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I segreti della massoneria in Italia
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E-book535 pagine7 ore

I segreti della massoneria in Italia

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L'Italia è una Repubblica fondata su di loro

Documenti inediti

Dalla prima Gran Loggia alla P2
Inchiesta sull’organizzazione più potente della storia occidentale

Templari, libera muratoria, Fratellanza, Gran Loggia, Rosacroce: tanti sono i nomi attribuiti nei secoli a quella forma di associazione segreta nota ai più semplicemente come “massoneria”.
Ma chi c’è veramente dietro a questa forza occulta che sembra guidare i destini del mondo? Come è nata e con quali scopi? Chi sono stati i suoi massimi esponenti e chi ne fa parte ancora oggi? In Italia, in particolare, sembra che la storia nazionale si sia spesso intrecciata con quella delle logge segrete: dalle persecuzioni degli affiliati in epoca fascista alle deviazioni estreme della P2 di Licio Gelli, con le ombre del golpismo e delle stragi, mai del tutto cancellate; dagli interessi americani al potenziale abbraccio letale con esponenti delle forze dell’ordine e dei cosiddetti “servizi segreti deviati”, fino ai pericolosi contatti con la malavita organizzata.
Con interviste esclusive e materiale inedito, la giornalista d’inchiesta Antonella Beccaria va alla scoperta di un mondo spesso sconosciuto e inesplorato, per illuminare le molte zone d’ombra che ancora oggi si trovano attorno al fenomeno massonico.

Tutto quello che c’è da sapere sull’organizzazione più antica, misteriosa e potente della storia occidentale

Tra gli argomenti trattati nel libro:

• Morte presunta di un massone
• Le origini della famiglia: istanze di libertà dal Medioevo all’età moderna
• L’approdo in Italia delle idee massoniche
• Venti di dittature e reazione delle consorterie
• Fratelli d’America: il nodo della seconda guerra mondiale e la posizione dei cugini d’oltreoceano
• Anomalie nel tempio: la bufera della P2
• Incroci eversivi: quale ruolo nella strategia della tensione?
• Relazioni inconfessabili: l’ombra delle mafie
• Logge regolari e deviate: le moderne camere di compensazione


Antonella Beccaria
è giornalista e scrittrice, collabora con testate nazionali e varie trasmissioni televisive. Nel 2013 ha pubblicato Il faccendiere – Storia di Elio Ciolini, l’uomo che sapeva tutto, mentre in precedenza aveva firmato Giochi non proibiti. Viaggio nell’industria del gioco d’azzardo, Divo Giulio (con lo storico Giacomo Pacini) e Piccone di Stato. Francesco Cossiga e i segreti della Repubblica. Dal 2004 cura i blog Xaaraan e uno sul sito de «Il Fatto Quotidiano».
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854159761
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    Anteprima del libro

    I segreti della massoneria in Italia - Antonella Beccaria

    Capitolo 1

    Le origini della famiglia

    Il professor Mario Bacchiega, studioso di antropologia delle religioni, docente alla romana Pontificia facoltà teologica Marianum e socio emerito dell’Accademia dei Concordi che dal 1580 si occupa di scienze, lettere e arti, lo racconta con passione e con chiarezza nelle sue lezioni sulla storia della massoneria. E parte da lontano perché, come in molti altri testi, per rintracciare le origini della massoneria come associazione iniziatica – un’istituzione, come viene chiamata in gergo, ancora molto distante dalle deviazioni che saranno raccontate in seguito – occorre fare un salto indietro, tornando almeno al Medioevo, ai tempi delle corporazioni o gilde muratorie. Nel 1278 comparve per la prima volta la parola loggia. Era contenuta nelle carte che componevano i progetti di un’abbazia francese e identificava una specie di casamatta, un deposito, in cui venivano custoditi gli attrezzi e i materiali di costruzione e si chiamava coperta perché quanto lì dentro accumulato andava protetto dalle intemperie.

    Qui si riunivano maestri, compagni, tagliapietre e apprendisti e sempre qui si discuteva, si studiava, si progettava, ci si riposava e si eleggeva l’architetto. Rappresentava inoltre una zona franca, indipendente dal potere territoriale di feudatari, vescovi o nobili che regnavano in quella zona. Per questo i muratori che si assiepavano intorno alle logge e ai relativi cantieri, si definivano liberi e libertaria era l’atmosfera che avvolgeva queste terre esenti dalle leggi del luogo. L’organizzazione ospitava persone perseguitate per i motivi più vari dalle autorità religiose. I collegamenti con le sette ereticali – come venivano considerati nel tredicesimo secolo i catari, gli albigesi, i valdesi o gli gnostici più in generale – erano la normalità per le logge.

    Per chi le frequentava, era impensabile che questi movimenti venissero repressi manu militari, com’era accaduto nel 1209 quando papa Innocenzo III aveva promosso una crociata contro i catari e i franchi, muovendo trentamila fanti e cavalieri provenienti da tutta Europa, che massacrarono quindicimila persone in un episodio ricordato dalla storia come il rogo di Montségur. Nelle logge non ci andavano solo i liberi muratori, ma qui venivano accolti anche letterati in odor di eresia, come quelli delle scuole provenzali o di quelle normanno-italiche di Federico II. E ancora, vi si potevano incontrare stilnovisti o appartenenti ad associazioni misteriche di eterogenea estrazione.

    Questo convergere di menti libere in luoghi specifici – luoghi improntati inderogabilmente verso idee di tolleranza, pluralismo e integrazione – era considerato un fenomeno di una certa pericolosità. Non a caso, nello stesso periodo entrò in attività il tribunale della Santa Inquisizione, che dal XIII al XVIII secolo trasformò il sacro verbo in un Vangelo della ferocia. Però le logge rimanevano incolumi dalla minaccia chiesastica e l’architetto, nella compagnia muratoria, era la massima espressione della cultura laica. Per lui, infatti, era necessario padroneggiare senza dubbio alcuno l’arte edilizia, la matematica, il disegno, la pittura, la scultura, la simbologia, l’acustica, la teologia, la filosofia, l’economia e i mercati, dato che a lui era demandato il compito di acquistare il materiale necessario per le attività muratorie.

    L’architetto era anche colui che formava e iniziava le nuove generazioni di muratori e che si presentava al clero per discutere dei progetti che sarebbero stati realizzati e delle relative fasi di avanzamento. Era un individuo dal sapere enciclopedico che non aveva remore nel contrastare la cultura ufficiale. In tal senso, possiamo annoverare in questa categoria artisti come Michelangelo, Leonardo, Brunelleschi, Michelozzo. Ma i nomi di quelli medievali non sono stati in genere trasmessi perché, proprio a causa delle loro caratteristiche, dovevano mantenere l’anonimato sulla loro reale identità. Fanno eccezione Guglielmo di Sens, che partecipò ai lavori della cattedrale di Canterbury nel 1174, e pochi altri.

    Nomi a parte, resta la memoria dei grandi cantieri, nutrita da disegni tecnici, manuali, appunti e progetti. Tutto restò però defilato, frammentato, fino al XVI secolo, quando iniziarono le assemblee generali europee delle organizzazioni muratorie e architettoniche. Già nel 1459 le corporazioni degli scalpellini e dei maestri di incontravano a Ratisbona, nel sudest della Germania, al centro della Baviera. Il convivio si ripeté nel 1464 e contribuì all’atto di nascita della storia della massoneria. La Carta di Colonia del 24 giugno 1535, presentata in piena riforma protestante e sottoscritta da diciotto maestri d’arte, tra cui comparivano alcuni collaboratori di Martin Lutero e religiosi cattolici, rappresentò una primissima formalizzazione della massoneria, per quanto da alcuni sia ritenuta un apocrifo. Qualunque sia la realtà, in essa comunque si leggeva:

    Non obbedendo a nessuna potenza del mondo e sommessi solamente ai superiori eletti della nostra associazione sparsa per tutta la terra, noi eseguiamo le loro commissioni occulte e i loro ordini clandestini mediante un commercio di lettere segrete e mediante i loro mandatari incaricati di commissioni espresse […]. Noi non daremo accesso ai nostri misteri se non a coloro i quali, esaminati e provati con tormenti corporali, si saranno legati e consacrati alle nostre assemblee con un giuramento orribile e detestabile.²

    Fu insomma in questo contesto che nacque la figura del massone, individuo libero e di buoni costumi, condizione che poi storicamente si sarebbe protratta nei secoli a venire, fino al giorno d’oggi. La natura della massoneria traeva dunque origine da una storia politica, filosofica e artistica che prendeva a piene mani da leggende, scritture sacre e miti e che si collocava in filoni tradizionali di saggezza nascosta custoditi da movimenti spiritualisti minori, come i templari, i Rosacroce, gli alchimisti o i mistici del cabalismo ebraico.

    Essi erano i perdenti per antonomasia e nel loro insieme avrebbero contribuito a creare la base culturale della massoneria europea che, a fronte delle tanti divisioni che avrebbe incontrato, li avrebbe mantenuti come lumi a cui guardare attingendo nei secoli al loro sapere. Un sapere che si trasmise in segreto attraverso le interminabili epoche dei dogmatismi e delle tirannie secolari e temporali e che in seguito li trasformò nel fulcro dell’Umanesimo, del Rinascimento e del pensiero universale, prendendo come fonti d’ispirazione le più grandi menti della storia partendo da Pitagora, Buddha, Zoroastro, Mosè, Ermete Trismegisto e Gesù Cristo.

    Quando Giuseppe Garibaldi – iniziato alla consorteria nel 1844 a Montevideo per il rito antico e primitivo di Memphis e Misraïm, creato da Cagliostro, e divenuto gran maestro onorario del Grande Oriente d’Italia – pronunciò a Milano il suo discorso del 4 novembre 1880, disse che ovunque si presentasse una causa nobile, là si sarebbe rinvenuta l’antica tradizione massonica. Una tradizione che non si basava sull’anticlericalismo (concetto peraltro assente dai documenti ufficiali dell’istituzione e che si presentò in momenti storici precisi, come nel corso del Rinascimento e della disputa per il territorio dello Stato pontificio durante l’Unità d’Italia), ma che si attirava, almeno ufficialmente, il biasimo delle gerarchie religiose fin dai tempi in cui papa Clemente XII emanò il 28 aprile 1738 la bolla In eminenti apostolatus specula. Qui vi si definiva «deliramentum» il trinomio massonico «libertà, uguaglianza e fratellanza». Nel documento papale si leggeva:

    Ci è noto che si estendono in ogni direzione e di giorno in giorno si avvalorano alcune società, unioni, riunioni, adunanze, conventicole o aggregazioni comunemente chiamate dei liberi muratori o des Francs-maçons […] nelle quali […] si uniscono tra di loro uomini di qualunque religione e setta […]. Tali società, con stretto giuramento preso sulle sacre scritture e con esagerazione di gravi pene, sono obbligate a mantenere un inviolabile silenzio intorno alle cose che esse compiono segretamente.

    Ma essendo natura del delitto manifestarsi da se stesso e generare il rumore che lo denuncia, ne deriva che le predette società o conventicole hanno prodotto tale sospetto nelle menti dei fedeli, secondo il quale per gli uomini onesti e prudenti l’iscriversi a quelle aggregazioni è lo stesso che macchiarsi dell’infamia di malvagità e di perversione […]. Tale fama è cresciuta in modo così considerevole che dette società sono già state proscritte dai prìncipi secolari in molti Paesi come nemiche dei regni e sono state provvidamente eliminate.

    Noi pertanto, meditando sui gravissimi danni che per lo più tali società o conventicole recano non solo alla tranquillità della temporale Repubblica, ma anche alla salute spirituale delle anime, in quanto non si accordano in alcun modo né con le leggi civili né con quelle canoniche; ammaestrati dalle divine parole di vigilare giorno e notte, come servo fedele e prudente preposto alla famiglia del Signore, affinché questa razza di uomini non saccheggi la casa come ladri né come le volpi rovini la vigna; affinché, cioè, non corrompa i cuori dei semplici né ferisca occultamente gli innocenti; allo scopo di chiudere la strada che, se aperta, potrebbe impunemente consentire dei delitti; per altri giusti e razionali motivi a noi noti, con il consiglio di alcuni venerabili nostri fratelli cardinali della Santa Romana Chiesa […], con sicura scienza, matura deliberazione e con la pienezza della Nostra Apostolica potestà, decretiamo doversi condannare e proibire […] le predette [realtà].

    Pertanto, severamente, e in virtù di santa obbedienza, comandiamo a tutti e ai singoli fedeli di qualunque stato, grado, condizione, ordine, dignità o preminenza, sia laici, sia chierici, tanto secolari quanto regolari, ancorché degni di speciale e individuale menzione e citazione, che nessuno ardisca o presuma sotto qualunque pretesto o apparenza di istituire, propagare o favorire le predette società dei liberi muratori […]; di ospitarle o nasconderle nelle proprie case o altrove; di iscriversi e aggregarsi a esse; di procurare loro mezzi, facoltà o possibilità di convocarsi in qualche luogo; di somministrare loro qualche cosa o anche di prestare in qualunque modo consiglio, aiuto o favore, palesemente o in segreto, direttamente o indirettamente, in proprio o per altri, nonché di esortare, indurre, provocare o persuadere altri a iscriversi o a intervenire a simili [aggregazioni], sotto pena di scomunica per tutti i contravventori, come sopra, da incorrersi ipso facto e senza alcuna dichiarazione dalla quale nessuno possa essere assolto, se non in punto di morte, da altri all’infuori del romano pontefice pro tempore.

    Vogliamo inoltre e comandiamo che tanto i vescovi, i prelati superiori e gli altri ordinari dei luoghi, quanto gli inquisitori dell’eretica malvagità […], procedano […] contro i trasgressori di qualunque stato, grado, condizione, ordine dignità o preminenza e che reprimano e puniscano i medesimi con le stesse pene con le quali colpiscono i sospetti di eresia […].

    A nessuno dunque, assolutamente, sia permesso violare o con temerario ardimento contraddire questa pagina della nostra dichiarazione, condanna, comandamento, proibizione e interdizione. Se qualcuno osasse tanto, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei santi apostoli Pietro e Paolo.³

    Nella storia furono centinaia i documenti ecclesiastici contro la massoneria. Eppure ciò non fermò nel corso del tempo gli aspiranti fratelli che si avvicinavano al rito dell’iniziazione per essere introdotti senza possibilità di ritorno in tutto il loro essere, fatto di pensiero e anima, alla libertà di coscienza. Prima del rito il massone veniva rappresentato dal simbolo della pietra grezza e dopo invece avrebbe preso l’essenza della pietra lavorata, una raffigurazione del modello alchemico secondo il quale il piombo, metallo imperfetto e corruttibile, si trasformava in oro.

    La pietra contrassegna concetti di potenza e inamovibilità, contro di essa si infrangono elementi non resistenti, non è soggetta alla morte e al deperimento conseguente, allegoria che rappresenta la condizione umana. L’iniziato diventa così l’uomo trasformato in una gemma, sostanza concreta e preziosa che lo salva dalla decadenza e dall’oblio e che impedisce a rigor di metafora la sua scomparsa quando si fa polvere. Era insomma il «trasmutemini de lapidis mortuis in vivos lapides philosophicos» del pensatore belga del XVI secolo Gerhard Dorn o l’uomo non può trasmutare la natura se non ha prima trasmutato se stesso del coevo teologo e mistico tedesco Jakob Böhme⁴.

    Nella cerimonia di iniziazione massonica al primo grado di apprendista – il profano che si candida a divenire pietra lavorata – il candidato bussa tre volte alla porta del tempio, che si apre per farlo entrare. Ad attenderlo sulla soglia c’è il fratello cerimoniere che gli lascerà il passo per passare nella cosiddetta camera di riflessione, altra allegoria delle tenebre che occupano la mente dei non adepti. Le pareti di questa stanza, infatti, sono dipinte di nero e su di esse compaiono raffigurazioni della morte, compresa la dicitura «visita interiora terrae, rectificando, invenies occultum lapidem» (visita le profondità della terra e purificandoti troverai la pietra nascosta, occulta).

    L’iniziando, a cui sono stati bendati gli occhi, deve rendersi conto del buio che alberga al suo interno e a mezzogiorno in punto, quando il sole è allo zenit, verrà condotto scalzo e con una corda legata intorno al collo, simbolo della miseria e della prigionia quotidiane, nel tempio, luogo della nascita, in cui sarà sottoposto a un processo di trasformazione della mente. Sono le fasi dell’aria, dell’acqua, della terra e del fuoco attraverso le quali colui che bussa si ridesta consegnandosi agli elementi naturali e, attraverso un processo che lo porta a dominare le emozioni, giunge a comprendere il significato dell’esistenza.

    Le vere origini della massoneria vanno dunque rintracciate qui, in un mondo che, nonostante il trinceramento dietro la segretezza, aveva un patrimonio culturale paragonabile a pochi altri. Quello che successe dopo, dal 1943 in avanti, avrebbe assunto per tanti aspetti una deviazione, un’abiura ai princìpi originari, sacrificati in nome di un anticomunismo esasperato da settori forse minoritari della massoneria italiana, ma che avrebbero bollato pesantemente la galassia di cappucci e grembiulini senza che quelle macchie potessero essere mai cancellate (anche a causa della persistente presenza di logge e di associazioni segrete in inchieste giudiziarie giunte fino ai giorni nostri). Il mondo che si aggregò intorno alla gloria del grande architetto dell’universo e che leggeva le sacre scritture del Vangelo di san Giovanni tenendone aperte le pagine con la squadra e il compasso era di tutt’altra natura. Si ispirava a Hiram Abif, architetto mitologico che mai poté completare il tempio commissionatogli da re Salomone perché assassinato nel 988 a.C. da tre muratori che volevano appropriasi della sua arte e della sua conoscenza. Entrambe segrete.

    E poi c’è tutto il filone ispirato alle caste sacerdotali dell’antico Egitto, depositarie dei misteri religiosi, naturali e tecnici, e ai magi di Persia, ammessi nel tempio solo dopo il superamento di prove e la dimostrazione di aver raggiunto gradi progressivi di conoscenza. Pitagora era un nome che sarebbe tornato non a caso in tante logge moderne e contemporanee, mentre i cavalieri templari di Hugues De Payns avrebbero in epoche molto più vicine assunto nuove rappresentazioni, ispirate a quelle dei tempi di Baldovino di Gerusalemme.

    Tutto ciò insieme alle grandi figure di architetti, artisti e costruttori del Medioevo, fu recuperato all’inizio del Settecento quando le quattro grandi corporazioni inglesi decisero di riunirsi nella Gran Loggia Unita di Londra. Era il 24 giugno 1717, data presa a battesimo della massoneria moderna, e fu allora che si tenne una riunione fondativa nei locali della Taverna dell’oca e della Graticola. Vi parteciparono i rappresentanti di varie consorterie, tre della capitale britannica (Goose and Gridiron, Crown e Apple Tree) e una di Westminster, la Rummer and Grapes. Il primo gran maestro fu il duca di Manchester Charles Edward Montague, l’ambasciatore britannico a Venezia e in Francia che nel 1719 compare tra i fondatori della Royal Academy of Music per volere di re Giorgio I. Gli succedette il reverendo presbiteriano scozzese James Anderson. Esponente della Royal Society (della quale faceva parte un massone su quattro⁵) di Londra, in rapporti di amicizia con lo scienziato Isaac Newton e legato al ministro della chiesa anglicana John Theophilus Desaguliers⁶, Anderson fu tra i principali estensori delle costituzioni dei liberi muratori varate nel 1723. Riunite nel The Constitutions of the Free Masons, esse prevedevano che «il massone [fosse] obbligato dalla sua condizione a obbedire alla morale e se egli ben comprende l’arte non sarà mai un ateo stupido né un libertino irreligioso»⁷. Inoltre il massone era «subordinato ai poteri civili ovunque risieda e lavori» e avrebbe dovuto mantenersi «estraneo a complotti e cospirazioni contro la pace e il buon andamento della nazione». E ancora, in caso di difficoltà dei fratelli, avrebbe dovuto adoperarsi per «fare per essi tutto ciò che sia nei limiti delle proprie facoltà, avendo anche presente che se è dovere aiutare il povero in genere, maggior dovere è quello di aiutare il fratello buono e leale che si trovasse in simile condizione»⁸.

    Nel giro di due anni si era registrata l’adesione di diverse altre logge provenienti da varie città che andavano da Bristol e Norwich, da Chichester a Reading e da Carmarthen e Salford a Warwick. Trascorse un’altra quindicina di anni durante la quale i muratori in senso stretto diventarono sempre di meno lasciando spazio a nobili, alti borghesi ed ecclesiastici e trasformando la Gran Loggia Unificata di Londra in un’associazione sempre più esclusiva. Nel corso del tempo i fratelli si erano strutturati in apprendisti, compagni e maestri, indossavano guanti bianchi e un grembiule di pecora che sostituiva il vecchio in cuoio. Le loro linee guida contenevano tratti interessanti, in anticipo sui tempi, dato che dichiaravano di voler combattere l’ignoranza e il fanatismo religioso, affermando princìpi libertari e solidaristici.

    Per questo la massoneria attecchì floridamente in Francia. Qui – nonostante i precetti (soprattutto anglosassoni) per cui ancora oggi l’istituzione dovrebbe rimanere estranea a questioni politiche e religiose, sebbene nel corso della sua storia non sempre sarà così e il ruolo pubblico di cittadino e di massone finiranno per confondersi più volte – si pose in aperta opposizione all’assolutismo dei regnanti ed ebbe influssi non di poco conto sui contenuti dell’Enciclopedia. Nacque la loggia delle IX Sorelle, il cui nome richiama le antiche muse citate da Omero ed Esiodo⁹, dove i riti tradizionali sarebbero stati surclassati da volontà politiche di riforma dello Stato. Suoi esponenti illustri furono il duca d’Orléans, quello di Rochefoucauld, i marchesi La Fayette e Mirabeau, l’abate Sieyès e il conte Noailles. Alla massoneria francese, poi alle prese con qualche problema durante il regime del terrore, aderirono i rivoluzionari Louis-Michel le Peletier, marchese di Sainte Fargeau, Louis Antoine Sainte Just, Georges Couthon, Jean-Antoine Caritat de Condorcet e Filippo Buonarroti; mentre non si ebbe prova incontrovertibile dell’affiliazione di Maximilien-Robespierre, ma per certo erano fratelli lo zio e il nonno¹⁰, così come massone fin dai tempi in cui acquisì il grado di tenente sarebbe stato (per quanto la questione sia ancora oggi oggetto di dibattito) il futuro imperatore Napoleone Bonaparte¹¹.

    Ma se le divergenze tra massoneria inglese e francese fecero registrare, almeno dal punto di vista ideale, una prima grande spaccatura all’interno della libera muratoria europea, una scissione vera e propria in realtà c’era già stata. Era accaduto a metà del XVIII secolo quando cinque circoli massonici, composti principalmente da fratelli irlandesi a prevalenza cattolica, avevano abbandonato la Gran Loggia d’Inghilterra e i loro rappresentanti si riunirono in un concilio alternativo il 17 luglio 1751, fissato a Soho, presso la taverna Turk’s Head. Pochi mesi più tardi, il 5 febbraio 1752, nacque ufficialmente la Grand Lodge of Free and Accepted Masons of England, according to the Old Constitutions, la Gran Loggia degli antichi e accettati massoni d’Inghilterra, secondo le antiche costituzioni.

    A occuparsi di redigere il libro delle costituzioni, scritto in caratteri latini e con espressioni in ebraico, fu un massone d’origine dublinese poi trapiantato a Londra, Laurence Dermott. E questa corrente della massoneria, trasportata nel nuovo mondo, ebbe più fortuna negli Stati Uniti che in Europa. Certo, tale fu una scissione a cui si cercò di rimediare all’inizio del nuovo secolo, quando nel 1811 fu costituita una commissione ad hoc a cui era demandato il compito di mettere su carta un protocollo di riunificazione. Protocollo che venne presentato due anni più tardi e sottoscritto il 27 dicembre 1813 per dare vita alla rinata Gran Loggia Unita d’Inghilterra, che alla propria base aveva il rituale Emulation (Emulation Lodge of Improvement): era qui che avvenivano le lezioni muratorie, frutto del lavoro della loggia di riconciliazione, nel giro di un paio d’anni avrebbe avuto un proprio statuto.

    Dunque la scissione tra gli ancient, legati al dibattito sull’esistenza di Dio, e i modern, guidati dall’astro della ragione, si era ricomposta in Gran Bretagna, nuovi venti di divisione si erano messo a soffiare sul fronte europeo. A Parigi intanto nasceva la Gran Loggia di ispirazione giacobina che non avrebbe ricevuto il riconoscimento inglese, concesso invece nel 1732 alla Loggia di Bussy. Non che mancassero quindi le espressioni scozzesi d’ispirazione tradizionalista e di orientamento cattolico anche qui, ma in generale la massoneria francese veniva considerata troppo politicizzata o, quanto meno, troppo incline a discutere di politica. Lo stesso appunto veniva mosso nei confronti della religione, altro argomento che avrebbe dovuto rimanere fuori dalle mura del tempio, ma che invece vi entrava e che trovò, pur contrastando il culto cristiano, un elemento di frattura nel 1877, quando alle logge francesi furono ammessi gli atei, quelli contro cui si scagliavano le costituzioni di Anderson del 1723, per quanto fossero state mitigate con la riunificazione d’inizio Ottocento¹². E poi c’era la questione femminile, che oltremanica fu risolta ammettendo le donne all’istituzione a partire dal 1882, con l’affiliazione della giornalista e scrittrice parigina Maria Adélaïde Deraismes, gran sostenitrice dei diritti civili e della parità di genere, per quanto con toni adatti a tempi che precedevano l’avvento vero e proprio dei movimenti di emancipazione femminile. Ma già alla vigilia della Rivoluzione francese si contavano quasi cinquecento logge, tra quelle sorte nella capitale e nelle zone limitrofe e quelle militari, potendo stimare il popolo dei fratelli in circa trentacinquemila persone¹³.

    Le scissioni formali e le divergenze dottrinali, tuttavia, non impedirono alla massoneria di estendersi nel vecchio continente con una mobilità che raggiunse il suo apice a metà degli anni Trenta del XIX secolo, in coincidenza con la guerra di successione polacca, combattuta tra il 1733 e il 1738 dopo la morte di re Augusto II. Fu in quel periodo, infatti, che fiorirono logge un po’ ovunque, da Berlino a Madrid, da Lisbona ad Amburgo e dall’Aja a San Pietroburgo. Ovviamente tale diffusione avvenne anche in Italia, per quanto travagliata da conflitti interni alla penisola e guerre di successione. Meno di trent’anni dopo, espressioni della massoneria si iniziarono a registrare in Ungheria e in Russia.

    Note

    ² Nicolas Deschamps, Les sociétés secrètes et la société, Avignone-Parigi 1882, p. 318.

    ³ Il testo integrale della bolla di Clemente XII è contenuto nella Providas Romanorum del 18 marzo 1751 di papa Benedetto XIV.

    ⁴ Carlo Alberto Cicali, Dario Squilloni, Antonio Tirinato, Mysterium coniunctionis: C.G. Jung e l’alchimia, in Aspetti della sapienza tradizionale, Biblioteca comunale e assessorato alla Cultura del comune di Terranuova Bracciolini, 1996, p. 55-56.

    ⁵ Zeffiro Ciuffoletti, Sergio Moravia (a cura di), La massoneria. La storia, gli uomini, le idee, Mondadori, Milano 2006, p. 35.

    ⁶ Ivi, p. 7.

    ⁷ Giuliano Di Bernardo, Filosofia della massoneria, Marsilio, Venezia 1992, p. 54.

    ⁸ Le citazioni sono prese dal testo pubblicato in ebook a firma di James Anderson, I doveri del libero massone, Digital Index, Modena 2012.

    ⁹ Erano «Clio e Euterpe e Talia e Melpomene, Tersicore e Erato e Polimnia e Urania, e Calliope, che è la più illustre di tutte», secondo quanto scrive nell’incipit del poema Teogonia risalente al 700 a.C.

    ¹⁰ Antonio Fichera, Breve storia della vendetta, Castelvecchi, Roma 2004, p. 413.

    ¹¹ Si veda in proposito il libro curato da Aldo Mola e François Collaveri, Napoleone imperatore e massone, Nardini Editore, Firenze 1996.

    ¹² La nuova formulazione post scissione prevedeva che «qualunque sia la religione o il modo di praticarla, nessuno sarà escluso dall’ordine, purché creda nel glorioso architetto del cielo e della terra e pratichi i sacri doveri della moralità».

    ¹³ Paul Naudon, La massoneria nel mondo dalle origini ad oggi, Prealpina, Torino 1983, p. 74.

    Capitolo 2

    L'approdo in Italia

    In Italia la massoneria giunse nel 1732, quando fu importata a Firenze da alcuni dignitari inglesi. Nonostante i problemi che contrapposero i Medici ai Lorena, la città e il suo territorio circostante venivano descritti in questi termini:

    La Toscana era una terra accogliente, le sue opere d’arte, le sue città, i suoi monumenti erano polo di attrazione continua di viaggiatori e di residenti stranieri. Firenze era una città che viveva, come ha sempre vissuto, di un respiro internazionale. Però, in quel preciso momento, al flusso tradizionale di uomini di cultura, di viaggiatori colti, eccetera, si aggiungeva anche il flusso di personaggi che erano a metà fra la politica e la cultura. Tipico è l’esempio del barone von Stosch.¹⁴

    Tra quei dignitari, c’era Philipp von Stosch, che era un antiquario di origine prussiana nato nel 1691, distintosi per le sue idee radicali e repubblicane diventando un esponente del Partito liberale inglese e ponendosi in rotta di collisione con gli Stuart. Era una specie di 007 ante litteram, un personaggio da romanzo che per campare, oltre a occuparsi di arte e antichità, raccoglieva informazioni per passarle ai suoi referenti politici e che per questo riparò a Firenze sotto la protezione del granduca, dove morì nel 1757. Qui, infatti, si sentiva a sufficienza garantito dalle ritorsioni a cui la sua vita avventurosa avrebbe potuto esporlo, soprattutto attraverso canali della massoneria tradizionalista. E sempre qui poté impiantare il seme, che germogliò, del pensiero illuminista e libertario che lo aveva mosso in passato.

    Nel giro di qualche anno, le officine autoctone si erano diffuse oltre i confini della Toscana e avevano attecchito a Roma, con impronte filocattoliche, e Napoli, dove la massoneria era giunta attraverso logge militari provenienti dall’Austria, estendendosi inoltre in Lombardia, Piemonte e Sicilia e riunendo al proprio interno élite di cui facevano parte uomini di corte, ecclesiastici, magistrati, commercianti e avvocati. In quei primi decenni le loro attività ebbero poco a che fare con la politica e la cosa pubblica, ma quando in Italia giunse Napoleone – che portò con sé una particolare declinazione della massoneria, chiamata appunto napoleonica – egli non era convinto della loro apparente marginalità e vi infiltrò ufficiali di sua fiducia, facendo insignire del ruolo di gran maestro suo fratello, Giuseppe Bonaparte, iniziato il 18 ottobre 1793 e re di Napoli dal 1806 al 1808.

    Con la fine dell’epopea bonapartista in Europa, la massoneria non sembrò nutrire chissà quale impulso, fatta eccezione per il recupero e il nutrimento di leggende, come quella dei Superiori Inquisiti, dottissimi massoni a cui era affidata la fiaccola della libera muratoria da mantenere accesa, nonostante la repressione della Santa Alleanza. Di fatto, questi saggi non erano mai esistiti, ma la storia che li chiamava in causa avrebbe dato linfa a successive storie di oscuri complotti contro la stabilità degli imperi e degli assetti europei dell’Ottocento. Le teorie dei complotti sono state una costante nella storia della massoneria. La maggior parte di queste erano opere menzognere, che rappresentavano il lato pubblico di guerre ben più sotterranee tra poteri sia secolari che religiosi. Un esempio fu rappresentato dalla bibliografia data alle stampe da un francese celato sotto lo pseudonimo di Léo Taxil, un giornalista sedicente israelita molto prolifico, il cui vero nome era Marie Joseph Gabriel Antoine Jogand-Pagès. La prima parte della sua carriera di polemizzatore era stata indirizzata contro la Chiesa di Roma, di cui denunciava l’edonismo e il sadismo. Poi, vero o falso che fosse, nel 1885 annunciò la sua conversione al cattolicesimo e a questo punto cambiò obiettivo, puntando contro la massoneria.

    Nel volume I fratelli tre puntini raccontava fantasiose riunioni di loggia durante le quali si invocava Satana. Il principe degli Inferi si presentava immancabile e dettava agli astanti ordini da trasformare in realtà per condizionare il mondo e i suoi occupanti. Il tutto condito da pratiche blasfeme a suon di ostie consacrate da trafiggere con pugnali e spade, sacrifici di bambini e ragazzini (sia maschi che femmine) rigorosamente puri, pratiche sessuali collettive e autoerotismo di gruppo. I traditori che avessero osato denunciare questi eventi sarebbero stati uccisi con metodi violenti (impiccagione o sgozzamento, per lo più), smembrati e le loro spoglie usate per nutrire gli animali, soprattutto i maiali.

    Queste presunte cronache sembrano oggi troppo esacerbate anche solo per ipotizzare che siano vere. Ma partivano da lontano e puntavano sul concetto di segreto e di riserbo. Ha detto Umberto Eco intervenendo alla Milanesiana 2013 dedicata proprio al segreto:

    Dal Settecento in avanti come conseguenza dell’occultamento del segreto e dell’invisibilità della società segreta, ecco il mito dei Superiori Sconosciuti, che dirigevano il destino del mondo. Nel 1789 il marchese de Luchet (nel suo Essai sur la secte des illuminés) avvertiva: «Si è formata in seno alle tenebre più dense una società di nuovi esseri che si conoscono senza essersi mai visti. Questa società adotta del regime gesuitico l’obbedienza cieca, della massoneria le prove e le cerimonie esteriori, dei templari le evocazioni sotterranee e l’incredibile audacia» […]. All’idea di gruppi segreti che occultamente dominano lo sviluppo degli eventi mondiali si continua a pensare ancora oggi e basta andare su Internet per vedere le varie discussioni sulla Trilaterale o sul Gruppo Bilderberg, come se fosse un mistero che politici, industriali e banchieri si incontrano quando desiderano senza bisogno di pubblici convegni per decidere sulle loro strategie economiche.¹⁵

    Ma, tornando alla fine dell’Ottocento, i complotti raggiunsero l’acme divenendo materiale per pubblicistica clericale, che veniva letta dalle famiglie più devote dell’aristocrazia e dell’alta borghesia. Talvolta interveniva la censura a omettere le descrizioni più scabrose che, non potendo essere lette, diventavano oggetto di speculazioni fantasiose, con cui si riempivano i buchi dei tagli operati dai giornali. Taxil, per tale pubblico, divenne una celebrità e le sue opere poterono contro la massoneria più di qualsiasi operazione moralizzatrice ed evangelica di matrice religiosa. Qualcosa di analogo accadde anche in seguito, quando si diffuse la mitologia della cospirazione internazionale che coinvolgeva giudaismo, marxismo e libera muratoria, portando al clamoroso falso storico dei cosiddetti Protocolli dei Savi di Sion. Qui la componente massonica era propedeutica all’altra opera di demonizzazione, quella contro di ebrei.

    Questi sono solo due esempi di una pubblicistica ben più nutrita che era fiorita a ridosso della già citata scomunica di papa Clemente XII del 28 aprile 1738 e che, nel periodo post Taxil, aveva tirato in ballo un po’ di tutto: dalla milizia di Maria Immacolata a sette più o meno colorate che man mano assumevano tratti religiosi (volti all’infiltrazione degli ambienti vaticani e così caricaturali da rendere incredibile la presenza pur reale, come si vedrà, di logge all’interno delle sacre mura) o nazionalisti, interventisti con l’approssimarsi del primo conflitto mondiale del Novecento o socialisteggianti, nonostante i socialisti avessero bandito all’inizio del nuovo secolo i massoni dalle loro fila¹⁶.

    Ma a fronte di tanta fantasia funzionale a scopi politici, di certo c’è che una funzione destabilizzante rispetto allo status quo i massoni la ebbero anche in Italia, nel periodo del Risorgimento, al quale tuttavia parteciparono come singoli e non appartenenti a una comunione superiore che li riuniva e li guidava. Erano mossi più da spirito patriottico che muratorio, da cui trassero gioco forza solo qualche elemento, primo tra tutti quello della segretezza, e lo riversarono nella Carboneria e nella Giovane Italia. Di fatto, dopo il periodo napoleonico, la massoneria italiana visse una fase di ripiegamento su se stessa, nonostante alcuni tentativi di rilanciarla. Le prime avvisaglie di una situazione che si andava modificando si ebbero alla fine degli anni Quaranta del XIX secolo, per poi richiudersi di nuovo in ambiti con scarso influsso sulla società di allora. Qualcosa cambiò tuttavia l’8 ottobre 1858, all’orario simbolico di mezzogiorno, quando a Torino si incontrarono sette massoni per creare la loggia Ausonia, la cui sede fu stabilita a casa del giornalista Felice Govean, in via Stampatori. Nel frattempo, avevano iniziato a tornare in patria esuli politici riparati in America latina e in altre nazioni europee ed era stata fondata la Cuori Riuniti di Genova.

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    Le logge in America latina

    L’America latina è un continente sempre chiamato in causa quando si parla di massoneria. In molte gran logge italiane, per conferire maggior peso e rilevanza ai legami con quell’area del mondo e con alcuni dei suoi martiri, è stata citata l’affiliazione del cileno Salvador Allende, il primo presidente marxista eletto per via democratica nelle Americhe e morto a Santiago l’11 settembre 1973, il giorno del golpe e della presa del palazzo La Moneda. In effetti, il leader cileno fu iniziato alla massoneria, ma – evento meno noto – ne uscì descrivendo le ragioni della sua scelta in un documento del 2 giugno 1965. Fu allora infatti che lasciò la loggia Hiram. La sua segreteria provvide a distribuirlo ed eccone il contenuto:

    Spero che l’ultimo contatto con la confraternita sia di qualche utilità. Come massone attivo, ho sempre cercato di pensare ad alta voce allo scopo di chiarire i concetti ed evitare i dubbi di chi si avvicina alla massoneria attratto dai suoi princìpi morali. Dal punto di vista genuinamente teorico, la massoneria è un’istituzione perfetta. Ma questo mondo ideale può aiutare l’uomo reale, l’uomo comunque che affronta gli imperativi della vita quotidiana? I massoni proclamano uguaglianza, libertà, fraternità come somma sintesi della convenienza collettiva. Possiamo, con onestà intellettuale, immaginare che la composizione delle nostre logge rifletta la società cilena dei nostri giorni? La mia risposta è negativa. Nella massoneria si combinano solo elementi della borghesia o di chi aspira ad essere borghese. È una constatazione. Possiamo restare indifferenti davanti alla mancata rappresentanza della classe operaia? Si tratta forse di un fenomeno occidentale? Non lo è. L’assenza di elementi estranei alla borghesia resta radicale e la situazione tende ad aggravarsi. Accogliamo nelle logge in forma continuata giovani studenti e intellettuali in marcia verso il futuro? Ho l’impressione che le risposte siano ancora negative. Possiamo emarginare l’aspirazione di queste folle? No, e per una ragione semplice. La scienza apre prospettive avanzate e continua ad aprirle: siamo dati di dar vita a sistemi che proteggano e incentivino l’umanismo, la libertà di oggi non può essere la libertà spirituale e personale di ieri. Ieri la gente privilegiata da censo, sensibilità e cultura, si limitava a difendere l’egemonia della coscienza mentre le masse languivano al margine dei propositi eccellenti. A mio parere l’impegno massonico di oggi deve essere una missione aperta ed eccelsa: senza annunci teorici. Ha l’obbligo di coinvolgere i propri affiliati nell’impegno pratico dell’uguaglianza e fraternità che portino sollievo a una società sfinita da troppi poteri, con salari insufficienti, mancanza di case, lavoro che contempla la speculazione implicando pericoli e infermità. Bisogna che la massoneria si impegni contro le oligarchie, il feudalismo agrario, la concentrazione dei monopoli con regole anti-umane e anti-sociali. È indispensabile che tutti abbiano la possibilità di avere accesso all’intera cultura. Viviamo un sistema che non integra uomini liberi e di buoni costumi, ma costringe ad alienazione, frustrazione e miserie gran parte della gente. Può la massoneria chiudersi nelle sue logge e non cambiare in questo senso il mondo? In quanto politico militante ho due scelte: adattarmi alla meschinità e tacere, oppure disconoscere il mio impegno in questa massoneria. Non sono tipo che tace e vi propongo con franchezza il messaggio col quale comunico ufficialmente le dimissioni. Vorrei che le parole venissero accolte nella giusta dimensione e possano servire come incentivo per legittimare l’inquietudine di tanti fratelli.¹⁷

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    Di lì in poi ci fu davvero un rifiorire di attività massoniche in tutta la penisola e nacquero così la Cavour, sempre a Torino, la Insubria a Milano, la Concordia a Firenze, l’Argiolana a Cagliari, la Valle a Potenza e Macerata, la Luce e Verità a Messina e la Vittoria a Cagliari. Grande protagonista di quel periodo fu Giuseppe Garibaldi, nominato primo massone d’Italia nel 1862, quando fu organizzata la costituente massonica a cui presero parte i gran maestri (o i loro delegati) di ventisei logge.

    L’anno successivo l’evento si sarebbe dovuto ripetere a Roma, ma l’appuntamento, antesignano delle più contemporanee gran logge, dovette essere fissato a Firenze, dato che la futura capitale d’Italia non era ancora stata liberata. Questa volta furono quarantatré i templi presenti e di elevato rango furono alcuni dei personaggi che vi parteciparono. Tra di loro, infatti, comparivano personaggi come il siciliano Filippo Cordova, che nel suo curriculum poteva annoverare un incarico nella segreteria generale del ministero delle Finanze e poi il ruolo di ministro dell’Agricoltura e della Giustizia. E c’era anche il barone di ferro che al secolo di nome faceva Bettino Ricasoli, il presidente del consiglio del Regno d’Italia che succedette a Camillo Benso, conte di Cavour, su cui invece non emersero mai prove di effettiva affiliazione.

    All’assemblea del 1864 le logge erano salite a settantadue, e quelle che si richiamavano all’impostazione garibaldina conducevano a uno spirito anticlericale più tipico della massoneria francese che di quella britannica, fin dai tempi di Anderson, nelle libera muratoria italiana. Ciò provocò qualche terremoto e un po’ di confusione, tanto che venne proposto di affidarsi non più alla tradizionale gloria del grande architetto dell’universo, ma a quella della patria universale del progresso infinito. Il successore di Garibaldi alla gran maestranza, il colonnello Ludovico Frapolli, cercò di riportare ordine. Egli vedeva nell’estensione dell’istruzione primaria ai bambini e della sanità ad anziani ed ex detenuti alcune delle linee cui la massoneria italiana doveva attenersi. In quel periodo circolò anche un libro intitolato La frammassoneria in dieci domande e risposte ad istruzione del popolo, che doveva costituire un vademecum dell’agire del buon affiliato. Ecco i punti chiave:

    Moralità: abolizione del duello; abolizione delle lotterie; dei giuochi di lotto e altri; temperanza (specie nelle bevande alcoliche); abolizione della prostituzione. Diritto: allargamento dei diritti al sesso femminile; come sarebbe da frenare l’usura; come si potrebbero diminuire le liti; utilità o nocumento della reclusione; abolizione della pena di morte e delle punizioni corporali; estensione o restrizione dell’indipendenza dei comuni dallo Stato; promozione del libero scambio; sostituzione dell’esercito di leva con la guardia nazionale; condanna del ricorso alla guerra.

    Polizia: abolizione dei passaporti; libertà di lavoro invece delle corporazioni privilegiate; promozione della pulizia pubblica e privata; misure riguardo alla qualità buona e sana dei viveri; rimedi contro lo sviluppo delle malattie epidemiche e contagiose; sostituzione di guardie di sicurezza composte di cittadini volontari alle guardie di polizia e di questura.

    Beneficenza: creazione di un fondo per le vedove e gli orfani; asili per le persone inabili al lavoro; costruzione di case per gli operai; miglioramenti o sostituzione degli attuali ospedali e manicomi; assistenza e collocamento degli emigranti; promozione dell’assicurazione contro incendi, grandine e altri sinistri che danneggiano la proprietà; miglioramento delle condizioni precarie dei lavoratori in fabbrica; organizzazione del lavoro e lotta contro il pauperismo.

    Educazione: diffusione di libri educativi popolari; stabilimento di scuole per operai e lavoratori domestici di ambo i sessi; educazione del sesso femminile; se l’istruzione religiosa

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