amore della mamma
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Info su questo ebook
Voce flebile, è l’ultima volta che la sentirò nettamente. Ripete questa frase in maniera chiara e certa; la morfina, che gironzola da settimane nel suo corpo, non c’entra questa volta. Glielo richiedo e lo ripete: abbiamo sbagliato tutti un po’. Aspetto un poco ma non per pensare a cosa blaterare: è che fiuto il pericolo, o meglio, intuisco che siamo in una zona pericolosa, rischio alto, pericolo pericolo pericolo, e allora tentenno e aspetto.
Sbagliato cosa? le chiedo. Segna con il dito se stessa e poi me.
Sbagliato cosa? le chiedo. Segna con il dito se stessa e poi me.
Sbagliato cosa? le chiedo. Segna con il dito se stessa e poi me.
Nicola Ferrari, vive accanto ai bambini e alle persone in lutto.
Si occupa di nuove metodologie di supporto per chi vive una perdita.
Ha pubblicato testi su Vincent Van Gogh, Pier Giorgio Frassati e sulle modalità per continuare ad amare chi è deceduto.
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Anteprima del libro
amore della mamma - Nicola Ferrari
guardami
introduzione
Forse è andata così: da mio papà e mia mamma ho ricevuto tanto, tantissimo, ma non l’amore. Questa mancanza, iniziata ancora prima della nascita e proseguita per tutta la vita, mi ha interamente modellato, un po' come quei video in time lapse dove in due minuti vedi la costruzione di una intera casa a partire dalle ruspe che scavano la terra per prepararla a ricevere le fondamenta. E questa penuria e incomprensibilità d’amore è rimbalzata come una pallina di gomma di colore sgargiante e innaturale, quella che si trova in edicola, in bella vista, nei contenitori che stanno proprio lì davanti, apposta per attirare i bambini e fargli dire: mamma, la voglio! Papà me la compri?
Zompa, rimbalza e schizza da dentro di me a partire da un punto che non so come si chiama anatomicamente ma coincide con quel posticino della gola in cui la saliva, lo champagne o le zucchine fritte tagliate sottili sottili, croccanti come le patatine ma non bruciate che mia mamma mi faceva così bene e così raramente, così raramente, non le senti più. Un luogo, forse solo pochissimi centimetri, un’inezia quasi, nel quale ciò che ingurgiti e adori, continui ad adorarlo ma sparisce. Per un attimo però, perché poi riappare la sensazione, quella in cui ti accorgi di essere attraversato, e il nutrimento che hai introiettato si avvicina al cuore ma non lo sfiora nemmeno, arriva nello stomaco e poi lo caghi. Da lì, appunto, balza fuori e colpisce, solo apparentemente a casaccio, il rapporto con il cibo e i liquidi, le relazioni d’amore e affetto, il sesso e la fisicità, la bellezza che c’è nel mondo, la ricerca di Dio, le capacità manuali e pratiche, la passione per la musica, la poesia, la pittura e la scultura, i rapporti con i bambini, l’interesse per il lutto, il valore della scrittura e così via.
O forse non è andata esattamente così: me lo suggeriscono in tanti, chi guardandomi con infinito amore e dolcezza, chi con autentico interesse e rispetto. Magari sei tu, mi ammoniscono alcuni, che avevi bisogno di altro o era il loro modo di dimostrarti l’amore che a te non bastava, non riconoscevi, non ti corrispondeva ma questo non significa affatto che non lo provassero. E tu? mi dicono altri, solo apparentemente con meno dolcezza e rispetto, tu cosa provavi per loro? In altre parole sarebbe: troppo comodo raccontartela così, il bambino non amato che soffre tanto per tutta la vita perché ha ricevuto pochi bacini. E così via.
Si dice che la verità stia in mezzo ma non è che ci perdo il sonno per trovarla. Se ci sarà il modo di incontrare mio papà e mia mamma, lo saprò per certo e sarà comunque importante. Quaggiù, ora, ho un dovere verso me stesso, la mia vita, le persone che amo, non necessariamente in quest’ordine: cominciare ad amare mia mamma e mio papà. Non lasciare questa terra prima di aver provato almeno un giorno, almeno una volta, quella sensazione, va bene anche se è una parvenza, uno scintillio, un autocoinvolgimento, in cui poter dire con assoluto desiderio:
- Abbracciami mamma.
- Dimmi che mi ami, papà.
Questo libro rappresenta il mio prolungatissimo, tortuoso, precario, incompleto, a tratti straziante, a volte delizioso percorso per raggiungere quell’obiettivo. Si snoda attraverso racconti, realizzati nel corso di molti anni, che hanno una loro autonomia; infatti è possibile leggerli come indipendenti l’uno dall’altro perché affrontano di volta in volta ciò che la pallina di gomma ha colpito nel corso della mia vita: un ricordo, una persona, una musica, un bambino, un cibo…
Al contempo però sono attraversati tutti dalla medesima esperienza che li determina: il vissuto, reale o presunto di abbandono e di mancanza d’amore primario sin dalla nascita. Una realtà che appare, con modalità sempre diverse, in ogni singolo capitolo e che è cresciuta progressivamente pagina dopo pagina in maniera esponenziale, senza una mia precisa e consapevole scelta. Il bisogno di scrivere e il desiderio di condividere erano infatti iniziati in maniera del tutto afinalistica: è stata invece l’esperienza autobiografica che, grazie all’immane potere insito alla scrittura di sé, mi ha condotto, senza imposizioni e forzature, al vero obiettivo.
Quello che qui ho raccontato e scritto, è quindi ciò che ho vissuto e capito sino ad oggi. Non so se resterà sempre tale e quale, quali modifiche a mio sfavore o svantaggio potranno accadere. Magari mi accorgerò che alla fin fine è cosa da poco e che il processo di riconquista dell’amore che cerco come un ossesso da quando ho la consapevolezza di me, è ben lungi dall’essere terminato. O forse accadrà che sarò così orgoglioso per quello che ho affrontato e oltrepassato da regalarmi quella benedetta bottiglia di champagne che è diventata per tutti quelli che mi frequentano una indiscutibile rottura di coglioni.
diario di un bambino di 9 anni
ALLA MIA MAMMA
Sei partita per un viaggio e starai via qualche giorno e adesso scriverò tutto quello che sto pensando di te.
Cara mamma quando sei partita ci siamo dati il bacio non molto affettuosamente come avremmo voluto. Io lho fatto perché ero concentrato su mio cugino Sergio e non ho dato molta importanza a te. Non per sottovalutare te, ma quando lo vedo sai comè. E anche tu non mi hai dato il bacio molto affettuosamente. Ma ora so perché l’hai fatto, l’ho capito e credo che sia perché avevi fretta e ti chiamavano o per ragioni di questo tipo. Non per altre ragioni. No.
Ora comincerò a raccontarti i miei pensieri, ma prima mi viene da piangere e piango per un minuto.
Il minuto è passato. Intanto che scendo le scale non penso altro che a te ma una volta sceso ho capito che era praticamente impossibile.
Ogni tanto mi viene nostalgia di te ma scrivo solo quello che penso di nostalgia più accanita.
Oggi alle sei sono andato in piazza con la bici a guardare le cartelle che ci sono in un posto. Nessuna era più bella di quella che abbiamo comprato insieme.
Il papà ha detto che torni dopodomani verso ora di cena. Non so se è vero.
Adesso sto mangiando il panino con il wurstel e il wurstel lho sgrassato sul fuoco sulla padella dove cuocevi la bistecca ai ferri.
Sto mangiando e guardando e scrivendo insieme e non ho capito niente e non capirò mai.
A un certo punto sono andato in