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La storia della mafia siciliana terza parte
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La storia della mafia siciliana terza parte
E-book64 pagine59 minuti

La storia della mafia siciliana terza parte

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Info su questo ebook

Come nasce Cosa Nostra? Perché gli affiliati le hanno dato questo nome? Qual è il vero rapporto tra mafia e religione? E con lo Stato? In questo libro si affronteranno questi quesiti e molti altri ancora. Ripercorrendo la storia della mafia siciliana, si arriverà a parlare di feudalesimo, di brigantaggio, del Regno delle Due Sicilie, dell'Unità d'Italia, per poi passare agli eventi più recenti, alle parole pronunciate dai capi più importanti, alla narrazione degli orrori tristemente più noti. Un excursus storico e sociale che svelerà le cause e le conseguenze di uno dei fenomeni criminali più radicati nella storia della penisola italiana. Questa terza parte si concentrerà sulla storia più recente, dal Novecento in poi.-
LinguaItaliano
Data di uscita8 ott 2021
ISBN9788726970142

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    La storia della mafia siciliana terza parte - Pierluigi Pirone

    La storia della mafia siciliana terza parte

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 2021 Pierluigi Pirone and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788726970142

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    CAPITOLO 3- DALLO STRAGISMO ALLA SECONDA GUERRA DI MAFIA

    È il pomeriggio di venerdì 12 dicembre 1969, a Milano è giorno di mercato. Allevatori, imprenditori e contadini si trovano in questo giorno per discutere i loro accordi commerciali e si recano agli sportelli bancari per perfezionare le transazioni economiche. L'ampio salone della Banca Nazionale dell'Agricoltura, in piazza Fontana, è pieno: insieme ai clienti agli sportelli, ce ne sono altri in attesa del proprio turno. Gli impiegati sono indaffarati ad eseguire le transazioni, altri sono impegnati all'ampio bancone circolare.

    Sotto un tavolo, nascosto alla vista, un timer collegato ad una bomba sta contando il tempo.

    Fuori, un uomo in attesa, si alza il bavero del cappotto per pararsi dal freddo.

    Alle 16:37 un ordigno costituito da sette chili di gelignite, compressi all'interno di una scatola metallica nascosta sotto un tavolo, esplode. Un lampo accecante, il tavolo va in mille pezzi, i documenti invadono l'aria per poi cadere al suolo, misti a resti di scrivanie e brandelli umani.

    L'uomo in attesa si tiene fermo il bavero con le mani, affonda leggermente la testa, quasi a volersi proteggere dall'esplosione. Ora ha visto abbastanza, lentamente si allontana.

    Le volanti di pattuglia sono impegnate poco distante, a presidiare la sede della Banca Commerciale Italiana in Piazza della Scala, anche qui una manciata di minuti prima è stata rinvenuta una bomba che però non è esplosa. La centrale operativa dirotta tutte quelle non necessarie su Piazza Fontana. Gli equipaggi salgono velocemente in auto, l'urlo delle sirene lacera l'aria, mentre i potenti motori delle Giulia 1600 Super fanno schizzare le volanti per strada. Braccia nervose agitano palette, le gomme stridono sull'asfalto.

    Pochissimi minuti e sono sul posto, ma purtroppo sono semplicemente testimoni dell'orrendo spettacolo.

    Mezz'ora dopo anche le autopattuglie in servizio a Roma vengono allertare dalla centrale operativa:

    A tutte le auto: portarsi in Via Veneto, angolo Via San Basilio alla sede della Banca Nazionale del Lavoro per lo scoppio di una bomba.

    La scena di mezz'ora prima a Milano si ripete: i lampeggianti blu tagliano la semi oscurità del tramonto imminente, le sirene chiedono strada a passanti e automobilisti, mentre i motori delle autopattuglie viaggiano su di giri.

    Al loro arrivo, i testimoni che parlano con gli agenti spiegano che l'esplosione si è verificata nello scantinato. Poliziotti e carabinieri scendono a controllare: il centralino è andato distrutto, degli uffici ricavati nello scantinato rimangono solo tramezzi semicrollati e porte divelte, una tubatura del termosifone è saltata e sta inondando il sottopassaggio.

    I telex cominciano a diffondere le notizie.

    Il Ministro dell'Interno viene informato dei fatti, si diramano i dispacci alle caserme per attivare le prime fasi dei piani di controllo dell'ordine pubblico.

    Intanto il tempo scorre. Sono da poco passate le 17:00, due uomini salgono sull'Altare della Patria, passando dalla Chiesa dell'Ara Coeli. Oltrepassano un cancelletto e sono dentro. Posano con cura una bomba sulla terrazza di sinistra del monumento, poi si spostano vicino alla scalinata del Museo del Risorgimento e ne piazzano un'altra. Silenziosi, meticolosi, non vengono visti da nessuno. Finito il lavoro tornano indietro per la stessa strada e spariscono.

    Venti minuti dopo esplode la bomba nascosta sulla terrazza, uno dei due carabinieri in servizio viene scaraventato a dieci metri.

    Quattro persone che transitano in strada restano ferite.

    Mentre le sirene delle volanti si fanno largo nel traffico, esplode la seconda bomba che causa il crollo del tetto dell'Ara Pacis.

    Dalla bomba di Piazza Fontana sono trascorsi 53 minuti.

    A Milano gli artificieri che hanno rimosso l’ordigno inesploso ricevono l'ordine di farlo brillare la sera stessa. Una pratica inusuale che toglie agli investigatori la possibilità di verificare il tipo di esplosivo impiegato e altre caratteristiche che potrebbero essere utili nelle indagini.

    Le stragi sono organizzate da Ordine Nuovo una formazione di estrema destra che vuole spingere il Presidente del Consiglio, Mariano Rumor, a dichiarare lo stato d'emergenza e favorire, in questo modo, l'insediamento di un governo repressivo e autoritario. La strategia fallisce, però, perchè Rumor non è d'accordo a proclamare lo stato d'emergenza fortemente voluto dalle frange politico-militari più intransigenti all'interno degli apparati governativi, spaventate dalle proteste studentesche e dagli imponenti scioperi operai che stanno interessando tutta l'Italia.

    È l'estate del 1970. A Catania, nell'abitazione dei Calderone, in via Etnea, entrano in tre momenti diversi

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