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Celestino V e il tesoro dei Templari
Celestino V e il tesoro dei Templari
Celestino V e il tesoro dei Templari
E-book349 pagine5 ore

Celestino V e il tesoro dei Templari

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Info su questo ebook

Perché il misterioso abate Sauniére di Rennes Le Chateau si è procurato proprio la riproduzione del quadro L’incoronazione di Celestino? Fonti storiche ci informano che Pietro del Morrone – il futuro Celestino V – quando si recò a Lione nel 1274, in occasione del Concilio indetto da Gregorio X, fu ospitato dai Templari nella magione poi divenuta suo convento (che nel 1800 fu abbattuta per realizzare il Teatro dei Celestini, così si chiama oggi il teatro di Lione). Di ritorno l’eremita si fermò a Collemaggio, alle porte della città dell’Aquila, e la Vergine in sogno gli disse di realizzare una chiesa in suo onore in un luogo già sacro. In questa stessa chiesa, nel 1310 si svolse il processo aquilano ai Templari. Potrebbero allora i Templari aver affidato il loro tesoro a Pietro del Morrone che lo ha custodito in quel prezioso scrigno che è Santa Maria di Collemaggio, costruita dall’eremita proprio con il loro aiuto? Può la fantasia creare la realtà? Può la realtà confondersi con la dimensione del sogno dove tutto è possibile? Al sogno e all’invenzione immaginifica è dedicata la prima parte di quest’avvincente libro di Maria Grazia Lopardi, un breve romanzo in cui realtà, intuizione e fantasia vanno a braccetto. Ad essa si contrappone la seconda parte dell’opera, nella quale, invece, dati storici e riscontri sul campo portano all’attenzione del lettore le scoperte dell’Autrice sull’affascinante Santa Maria di Collemaggio e una cronaca di eventi personali lascia intravedere che quelle che normalmente chiamiamo coincidenze, tali non sono.
LinguaItaliano
Data di uscita13 nov 2013
ISBN9788864830179
Celestino V e il tesoro dei Templari
Autore

Maria Grazia Lopardi

Nata a L’Aquila dove vive con la famiglia ed esercita la professione di Avvocato dello Stato. Presidente dell’Associazione “Panta Rei” che offre alla città conferenze e seminari per lo sviluppo della coscienza, da molti anni rivolge la sua attenzione alla Tradizione iniziatica, al simbolismo e ad aspetti della storia medievale come la vicenda dei Templari e quella di Celestino V. Ha partecipato come relatrice a numerosi convegni e ha già pubblicato diversi libri: ha pubblicato,con le Edizioni Mediterranee, Il Quadrato magico del Sator e Architettura sacra medievale.

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    Celestino V e il tesoro dei Templari - Maria Grazia Lopardi

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    Celestino V e il tesoro dei Templari

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    Maria Grazia Lopardi

    COLLANA

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    Copyright

    Celestino V e il tesoro dei Templari

    di Maria Grazia Lopardi

    ISBN 978-88-6483-017-9

    Prima edizione digitale 2013

    2010 - 2013 © Copyright by Edizioni Arkeios

    Via Flaminia, 109 - 00196 Roma

    www.edizionimediterranee.net

    Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma

    Dedica

    ai cercatori del GRAAL

    Introduzione alla prima edizione

    A volte la vita appare così incredibile da far sorgere il dubbio su dove sia il limite della realtà e dove incominci il dominio del fantastico costruire della mente, persa tra i sogni a occhi aperti non dissimili da quelli che, senza pretesa che si paghi il biglietto, si impongono come spettacoli notturni quando la coscienza della veglia si concede di ritirarsi un po’. Sono a letto con l’influenza e la testa mi duole come per gridare il suo bisogno di riposo... Chiudo gli occhi e... senza indugio varco la soglia ed entro lì dove tutto è possibile... Inizia così la mia avventura ai confini della realtà o a quelli dei sogni, nel campo quantico dove ogni ipotesi può prendere forma. Mi vedo in una serata d’inverno, teatro di un frettoloso incontro: Devo darti dei fogli, mi viene detto al telefono. Alle 18:15 ci vediamo ai quattro cantoni. Avviene l’incontro e un rapido scambio di sensazioni e pensieri si conclude con la consegna dei fogli e una frase che mi lascia a bocca aperta: Ora devi scrivere un romanzo!. Non so se sia in grado di scrivere un romanzo, ma se devo farlo mi verrà un aiuto. Ho molta fiducia nella vita che insegna ciò di cui abbiamo bisogno e che parla se le prestiamo ascolto; se devo, qualcosa mi verrà in mente, con la particolarità che non dovrò preoccuparmi di una verifica storica: un romanzo non è un libro di storia e posso dare libero sfogo a intuizioni e fantasia. L’idea mi entusiasma, ma cosa devo scrivere? Quali saranno i personaggi della trama? Ancora di più mi elettrizza una domanda che nasce dal profondo: Perché devo scrivere?. Senza sapere dove verrò portata, inizio fiduciosa, ma il mio critico interiore subito emerge a ridimensionare il mio entusiasmo lanciandomi il messaggio: Tu non sei capace di scrivere romanzi!. Bene, ma vediamo lo stesso cosa succede e poi se uno non si è mai cimentato in un’attività non è detto che non ne sia capace. Mentre la mente cerca un punto di partenza lascio che un’immagine si presenti: mi appare una pietra rossa, ma non so collocarla né individuarla. Vediamo che succede. Buon viaggio a me, se un viaggio ci sarà e anche a voi se avrete voglia di leggere un romanzo o più modestamente una storia che si svolge nei secoli. Oppure in un solo istante se è vero che tutte le dimensioni sono qui e che oltre l’illusione dei frammenti del tempo vi è ogni possibilità contemporaneamente!

    L’Aquila, 8 febbraio 2002

    MARIA GRAZIA LOPARDI

    Introduzione alla seconda edizione

    Una porta si è aperta e con violenza l’energia della terra ha scosso l’esistenza di un popolo tranquillo, forse troppo, sì da aver bisogno di essere destato da un sortilegio mirante a renderlo inconsapevole custode di un tesoro, così come nascosta tra i monti è rimasta la città sorta per affidarlo all’umanità del terzo millennio. Forse era giusto così, forse L’Aquila, la mia città, doveva rimanere riservata – caratteristica della sua gente – per emergere all’attenzione del mondo intero al momento giusto.

    6 aprile 2009, ore 3:32

    Madre terra ci desta dal sonno ricordandoci di essere una creatura viva scuotendo e torcendo le case come una robusta mano accartoccia un foglio di carta. Il piano dello Spirito segue il suo corso verso il compimento e utilizza ogni strumento idoneo per scuotere e richiamare l’attenzione del mondo intero, come un terremoto disastroso o lo svolgimento del G8 con l’arrivo dei grandi del mondo. È il momento di raccontare quel che intanto è avvenuto, come la vita ha parlato per preparare a comprendere gli eventi che andiamo a vivere e quel che posso aver compreso.

    Il tempo passa veloce e il quotidiano spesso si colora delle tinte tenui delle fiabe, quelle che iniziano con C’era una volta.... E quella volta è sempre presente perché si tratta del tempo-non tempo dell’anima, del qui e ora dove tutto irrompe contemporaneamente lasciando intravedere una infinità di universi possibili. Quando mi fu chiesto di scrivere un romanzo che poi vidi scorrere in immagini vivaci e coerenti nella mia mente alterata dalla febbre, pensai ovviamente di aver attinto al meraviglioso mondo della fantasia. Invero la storia narrata, i dialoghi, i personaggi così familiari che avevano popolato la mia vicenda fantastica mi risuonavano interiormente come se, in effetti, avessi attinto da quel libro invisibile eppur gigantesco – di cui parla l’antica saggezza – che registra tutte le vicende umane; poi la seconda parte della mia storia che non era frutto di fantasia, ma realtà liberamente riferita, conferiva logica a quelle allucinazioni febbrili. Chissà!

    Il confine tra fantasia e realtà, tra immagini interiori e proiettate sullo schermo dell’esistenza appare illusorio e indeterminato quando la vita stessa pone di fronte a eventi più straordinari di ogni parto fantastico e il tesoro dei Templari, la Presenza, sembra materializzarsi lasciando nell’anima un senso di meraviglia e di riconoscenza perché comunque un tesoro sembra destinato a te, proprio a te che lo accogli con la predisposizione a cercare il tesoro dell’esistenza con la curiosa attenzione di un bambino che gioca, molto seriamente gioca e sa vedere ciò che agli adulti non è dato cogliere, perché la sicurezza di quel che cade sotto i sensi ha spazzato via il veritiero sentire dell’anima...

    Insomma il tesoro dei Templari c’è veramente, è sotto gli occhi di tutti che non lo vedono e aleggia nei loro sogni a tentare il risveglio di quella parte interiore che sa. Nel Medioevo si parlava di Graal e la cerca era destinata a un cavaliere un po’ folle e dal cuore puro disposto ad affrontare le provocazioni della vita, a cercare oltre i limiti del visibile perché il Graal compare e scompare, il Graal parla e tace, il Graal cambia forma; ora pietra, ora coppa, ora libro, ora piatto, il Graal nutre di luce ed è stato portato sulla terra dagli angeli e la terra lo ha accolto nel suo grembo quando è finita la sua epoca di manifestazione. Mito arcano che tace dicendo e dice tacendo. La storia del Graal chi potrebbe accantonarla quale mera fantasia quando così tanto cattura e lascia l’anima sospesa? Wolfram von Eschenbach nel suo Parzival indica i Templari quali custodi del Graal, ed è un eremita a rivelarglielo, un eremita come Celestino V, prima di divenire papa e dopo aver abbandonato l’abito:

    L’eremita parlò dicendo:

    "So molto bene che mani capaci (cavalieri che offrono protezione) vivono

    a Munsalwaesche, vicino al Graal.

    Spesso si imbarcano in avventure

    quando escono a cavallo. I Templeisen (Templari) combattono

    per espiare i loro peccati,

    sia che ottengano la vittoria o subiscano la sconfitta.

    Lassù vive una schiera armata".

    (Parzival, v. 468,23-469,1)

    Forse nel mio romanzo – che parla di un percorso spirituale, il cammino a cui aspiro con forza, come un assetato alla fonte – c’è una percentuale di verità. Leggetelo con cuore aperto e poi, nella parte che aggiungo in questa edizione e che non è affatto fantasia ma realtà, sentite cosa la vita mi ha messo davanti su un prezioso vassoio e poi chiedetevi quale parte sia più fantastica.

    L’Aquila, 7 ottobre 2009

    MARIA GRAZIA LOPARDI

    Prima parte  - La Presenza. Celestino e il tesoro dei Templari

    Capitolo 1. In attesa di ispirazione

    È difficile dare un titolo a ciò che non so. Forse bisogna avere un’ispirazione per iniziare un romanzo, ma io non ho idee su nulla. Mi abbandono un istante cercando di svuotare la mente e vedo... degli uomini vestiti di bianco. Sono austeri e sereni, con un’espressione di fiducia sul volto, come se tutto fosse giusto e perfetto. Intorno mi appare un paesaggio desertico e delle costruzioni basse di grosse pietre sovrastate da una torre a tre piani. Vasche d’acqua proveniente dai monti attraverso un sofisticato sistema di raccolta e cisterne impermeabili di cui una particolarmente grande e circolare contrastano con la natura brulla del luogo: sento che quelle vasche sono importanti perché legate a un rituale antico di purificazione. La mente si sostituisce alla visione e riconosce una comunità essena, sì, i puri del deserto di cui ben poco si sapeva prima del ritrovamento dei rotoli di Qumran nel 1947 grazie al beduino Muhammed edh-Dhib della tribù di Ta’amira. La storia li tramanda come i ligi alle scritture convinti di essere i figli della luce, in opposizione ai figli delle tenebre, che vivevano nell’attesa della venuta di un messia, anzi di due messia, uno religioso della casa di Aronne e uno politico della casa di Davide. Percepivano di essere arrivati alla fine dei tempi per cui Dio avrebbe instaurato il suo regno di Luce distruggendo il male. La loro fedeltà alla legge era tale che se il sabato cadeva un animale in un fosso non era consentito prestargli aiuto. Questo mi risulta oltre alla possibile influenza che ebbero sulla formazione di Gesù il Signore. Mi rendo conto che la mia mente razionale ha ripreso il sopravvento e provo di nuovo a fare il vuoto seguendo il respiro che, entrando nei polmoni e uscendo, mi rende presente a me stessa separandomi dalle consuete attività di una mente sempre all’erta.

    Vedo un gruppo di uomini che entra in una vasca per l’abluzione rituale e ne esce purificato. Ve ne è uno, dall’espressione severa, con una fierezza nello sguardo tale da farlo apparire più un guerriero che un pacifico abitante del deserto: nei suoi occhi vi sono dei lampi che gli conferiscono un carisma che non ha bisogno di parole per toccare. "Preparate la via del Signore e raddrizzate i suoi sentieri!". Ma questo è Giovanni! Che cosa ci fa qui? Già, il Battista stava nel deserto e battezzava facendo immergere interamente nell’acqua. Lasciando da parte la meraviglia lo seguo con la visione interiore. Sto fantasticando o che? Ecco la mente che si rimette in mezzo e mi impedisce di seguire il mio film, qualunque cosa sia. L’uomo si ritira all’ombra di una costruzione e con tono fermo ma emozionato dice:

    Il mio cuore sente che sta arrivando Colui che deve venire e voi che vivete nel deserto cercando di purificare i vostri corpi e le vostre anime avete avuto un compito. Non tutti sanno quale esso sia, ma se Dio vi ha suggerito di stare lontani dal mondo per limitare la vostra contaminazione e le vostre regole sono così rigide da sostenersi solo per una grande convinzione interiore è perché avete avuto una missione nel formare il corpo umano più puro che possa comparire sulla terra, quello destinato ad accogliere la Shekina, la Presenza stessa di Dio. Alcuni di voi non la riconosceranno perché il rigore necessario alla vostra missione non lascerà spazio all’elasticità necessaria per comprendere la costante legge del cambiamento, per cui la regola che va bene per un fine diviene cristallizzante se viene mantenuta senza discernimento. Io ho sentito che già da tempo un bambino è nato con un sigillo sul petto. Io che sono emerso dalla sterilità del mondo degli opposti dove nulla è duraturo e dunque tutto è deserto, ho sentito nella mia essenza che un essere predestinato si è incarnato quasi insieme a me. Vivo per incontrarlo perché la vita di ogni uomo ha senso se si prepara a incontrare Colui che deve venire. Porterà un messaggio che le parole non potranno rilevare nella sua grandezza: il suo tesoro è la sua Essenza perché accoglierà in sé l’Energia dell’Altissimo che nessun uomo che non si sia purificato e non abbia sciolti i nodi oscuri che lo legano al mondo potrà mai tollerare, perché è troppo luminosa per non essere avvertita come fuoco che brucia.

    Giovanni nazireo, che ti astieni persino dal vino e dalle bevande alcoliche e vesti il tuo corpo di pelo di cammello, se sai qualcosa di preciso diccelo.

    Non vi è nulla da dire se non che la Materia ha ricevuto in sé la Luce che la trasformerà rendendola luminosa come non è neppure immaginabile. Ciò che si corrompe diverrà incorruttibile e la morte sarà vinta perché i morti ritorneranno in vita. Tutto è possibile a colui che deve venire, che è già venuto ma deve manifestarsi. Preparatevi a riconoscerlo perché travolgerà i vostri schemi e le vostre convinzioni e potreste rifiutarlo per questo. Il suo messaggio non sarà un insegnamento da tramandare, ma una comunicazione della sua Essenza. Io lo indico con il mio dito e sono la porta che condurrà a lui perché decrescerò come il Sole dell’estate quando apparirà per permettere alla sua Luce di folgorare e di scuotere dal sonno la stessa materia liberandola dal torpore e dalla pesantezza.

    Non vedo più Giovanni il nazireo, colui che battezzerà Gesù anch’esso nazireo dai lunghi capelli, né gli asceti dai bianchi abiti senza cuciture, ma vedo un uomo che, sulle montagne in cui fili di erba tremano al vento e la vita fatica ad affermarsi tra le rocce, percorre un pendio scosceso per preparare il sentiero per Colui che deve venire: ha l’aspetto del pastore il cui volto è stato bruciato dal Sole, troppo rugoso per la sua età, ma il corpo è robusto e agile anche se digiuni e astinenze lo rendono magro e dolente. Come gli Esseni cerca la purificazione, come il Battista attende che il Signore si manifesti: attraverso un corridoio del tempo la scena transita nel XIII secolo, quando una nuova attesa messianica agita i cuori fiduciosi di coloro che preparano la via. Le immagini mi si sovrappongono e l’eremita dei monti si confonde tra gli Esseni la cui natura è così simile alla sua. Forse è il Battista ritornato? Nella visione interiore tutto è possibile perché ogni tempo è presente e tutto è contemporaneamente. Forse il messaggio, mi dice la mente, è che l’eremita era veramente tra gli asceti vestiti di bianco e ripete un ruolo per svolgere ancora una volta un compito.

    No, no... Questo non è un romanzo che possa interessare la gente e indurla a interrogarsi, queste sono mie considerazioni a cui la mente tacitata ha dato corpo in immagini! Potrei vagheggiare di trovare un diario in soffitta o di aver ereditato da una zia lontana e mai vista una misteriosa casa dove gli oggetti parlano, o di entrare in contatto con gli gnomi che mi riporto da tutta l’Europa, naturalmente in legno o altro materiale, e che hanno letteralmente infestato (piacevolmente) la mia casa! Poco originale. Sconsolata perché non so come iniziare un romanzo, chiudo il computer in attesa che qualcosa avvenga.

    Dentro di noi c’è un fragile bambino con tanta fantasia: se gli permettiamo di stare con noi ci fa gioire delle piccole cose della vita, di quelle che gratuitamente ogni giorno banale ci offre, banale se così lo vediamo. Per il bambino/a nulla è banale perché tutto è meraviglioso: mi reco a guardare il mio angolo degli gnomi, io professionista e madre, sì quelli che mi ricordano tanti viaggi bellissimi e che mi aiutano a non dimenticare il legame con la terra, con le caverne in cui i piccoli spiriti di natura custodiscono tesori splendenti. Mi daranno l’ispirazione sollecitando la mia bambina interiore, quella che non fa appassire, anche se gli anni passano?

    Squilla il telefono e vengo distolta dai miei gnomi misti a troll norvegesi e ai più domestici mazzamoreji abruzzesi... È un signore che ha ascoltato la conferenza tenutasi nella sede di Panta Rei, l’associazione di cui sono presidente, e vorrebbe una copia del libro scritto dal conferenziere. A conclusione della telefonata mi dice che un suo zio, che frequenta un gruppo spirituale a Roma, gli ha riferito che in una riunione è emerso, non mi ha precisato come, un nesso tra Celestino V – il papa che rinunciò al papato e le cui spoglie sono custodite nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, all’Aquila, la mia città –, la basilica e il Graal! Eccomi già dentro un romanzo. Invero rimango folgorata perché ho appena mandato all’editore del mio secondo libro, I Templari e il Colle magico di Celestino, séguito del Colle magico di Celestino, un aggiornamento in cui affido alla carta, senza commenti, gli eventi che mi sono accaduti dopo l’inoltro della prima bozza del lavoro. La mia mente razionale ha avuto un bel da fare ad accettare che comunque dovevo dar spazio anche agli aspetti irrazionali della mia vita, dato che non a caso mi capitano. Insomma dopo aver scritto un libro su Celestino e un secondo sui suoi rapporti con i Cavalieri del Tempio, una gentile, anziana signora mi telefona proponendomi un incontro. Mi parla di Celestino come se fosse il suo vicino di casa con cui conversa amabilmente. Va bene, mia mente logica, come se fosse suo nonno o suo zio! Va meglio? Già, immaginate come dovevo guardarla allorché mi riferiva le conversazioni da lei avute con Celestino, il cui scheletro in Collemaggio attesta defunto da oltre 700 anni! D’accordo che sono abituata a valutare le coincidenze significative, quelle che esulano dal nesso tra causa ed effetto che regola il mondo come appare alla nostra ragione, ma che una parte profonda di noi riconosce come vere e portatrici di un messaggio, quelle per cui pensiamo a una persona che non sentiamo da anni e squilla il telefono perché quella persona ci chiama, o sogniamo un fiore rosso con venature fucsia e come usciamo di casa qualcuno ce lo offre, proprio a noi tra tutti i passanti che affollano la strada... Insomma, sì ho imparato a dare fiducia alla vita che parla attraverso eventi che una emozione profonda ci segnala come significativi, ma da qui a credere che una parli con Celestino ce ne corre!

    Ascolto cosa ha da dirmi e intanto la studio con lo sguardo e soprattutto cerco di sentirla, come dire, energeticamente, per vedere cosa mi arriva. Decido di rimanere aperta e ascolto senza pregiudizi: è difficile pensare che non stia riferendo un’esperienza effettivamente vissuta. Mi racconta di essere una sensitiva sin da bambina, anzi una quasi sensitiva, perché non padroneggia bene quel che le succede: si ritrova a sentire voci – vi assicuro che non è da psichiatra – e a trovarsi in luoghi diversi da quello in cui si trova con il corpo fisico, in una condizione di trance cosciente dato che è in grado di riferire tutto ciò che vede. Il suo dire è deciso, quasi autoritario e una parte di me, imbavagliata la mente razionale, sente che potrebbe essere sincera. Mi riferisce che Celestino è stato aiutato dai Templari a costruire la basilica di Santa Maria di Collemaggio, che quando è andato a Lione, da povero eremita, vent’anni prima di salire sul soglio pontificio, per chiedere a papa Gregorio X di confermare il suo Ordine che altrimenti sarebbe stato sciolto, durante il viaggio di ritorno fu accompagnato dai Templari che sapevano del tempio che doveva sorgere a Collemaggio e che lo aiutarono; inoltre mi dice che alla costruzione fu affidato un segreto, un grande segreto dei Templari e del futuro Celestino. Le obietto che mi sta ripetendo quel che ho scritto nel mio libro e lei candidamente mi risponde di non averlo letto! È la stessa persona a dirmi: Ora devi scrivere un romanzo.

    Le porte del tempo hanno i contorni vaghi, ma quando viene il momento per noi di varcarle non vi sono difficoltà a entrare. Come seduta davanti a uno schermo gigante, senza popcorn o patatine, assisto a un film che mi sembra così lineare nel suo svolgimento che devo averlo già visto. Ecco inizia... Silenzio pensieri che distraggono, tacete rumori esterni e interni: lo spettacolo inizia.

    Capitolo 2. Lione 1274

    Aprite la porta della magione, c’è un pellegrino sfinito dalla fatica, è nostro compito dargli riparo! Sembra una persona speciale: è stato preceduto da una fama che lo vuole santo, un santo eremita.

    Così deve essere iniziata, nella città di Lione, la vicenda di Pietro del Morrone, l’eremita che aveva privilegiato i monti d’Abruzzo per la loro asprezza. Aveva viaggiato per quattro mesi, in pieno inverno, perché non c’era tempo da perdere: doveva salvare il suo Ordine in quanto Gregorio X avrebbe soppresso le tante congregazioni religione senza regola o comunque prive di approvazione che ne attestasse l’ortodossia. La minaccia del diffondersi dell’eresia era inquietante e concreta dato che anche nei regni della penisola, come nella terra di Francia, la Chiesa si era trovata a combattere la piaga del catarismo e movimenti simili che vedevano nella corruzione dei tempi e in particolare della Chiesa stessa la conferma del carattere maligno della materia e delle pulsioni che spingono l’uomo a legarsi a essa alla ricerca di un potere che non è quello dello Spirito, ma della carne e dell’aspetto dell’anima che si rivolge a essa. Una sorta di follia aveva intrappolato le menti dei ligi custodi dell’ortodossia, che trovavano come meritevole di pena la scelta di una vita semplice e pura, tanto che i cattolici, per farsi riconoscere come tali, affermavano con con vinzione di andare a donne, di mangiare carne, di bestemmiare. È noto l’episodio della contadinella che fu accusata di essere eretica perché non accettò di soddisfare le voglie del prelato in cui aveva avuto la ventura o sventura di imbattersi: una cattolica non l’avrebbe fatto!

    Tempi difficili per i puri, anche perché sono poco inquadrabili dai poteri costituiti, non soggetti a ricatti e nemmeno troppo preoccupati di essere ammazzati, se è vero che persino le donne catare si buttavano nelle fiamme dei roghi sorridendo perché la morte era semplicemente dismettere un abito e liberare l’anima dal peso della materia. Le congregazioni religiose che aspiravano a una purezza evangelica erano guardate con sospetto, per cui la mano severa del papato, con il Concilio di Lione del 1274, le avrebbe colpite indistintamente. Passi quel pazzo di Francesco i cui seguaci si erano mostrati ragionevoli nell’accettare una regola ammorbidita, ma bisognava stare attenti anche a quei francescani che ritenevano snaturata la regola approvata dalla Chiesa e la rinnegavano come non rispondente all’effettiva volontà del poverello d’Assisi.

    Fatelo entrare e rifocillatelo: ha bisogno di cibo e di un letto per ritemprarsi dalla fatica.

    Mentre Giovanni, il comandante della magione templare dà l’ordine, l’eremita viene fatto entrare. Gli occhi dei due si incontrano e un brivido di emozione ingiustificata scuote il fiero guerriero, che nei tratti austeri e duri offre più questo aspetto di sé che quello del monaco votatosi alla castità, all’obbedienza e alla povertà. Già, perché i Templari, i cavalieri guardiani del Tempio di Gerusalemme, avevano una duplice natura di monaci e di guerrieri e usavano la loro spada, a seconda delle occasioni, per combattere o, capovolta e conficcata al suolo, per pregare. Bernardo di Chiaravalle, il riformatore dell’Ordine dei Cistercensi, aveva redatto la loro rigida regola in ben 72 punti e aveva indotto il Concilio di Troyes a riconoscerli. I monaci-guerrieri avevano come compito istituzionale la difesa dei pellegrini e dei luoghi santi della vicenda terrena di Gesù il Signore, ma nel 1273, quando Gregorio X arrivò a Lione, li avvertì della sua intenzione di fonderli con i Cavalieri gerosolimitani di san Giovanni, dato che Gerusalemme era ormai persa e non vi era più la necessaria carica, tra i sovrani europei, per organizzare una nuova decisiva crociata.

    Salute fratello! – bisbiglia il fiero comandante colpito dalla forza che quel corpo, emaciato dal lungo viaggio e dalle mai interrotte penitenze, emanava. Un povero pellegrino, un eremita, gli aveva dato l’impressione di un colosso, lo aveva circondato di un’energia che non si acquista semplicemente nutrendosi bene e dando al corpo il giusto riposo.

    Pace a te, fratello! Ringrazio te e il Signore che ti ha posto sulla mia strada per l’accoglienza che mi offri: sono molto stanco e il motivo che mi ha condotto fin qui dal Regno di Napoli mi punge in petto come una pena nascosta.

    Questo è il semplice primo incontro tra due esseri che già si sono riconosciuti come fratelli, perché, in effetti, è vero che il Signore aveva messo frate Giovanni sul cammino dell’eremita, come sempre fa per tutti gli uomini che comprendono i suoi piani. Il giorno successivo Giovanni e Pietro si incontrano di nuovo: entrambi desiderano confrontarsi perché ognuno aveva suscitato nell’altro curiosità e fiducia.

    Hai fatto un lungo viaggio per arrivare fin qui da oltre i confini meridionali dello Stato Pontificio. Avrai tante avventure da raccontarmi ora che sei al sicuro tra queste mura. Guarda oltre il fiume. Lì nella cattedrale di San Giovanni si svolgerà il II Concilio lionese: papa Gregorio mira a riunire la Chiesa latina con quella greca, per cui ci saranno cardinali e patriarchi e tantissimi vescovi, abati, teologi. Le sconfitte in Terra Santa hanno purtroppo colpito la Cristianità e sanare la frattura tra Oriente e Occidente può contribuire a compensare la sottrazione dei luoghi santi delle origini del Cristianesimo. Per noi, custodi del Tempio di Gerusalemme, è stato un duro colpo perché ci siamo impegnati a dare la nostra vita per Cristo. Ma forse non tutto il male viene per nuocere se dalle ferite delle perdite materiali nasce un desiderio di unione dei Cristiani. Tutti vogliono seguire Cristo, cattolici e ortodossi, per cui le divergenze dottrinali sono forse superabili.

    Mentre dice così, frate Giovanni studia la reazione dell’eremita. Ci sono devoti

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