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La Terza Alternativa: Come risolvere i problemi più difficili della vita
La Terza Alternativa: Come risolvere i problemi più difficili della vita
La Terza Alternativa: Come risolvere i problemi più difficili della vita
E-book746 pagine9 ore

La Terza Alternativa: Come risolvere i problemi più difficili della vita

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Info su questo ebook

In questo libro, l’autore introduce un approccio rivoluzionario per risolvere i conflitti e i problemi in modo creativo.
In ogni situazione conflittuale, la Prima Alternativa è il mio modo e la Seconda è il tuo. Lo scontro tra le parti solitamente si riduce al tentativo di stabilire quale sia il modo migliore tra i due. Ci sono molti metodi per la risoluzione di un conflitto, ma di solito richiedono un compromesso che interrompa lo scontro senza dare però grandi risultati.
La Terza Alternativa è qualcosa di più di un semplice armistizio: si tratta di creare una realtà nuova e migliore, è un modo diverso di pensare.
La Terza Alternativa apre la strada a una terza opzione che va al di là del tuo modo, o del mio modo, verso un modo più elevato e migliore che permetta a entrambe le parti di non rinunciare a nulla e di vincere.
LinguaItaliano
Editoremylife
Data di uscita23 set 2013
ISBN9788863868487
La Terza Alternativa: Come risolvere i problemi più difficili della vita
Autore

Stephen Covey

E' un’autorità stimata sulla leadership a livello internazionale, un esperto della famiglia, un insegnante, un consulente aziendale, fondatore dell’ex Covey Leadership Center e co-presidente della Franklin Covey Company. Ha un master in gestione aziendale conseguito a Harvard e un dottorato conseguito alla B.Y.U., dove è stato professore di comportamento organizzativo e gestione degli affari e ha anche prestato servizio come direttore delle relazioni universitarie e assistente al rettore. Il dott. Covey è autore di diversi libri di successo, incluso Le 7 regole per avere successo, che è stato al vertice delle classifiche dei bestseller per più di sette anni. Ne sono state vendute più di dieci milioni di copie in ventotto lingue e in settanta Paesi.

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    Anteprima del libro

    La Terza Alternativa - Stephen Covey

    1

    Il punto di transizione

    La vita è piena di problemi. Problemi che sembrano impossibili da risolvere. Problemi personali. Problemi familiari. Problemi sul lavoro, con i vicini, con il mondo intero.

    È probabile che il tuo matrimonio sia partito alla grande, eppure ora tu e tua moglie/tuo marito non riuscite quasi più a sopportarvi. È possibile che tu abbia pessimi rapporti con i genitori, i fratelli o i figli. Può darsi che al lavoro ti senta sotto pressione e senza equilibrio, e cerchi costantemente di fare di più impiegando meno risorse. O forse, come tante altre persone, sei stanco di questa società litigiosa dove le persone intentano cause con una tale facilità che non osi quasi più muoverti. La criminalità e le sue ripercussioni in ambito sociale ci preoccupano. Assistiamo agli inutili tentativi dei politici di affrontare i problemi. Ogni volta che guardiamo il telegiornale la sera, muore in noi la speranza che gli eterni conflitti tra i popoli e le nazioni prima o poi si possano risolvere.

    In questo modo perdiamo la fiducia, rinunciamo, o ci accontentiamo di un compromesso che in definitiva non riesce a soddisfarci.

    Ecco perché ho voluto scrivere questo libro.

    Parlerò di un principio talmente fondamentale che credo possa trasformare la tua vita e il mondo intero. Si tratta dell’intuizione più elevata e importante che abbia mai avuto studiando le persone che hanno avuto successo nella vita.

    In pratica, tale principio rappresenta la chiave per risolvere i problemi più difficili dell’esistenza.

    Tutti affrontano delle avversità, per lo più in silenzio. La maggior parte delle persone tiene duro con coraggio di fronte ai problemi, auspicandosi un futuro migliore e lavorando per realizzarlo.

    Per molti, il terrore è appena sotto la superficie. Alcune paure sono di natura fisica, altre psicologiche, ma sono tutte molto reali.

    Se riuscirai a comprendere il principio espresso in questo libro e a vivere in base a esso, non solo risolverai i tuoi problemi, ma potrai spingerti oltre e costruire un futuro migliore di quanto tu abbia mai immaginato. Questo principio è eterno; non è mio il merito di averlo scoperto. E non è un eufemismo dire che chi lo applica nell’affrontare le difficoltà compie probabilmente la più grande scoperta della sua vita.

    Il concetto è introdotto già nel mio libro Le sette regole per avere successo. Di tutti i principi di cui parlo nel testo, questo più di ogni altro è in grado di catalizzare, potenziare, unificare ed entusiasmare. In quel libro sono riuscito a trattare l’argomento solo per sommi capi, mentre questa volta ti invito a esplorarlo insieme a me in maniera più ampia e approfondita. Se sarai disposto a comprenderlo, il tuo modo di pensare non sarà più lo stesso. Ti ritroverai ad affrontare i problemi più difficili della tua vita in modo completamente nuovo ed esponenzialmente più efficace.

    Sono molto eccitato all’idea di condividere con te le storie di alcune persone straordinarie che hanno afferrato questo principio. Questi individui non hanno soltanto risolto i loro problemi, ma sono diventati anche creatori del nuovo futuro che tutti sogniamo. Tra i tanti, potrai leggere di:

    un padre che una sera ha salvato sorprendentemente la figlia, tormentata da anni dalla disperazione, dal tentato suicidio;

    un giovane che in India si sta occupando di risolvere il problema dell’energia elettrica per milioni di poveri, praticamente a costo zero;

    un comandante della polizia che ha ridotto della metà il tasso di delinquenza giovanile in una delle principali città canadesi;

    una donna che sta riportando in vita il porto inquinato di New York, anche in questo caso quasi a costo zero;

    un marito e una moglie che in passato si rivolgevano a stento la parola, mentre ora ridono insieme ripensando a quei giorni difficili;

    un giudice che ha messo fine al più grande processo ambientalista della storia americana in maniera rapida e pacifica, senza neanche entrare in aula;

    un preside di una scuola superiore frequentata da figli di lavoratori immigrati che ha fatto aumentare la percentuale di diplomati, portandola da un misero 30 per cento al 90 per cento, e che ha fatto crescere del triplo il livello delle competenze di base dei suoi studenti, senza incidere sulle spese;

    una madre single e il figlio adolescente che sono passati da una situazione di aspro conflitto a un rapporto d’affetto e di rinnovata comprensione;

    un medico che cura quasi tutti i suoi pazienti affetti da una malattia mortale a un costo nettamente inferiore rispetto alla tariffa degli altri medici;

    un team che ha trasformato Times Square, un letamaio di violenza e sporcizia, nell’attrazione più turistica nel Nord America.

    Vorrei fare una precisazione: nessuna di queste persone è una celebrità che dispone di ingenti somme o di influenza. Si tratta, perlopiù, di persone comuni che applicano con successo questo principio supremo nell’affrontare i problemi più seri. E questa è una cosa che puoi fare anche tu.

    Riesco a immaginare cosa stai pensando: Be’, io sono diverso da queste persone, dal momento che non sto cercando di fare nulla di eroico. Ho i miei problemi, e per me sono grandi. Sono stanco, e voglio solo trovare una soluzione che funzioni.

    Credimi, non c’è niente in questo libro che non sia allo stesso tempo universale e personale. Il principio vale sia per una madre single che fa del suo meglio per crescere un figlio adolescente e inquieto sia per un capo di Stato che cerca di porre fine a una guerra.

    È possibile applicare questo principio a:

    una grave situazione conflittuale al lavoro con il capo o i colleghi;

    un matrimonio caratterizzato da differenze inconciliabili;

    una controversia con la scuola frequentata da tuo figlio;

    una situazione che ti ha messo in difficoltà finanziarie;

    una decisione cruciale che devi prendere in ambito lavorativo;

    un contrasto su una questione riguardante il quartiere o la comunità in cui vivi;

    familiari che litigano continuamente o non si parlano affatto;

    un problema di peso;

    un lavoro che non ti soddisfa;

    un bambino che non vuole lanciarsi;

    un problema complesso che devi risolvere per conto di un cliente;

    una questione che potrebbe trascinarti in tribunale.

    Ho insegnato il principio di base di cui si parla in questo libro a centinaia di migliaia di persone per più di quarant’anni. L’ho fatto conoscere a giovani studenti, l’ho portato in aule piene di amministratori delegati, l’ho condiviso con i laureandi, con i capi di Stato in una trentina di Paesi e con tutti quelli che si trovano nel mezzo. Mi sono sempre avvicinato alle persone con la stessa modalità. Ho scritto questo libro in maniera tale che i suoi contenuti possano essere applicati tanto a un parco giochi, quanto a un campo di battaglia, a una sala riunioni, a una camera legislativa o alla cucina di una famiglia.

    Faccio parte di un gruppo con riconosciuta leadership mondiale che sta cercando di creare un rapporto migliore tra l’occidente e la comunità islamica. Tra i suoi membri vi sono un ex segretario di Stato americano, eminenti rabbini e imam, dirigenti di aziende multinazionali ed esperti in materia di risoluzione dei conflitti. Durante il nostro primo incontro, fu subito evidente che ognuno di noi aveva un ordine del giorno da rispettare. Il clima era piuttosto formale e freddo, e la tensione era palpabile. Il meeting si tenne di domenica.

    Chiesi al gruppo il permesso di insegnare loro un principio prima di procedere, e tutti accettarono con gentilezza. Così, condivisi anche con loro il messaggio di questo libro.

    Entro il martedì notte successivo l’atmosfera cambiò completamente. Gli scopi personali erano stati accantonati. Eravamo arrivati a una conclusione entusiasmante che non avevamo assolutamente previsto. Le persone nella sala iniziarono a provare grande rispetto e amore l’una per l’altra: potevi sentirlo e vederlo. L’ex segretario di Stato mi sussurrò: Non ho mai visto niente di così potente. Quello che hai fatto qui potrebbe rivoluzionare la diplomazia internazionale. Torneremo su questo punto in seguito.

    Come ho già sottolineato, non è necessario essere un rappresentante della diplomazia mondiale per applicare questo principio ai problemi da risolvere. Recentemente, abbiamo intervistato alcune persone in tutto il mondo per scoprire quali fossero le principali difficoltà personali, in ambito lavorativo e nel mondo in generale. Non si è trattato di un campione rappresentativo; ci interessava solo sapere cosa avessero da dire persone diverse. I 7.834 individui intervistati provenivano da tutti i continenti e svolgevano qualsiasi tipologia di mansione in aziende diverse.

    Nella vita privata. Il problema personale che affligge maggiormente le persone è la pressione da sovraccarico di lavoro, unitamente all’insoddisfazione per l’attività svolta. Molti individui hanno problemi di coppia. È tipico di un manager europeo di medio livello scrivere: Sono stressato, esausto, e non ho più né il tempo né la forza di fare delle cose per me. Un altro dice: La mia famiglia sta andando a rotoli, e ciò influisce negativamente su tutto il resto.

    Sul lavoro. Ovviamente, la principale preoccupazione che affligge le persone in merito al lavoro è la scarsità del reddito e dei guadagni. Inoltre, molti sono preoccupati di perdere terreno nella competizione globale: Siamo bloccati dalla tradizione centenaria... Ogni giorno, perdiamo sempre più rilevanza... Facciamo scarso uso della creatività e dell’imprenditorialità. Un top manager africano ha scritto: Lavoravo per un’azienda internazionale, ma ho dato le dimissioni l’anno scorso. Me ne sono andato perché non riuscivo più a trovare un senso in quello che facevo.

    Nel mondo. Secondo gli intervistati, le prime tre problematiche che dobbiamo affrontare in qualità di membri della grande famiglia umana sono la guerra e il terrorismo, la povertà e la progressiva distruzione dell’ambiente. Un manager asiatico di medio livello ha protestato con tono supplichevole: Il nostro Paese è uno dei più poveri dell’Asia. Questo è il nostro grido di battaglia, dal momento che la maggior parte della popolazione vive in povertà. Il lavoro scarseggia, il livello di istruzione è basso, mancano le infrastrutture, abbiamo un enorme debito pubblico, siamo malgovernati e la corruzione è dilagante.1

    Questa è una fotografia istantanea di come si sentono i nostri amici e i nostri vicini. Domani, l’elenco delle difficoltà potrebbe essere diverso, ma ho comunque il sospetto che si tratterebbe solo di varianti delle stesse questioni.

    Sotto il carico di queste crescenti pressioni, ci mettiamo ancora di più l’uno contro l’altro. Se il XX secolo è stato un periodo di guerra impersonale, il XXI secolo appare come un’epoca di personale malvagità. Il termometro che misura la rabbia segna un valore molto alto. Le famiglie litigano, i colleghi competono tra loro, i cyber-bulli terrorizzano, le aule di tribunale sono sovraffollate e i fanatici uccidono gli innocenti. Sprezzanti commentatori prendono possesso dei media: quanto più i loro attacchi suscitano scandalo, tanto più denaro guadagnano.

    Questa crescente febbre della discordia può farci molto male. Sono profondamente turbata dal modo in cui le nostre culture demonizzano l’altro... Le peggiori epoche della storia umana sono iniziate così, alienando e disumanizzando l’altro, per poi trasformarsi in estremismo violento, dice l’esperta di benessere Elizabeth Lesser.2 Sappiamo fin troppo bene dove porta questo genere di cose.

    Come possiamo porre fine ai conflitti che generano divisioni e risolvere i problemi più gravi?

    Ci mettiamo sul sentiero di guerra, decisi a non tollerare più la situazione, e a prendercela con i nostri nemici?

    Ci comportiamo da vittime e attendiamo impotenti che qualcuno venga a salvarci?

    Estremizziamo il pensiero positivo e ci rifugiamo all’interno di una piacevole condizione di rifiuto?

    Ci arrendiamo stoicamente, senza più coltivare la speranza che le cose possano migliorare? Siamo convinti, nel nostro intimo, che qualsiasi ricetta sia soltanto un placebo?

    Continuiamo a rimboccarci le maniche, così come fa la maggior parte delle persone di buona volontà, a fare quello che abbiamo sempre fatto, coltivando la flebile speranza che in qualche modo le cose miglioreranno?

    Indipendentemente dal tipo di approccio che utilizzeremo nell’affrontare i problemi, vi saranno delle conseguenze. La guerra genera guerra, le vittime diventano dipendenti, la realtà schiaccia le persone spingendole al rifiuto, i cinici non danno nessun contributo utile. E se continuiamo a fare le stesse cose che abbiamo sempre fatto, sperando che questa volta i risultati siano diversi, significa che non stiamo affrontando la realtà. Stando a quel che si dice, Albert Einstein avrebbe fatto la seguente affermazione: Non possiamo risolvere i nostri problemi più gravi mantenendo lo stesso assetto mentale che ci ha portato a generarli.

    Per risolvere le questioni più difficili, dobbiamo cambiare radicalmente modo di pensare; questo è il tema che affronteremo nel libro.

    Leggendo, ti troverai sospeso in un punto di transizione tra il passato, di qualunque natura sia stato, e un futuro che finora non hai mai immaginato. Scoprirai di avere una predisposizione naturale al cambiamento. E penserai ai tuoi problemi in maniera del tutto rivoluzionaria. Svilupperai nuovi riflessi mentali che ti spingeranno a superare ostacoli che agli altri sembrano insormontabili.

    A partire da quel punto di transizione, riuscirai a vedere un futuro nuovo e gli anni a venire potrebbero essere molto diversi da come te li aspettavi. Invece di bloccarti immaginando un futuro inevitabile costellato di problemi e caratterizzato da un calo delle tue facoltà, potrai iniziare a saziare la tua sete di vita in un crescendo sempre nuovo, ricco di significato e di eventi straordinari, fino alla fine.

    Incentrando la tua vita sul principio di questo libro, troverai una strada che ti condurrà a quel futuro in maniera sorprendente.


    Note

    1. È possibile consultare il rapporto completo dell’indagine, The 3rd Alternative: The Most Serious Challenges, visitando il sito http://www.The3rdAlternative.com.

    2. Elizabeth Lesser, Take the ‘Other’ to Lunch, dotsub.com, data non disponibile, http://dotsub.com/view/6581098e-8c0d-4ec0-938d-23a6cb9500eb/viewTranscript/eng.

    La Terza Alternativa

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    2

    La Terza Alternativa:

    il principio, il paradigma

    e il processo della sinergia

    C’è un modo per risolvere i problemi più difficili, anche quelli che sembrano non avere soluzione. Esiste la possibilità di aprirsi un varco attraverso i dilemmi e le profonde divisioni dell’esistenza. Esiste un modo di procedere. Non è il mio e neanche il tuo. È un modo migliore, al quale nessuno di noi ha mai pensato prima.

    Io lo chiamo la Terza Alternativa.

    La maggior parte dei conflitti ha due facce. Siamo abituati a pensare in questi termini: il mio schieramento contro il tuo schieramento. Il mio è buono, il tuo è cattivo, o perlomeno meno buono. Il mio schieramento è corretto e giusto, il tuo è sbagliato e probabilmente è anche ingiusto. Le mie ragioni sono autentiche, mentre le tue, nella migliore delle ipotesi, sono artificiali. Si tratta del mio partito, schieramento, Paese, figlio, azienda, opinione, il mio fronte contro il tuo. In ognuno di questi casi, ci sono due alternative.

    Quasi tutti si identificano con una delle due. Ecco perché esistono i liberali contro i conservatori, i Repubblicani contro i Democratici, i lavoratori contro la classe dirigente, gli avvocati contro altri avvocati, i figli contro i genitori, i Tory contro i Laburisti, gli insegnanti contro i dirigenti scolastici, le università contro le città, gli abitanti delle campagne contro gli abitanti delle città, gli ambientalisti contro i promotori dello sviluppo, i bianchi contro i neri, la religione contro la scienza, l’acquirente contro il venditore, il querelante contro il convenuto, i Paesi emergenti contro le nazioni sviluppate, il marito contro la moglie, i socialisti contro i capitalisti, i credenti contro gli atei. Per questo motivo esistono il razzismo, il pregiudizio e la guerra.

    Ognuna delle due alternative è profondamente radicata in una mentalità ben precisa. Per esempio, la forma mentis degli ambientalisti si fonda sull’ammirazione per la delicata bellezza e l’equilibrio della natura. L’atteggiamento mentale dei promotori dello sviluppo nasce dal desiderio di vedere crescere le comunità e aumentare le opportunità economiche. In genere, ogni schieramento si considera onesto e logico, e vede l’altro come privo di rispettabilità e di buon senso.

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    La Terza Alternativa. La maggior parte dei conflitti ha due facce. La Prima Alternativa è il mio modo, la Seconda è il tuo. Se stabiliamo una sinergia, possiamo procedere verso una Terza Alternativa, ovvero il nostro modo, un modo superiore, che rappresenta la via migliore per risolvere il conflitto.

    Le radici profonde della mia mentalità si intrecciano con il concetto di identità. Affermando di essere un ambientalista o un conservatore o un insegnante, non mi limito a descrivere le convinzioni e i valori in cui credo; sto facendo molto di più: sto dicendo chi sono. Pertanto, quando qualcuno attacca il mio schieramento, colpisce anche me e l’immagine che ho di me. In casi estremi, i conflitti di identità possono degenerare e trasformarsi in guerre.

    La mentalità delle Due Alternative è profondamente radicata in molte persone, perciò come possiamo superarla? Di solito non lo facciamo. Continuiamo a combattere oppure cerchiamo di raggiungere un instabile compromesso. Ecco perché ci troviamo di fronte a così tante sconfortanti battute d’arresto. Tuttavia, di solito, il problema non riguarda i pregi del fronte a cui apparteniamo, ma il nostro modo di pensare. Il vero problema è da ricercare nei nostri modelli mentali.

    Il termine modello indica uno schema o un paradigma mentale che influenza il nostro comportamento. È una sorta di mappa che ci aiuta a decidere in quale direzione andare. La mappa determina ciò che facciamo e, di conseguenza, i risultati che otteniamo. Cambiando il modello, si modifica anche il nostro comportamento e i risultati che ne derivano.

    Per esempio, quando il pomodoro venne portato per la prima volta in Europa dalle Americhe, un botanico francese lo identificò come la temuta pesca dei lupi di cui parlavano alcuni antichi studiosi. L’uomo sosteneva che mangiare pomodori avrebbe provocato spasmi e schiuma alla bocca, e avrebbe condotto alla morte. Di conseguenza, i primi coloni europei in America non provarono neppure ad assaggiarli, nonostante li facessero crescere nei loro giardini come pianta ornamentale. Allo stesso tempo, una delle malattie più pericolose che si trovarono ad affrontare fu lo scorbuto, causato dalla mancanza di vitamina C, di cui sono molto ricchi i pomodori. La cura era proprio sotto i loro occhi, cionondimeno questa malattia uccise tantissime persone a causa di un modello errato.

    Dopo circa un secolo, il diffondersi di nuove informazioni portò a cambiare quel paradigma. Gli italiani e gli spagnoli iniziarono a mangiare i pomodori. Si dice che Thomas Jefferson li coltivasse e ne promuovesse il consumo. Oggi, il pomodoro è l’ortaggio più conosciuto al mondo ed è ritenuto molto salutare: averlo inserito nell’alimentazione quotidiana ci ha permesso di migliorare la nostra salute. Cambiare modello ha questo grande potere.

    Se io sono un ambientalista la mia mappa mentale avrà il desiderio di preservarlo. Se tu, in quanto promotore dello sviluppo, hai una mappa mentale che mostra solo giacimenti di petrolio, vorrai compiere una trivellazione per estrarlo. È possibile che entrambi i modelli siano corretti. È vero che sulla Terra c’è una foresta incontaminata, ma è altrettanto vero che ci sono giacimenti petroliferi. Il problema sta nel fatto che nessuna delle due rappresentazioni della realtà è completa; e non potrà mai esserlo. Tornando all’esempio precedente, si è scoperto che le foglie della pianta del pomodoro sono velenose; quindi, in parte, il paradigma anti-pomodoro era corretto. Sebbene alcune mappe mentali possano essere più complete di altre, nessuna è mai del tutto soddisfacente, in quanto la mappa non coincide con il territorio. Come disse D.H. Lawrence: A lungo termine, ogni mezza verità produce la contraddizione di se stessa, che corrisponde alla mezza verità opposta.

    Se vedo soltanto la percezione della realtà fornita dalla Prima Alternativa (la mia mappa incompleta), l’unico modo che ho per risolvere il problema è cercare di convincerti a cambiare il tuo modello, o addirittura ad accettare il mio punto di vista. Solo così, inoltre, posso preservare l’immagine che ho di me: io devo vincere e tu devi perdere.

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    Vedere-Fare-Ottenere. I modelli che adottiamo determinano il nostro comportamento che, a sua volta, genera le conseguenze delle nostre azioni. Otteniamo dei risultati sulla base di ciò che facciamo, e ciò che facciamo dipende da come vediamo il mondo che ci circonda.

    Se, d’altra parte, mi sbarazzo della mia mappa e seguo la tua (la Seconda Alternativa), il problema da affrontare rimane lo stesso. Neppure tu sei in grado di garantire che la tua percezione della realtà sia esatta e completa, pertanto, seguendola, rischio di pagare un prezzo troppo alto. Tu potresti vincere, ma io potrei perdere.

    Potrebbe essere utile combinare le due mappe. In tal modo, ne avremmo una complessiva che terrebbe conto delle prospettive di entrambi. Io potrei comprendere il tuo punto di vista e tu il mio. Questo è il progresso. Ciononostante, alcuni obiettivi potrebbero restare incompatibili. Io continuo a non volere che la foresta venga toccata, e tu desideri ancora compiere una trivellazione per estrarre il petrolio. Una conoscenza approfondita della tua mappa potrebbe indurmi a ingaggiare una lotta ancora più feroce nei tuoi confronti.

    È qui che arriviamo alla parte più entusiasmante. Ti guardo e dico: "Forse possiamo trovare una soluzione migliore di quella che ognuno di noi ha in mente. Sei disposto a cercare una Terza Alternativa alla quale nessuno di noi ha mai pensato prima?". È raro che qualcuno ponga questa domanda, eppure tale richiesta rappresenta la chiave non solo per risolvere i conflitti, ma anche per trasformare il futuro.

    Il principio della sinergia

    È possibile arrivare alla Terza Alternativa attraverso un processo chiamato sinergia. Si parla di sinergia quando uno più uno fa dieci o cento o addirittura mille! È il risultato che si ottiene quando due o più esseri umani rispettosi l’uno dell’altro stabiliscono di comune accordo di superare le loro idee preconcette per affrontare una sfida importante. La sinergia riguarda la passione, l’energia, l’ingegno, l’eccitazione di creare una nuova realtà di gran lunga migliore rispetto a quella precedente.

    Sinergia non significa compromesso. In un compromesso, uno più uno al massimo fa uno e mezzo. Tutti perdono qualcosa. La sinergia non consente solo di risolvere un conflitto ma anche di trascenderlo. Lo superiamo e diamo inizio a qualcosa di nuovo, che genera una nuova promessa ed entusiasma le parti in causa, trasformando il futuro. La sinergia è meglio del mio modo e del tuo. È il nostro modo.

    È un concetto difficile da comprendere. Una delle ragioni di tale difficoltà sta nel fatto che il termine è stato screditato da un frequente uso improprio. Negli affari, il termine sinergia viene spesso usato cinicamente come eufemismo per indicare fusioni o acquisizioni nate solo per aumentare i profitti. Nella mia esperienza, ho visto che se si vuole far strabuzzare gli occhi a qualcuno, basta pronunciare la parola sinergia. Ciò avviene perché molte persone non l’hanno mai realmente sperimentata, neanche con moderazione. Spesso hanno udito questa parola da manipolatori che ne distorcono il significato. Come disse un mio amico: Quando sento qualcuno in giacca e cravatta usare il termine ‘sinergia’, so che il mio fondo pensione è in pericolo. Le persone non si fidano di questa parola. I loro leader le inducono a mettersi sulla difensiva, a credere che tutto questo gran parlare di sinergia creativa, collaborativa, cooperativa sia solo un modo diverso di dire ecco un altro sistema per sfruttarti. E le menti che si mettono sulla difensiva non sono mai né creative né collaborative.

    La sinergia è un miracolo. È intorno a noi. Si tratta di un principio fondamentale che opera in tutto il mondo naturale. Le sequoie intrecciano le loro radici per diventare forti, difendersi dal vento e crescere fino a raggiungere altezze incredibili. Le alghe verdi e i funghi si uniscono ai licheni per colonizzare la nuda roccia e prosperare laddove nient’altro riuscirebbe a crescere. Gli stormi che volano formando una V fanno quasi il doppio della strada rispetto a un uccello che vola da solo, grazie alla corrente d’aria ascensionale generata dal battito delle loro ali. Mettendo insieme due assi di legno, noterai che il peso che sono in grado di sorreggere è esponenzialmente superiore a quello che il singolo pezzo può sopportare da solo. Le minuscole particelle presenti in una goccia d’acqua cooperano per creare un fiocco di neve unico, diverso da tutti gli altri. In ognuno di questi casi, il tutto è maggiore della somma delle singole parti.

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    Sinergia. Principio naturale secondo il quale il tutto è maggiore della somma delle parti. Anziché adottare il mio o il tuo metodo, ci avviamo lungo il sentiero della sinergia con l’obiettivo di raggiungere risultati migliori e maggiormente produttivi. Tu e io insieme siamo molto più forti di quanto lo siamo da soli.

    Uno più uno fa due, eccezion fatta per le situazioni sinergiche. Per esempio, una barra di ferro si rompe se una macchina vi esercita una pressione di 60.000 libbre per pollice quadrato (PSI). Una barra di cromo delle stesse dimensioni si romperà a circa 70.000 PSI, mentre una di nichel a circa 80.000 PSI. La somma di questi valori è pari a 210.000 PSI. Ciò significa che ferro, cromo e nichel mescolati in un’unica barra riusciranno a sopportare una pressione pari a 210.000 PSI, giusto?

    Sbagliato! Se li mescoliamo secondo proporzioni ben precise, la barra di metallo riuscirà a reggere ben 300.000 PSI! Si tratta di 90.000 libbre di forza aggiuntiva che sembrano essere venute dal nulla. Una volta uniti, i suddetti metalli hanno il 43 per cento di forza in più rispetto a quella che avrebbero se fossero separati. Questo è un esempio di sinergia.3

    Questa forza extra rende possibile il funzionamento dei motori a reazione. Il forte calore e la pressione del getto del reattore fonderebbero qualsiasi altro metallo più debole. Ma la lega acciaio-cromo-nichel può sostenere temperature ben più elevate di quelle che potrebbe sopportare il comune acciaio.

    Il principio della sinergia è valido anche per gli esseri umani. Insieme, le persone possono fare cose che non riuscirebbero nemmeno a pensare, se si basassero esclusivamente sulle loro forze.

    La musica ne è un esempio straordinario. Ritmi, melodie, armonie e stili individuali si combinano per creare nuove trame, nuove sfumature e profondità sonore. I musicologi affermano che per gran parte della storia umana, la musica è stata un’arte di improvvisazione: la gente si limitava a suonare o a cantare insieme ciò che era più adatto al momento. Quella di mettere la musica per iscritto secondo una forma fissa è una recente evoluzione. Ancora oggi, alcuni dei generi più avvincenti, come il jazz, vengono improvvisati.

    Un accordo musicale è costituito da diverse note suonate contemporaneamente. Le note non perdono il loro carattere individuale, ma insieme creano una sinergia (un’armonia) che da sole non potrebbero produrre. Così come avviene con le note musicali, anche le persone sinergiche mantengono la loro identità; combinano le loro forze con quelle di altri individui per produrre un risultato di gran lunga superiore a quello che si potrebbe raggiungere restando da soli.

    Nello sport, la sinergia prende il nome di chimica. Alcuni grandi team sportivi godono di quel tipo di sinergia che consente loro di battere squadre supportate da una tifoseria sfegatata e composte da atleti di maggior talento, ma privi di sinergia. Non è possibile prevedere il risultato che la squadra otterrà in base all’abilità dei giocatori. Le prestazioni del gruppo superano di molto la somma delle capacità dei singoli giocatori.

    Il massimo esempio di sinergia umana è, ovviamente, la famiglia. Ogni figlio è una Terza Alternativa, un essere umano distinto, dotato di capacità che non sono mai esistite prima e che non sarà più possibile riprodurre. Queste attitudini non possono essere predeterminate sommando semplicemente le capacità di ciascun genitore. La particolare combinazione di doti umane in quel bambino è unica nell’universo, e il suo potenziale creativo è enorme. Il grande Pablo Casals disse: Il bambino deve sapere che è un miracolo, e che da quando è nato il mondo, fino alla fine dei giorni, non c’è stato e mai ci sarà un altro bambino come lui.

    La sinergia è l’essenza stessa della famiglia. Ogni suo membro conferisce un sapore diverso a questa combinazione. Quello che succede quando un bambino sorride alla madre va al di là della semplice simbiosi, del vivere insieme per trarre profitto l’uno dall’altra. Come dice il mio amico Colin Hall, il termine sinergia non è altro che un ulteriore modo per definire l’amore.

    Esistono molti esempi come questi, che possono illustrare la capacità della sinergia di cambiare il mondo. Essa però può trasformare anche l’ambito lavorativo e la tua stessa vita. Senza sinergia, il tuo lavoro sarà stagnante. Non crescerai e non conoscerai nessun miglioramento. La concorrenza di mercato e i cambiamenti tecnologici si sono intensificati a tal punto che, se non si è dotati di una mentalità sinergica positiva, si rischia di diventare rapidamente obsoleti. Senza sinergia, non c’è crescita. Entrerai in una spirale vorticosa verso il basso, caratterizzata da una continua riduzione dei prezzi che alla fine ti impedirà di lavorare. Al contrario, sviluppando una mentalità sinergica positiva, sarai sempre all’avanguardia ed entrerai in un circolo virtuoso verso l’alto, in vista di una maggiore crescita.

    Esiste anche una sinergia negativa. Si manifesta quando il circolo vizioso viene accelerato da forze emergenti. Per esempio, è noto che sia il fumo sia l’amianto provocano il cancro ai polmoni. Se fumi e respiri amianto, le probabilità di ammalarti sono di gran lunga superiori rispetto a quelle che si ottengono sommando i tassi di incidenza delle singole condizioni. Se non ti dedichi deliberatamente alla sinergia positiva, rischi di trovarti intrappolato da una confluenza di forze negative.

    La sinergia positiva non è incrementale. È possibile perfezionare un prodotto grazie a un regolare processo di miglioramento, ma così facendo è improbabile che ne inventi uno nuovo. La sinergia non è solo la risposta al conflitto umano, ma è anche il principio che permette di realizzare tutto ciò che è davvero innovativo nel mondo. È la chiave per compiere salti quantici in termini di produttività. È la forza mentale propulsiva che sta dietro alla genuina creatività.

    Prendiamo in considerazione alcuni casi, a livello nazionale, personale e organizzativo, in cui la sinergia ha cambiato le regole del gioco.

    La non violenza creativa

    Quando incontrai Arun Gandhi, nipote del leggendario Mahatma, mi raccontò le riflessioni che aveva fatto sulla vita di suo nonno.

    Paradossalmente, se non fosse stato per il razzismo e il pregiudizio, non avremmo mai avuto un Gandhi. È stata la sfida, il conflitto. Mio nonno avrebbe potuto essere l’ennesimo avvocato di successo, in grado di guadagnare un sacco di soldi. Ma a causa dei pregiudizi diffusi in Sudafrica, subì un’umiliazione, a meno di una settimana dal suo arrivo. Venne buttato giù da un treno per il colore della sua pelle. La cosa lo mortificò talmente tanto che rimase seduto sulla banchina della stazione tutta la notte, domandandosi cosa avrebbe potuto fare per ottenere giustizia. La sua prima reazione fu la rabbia. Era così in collera che desiderava trionfasse la legge dell’occhio per occhio. Voleva rispondere con la violenza alle persone che lo avevano umiliato. Ma poi si fermò e disse: Non è giusto. Così non avrebbe avuto giustizia. Quell’atteggiamento gli avrebbe procurato una soddisfazione momentanea, ma non gli avrebbe fatto ottenere la giustizia che auspicava. Avrebbe solo perpetuato il ciclo del conflitto.

    Da quel momento in poi, Gandhi sviluppò la filosofia della non violenza e la mise in pratica nella sua vita e nel suo impegno per la giustizia in Sudafrica. Rimase in quel Paese per ventidue anni. Poi se ne andò e portò il movimento in India, contribuendo alla nascita di un Paese indipendente, cosa che nessuno avrebbe mai immaginato possibile.4

    Gandhi è uno dei miei eroi. Non era perfetto, e non realizzò tutti i suoi obiettivi. Ma trovò la sinergia dentro di sé. Inventò una Terza Alternativa: la non violenza creativa. Trascese la mentalità delle Due Alternative. Non scappò, né rispose alla violenza con la lotta. Combattere è una cosa che fanno gli animali: quando sono messi alle strette, o lottano o fuggono. Anche chi ragiona secondo la logica delle Due Alternative si comporta in questo modo: combatte o fugge.

    Gandhi cambiò la vita di oltre trecento milioni di persone utilizzando la sinergia. Oggi l’India conta più di un miliardo di abitanti. È un posto straordinario, dove è possibile sentire l’energia e il vigore economico e spirituale delle persone meravigliose e indipendenti che lo abitano.

    La lezione di musica

    Un giorno, una donna, che chiameremo Nadia, vide la sua bambina piangere mentre usciva da scuola portandosi dietro la custodia del violino. La piccola di otto anni singhiozzando raccontò alla madre che l’insegnante non avrebbe più tenuto lezioni di musica in classe. Durante la notte, la rabbia di Nadia, che a sua volta era una violinista diplomata, montò sempre di più. Non riusciva a dormire pensando alla delusione che aveva letto sul volto della figlia e pianificò nel dettaglio l’invettiva che avrebbe lanciato contro l’insegnante.

    Al mattino però ci ripensò e decise che prima di partire all’attacco avrebbe dovuto capire con esattezza cosa stesse succedendo. Si recò a scuola per tempo in modo da poter parlare con l’insegnante prima della lezione. Mia figlia ama il violino, disse, e mi domando per quale ragione i bambini non possano più esercitarsi a suonare a scuola. Con sua grande sorpresa, l’insegnante scoppiò a piangere. Non abbiamo più tempo per le lezioni di musica, spiegò. Dobbiamo dedicare tutto il tempo di cui disponiamo alle materie di base come la lettura e la matematica. Si trattava di una disposizione governativa.

    Per un attimo Nadia pensò di sferrare un attacco contro il governo, ma poi disse: Ci deve essere un sistema per fare in modo che i bambini acquisiscano le competenze di base e contemporaneamente imparino la musica. L’insegnante batté le palpebre per un attimo. Certo, la musica è matematica. A questo punto, il cervello di Nadia cominciò a lavorare vorticosamente. E se le conoscenze di base fossero state insegnate attraverso la musica? Le due donne si guardarono e scoppiarono a ridere perché avevano avuto la stessa illuminazione. Nell’ora successiva furono travolte da un impetuoso e quasi magico flusso di idee.

    Poco dopo Nadia iniziò a collaborare come volontaria alle lezioni nella classe di sua figlia; lo faceva ogni volta che poteva. Insieme, lei e l’insegnante spiegavano le diverse materie utilizzando la musica. Gli alunni svolgevano le frazioni non solo con i numeri, ma anche con le note musicali (due crome equivalgono a una semiminima). Attraverso il canto, recitavano le poesie con più facilità. La storia prese vita nel momento in cui iniziarono a studiare i grandi compositori e le loro epoche, suonando la musica che avevano composto. Inoltre, impararono qualche parola straniera intonando i canti popolari originari di altri Paesi.

    La sinergia tra il genitore amante della musica e l’insegnante era importante quanto quella tra la musica e le conoscenze di base. Gli alunni appresero rapidamente sia l’una che le altre. Poco dopo, altri docenti e genitori vollero ripetere l’esperimento. Col tempo, anche il governo si interessò a questa Terza Alternativa.

    Qualità Totale

    Nel 1940 il professore di gestione aziendale W. Edwards Deming cercò di convincere gli industriali americani che fosse necessario migliorare la qualità dei loro prodotti, ma essi decisero di ipotecare il futuro tagliando i costi della Ricerca e Sviluppo e concentrandosi sui profitti a breve termine. Si tratta di un modo di pensare tipico della mentalità orientata alle Due Alternative: bisogna scegliere tra alta qualità e riduzione dei costi; non è possibile avere entrambe le cose. Si trattava di un concetto risaputo. In America, la domanda di profitti a breve termine comportò un risparmio sempre maggiore sulla qualità, e ciò innescò un circolo vizioso. Si sviluppò un atteggiamento mentale del genere: come possiamo farla franca? In che modo possiamo incidere negativamente sulla qualità del prodotto prima che i clienti si ribellino?

    Rifiutato in America, Deming andò in Giappone. Egli sosteneva che i difetti si insinuano all’interno di ogni processo produttivo e prima o poi allontanano i clienti; pertanto, l’obiettivo della produzione dovrebbe essere quello di ridurre progressivamente l’incidenza del malfunzionamento sul prodotto. Gli industriali giapponesi combinarono l’idea di Deming con la loro filosofia kanban, che mette il controllo della produzione nelle mani dei lavoratori. Il termine kanban significa mercato; i lavoratori in fabbrica hanno la possibilità di scegliere le componenti, come se facessero la spesa al supermercato. L’obiettivo è migliorare la produzione. Il risultato di questa combinazione di idee fu una vera e propria novità nel mondo, una Terza Alternativa: nacque la Gestione totale della qualità, il cui obiettivo era quello di concentrarsi sul miglioramento continuo delprodotto e contemporaneamente sulla riduzione dei costi. Ne derivò un nuovo atteggiamento mentale: in che modo è possibile migliorare il prodotto?

    Il modo di pensare tipico delle Due Alternative

    Come dimostrano questi esempi, la mancanza di una forma mentis improntata alla Terza Alternativa costituisce il più grande ostacolo alla sinergia. Le persone che adottano l’atteggiamento mentale delle Due Alternative nell’affrontare una determinata questione non riusciranno mai a raggiungere la sinergia, se prima non ammettono che quest’ultima è perlomeno possibile. Chi pensa seguendo la logica delle Due Alternative vede solo la competizione, e non la collaborazione; per queste persone, vale sempre la regola noi contro di loro. Chi manifesta questo tipo di mentalità vede solo falsi dilemmi e segue sempre il medesimo principio: O si fa a modo mio o niente. Chi ragiona secondo questa logica soffre di una sorta di daltonismo: riesce a vedere solo il blu e il giallo, non il verde.

    La mentalità delle Due Alternative è dappertutto. La sua manifestazione più estrema è la guerra ma, senza arrivare a tanto, ne vediamo le conseguenze quando ci facciamo coinvolgere in una Grande Disputa. Ne abbiamo un esempio quando i liberali si tappano le orecchie per non ascoltare quello che dicono i conservatori, e viceversa. Oppure quando gli imprenditori sacrificano gli interessi aziendali di lungo periodo per garantirsi un guadagno a breve termine, ma anche quando qualcuno di loro sostiene di essere un visionario lungimirante, mentre l’azienda gli crolla intorno perché si rifiuta di prendere in considerazione il breve periodo. Lo vediamo nella persona religiosa che rifiuta la scienza, e nello scienziato che non attribuisce alcun valore alla religione. (Nelle università di Londra gli scienziati evitano di pranzare insieme ai teologi nella sala mensa di facoltà!)

    Spesso, chi pensa secondo la logica delle Due Alternative non riesce a vedere gli altri come esseri umani dotati di una propria individualità; bada solo alle loro ideologie. Non dà valore ai diversi punti di vista, e pertanto non si sforza di comprenderli. A volte finge di rispettarli, ma in realtà non vuole ascoltare, solo manipolare. Passa all’offensiva perché si sente insicuro: sono in gioco il suo territorio, l’immagine che ha di sé, la sua identità. In definitiva, la strategia che adotta per affrontare le differenze è quella del cerca e distruggi. Per queste persone, uno più uno fa zero, o anche meno. La sinergia non può prosperare in un contesto simile.

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    Due Alternative. In un conflitto, siamo abituati a vedere schierato il nostro modo di fare contro quello dell’avversario. Le persone con una forma mentis sinergica scelgono entrambe le posizioni o superano questa mentalità ristretta per elaborare una Terza soluzione Alternativa.

    Potresti chiederti: È possibile entrare in sinergia con tutti?. Sarebbe molto difficile riuscirci con individui affetti da disabilità cognitive o emotive che non sono in grado di controllare gli impulsi. Naturalmente, non si può stabilire una sinergia con un soggetto psicopatico. Ma la maggior parte delle persone non sono altro che persone. Il problema più insidioso del modo di pensare delle Due Alternative è rappresentato dalla trappola bipolare in cui noi, individui ordinari e razionali, rischiamo di cadere con facilità. L’illustrazione a pagina 26 ci mostra in cosa consiste: Quelli che stanno dalla mia parte sono [scegli dall’elenco della colonna A]. Quelli che stanno dalla tua sono [scegli dall’elenco della colonna B].

    Credevo che la maggior parte degli adulti fosse superiore a questo genere di cose, che comprendesse la complessità del mondo in cui viviamo. Ma, prestando attenzione a quello che dicono i media ultimamente, e accorgendomi di quanta gente si arricchisca promuovendo la mentalità delle Due Alternative, non ne sono più tanto sicuro.

    Inoltre, questo modo di pensare ci preoccupa quando ci troviamo ad affrontare un dilemma, un problema senza un’apparente soluzione soddisfacente. Si tratta di questioni di cui sentiamo parlare continuamente. Un insegnante dice: Non posso lavorare con questo studente, ma non posso nemmeno evitarlo. Un uomo d’affari afferma: Non possiamo far crescere gli affari senza un incremento di capitale, ma non possiamo nemmeno fare aumentare il capitale, se non facciamo crescere gli affari: è un circolo vizioso. Un politico dichiara: Non possiamo permetterci di garantire un buon livello di assistenza sanitaria a tutti, né possiamo lasciar soffrire la gente che non riesce a pagare. Un direttore vendite asserisce: Due dei miei più bravi venditori parlano continuamente male l’uno dell’altro e si screditano a vicenda. Ma senza di loro, perderemmo i nostri migliori clienti. Una moglie dice del marito: Non riesco a vivere con lui, ma nemmeno senza di lui.

    I corni del dilemma

    Sapere di avere solo due alternative ugualmente terribili può essere angosciante. Per gli antichi greci ciò significava trovarsi tra i corni del dilemma, perché era come essere di fronte a un toro pronto ad attaccare: qualunque sia il corno che ti colpisce, vieni trafitto.

    Di fronte a questi dilemmi, l’insicurezza di chi pensa secondo la logica delle Due Alternative è comprensibile. Alcune persone alzano le mani in segno di resa. Altre afferrano un corno e trascinano con sé tutto il resto. Sono così ossessionate dall’idea di essere nel giusto, che difendono la loro posizione anche se lo scontro le ha lasciate sanguinanti. Ci sono individui che scelgono addirittura un corno su cui morire perché sentono di doverlo fare; non riescono a vedere una Terza Alternativa.

    Troppo spesso facciamo fatica a comprendere che ci troviamo di fronte a un falso dilemma, ed è un peccato, dal momento che ciò avviene nella maggior parte dei casi. Vediamo falsi dilemmi dappertutto. Durante i sondaggi si fanno domande del tipo: Sei a favore della soluzione repubblicana o di quella democratica? Sei favorevole o contrario alla legalizzazione delle droghe? È giusto o sbagliato usare gli animali per la ricerca? Sei con noi o contro di noi?. Questi interrogativi non ci permettono di andare oltre la mentalità delle Due Alternative (ed è quello che vuole l’intervistatore, di solito!). Oltre ai due estremi del dilemma ci sono quasi sempre altre possibilità, ma le persone che ragionano secondo la logica delle Due Alternative non riescono a coglierle. Raramente ci chiediamo se esiste una risposta migliore, una Terza Alternativa. Nessun sondaggista ci porrà mai questa domanda.

    Il grande gruppo di mezzo

    Una reazione che indebolisce il pensiero delle Due Alternative è quella di smettere di sperare. In ogni Grande Disputa c’è sempre un grande gruppo di mezzo, vale a dire un insieme di persone che non si identifica con nessuno dei due poli. In genere, questi individui vengono scoraggiati dagli estremi di questo modo di pensare dicotomico. Credono nel lavoro di squadra e nella collaborazione e prendono in considerazione il punto di vista altrui, ma non riescono a trovare una Terza Alternativa. Non sono realmente convinti che vi sia una soluzione concreta a un eventuale conflitto con il datore di lavoro, a un matrimonio infelice, a una causa giudiziaria o allo scontro tra Israele e Palestina. Si tratta di quel genere di persone che dicono: Non andiamo d’accordo. Non siamo compatibili. Non c’è una soluzione.

    Credono nel compromesso, e ritengono che sia la cosa migliore che si possa ottenere. Il compromesso gode di un’ottima reputazione, e probabilmente ha impedito che molti problemi peggiorassero. Secondo i dizionari, entrambe le parti rinunciano a qualcosa, sacrificano o abbandonano alcuni dei loro interessi personali, al fine di arrivare a un accordo. In questo caso, si parla di situazione lose-lose, io-perdo-tu-perdi, che è il contrario di quella win-win, io-vinco-tu-vinci. Le persone che raggiungono un compromesso possono sentirsi soddisfatte, ma non saranno mai felici. Col tempo, il rapporto si indebolisce e molto spesso la disputa si riaccende.

    Dal momento che vivono in un mondo lose-lose, io-perdo-tu-perdi, chi si trova nel Grande gruppo di mezzo non ha grandi speranze. Spesso si tratta di individui impegnati nel lavoro, ma che apportano una scarso contributo personale e non sfruttano appieno il loro potenziale. Questi soggetti tendono a vedere la vita attraverso le lenti dell’era industriale, ormai obsolete. Il loro compito è quello di presentarsi sul posto di lavoro e svolgere meccanicamente delle mansioni, non di trasformare il mondo o creare un nuovo futuro. Sono buoni giocatori ma non sono in grado di cambiare le regole del gioco. Nessuno chiede loro di fare altro. Naturalmente, il loro scetticismo è un meccanismo di difesa nei confronti della mentalità delle Due Alternative. Una sciagura su entrambe le vostre case è la loro risposta silenziosa quando vengono coinvolti in una disputa territoriale al lavoro o in uno scontro tra familiari. E le loro difese si alzano non appena si ha un cambio di leadership o viene attuata una nuova strategia. Bando ai vecchi sistemi, è ora di impiegarne di nuovi. Saremo un’organizzazione snella, dalle alte prestazioni!. Queste persone leggono tra le righe: Non pensi che dovresti rinunciare ai tuoi benefit/accettare una riduzione di stipendio/fare il lavoro di due persone affinché i profitti crescano? Non sei d’accordo sul fatto che tutti dovrebbero rinunciare a qualcosa?. Ovviamente sono d’accordo. Non vengono mai consultati, sono considerati intercambiabili e sanno ormai da tempo che non devono farsi illusioni.

    Spesso, quindi, una triste conseguenza dell’esistenza di un Grande gruppo di mezzo è il cancro in metastasi del cinismo. I rappresentanti di questa categoria di persone vedono con sospetto chiunque mostri entusiasmo e disprezzano le nuove idee. Hanno una reazione allergica quando sentono la parola sinergia. Non ne hanno mai fatto esperienza.

    I modelli della sinergia

    Come abbiamo visto, gli individui che superano la mentalità delle Due Alternative e passano all’atteggiamento mentale della sinergia, come Gandhi, Deming e Nadia (la madre appassionata di musica) sono rari, ma esercitano una grande influenza, sia sul piano creativo che su quello produttivo. Danno subito per scontato che ogni dilemma sia falso. Sono responsabili del cambiamento di modello, sono degli innovatori, sono coloro che cambiano le regole del gioco.

    Se vogliamo unirci a loro e procedere verso la mentalità della Terza Alternativa, dobbiamo modificare i nostri paradigmi, seguendo quattro criteri. (Vedi figura a pagina 30). Sappi sin d’ora che non è facile farlo. Sono modelli controintuitivi. Ci allontanano dall’egoismo e ci conducono verso un sincero rispetto degli altri. Ci distolgono dalla necessità di trovare sempre la risposta giusta, e ci aiutano a cercare quella migliore. Ci spingono verso percorsi imprevedibili, dato che nessuno sa quali caratteristiche avrà la Terza Alternativa.

    Il grafico a pagina 30 mette a confronto i quattro modelli della mentalità delle Due Alternative con quelli della Terza Alternativa. Noterai che a ogni passaggio, la mentalità delle Due Alternative si allontana sempre di più dalle soluzioni creative, che sono possibili soltanto adottando i modelli tipici del pensiero della Terza Alternativa. Ogni paradigma è il fondamento di quello successivo, pertanto la sequenza è importante. Perché?

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    Mentalità della Terza Alternativa. Per arrivare a una Terza Alternativa, devo prima praticare l’autoconsapevolezza e tenere in considerazione il punto di vista che tu rappresenti. Poi devo cercare di comprenderlo appieno. Solo allora potremo passare alla sinergia.

    Gli psicologi ci dicono che la prima condizione per guarire è dimostrare sincerità, autenticità e congruenza. Se smettiamo di indossare una maschera o di mostrare una facciata, abbiamo maggiori possibilità di raggiungere la sinergia. Pertanto, il primo paradigma è Mi vedo. Ciò significa che sono consapevole di me stesso: ho sondato le mie ragioni, le mie incertezze e i miei pregiudizi con il cuore in mano. Ho esaminato le mie personali supposizioni. Sono pronto a essere sincero con te.

    La seconda condizione vuole che io ti accetti, ti apprezzi e mi prenda cura di te. Carl Rogers, uno dei miei autori preferiti, anzi il mio eroe, definisce questo atteggiamento considerazione positiva incondizionata. Si tratta di un sentimento positivo e aperto nei tuoi confronti, perché ti considero un essere umano completo e non un insieme di atteggiamenti, comportamenti e convinzioni. Per me non sei una cosa, sei una persona. Ti vedo come una sorella, un fratello, un figlio di Dio.

    La terza condizione è la comprensione empatica, che può verificarsi solo se ho accettato i due modelli precedenti. Empatia significa entrare nel mondo dal quale proviene l’altra persona e capire la sua realtà. L’empatia è rara; la doniamo e la riceviamo di rado. Al contrario, come dice Rogers, ciò che offriamo è un altro tipo di comprensione, che è molto diversa: ‘Capisco cosa c’è di sbagliato in te’. In realtà, il paradigma efficace è Cerco di trovarti, al fine di cogliere appieno ciò che hai nel cuore, nella mente

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