Nascita e rinascita
Di Aurora Pizi
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Info su questo ebook
Aurora Pizi nasce a Roma nel 1951 e a 5 anni perde il padre in un tragico incidente stradale. Dopo qualche decennio decide di raccontare come da quell’immensa mancanza che le rivoluzionò il futuro, attraverso esperienze, persone, viaggi e amore, sia riuscita a nascere un’Aurora nuova, un’Aurora che in queste pagine vuole condividere la sua vita con chi non vede speranze davanti a sé.
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Anteprima del libro
Nascita e rinascita - Aurora Pizi
Pizi Aurora
Nascita e rinascita
EDIFICARE
UNIVERSI
© 2020 Europa Edizioni s.r.l. | Roma
www.europaedizioni.it
I edizione elettronica agosto 2020
ISBN 979-12-201-0279-7
Distributore per le librerie Messaggerie Libri
PREFAZIONE
È stato per me un grande onore quando la mia amica d’infanzia e di vita Aurora, mi ha chiesto di scrivere la prefazione del libro dedicato a sua madre, una persona speciale che ho avuto la gioia di conoscere e di frequentare nella mia adolescenza e che ha caratterizzato tanti momenti sereni e felici della mia vita.
Enza è stata una madre unica, forte e coraggiosa alla quale la vita ha tolto tanto ma anche dato un gran dono: sua figlia Aurora.
I rapporti con i propri genitori e soprattutto con le proprie madri sono parte integrante e insostituibile delle nostre vite e, consentitemi pure, un po’ di eccesso di femminismo
è l’unica vera guida delle nostre esistenze.
Proprio per questo Aurora ha trovato il modo, con questo libro, di celebrare ancora una volta chi l’ha portata per mano, e per di più da sola, per le strade della vita non facendola sentire mai perduta.
Ci sono stati anche momenti d’incomprensione, come succede sempre tra madri e figlie, tra donne di diverse epoche, ma donne di grande spessore, ed è stato proprio questo confronto a determinare la donna che oggi Aurora è diventata.
Sarà per voi una lettura piena d’insegnamenti, di riflessioni su tutto quello che significa essere madri, vedove di un grande amore, e avere una figlia da portare avanti da sola nel mondo di quegli anni. Ma soprattutto è la storia di una grande donna e di sua figlia nel vortice della vita.
Mi vedo ancora quando, adolescenti, io e Aurora chiacchieravamo felici nel giardino di casa, con il cuore pieno di promesse per il futuro e lei, Enza, era lì, discretamente presente, che magari ci allietava con qualche prelibatezza fatta con le sue mani…
Una vita semplice ma vera, la vita di noi due ragazze degli anni Cinquanta e di una grande donna che amava più di ogni altra cosa al mondo sua figlia.
Sono stata testimone di tanti eventi nella vita di Aurora e abbiamo ancora oggi un’amicizia che ci lega nel tempo ed è al di sopra di tutto e di tutti, che ha trovato la sua ragion d’essere ancora una volta nello scrivere queste righe di prefazione per un libro cosi importante per lei, dedicato a quella donna, a quell’amica vera, a quell’anima nobile che è stata sua madre.
Patrizia Urbinati
1.
QUELLA MALEDETTA VIA OSTIENSE
Ero uno scricciolo di cinque anni, con due occhioni verdi, innocenti e impauriti. Quella notte ero rimasta a casa nel mio lettino con Nunziatina, la donna che aiutava la mamma in cucina, un po’ ubriacona... (ricordo che una volta si attaccò a un fiasco pensando fosse vino e invece era varechina! Allarme rosso!). Era il 13 marzo 1955, e mio padre portò la mamma a prendere un gelato a Ostia per farsi perdonare di aver tirato per le lunghe una partita a carte con i suoi amici e lei aveva perso il lume della ragione e si era messa ad urlare.
In effetti, era stata tutto il giorno nella cucina del ristorante che avevano da poco preso in gestione, pur essendo reduce già da due paratomie all’intestino.
Fu così che si avviarono verso il centro di Roma per raggiungere Ostia, con la vecchia topolino color amaranto, partendo dalla zona di Ottavia, in cima a Monte Mario, con a seguito gli amici di mio padre.
Imboccata la maledetta via Ostiense, soprannominata la via della morte
perché stretta e buia, dopo pochi chilometri si bucò la gomma esterna sinistra, proprio dalla parte della strada. Mamma era rimasta in macchina e a un certo punto sentì un gran tonfo.
Uscì incuriosita dalla macchina chiamando il nome del marito perché non c’era più.
Gli amici, che avevano visto tutto, corsero verso di lei per afferrarla e stringerla forte, mentre lei continuava a gridare il nome del marito... Ivo.
Seppure fosse stretta dalle braccia degli amici, non le sfuggì, con le luci degli abbaglianti delle macchine che procedevano in senso inverso, la vista del corpo di mio padre che giaceva esanime sull’asfalto.
A quel punto volle tornare a casa della madre, quella madre che l’aveva maledetta quando lei aveva voluto sposarsi con il marito, perché sosteneva che lui non fosse all’altezza della figlia.
Perciò su quella curva di via Trionfale, dove si trovava il ristorante dei genitori, iniziò a chiamare la madre.
Dalla finestrina della camera sovrastante l’ingresso del ristorante, si affacciò lo zio Ivo – anche lui si chiamava così - e lei gli chiese di chiamare la madre, mia nonna Settimia, dicendogli che era morto il marito.
Date le circostanze, nonna ci riaccolse nella sua casa che era proprio sopra al suo ristorante. C’erano altri appartamenti, ma lei ci mise inizialmente