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Sempre dire banzai: Il Giappone è strano. In 100 modi fantasticamente diversi
Sempre dire banzai: Il Giappone è strano. In 100 modi fantasticamente diversi
Sempre dire banzai: Il Giappone è strano. In 100 modi fantasticamente diversi
E-book503 pagine3 ore

Sempre dire banzai: Il Giappone è strano. In 100 modi fantasticamente diversi

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Info su questo ebook

Questo libro nasce dall’idea primordiale del sito sempredirebanzai.it: volevo uno spazio dove registrare random tutte le cose che del Giappone quotidianamente mi spiazzavano e divertivano di più. Qui ho voluto quindi mantenere la stessa modalità, selezionando 100 curiosità che riguardano il Giappone, in nessun ordine particolare, così che sfogliando le pagine non si sa mai cosa aspettarsi dopo. Che è praticamente la stessa sensazione che ho provato la prima volta che sono stata in Giappone. E che continuo a provare quando ci torno e scopro qualcosa in più di questo Paese davvero speciale.
LinguaItaliano
Data di uscita7 apr 2023
ISBN9791222092454
Sempre dire banzai: Il Giappone è strano. In 100 modi fantasticamente diversi

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    Anteprima del libro

    Sempre dire banzai - Enrica Billi

    Introduzione

    Perché nel 2023 scrivere un libro? Con tutte le piattaforme e le modalità per comunicare non da boomer che esistono? Siti, video, foto, tutto è più funzionale e immediato. Allora perché?

    Innanzitutto perché mi piace il feticcio libro. Tenerlo tra le mani e annusarlo. E questa cosa vale anche per i manga, chiaramente. E poi perché fa figo. Vuoi mettere?

    Quando qualcuno che è tanto che non vedi ti chiederà: «Cos’hai fatto tutto questo tempo?».

    Tu potrai rispondere: «Mah, niente. Ho scritto un libro».

    Non ha lo stesso valore che dire: Ho aggiornato le mie pagine web. Eh!

    Se già vi state annoiando all’idea di un libro standard, peró, tranquilli. Non ho mai pensato a qualcosa di normale, come la storia della mia vita e delle mie passioni. Come non ho mai voluto avere un sito internet e dei social simili a quelli che già esistevano. Mi piacciono le stranezze e le cose non banali. E cosa c’è di più fuori di testa del Paese che sta ai nostri antipodi, sia geografici che culturali?

    Sì, il Giappone. Tutti mi hanno sempre chiesto il perché di questa fissa esagerata. «Abiti in Italia, il Paese più bello del mondo…» e su questo non si discute. Mi sento fortunata a essere nata qui. L’Italia è spettacolare, ma quello che rispondo sempre a questa domanda è: «Pensa se i giapponesi fossero nati in Italia… sarebbe il paese dei balocchi. Bellezza e funzionalità. Tutto sarebbe pulito e mantenuto con cura. L’onestà sarebbe un valore e non una cosa da sprovveduti di cui approfittare come purtroppo accade qui.

    Le nostre infinite risorse culturali e artistiche sarebbero sfruttate e salvaguardate in maniera maniacale. I treni arriverebbero puntuali».

    Poi c’è anche il rovescio della medaglia. Il Giappone, come ribadisco spesso, non è un Paese perfetto. Per apprezzarlo davvero bisogna conoscerne anche le magagne. Ha molti problemi ed è buffo che siano quasi l’esatto opposto dei nostri, essendo principalmente sociali. L’ideale sarebbe mixare il meglio dei due Paesi. Allora sì che uscirebbe fuori un posto veramente incredibile dove vorrei vivere per sempre.

    Altra domanda ricorrente che mi fanno: «Perché il tuo sito e le pagine social si chiamano sempredirebanzai? Che cavolo significa? E cosa c’entra con il Giappone?». Spiego.

    Avete presente quel programma demenziale che andava in onda in Italia a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 che si chiamava Mai Dire Banzai? L’originale giapponese, Takeshi’s Castle era condotto addirittura da un semi-sconosciuto all’epoca in Italia, Takeshi Kitano! Comunque, quel programma mi ha folgorata. Vedere persone fare delle gare in cui si facevano malissimo ma ridevano era una cosa inconcepibile. Io se cadevo dalla bicicletta piangevo dal dolore… non ridevo mica. Allora perché questi qua si divertivano sbattendo contri i muri o lanciandosi con una corda in laghetti putridi? Mistero e fascino. E sganasciamenti dalle risate.

    A tutto questo va aggiunta anche una passione fin dall’infanzia per gli anime, o meglio i cartoni animati giapponesi e poi più avanti per i manga. Ed ecco spiegata l’origine della mia fissazione per il Giappone. Ricorderò sempre una frase che dissi quando da piccola qualcuno mi sgridò perché ero sempre attaccata alla Tv: «Adesso guardi i cartoni animati, ma quando crescerai smetterai come tutti». La mia risposta fu: «Io non smetterò mai di guardarli, nemmeno da grande». E così fu. Mai smesso, anzi.

    Dato che in Giappone esistono anime e manga per ogni target di età, più crescevo e più scoprivo delle storie che crescevano con me. In Italia i cartoni animati sono sempre stati considerati per bambini in età scolare. Al momento di scegliere quali trasmettere non si faceva in base all’età, ma in base a quanto avevano successo in patria. Per questo sono stati tutti adattati, doppiati con dialoghi diversi dagli originali o addirittura tagliati e aggiustati per un target basso. Ma in Giappone era tutto un altro mondo. Esistevano anime e manga per ogni fascia di età, dall’asilo all’età adulta, addirittura gli hentai, quelli pornografici. Tutti i gusti, gli hobby, gli sport avevano la loro categoria. Dovevo assolutamente saperne di più. E così è stato.

    Ho scelto poi di fare studi artistici fino all’Accademia di Belle Arti proprio per disegnarli. Ero curiosa di scoprire come diavolo si facessero gli anime e i manga. Poi ho scoperto la Ferrari delle macchine produttrici di film animati, lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki. Sognavo di trasferirmi un giorno in Giappone, magari per lavorare per lui. Ho constatato poi che l’animazione giapponese è un settore tosto, con dei ritmi lavorativi durissimi anche per un giapponese ultra-stacanovista. Figurarsi per uno straniero che non vede il lavoro come unica ragione di vita. E poi gli anime e i manga li hanno inventati i giapponesi e li sanno fare bene solo loro. È come se un nipponico venisse in Italia a fare copie identiche di quadri rinascimentali per poi venderli agli italiani. Nessuno li comprerebbe.

    Anime e manga funzionano perché sono fatti da giapponesi in Giappone, non ha senso scimmiottarli. L’Italia ha il suo stile in molti settori, prendi il cibo, l’arte, il cinema. Bisogna sempre essere originali, in qualsiasi cosa si fa. Un esempio di fumettista italiano che è riuscito in questo? Zerocalcare. Lui attinge molto dalla cultura pop giapponese, nei suoi lavori sono spesso presenti omaggi a personaggi di anime e manga. Ma non usa uno stile visivo e narrativo per far sembrare i suoi fumetti dei manga.

    E ora arriviamo alla fase finale di Enrica passione Giappone: il momento dei viaggi. La cosa strana è che avendo visto così tanti anime e letto così tanti manga, quando mi sono trovata dentro la loro ambientazione reale, mi sembrava tutto familiare. Una sensazione stranissima che per un attimo mi ha fatto pensare di essere stata giapponese in una vita passata. Dire che ho amato visitarlo è riduttivo. Mi ha proprio flashato il cervello. E infatti è partita dopo il primo viaggio l’idea di fare qualcosa online che c’entrasse col Giappone. Ma non la solita pagina che ne esalta solo le doti per venderti i viaggi. A me di questo Paese piacciono le stramberie e le contraddizioni. E la magica convivenza che esiste tra passato e proiezione verso il futuro. Templi di legno di fianco a grattacieli a specchio. Robot che camminano sui tatami.

    Questo libro nasce dall’idea primordiale del sito internet sempredirebanzai.it. Volevo avere uno spazio personale in cui accumulare quotidianamente tutte le cose che del Giappone mi spettinano di più. E a giudicare da voi che mi leggete sempre, non sono la sola a trovarle interessanti.

    Grazie.

    È anche merito vostro se questa accumulazione di stranezze e curiosità (100!) si è trasformata da schermo luminoso di un telefono/pc a pagine di carta profumata.

    Enrica

    1. La Tv

    La prima volta che vai in Giappone una delle cose che ti spiazza di più è sicuramente la Tv. Avevo sentito dire che trasmetteva dei programmi demenziali e grotteschi e non vedevo l’ora di vederli con i miei occhi. Le trasmissioni giapponesi sono completamente di produzione propria, dall’estero viene importato pochissimo. Solo qualche film americano ogni tanto. Quindi non sono uniformate a quelle degli altri Paesi, sembrano di un altro pianeta. Vanno per la maggiore talk-show, programmi di cucina, game-show, dorama (telefilm), sport e ovviamente anime. Ma nemmeno così tanti come uno si aspetterebbe. Onnipresenti in tutti i programmi, sono i riquadrini con le facce di ospiti e presentatori che reagiscono a quello che vedono. Esistevano molto prima dei video reaction su YouTube! Ma la cosa più divertente sono i programmi d’intrattenimento. Pieni di ilarità immotivata, sfide e giochi al limite dell’assurdo.

    Takeshi’s Castle o Mai dire banzai

    Come avrei potuto non iniziare dal programma che ha dato l’idea per sempredirebanzai? Infatti Takeshi’s Castle, in Italia più conosciuto come Mai Dire Banzai, ha avuto un impatto assurdo su un’intera generazione cresciuta a pane e cartoni animati giapponesi. E che quindi si cibava di sprazzi di una cultura enigmatica e distante dalla propria come quella giapponese. Il cui formato però era solo animato, altri prodotti live-action nipponici non arrivavano in Italia. Uno dei primi esempi in cui si sono visti dei veri giapponesi che facevano cose (molto strane), è stato proprio Mai Dire Banzai. Il programma originale ha debuttato in Giappone nel 1986, capitanato da uno degli attori giapponesi più conosciuti al mondo, Takeshi Kitano, anche se all’epoca non era ancora molto famoso fuori dal Giappone. È il capostipite del genere game-show giapponese e assomiglia in tutto e per tutto a un videogioco nella vita reale. In Italia è arrivato per la prima volta nel 1989 con il memorabile commento della Gialappa’s Band. Noi avevamo già uno show con dei concorrenti che dovevano affrontare dei percorsi a ostacoli, Giochi Senza Frontiere. Ma non si avvicinava minimamente a dei giapponesi pazzi che si frantumavano le ossa cadendo nella fanghiglia e ridendo divertiti. E più si facevano male, più erano contenti.

    Dokyumentaru ha ispirato il ben noto LOL

    Questo programma è molto famoso in Giappone, pensate che ha all’attivo ben nove stagioni. Per partecipare i dieci concorrenti devono versare una quota di un milione di yen (7.000 euro circa). Chi vince avrà un montepremi di dieci milioni di yen (circa 70.000 euro). A differenza del format italiano LOL. Chi ride è fuori andato in streaming su Prime Video, Dokyumentaru è molto più estremo. Ci sono state scene di nudo integrale, se pur trasmesse con la tipica censura sfocata giapponese. Oppure tentativi di defecare su un tavolo. I timidi giapponesi quando si tratta di questi programmi demenziali, non si pongono limiti pur di far ridere.

    Candy or Not Candy? 

    Potremmo tradurlo come Caramella o no?. Lo scopo di questo show è indovinare se quello che abbiamo davanti è un dolce o un semplice oggetto. La difficoltà sta nel fatto che le riproduzioni sono perfette e ingannano al 100%. Ad esempio è famosa la scena di un concorrente messo davanti a un paio di scarpe: saranno commestibili? La risposta è irrilevante perché dovrà mangiarle comunque, vere oppure no.

    Dero! Dero! 

    In questo game-show il livello di pericolosità per i concorrenti si alza vertiginosamente. Divisi in due squadre da cinque, i partecipanti sono chiamati ad affrontare adrenaliniche sfide a tempo. Come ad esempio disinnescare degli ordigni, risolvere un cubo di Rubik mentre il pavimento della stanza in cui sono rinchiusi crolla sotto i loro piedi. Oppure attraversare strisciando degli stretti cunicoli mentre le pareti si restringono sempre di più.

    AK Bingo

    Le protagoniste sono le componenti del mega-gruppone di Idol giapponesi AKB48. Per chi non lo sapesse, le idol sono delle cantanti che vengono letteralmente idolatrate dai loro fan. Lo spettacolo è pieno di scherzi e gare bizzarre che mettono alla prova il coraggio delle ragazze. Come ad esempio soffiare dentro un tubo di plexiglass con all’interno uno scarafaggio (vero) per farlo finire in bocca all’avversario!

    Tore!

    In questo gioco i partecipanti devono risolvere enigmi e rispondere a delle domande mentre vengono letteralmente mummificati. C’è un meccanismo che gira intorno al concorrente e lo avvolge nelle bende fino a quando non riesce più a parlare e rispondere alle domande. A quel punto ha perso e viene rinchiuso come una vera mummia in un sarcofago. Vietato a chi soffre di claustrofobia, anche se ho notato che i giapponesi la patiscono meno di altri… Amano gli spazi stretti, vedi i Capsule Hotel!

    2. Le pubblicità’

    Questa categoria, che poteva rientrare benissimo nel paragrafo Tv giapponese, ha bisogno di un capitolo tutto suo. Il motivo è che le pubblicità nipponiche sono un vero e proprio genere. Sembrano dei cortometraggi concepiti sotto LSD e hanno sempre un finale spiazzante. Non esiste in nessun altro Paese del mondo la stessa modalità di pensarle che hanno in Giappone. Sono folli, nonsense e assolutamente esilaranti. Personaggi kawaii (carini e coccolosi), battute strane, atteggiamenti bizzarri, costumi improbabili, e costosi effetti speciali da film. La domanda che tutti si fanno dopo aver guardato uno spot giapponese è: «Cosa diavolo ho appena visto?».

    Gomme da masticare Sakeru Gumi

    La mia preferita in assoluto è questa, anche se è una dura lotta. Ma qua siamo di fronte a un vero e proprio corto con plot-twist finale. Un capolavoro. Non ve la spoilero perché è troppo bella, se non l’avete mai vista la trovate sottotitolata in italiano su Facebook (sempredirebanzai.it). Vi dico solo che è una storia d’amore intrisa di gomme da masticare particolarmente lunghe… e inevitabili doppi sensi. Il coniglio qui di fianco ne è un esempio. L’intera pubblicità, divisa in episodi, dura più di 6 minuti! È un vero e proprio dorama, cioè il tipico telefilm/telenovela giapponese.

    Sushi Gin no Sara

    Qui abbiamo due sconosciuti che improvvisamente, dopo essersi guardati, cominciano a comportarsi in maniera molto strana. L’amore a prima vista è un luogo comune in molte culture, ma il sushi a prima vista non si è mai visto. E se l’unico scopo di questo spot fosse quello di farci desiderare il sushi al primo appuntamento? No, semplicemente i due protagonisti dopo essersi piaciuti, si trasformano uno in polpetta di riso (nigiri) e l’altra in fetta di tonno e si mettono uno sopra l’altro simulando la forma di un pezzo di sushi erotico.

    Condimento per pasta Tarako

    Questa pubblicità giapponese è una delle più inquietanti che esistano, soprattutto perché sono protagonisti degli strani bambini che sembrano posseduti. Delle bamboline rosse, tipo delle mini matrioske, irrompono in una cucina cantando una canzoncina horror che scandisce la parola giapponese Tarako, cioè le uova di pesce Pollack d’Alaska. In Giappone si usano solitamente per condire la pasta. Poiché sono i piccoli del pesce, vengono rappresentati come dei bambolotti. Ma questo più che uno spot pubblicitario sembra il trailer di un film horror anni ‘80.

    Noodles al latte Nissin

    Mentre si gusta dei cup-noodles istantanei in una giornata nevosa, una ragazza cade improvvisamente in un’imboscata da parte di due strani figuri. Due supereroi, uno vestito da fetta di formaggio e l’altro da macinino per il pepe.

    Se questo non è abbastanza inquietante, dalle loro mani partono dei laser con i quali colpiscono i noodles della ragazza. Lei comincia a urlare in modo molto spiazzante, ma una volta assaggiata la bontà del suo pasto istantaneo, tutto torna alla calma. Sembra che Nissin stesse cercando di realizzare uno spot adatto alle famiglie e ai bambini… Con dei pessimi risultati a parere mio.

    Tanuki e Cappuccetto rosso

    Va detto che questo spot è vecchissimo, ma è talmente iconico che qualunque appassionato di Giappone sicuramente lo ha già visto da qualche parte. Si tratta di una bambina vestita da Cappuccetto Rosso assieme a degli amici animali nel bosco. Peccato che a un certo punto, il tutto degenera e gli animali cominciano a palparsi le tette, mentre i tanuki, cani-procioni del folklore giapponese dai caratteristici enormi testicoli, cominciano a dimenarli…

    3. Gli anime e i manga

    Nel resto del mondo i cartoni animati o cartoon sono solo di due tipi: quelli per bambini e quelli per adulti. Quelli di Disney e Pixar sono per bambini. I Simpson e i Griffin sono per i grandi. Stop. Ma non in Giappone.

    Qui sono suddivisi in diversi target di età: bambini dell’asilo, elementari, medie, superiori, ragazze, ragazzi, adulti. E di interessi: scolastici, sportivi, musicali, slice of life, gay, porno. E possono anche mischiarsi tra loro. La produzione di anime, contrazione di animation, in questo Paese rasenta l’assurdo. Un settore che è una vera e propria industria che punta principalmente al profitto, spesso sottopagando i suoi dipendenti. Non sto dicendo ovviamente che non vengono realizzati anche prodotti di qualità, anzi. Prendo ad esempio lo Studio Ghibli e non c’è da aggiungere altro. I suoi film possiamo farli entrare benissimo nella categoria arte, oltre che in quella di intrattenimento. Ma sono una minima percentuale rispetto alla mole di produzioni che vengono rilasciate in una singola stagione in Giappone. Pensate che arrivano a realizzarne una cinquantina ogni tre mesi, quindi escono 200 nuove serie anime all’anno! Assurdo.

    Ovviamente, per fare prodotti di qualità ci vuole tempo. I film Ghibli, che sono principalmente disegnati a mano, escono a distanza di anni e anni l’uno dall’altro per ovvi motivi di lunga lavorazione. Ma lo scopo delle serie anime a puntate non è quello di essere artistiche, anche se a volte escono fuori delle perle anche in mezzo al marasma. Gli anime in serie sono prodotti a fini commerciali, fatti per durare poco. E per questo sembrano clonati.

    Principalmente sono shounen (genere per ragazzi) e hanno tutti più o meno la stessa trama. Cambiano il colore dei capelli e l’ambientazione, ma poi il succo è sempre una storia adolescenziale di formazione. Il protagonista solare e i suoi amici formano una specie di squadra per combattere contro un nemico comune. E le ragazze devono essere sempre avvenenti e tettone perché i maschietti devono poter fantasticare su di loro. Se prendete Dragon Ball, One Piece o il più

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