Ultimo Accesso
Di Ella Basi
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Anteprima del libro
Ultimo Accesso - Ella Basi
stessa.
Introduzione
Il racconto delle emozioni che ho provato il 15 luglio è cominciato quasi per caso, tre giorni dopo un indimenticabile incontro, anzi, è cominciato da una birra di troppo e da quella sera è proseguito come un diario, il diario dei giorni più difficili, quando lampi di memoria del tempo trascorso insieme generavano un'immensa confusione e ognuno è stato una lotta continua contro il delirio dominante per restare ancorata a quel filo di razionalità che era rimasto.
Ogni giorno è stato scandito dal bisogno impulsivo di controllare il suo ultimo accesso su Whatsapp, un gesto che non portava sollievo, ma aumentava soltanto il tormento.
Ho usato il quaderno tutte le volte che avrei voluto piangere, ma non l’ho fatto, lasciando che fosse l’inchiostro a gridare per me e le parole che ne sono uscite rispecchiavano il caos dei miei pensieri.
Ho provato vergogna per la mia impotenza, imbarazzo per le mie insicurezze, rimorso perché ritenevo sbagliato quello che tanto desideravo.
La confusione ha generato questo breve racconto senza riuscire a chiarire niente, ho dovuto rassegnarmi al fatto che non ci possono essere risposte giuste a tutte le domande, perlomeno non a quelle che io mi sono posta, sono comunque soddisfatta anche degli interrogativi rimasti irrisolti perché per la prima volta nella vita ho potuto accettare serenamente una mia debolezza senza che mi facesse sentire sbagliata, ma solo più vera.
CAPITOLO 1: DOPO 3 GIORNI
18 luglio, sono trascorsi tre giorni dal nostro incontro, è sabato e questa mattina, mentre lavoravo, è stato difficile rispondere adeguatamente ai clienti tanto era il nodo in gola, il bisogno di piangere e la poca forza che avevo per trattenere le lacrime.
Ho anche pianto!
Una collega mi ha domandato se avessi il raffreddore, ho risposto che era soltanto un fastidioso problema di sinusite che mi perseguita da tempo e si è nuovamente manifestato, in realtà, tutto ciò è vero ma oggi non è colpa del naso, è il cuore che piange e che fa male!
Resistere, seduta a questa scrivania, è davvero pesante, il pensiero è fisso in un’unica domanda, perché, e un'angoscia soffocante mi avvolge come una folta nebbia privandomi della lucidità, non ascolto le colleghe, il loro vociare risuona soltanto in lontananza come un eco, non ascolto nessuno, tanto meno il buon senso, oggi sento di aver perso la strada pur non sapendo dove volessi andare e ho paura.
Finalmente sono le 13:00, posso uscire da questo ufficio e non devo più parlare con tante persone che si aspettano sia sempre al massimo, sempre pronta, disponibile, gentile e preparata a risolvere ogni loro problema o lamentela, finalmente non devo più trattenere quel pianto che mi chiude lo stomaco e non mi fa respirare, finalmente posso salire in macchina, accendere la musica e piangere.
Ho pianto tante volte in macchina, ho pianto senza saper dove andare, ho pianto perché non volevo tornare dove sapevo di dover andare, ho pianto per chi avevo perso, per chi non mi aveva capita, ho pianto per rabbia, per amore, per dolore, per disperazione, qualche volta anche di felicità ma oggi non mi basta piangere, oggi è troppo da sopportare, oggi devo fermarmi… oggi mi fermo al primo spazio libero che trovo per strada, alzo la musica e comincio a gridare.
Grido sperando che la morsa che attanaglia il mio respiro molli la presa, grido sperando che il male che sento possa uscire e grido pregando di poter morire, ma non succede, sono ancora viva, questo maledetto cuore insiste a battere… perché?
Perché vuole vivere se io non voglio?
Provo allora a pregare chiedendo che se c’è qualcuno ad ascoltarmi, mi aiuti a non sentire più niente, è questo ciò che desidero, un interruttore da spegnere per non sentire più niente, ma tutto è vano, quindi riparto e guido verso il vuoto che è rimasto della famiglia che avevo, guido e vado al primo cimitero che trovo di strada, lì ci sono i miei nonni, i miei genitori sono invece sepolti qualche paese più avanti.
È costruito su una collina, in mezzo ad un folto uliveto e per fortuna il luogo è deserto, sono le 14:00 di sabato e tutti saranno a casa a pranzo o altrove in compagnia, solo io sono lì, parcheggio, scendo, vado alle loro tombe e lì davanti, come mai avevo fatto prima, m’inginocchio e dico grazie a mio nonno.
Il 15 luglio, giorno del suo compleanno, mi ha regalato un po’ di felicità e deve sicuramente essere stato lui, non può essere soltanto una semplice coincidenza, è stata opera sua, ne sono sicura e continuo a piangere senza chiedere altro, riesco solo a dire grazie.
Il marmo del pavimento è gelato, le ginocchia mi fanno male, ma non quanto il cuore, sono appoggiata con le mani sul vetro che ricopre il muretto davanti alla lapide quando arriva una zanzara, una di quelle orribili, quelle tigre che mi costringe ad alzarmi e risalire in macchina.
Continuo a piangere, sono le 14:30, dovrei andare a casa, dovrei mangiare e penso che forse potrei anche lasciarmi morire di fame!
Alle 15:00 devo chiamare un’amica, Valentina, forse le dirò qualcosa del male che sento perché non credo di riuscire a nasconderlo; ci frequentiamo da oltre dieci anni e pur essendo la nostra un’amicizia solo a livello superficiale, so per certo che non giudica, verrà poi mia sorella, che già conosce parte della storia e dovrò aggiornarla su qualcosa, poi sarà il turno del mio fidanzato e dovrò indossare la migliore maschera che possiedo, fingendo che tutto sia normale, come sempre.
Non voglio tornare, voglio morire qui, voglio morire in macchina, ma non succede, quindi riparto.
Io abito in una grande e vecchia casa in campagna, con una collina alle spalle e un lago di fronte, da dove puoi ammirare tutti i colori della natura, la terra, l’erba, l’acqua, gli alberi e il cielo che si tinge in maniera meravigliosa ad ogni alba o tramonto, ma oggi niente vedo di tutto questo, percepisco solo che come sempre è vuota, nessuno ad aspettarmi, solo silenzio!
Il silenzio è il migliore compagno della mia vita non mi ha mai tradita, è sempre lì ad aspettarmi, ad ogni pranzo della domenica, ad ogni ricorrenza o festività non condivisa, ad ogni malattia, ad ogni convalescenza, il silenzio mi piace, anche lui non giudica, non delude e se impari ad ascoltarlo, ti accorgi che fa un grande rumore.
Io voglio morire sola, voglio morire in compagnia del mio silenzio, voglio morire oggi, in questo caldo giorno d’estate, ma nessuno mi presta attenzione e sono ancora viva!
Sono le 15:00, chiamo Vale!
Stiamo pianificando una vacanza insieme, sole io e lei, senza il mio fidanzato e forse sarà l’occasione giusta per approfondire la nostra amicizia.
Ne avevamo parlato altre volte di fare un viaggio insieme, senza mai riuscire ad organizzare qualcosa, perché i periodi delle ferie non coincidevano, invece adesso, come se la provvidenza avesse deciso di stare per una volta dalla mia parte, lo stiamo facendo.
Ho davvero bisogno di andare via qualche giorno, di fuggire lontano da tutto e da tutti, sopratutto da me stessa, di occupare la mente con qualcosa che faccia meno male, di trovare anche un solo piccolo, banale e inutile motivo che mi restituisca un po’ di voglia di vivere.
Avevamo pensato ad un tour in Armenia, ma molte strane vicissitudini sembrano dirci che sarebbe meglio cambiare itinerario; uno costa troppo, un altro non parte perché non ha raggiunto il numero minimo di partecipanti, un terzo è troppo alternativo, del tipo noi due che giriamo in macchina per il Caucaso con qualcuno del posto come guida… non è il caso!
Credo dovremmo andare in un'isola, una del Mediterraneo, dovremmo andare in un posto caldo, dove i pensieri possano scorrere liberi come fanno con me questa sera dopo aver bevuto due Tennent’s Super strong lager, la birra che avevo comprato per lui, le cose di suo gradimento che avrei voluto trovasse questa sera a casa mia.
La voce di Vale riesce sempre a mettermi serenità, lei è pacata, lei è paziente, lei è diversa, diversa da me, forse lei non ha paura, forse lei sa cosa vuole, forse lei ha quello che vuole, ma ancora non sono riuscita a capirlo e aspetterò il giorno in cui sarà lei a dirmelo.
Fare un viaggio insieme è la cosa migliore che potesse capitarmi, per una volta non dovrò pensare ad ogni cosa come faccio di solito, non dovrò stare in ansia dal mese precedente a tutta la vacanza compresa per preparare dal primo all’ultimo dettaglio, per una volta qualcuno lo farà al mio posto e potrò rilassarmi e pensare a niente!
La chiamo e come immaginato mi domanda della giornata; cammino in lungo e in largo per la