoro e pubblicità.
Li leggeva più volte al giorno, ma gliene arrivavano di continuo.
Il nome Vanessa Gentry catturò la sua attenzione e s'irrigidì.
Se lo ricordava sebbene fossero passati tanti anni.
È difficile dimenticare la donna che sarebbe dovuta diventare tua suocera. Se la immaginò che rideva insieme alla figlia Emily.
Si assomigliavano molto. L'unica differenza era che i capelli di Vanessa erano diventati grigi prima del tempo. Quelli di Emily, invece, erano neri.
Quei pensieri lo rattristarono.
Sapeva che non avrebbe dovuto, eppure cliccò sulla mail. C'era una foto in allegato.
Kane, so che ti sembrerò sfacciata, ma dopo ciò che è successo... Be', volevo solo farti sapere che va tutto bene e che Emily è riuscita a voltare pagina.
Fissò la foto, e si sentì come se qualcuno gli avesse sferrato un pugno nello stomaco. Davanti a lui c'era la splendida ragazza che un tempo aveva sperato di sposare. All'epoca era convinto che non avrebbe mai smesso di amarla. Adesso provava solo un senso di impotenza, lo stesso che lo aveva tormentato durante la malattia di sua madre. Un cancro se l'era portata via quando lui era adolescente. Qualche anno prima Emily aveva avuto un incidente e lui aveva cercato di provvedere a lei e di starle accanto. Emily non aveva voluto il suo aiuto. Pensava che avesse pietà di lei. E così lo aveva lasciato.
Nella foto, accanto a lei, c'era un uomo dall'aspetto ordinario. Indossava uno smoking con un fiore all'occhiello. Il suo sguardo era colmo di gioia. Oltre la spalla di Emily, scorse la sedia a rotelle. Era ancora semiparalizzata.
E, a quanto sembrava, si era sposata con qualcuno che la rendeva felice. Kane ci aveva provato con tutte le sue forze... e non ci era riuscito.
La rabbia lo travolse. Emily aveva il diritto di voltare pagina, lui, però, aveva il diritto di essere lasciato fuori dalla sua nuova vita. Non gli andava giù che gli ricordassero i suoi fallimenti.
Si alzò di scatto. Uscì dall'ufficio a grandi passi, ignorando gli ospiti che stavano passando nel corridoio. Non doveva avere un'aria amichevole. Indietreggiarono quando lo videro arrivare e la sua rabbia non fece che aumentare.
Aveva bisogno di tranquillità e quiete assoluta. L'unico luogo dove riusciva sempre a rilassarsi erano le scuderie. I cavalli lo accettavano per quello che era e l'odore del terreno lo teneva ancorato al presente. Era il sogno che non aveva mai abbandonato, nemmeno quando Emily era caduta da cavallo ed era rimasta paralizzata.
Lì non c'era nessuno. I tour si erano conclusi qualche ora prima. Quello era il cuore pulsante della loro attività. Lui e il fratello erano fieri del risultato raggiunto grazie ai lavori di ristrutturazione e agli animali che avevano acquistato. Non appena varcò la soglia, il battito rallentò e si sentì più calmo.
I cavalli avvertirono la sua presenza e l'accolsero battendo gli zoccoli. Avanzò e loro emisero dei lievi nitriti. Passò davanti ai box, immerso nei pensieri. Lui e Mason avevano realizzato il sogno di una vita: scuderie eccellenti e destrieri magnifici, che avrebbero vinto ogni gara e spodestato i campioni in carica.
Sospirò. Avrebbe voluto che il padre fosse lì a godersi il successo insieme a loro.
Tutto a un tratto un lamento ruppe il silenzio, poi udì una voce provenire dal lato destro delle scuderie. Non era da solo. Forse una coppietta aveva deciso di divertirsi in uno dei box. In altre circostanze li avrebbe ignorati, ma in quell'ala era stato vietato l'accesso perché vi avevano sistemato il nuovo stallone.
Sun era arrivato il giorno prima e non voleva che gli ospiti lo disturbassero. Doveva ambientarsi.
Affrettò il passo e svoltò l'angolo. Era sempre più agitato. La voce sembrava provenire proprio dal box di Sun. Era dolce e carezzevole. La voce di una donna. O stava parlando con il cavallo, oppure stava sussurrando parole sensuali all'orecchio del suo compagno.
Il box era a metà del corridoio e mentre si avvicinava, vide che la porta sul retro era socchiusa. La debole luce delle scuderie si rifletté su una superficie metallica. Un camioncino?
Quella donna aveva intenzione di rubare il cavallo?
Cercò di fare meno rumore possibile. Aggirò il box e si nascose nell'ombra per osservare la ragazza. Era incuriosito e il cuore gli batteva all'impazzata. La noia che lo aveva travolto pochi minuti prima era sparita.
Si sporse da un lato e vide Sun. Era immobile. Appariva incantato dalla voce della donna. Lei non aveva mai smesso di sussurrare. Non riusciva a scorgere il suo volto, ma credeva che gli stesse mettendo le briglie. Lo accarezzava di continuo, tranquillizzandolo con movimenti sicuri. Sembrava quasi che lo conoscesse.
Non aveva l'aspetto di una ladra. I sandali che portava ai piedi erano decorati con pietre luccicanti e indossava un prendisole color azzurro chiaro, molto ampio, che nascondeva le curve del corpo snello.
Sebbene non fosse voltata verso di lui, capì che era carina ma non appariscente. Non aveva attirato la sua attenzione nel corso della serata, tuttavia aveva partecipato all'evento. Ne era certo per via del vestito. Era convinto che se l'avesse vista, si sarebbe sicuramente ricordato dei lunghi capelli color caramello legati in una coda di cavallo. Era impaziente di vedere il suo volto, però doveva prima capire che cosa stesse combinando.
La maggior parte delle persone si lasciava ingannare dal suo atteggiamento e non capiva che era un uomo molto paziente. Rimase a osservare la donna per dieci minuti, esaminando ogni suo gesto. Era bravissima a calmare lo stallone che avevano soprannominato La Bestia. Gli aveva messo la cavezza, le fasce e la coperta. Intendeva portarlo via, non c'erano dubbi.
Capì che stava per andarsene e decise di uscire allo scoperto. Si alzò in piedi e chiuse la porta del box senza fare rumore. La Bestia si accorse della sua presenza e alzò la testa di scatto, agitato.
La donna non fu altrettanto perspicace. Appoggiò la mano sul collo del cavallo. Lui nitrì e scosse la testa. Voleva avvertirla? Kane si appoggiò alla porta.
«Che cos'abbiamo qui?»
La voce profonda la fece sobbalzare. Si era concentrata su Sun e si era dimenticata di stare in allerta. Lanciò un'occhiata dietro di sé e si rese conto di essere stata beccata proprio da uno dei fratelli Harrington.
Si ricordò dei documenti che aveva in tasca, si voltò verso di lui e sollevò il mento con aria fiera. «Io sono Presley Macarthur. E tu, invece?»
In realtà sapeva benissimo chi fosse. Kane Harrington era apparso sui giornali diverse volte. Il fratello Mason era una presenza fissa sulle pagine delle riviste. E presto avrebbe ricevuto ulteriori attenzioni, dato che quella sera aveva annunciato il proprio fidanzamento con EvaMarie Hyatt.
Conosceva la loro storia. In passato i fratelli erano stati due stallieri e se n'erano andati dal Kentucky dopo che il padre, che faceva lo stesso lavoro, era stato bandito. Quando era morto, i figli avevano ricevuto una cospicua eredità. Erano tornati in città l'anno precedente e si diceva che fossero destinati ad avere un grande successo nel settore.
Kane continuava a fissarla in silenzio. Lei, però, si rifiutava di dargli una spiegazione. Se l'avesse fatto, lui avrebbe pensato di avere il controllo della situazione. E non era così.
Kane avanzò di un passo. «Credevo che sapessi chi sono, visto che ti trovi nelle mie scuderie e stai rubando il mio cavallo.»
Ripensò alla rabbia e all'imbarazzo che aveva provato quando la matrigna le aveva rivelato di aver venduto Sun e rispose in tono accalorato: «Non sto rubando niente! Mi sto riprendendo ciò che è mio!».
«Non penso proprio, signorina» mormorò lui, lasciandosi sfuggire una risatina.
Quel suono le scatenò brividi in tutto il corpo. Non era una risata di puro disprezzo. C'era qualcos'altro nella sua voce, qualcosa che scelse di ignorare.
«Ho i documenti che attestano che ho acquistato il cavallo in modo onesto» continuò lui.
Sun si mosse irrequieto. Sembrava aver compreso le loro parole. Gli accarezzò il dorso. «In modo onesto? Ne sei certo?»
Lui si limitò a inarcare un sopracciglio. Lo stomaco le si contrasse, tuttavia mantenne un'espressione impassibile. Kane era sicuro di sé. Si sentiva intimidita e non era da lei. Era abituata a lavorare con uomini che non accettavano che una donna fosse al comando e non aveva mai provato alcun timore, eppure Kane era riuscito a mandarla nel panico con un solo sguardo.
Era nei guai.
Deglutì a fatica. «Se le carte non dichiarano che il venditore è Presley Macarthur, allora temo che tu l'abbia comprato illegalmente.» Si pentì subito di quelle parole. Prima di recarsi lì si era preparata un discorso, ma la calma era sparita e non se lo ricordava più. «Quello che voglio dire è che... ci deve essere stato un malinteso.»
«Direi di sì. Io ho acquistato Sun da una fattoria di proprietà della vedova del signor Macarthur, Marjorie.»
Mentre io ero fuori città per una consulenza.
«Non ne dubito.» Aveva la gola chiusa e quasi non riusciva a parlare. «D'altra parte tutti sanno che Sun appartiene a me, l'unica figlia del signor Macarthur. E non alla sua vedova.» Finse un sorriso amichevole. «Siamo entrambe proprietarie della fattoria, perciò comprendo il motivo del tuo errore.»
Kane la guardò con aria torva e lei dovette richiamare a sé tutto l'autocontrollo che possedeva per non balbettare. Estrasse dei fogli dalla tasca dell'abito. «Ecco le prove.»
Nonostante sapesse che lui si stava avvicinando solo per prendere i documenti, il cuore prese a batterle come un martello pneumatico. Non