Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Too Stupid To Steal Too Ugly To Prostitute
Too Stupid To Steal Too Ugly To Prostitute
Too Stupid To Steal Too Ugly To Prostitute
E-book288 pagine5 ore

Too Stupid To Steal Too Ugly To Prostitute

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Mi è capitata sottomano questa raccolta di storie che avevo scritto nei miei vent’anni, appena finita la scuola. O meglio: appena dopo essere stato bocciato in quinta superiore.

Rileggendole le ho trovate cattive, della cattiveria che può avere un ventenne che non solo è un po’ testa calda per via dell’età, ma ha da affrontare la ricerca di un lavoro dopo la scuola. E lo deve fare con un diploma volato via e con una crisi economica che metterà in ginocchio il mondo che ha deciso di iniziare proprio quando lui si appresta a recapitare curriculum in giro nella speranza di essere assunto. E con una situazione famigliare che vede una famiglia che ha perso ogni speranza in lui da un lato e la ricerca infinita di una ragazza che lo vedrà in situazioni con diverse ragazze ma con nessuna compagna, facendogli ricevere un ulteriore colpo ogni singola volta e facendolo barcollare ogni volta di più, fino a quando la certezza di rimanere in piedi andrà a sfancularsi senza nemmeno troppi complimenti.

Questo ero io a vent’anni e per quanto queste storie possano non essere le rassicuranti storie da soap-opera, credo siano un perfetto ritratto.
LinguaItaliano
Data di uscita21 feb 2015
ISBN9786050359206
Too Stupid To Steal Too Ugly To Prostitute

Correlato a Too Stupid To Steal Too Ugly To Prostitute

Ebook correlati

Biografie letterarie per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Too Stupid To Steal Too Ugly To Prostitute

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Too Stupid To Steal Too Ugly To Prostitute - Chicko Lechuck

    logica.

    A PROPOSITO DELL'AUTORE

    Mi chiamo Gabriele Chicko LeChuck Virzì e ho scritto questo libro. Sono nato il 19 gennaio 1989 a metà strada tra Torino e Cuneo e a scuola andavo male. 

    Ad oggi (dicembre 2014) vivo a Londra e ho deciso di adottare un nome d’arte perché non importa che io sia in Italia o all’estero, la gente non riesce a pronunciare il mio cognome. Nonostante riescano a pronunciare il cognome del regista Paolo Virzì senza sforzo apparente. E –parlando del nome- all’estero Gabriele è praticamente un nome femminile. Ho scelto Chicko in onore dell’attore comico della prima metà del ‘900 Leonard Chico Marx (inizialmente ribattezzato Chicko) dei fratelli Marx (ma và?), mentre ho scelto LeChuck in onore del villain della serie di videogiochi punta&clicca Monkey Island. Mi piace il suono che fanno, messi insieme.

    Autoritratto dell'autore

    INDICE:

    - NOTA DELL’AUTORE (GUIDA ALL’OPERA)

    - (INTRO) VOGLIO CHE SIA…

    - BREVE BIOGRAFIA

    - NOTA DETTATA DAL PROCRASTINARE NELLA PASQUA DEI MIEI DICIOTT’ANNI

    - LA PROSSIMA VOLTA

    - E’ COME FARE A PUGNI

    - GAP TRA FILM E REALTA'

    - STUDENTE E GALOPPINO

    - PUFFALLERO

    - IN CIRCOLO

    - QUAL E’ IL VOSTRO PREFERITO?

    - UNA GUERRIGLIA SU UN TAPPETO ROSSO

    - I POSTER DEI RAGAZZINI

    - LA SCORSA VITA E LA SUCCESSIVA

    - PUBBLICITA’

    - SINDROME DI KRATOS

    - CHI VENDE CASA?

    - SE TI VIENE DA PISCIARE MENTRE CHATTI

    - SU UN DAVANZALE DI VIENNA

    - PASSIVA COME LA PERIFRASTICA

    - IL CORSO FORMATIVO PER CAMBIARE VITA (TUA E DEGLI ALTRI)

    -TOLOSA

    - SINDROME DI STOCCOLMA

    - MY TEENAGE ROOM TOUR

    - CURRICULUM A COLORI E CIELO GRIGIO

    - NELLA VECCHIA FATTORIA

    - MEGLIO ESSERE VENALI O CODARDI?

    - SOLO PER LEI E SOLO PER OGGI

    - LA CAUSA DEI PAPPAGALLI PIRATI

    - IDE U ZAGREB

    - COMPLOTTI E TETTE IN FACCIA

    - COME T’IMMAGINI IL VECCHIO WEST?

    - BANNER

    - OUTRO

    NOTA DELL'AUTORE

    (Od anche con un cacciavite a stella unite il pezzo denominato 'A' ad il pezzo denominato 'B', utilizzando le viti 'C'

    Fig. 1

    Sono le vacanze di natale 2014 e io ho 25 anni. O almeno, sarebbero le vacanze di natale 2014 se fossi in vacanza e non lavorassi. 

    Sono a Londra da un anno e 7 mesi e lavoro in un cinema da 9 mesi. Ho 25 anni ma a dirla tutta –essendo di gennaio- appena l’anno nuovo arriverà diventerò un ventiseienne.

    Sto scrivendo un romanzo, ma devo dire che non è facile quando si ha un lavoro a tempo pieno e nelle poche ore libere devi fare le cose che la vita richiede: mantenere rapporti interpersonali, fare la spesa, cucinare, mangiare, lavarsi, dormire, impiegare del tempo a piedi, su un bus o che so io per spostarsi da un punto A ad un punto B eccetera. Una volta fatte tutte queste cose, nei ritagli di tempo cerchi di scrivere il tuo bel romanzo ma scrivi quattro pagine a settimana e da una volta all’altra non ricordi dove volevi andare a parare, non c’è continuità, e cerchi di connettere con un cervello che ti stride nella testa il suono di un encefalogramma piatto, chè dovevi essere a dormire tipo 4 ore fa ma stai tentando di imboccare il foglio di Word che hai sul computer una parola alla volta. E anche se la storia ha già un inizio, i personaggi, uno svolgimento, un colpo di scena ed un finale nella mia testa, non è semplice.

    Questo è il motivo per cui guardo sempre la professione di chi mi dice che è un artista ed è innamorato di qualche arte.

    Se spendi 7 ore al giorno a spasso per scattare foto della tua città e sei uno studente che abita in un qualche appartamento pagato da papà e mamma, non sei un artista, nella mia mente. Sei solo uno con tanto tempo libero e pochi problemi finanziari. Non che sia qualcosa di cui vergognarsi. Solo, non andare in giro col petto tronfio perché stai tutto il giorno a giocare con una fotocamera da mille euro. Che tra l’altro mi chiedo chi ha pagato. E no, fare lavoretti per pagartela non conta, se quei soldini puoi permetterti di non toccarli mai, perché tanto c’è chi ti paga il tetto sulla testa e imbandisce la tavola.

    E credo m’alienerò molti amici che sui social network mi linkano i loro hobby e io mi trovo a elogiare la loro genialità e a dire quanto vorrei essere come loro. Sì. Quanto mi piacerebbe far vedere a tutto il mondo quel che faccio al posto di lavorare! Và, ho giocato 4-5 ore all’ XBox oggi pomeriggio. Ecco il link.

    Se invece sei uno che trova il tempo per comporre canzoni e provarle e contattare locali e andarci a suonare con altri 2 che come te hanno trovato la serata libera per miracolo nonostante le vostre 30-40-50 ore lavorative settimanali, allora sì: sei un musicista.

    Poi vabè, se non lavori perché campi della tua arte senza aiuti esterni, allora tanto di cappello, non fai parte dei comuni mortali che popolano il mio mondo e t’invidio. Sei la mia utopia.

    Mi è capitata sottomano questa raccolta di storie che avevo scritto nei miei vent’anni, appena finita la scuola. O meglio: appena dopo essere stato bocciato in quinta superiore. A scuola ho smesso d’andarci quando avevo 19 anni. Il pezzo più vecchio che è incluso in questa raccolta l’ho scritto nella pasqua dei miei diciotto anni, il più recente quando ne avevo ventidue, credo.

    Se ora sono Chicko o Chicolini, per la gente di Londra, allora ero Gagga o Gagghino, per la gente del Piemonte. Questo lo sottolineo solo nel caso qualcuno si chiedesse mai perché sta leggendo un libro scritto da un autore chiamato Chicko in copertina ma sempre chiamato Gagga nelle storie.

    Rileggendo queste storie le ho trovate cattive, della cattiveria che può avere un ventenne che non solo è un po’ testa calda per via dell’età, ma ha da affrontare la ricerca di un lavoro dopo la scuola. E lo deve fare con un diploma volato via e con una crisi economica che metterà in ginocchio il mondo che ha deciso di iniziare proprio quando lui si appresta a recapitare curriculum in giro nella speranza di essere assunto. E con una situazione famigliare che vede una famiglia che ha perso ogni speranza in lui da un lato e la ricerca infinita di una ragazza che lo vedrà in situazioni con diverse ragazze ma con nessuna compagna, facendogli ricevere un ulteriore colpo ogni singola volta e facendolo barcollare ogni volta di più, fino a quando la certezza di rimanere in piedi andrà a sfancularsi senza nemmeno troppi complimenti.

    Questo ero io a vent’anni e per quanto queste storie possano non essere le rassicuranti storie da soap-opera, credo siano un perfetto ritratto. Credo questa raccolta sia la prima cosa mia che debba essere proposta ad un pubblico, se mai qualcosa di mio sarà mai presentato ad un pubblico, perché sono i miei anni formativi e perché mentre le scrivevo, il me stesso ventenne non sapeva se si sarebbe impiccato prima della fine della settimana o no, ma sapeva che aveva una passione: l’inchiostro. E cene con avvoltoi che cercavano di farmi iscrivere ai loro corsi di scrittura o lettere da sedicenti case editrici che chiedevano due mesi di stipendio per essere pubblicati, questa passione non l’hanno mai cancellata.

    O anche più di due mesi di stipendio, dato che ci sono dei lavori in nero che pagano 50 euro a settimana o 3 euro all’ora. No, non nell’ex-Jugoslavia. Ma nell’industrioso nord Italia.

    Alcune persone hanno accusato queste storie di essere misogine. Ed è una stronzata, perché faccio davvero fatica a pensare a qualcuno più per la parità dei sessi di me. Il problema è che le persone –di entrambi i sessi- mi fanno cadere i coglioni senza doversi impegnare troppo, in generale.

    Ora, io quando ero single (essendo un maschio eterosessuale) cercavo di uscire con ragazze. Sono sicuro che tutte le paranoie e incazzature eccetera che ho provato in queste storie avrebbero potuto benissimo travolgermi anche con controparti maschili. Ma dato che quando cerco d’imbarcarmi in qualche storia lo faccio con ragazze, quando qualcuna mi fa incazzare, il 100% delle incazzature che proverò (parlando di relazioni) le proverò con ragazze, semplicemente perché i maschi non compaiono neanche, nella tabella delle statistiche. Coi maschi ho sempre e solo avuto rapporti d’amicizia. Quindi non ho mai avuto occasione di viaggiare 26 ore in treno per raggiungere un ragazzo che mi accoglie in modo poco romantico, mentre con ragazze sì. Capite cosa voglio dire?

    Sarebbe come dire che odio l’Italia perché dico che il 90% delle merde che ho pestato nella vita le ho pestate in strade italiane. Non è che odio l’Italia. E’ che ho passato 24 anni della mia vita in Italia e non sono mai stato –che so- in Asia. E’ ovvio che avrò pestato più merde in Italia piuttosto che –bo- Cambogia, Vietnam, Korea eccetera. Capito?

    In conclusione, vorrei anche dire che quello che mi spinge a scrivere, il mio messaggio, non è dire a tutti che il mondo è una merda o lamentarmi. Il mio è un tentativo di dare il mio piccolo contributo per migliorare i rapporti in società. Non voglio dire che mi metto una maschera la notte e combatto la mafia, ma che cerco di comportarmi in modo che a mio parere è positivo e cercare di propagandarlo ad altri, che magari non ci hanno mai fatto caso.

    Se, facendo un esempio a caso, dico che c’era uno stronzo sull’autobus che ascoltava musica di merda a tutto volume dal suo cellulare, non lo faccio per sfogarmi e per rovinarvi la giornata dicendo che questa vita è popolata da tamarri che impongono i loro gusti orribili agli altri. Lo dico perché magari la fuori c’è qualcuno che lo fa pensando che non dia fastidio a nessuno, e leggendo potrebbe realizzare che se tutti sull’autobus ascoltassero la musica a strombo sarebbe un inferno e magari è il caso di comprarsi un paio di auricolari e non rompere il cazzo a tutti.

    Se parlo male dell’editoria a pagamento, non è tanto per dire che sono dei bastardi succhia soldi, che tanto lo si sa già. Più che altro è mandare il messaggio che chi si fa pubblicare a pagamento e continua ad allattare queste sanguisughe, ai miei occhi è più stronzo di loro.

    Se nessuno lo facesse, loro non esisterebbero.

    Il mio messaggio è che qualunque cosa negativa qualcuno possa fare, la può fare solo perché dall’altro lato c’è chi glielo permette.

    Se al posto di lamentarci del governo andassimo tutti e 60 milioni d’italiani che siamo a distruggere il Quirinale tirando contro i politici batterie scariche mentre urliamo buuuuhhh ogni volta –che ne so- che la benzina sale di 8 centesimi, la benzina sarebbe molto più economica. Ad esempio.

    Ma no, se non ti va bene l’Italia allora vattene, ragazzo. Ti dicono. E quando finalmente te ne vai ti danno del codardo.

    Ovviamente mi rendo conto che ci siano cose difficili da fare. Tipo se nessuno lavorasse per meno di venti euro all’ora, la paga minima sarebbe venti euro. E questo è virtualmente impossibile. Ma ci sono piccole cose, piccolezze nei rapporti umani che secondo me potrebbero migliorare la vita di tutti i giorni.

    Quindi –per farla breve- il mio messaggio è: incazzatevi un po’ di meno verso il prossimo. Siate gentili con il povero Cristo in fila con voi dal panettiere. E incazzatevi un po’ di più per le cose che contano, tipo il fatto che non esiste informazione o libertà di stampa o che è possibile essere assunti come stagista fino a quando si ha trent’anni.

    Detto ciò.

    Queste sono le storie di un ventenne che ama l’arte e scrivere e il rock e l’alcol e i cartoni animati e i film e i tatuaggi e i videogiochi, che viaggia tantissimo alla ricerca di un lavoro e una ragazza decente. Alla ricerca della felicità.

    Queste sono le mie storie.

    Spero vi possano piacere e trasmettere qualcosa.

    INTRO

    Voglio che sia...

    … come quel ragazzino che, alla recita scolastica, entra in scena senza aver mai letto il copione. D'altronde è il peggiore della classe. E nessuno riesce ad abbandonare la propria poltoroncina. Ma restano a guardare, con gli occhi che schizzan via, le sorprese che quel moccioso farà.

    Restano perchè -duro da ammettere- il moccioso che improvvisa è spettacolare.

    BREVE BIOGRAFIA

    Un grosso sticazzi che però mi scocciava eliminare

    Un giorno tentai di spedire qualche mio scritto a un qualche editoriale, nella speranza d’essere pubblicato. Quello che richiedevano (non chiedetemi perché) era una breve autobiografia, insieme agli scritti, per essere presi in considerazione. Così dovetti scrivere la mia breve biografia. La consegna consisteva nello scrivere la propria vita in poche righe. E questo è ciò che ne venne fuori.

    Alla fine mi chiesero dei soldi per essere pubblicato, comunque, per onor di cronaca.

    ‘La parola biografia a seguito della parola breve è una specie d'ossimoro. Per quanto io sia giovane e per quanto la mia vita non sia stata come quella di Benjamin Button, immagino che chiunque possa aver difficoltà a raccogliere la sua vita in poche pagine.

    Cercherò di farlo. In prima persona. Non farò quelle cose del genere: Gabriele Virzì nasce nel 1989 in provincia di Cuneo perchè mi sembrerebbe di essere un signor Nessuno che pretende di farsi dare del lei.

    Bene...

    Io sono figlio della cassa integrazione. So che è brutto detto così. ma è così.

    Mi spiego: mia madre, sul finire degli anni ottanta, fu messa in cassa integrazione e ci rimase per tre anni.

    A prima vista può sembrare una bella sfiga, ma allo stipendio da cassaintegrata si associava anche parecchio tempo libero che mia madre sfruttava per fare piccoli lavori di sartoria e per far da baby-sitter ai figli degli altri condomini di quel palazzo che fu la mia prima casa. Per i miei primi due anni di vita, prima che ci trasferissimo nella casa nella quale ancora risiediamo.

    E così, sommando anche le somme di questi lavoretti casalinghi, venne paradossalmente fuori che mia madre non aveva mai guadagnato bene come da quando era stata colpita dalla cassa integrazione.

    I miei genitori, forti di questo insperato periodo fiorente e del tempo libero di mia mamma, mi misero quindi in cantiere.

    Per quanto possa sembrare strano, nel mio paesino c'è più di un figlio della cassa integrazione. Solo che son quasi tutti dell'ottantasette mentre io sono dell'ottantanove. Si vede che non volevo arrivare. Fatto sta che come nacqui, la cassa integrazione finì e io quindi dovetti sorbirmi l'asilo nido e la scuola materna.

    Ricordo che quelle scuole non mi dispiacevano troppo (anche se fin da bambino preferivo i giorni in cui si stava a casa, dove potevo giocare e dormire quando e come IO comandavo), ma ne odiavo gli orari: io ero l'unico pirla che arrivava col pre-scuola e usciva col dopo-scuola. A ripensarci ora, mi fa strano che avessero tutti le mamme casalinghe o lavoratrici part-time... Ma tant'è.

    Ricordo che odiavo -già all'epoca- il grembiulino. Non mi piaceva che fossimo vestiti tutti uguali. Così tutte le mattine arrivavo, lo toglievo e lo nascondevo nella sacca in cui tenevo la merenda. C'è da dire che mia madre -nove su dieci- in preda alla fretta mattutina, mi strappava dal letto e mi schiaffava direttamente il grembiulino sopra il pigiama. Ma poco me ne importava: toglievo il grembiulino, giravo in pigiama in mezzo a quella distesa di grembiulini rosa e azzurri e mi sentivo un gran figo.

    Aprendo una parentesi sulla fretta mattutina di mia mamma: per risparmiare tempo mi dava il latte per colazione anzichè in tazza dentro il biberon, così che potessi berlo in macchina mentre lei guidava verso l'asilo. Le scarpe me le legava lei se non avevo gli strap. Ricordo che i miei mi avevano rifilato le All-Star. Scarpe che adoro. Ma all'epoca io volevo invece le scarpe da gaggiolone con le lucine (scarpe che ebbi mai). Solo perchè all'epoca le All-Star le compravi al mercato a quattro soldi, se fossi nato in questi anni sarei stato il Fonzie della scuola. Anche se -probabilmente- se fossi nato in questo periodo, nel quale le All-Star tirano, mi avrebbero rifilato le scarpe con le lucine... Non so.

    Comunque: ultima perla della fretta mattutina in casa Virzì: una volta -mentre facevo pipì- mia madre mi tirò su la lampo mentre il mio fratellino calvo era ancora fuori dalle mutande. Queste tre cose fecero sì che: usai il biberon fino a quando iniziai le elementari; imparai a legarmi le scarpe alla veneranda età di nove anni e feci un viaggetto all'ospedale per liberare piso-pisellino dalla zip nella quale me l'aveva incastrato mamma.

    Ho una sorella. Sembra abbia la metà dei miei anni a vederla in faccia ma ha sette anni più di me. Controllava che non mettessi la testa nel forno, quando eravamo soli in casa. Ha formato i miei primi gusti: mia sorella era un filantropa della musica e aveva dei gusti a trecentosessanta gradi.

    Ora, lo so che tutte le volte che in una biografia l'autore scrive che aveva un qualche parente/amico/animale domestico appassionato di musica è in realtà solo l'incipit per spiegare che è diventato in seguito il leader dei Guns 'n' Roses oppure semplicemente un drago con un qualche strumento. Ecco -dato che mi vanto sempre d'essere originale- con questa biografia sarà diverso: sono una sega con qualunque strumento, canto come un gatto in fregola e facevo pettare addirittura col flauto delle scuole medie.

    Il mio era un incipit per dire che avere una sorella così, mi ha permesso di nutrirmi il padiglione auricolare con tantissimi gruppi di ogni genere. Non a caso quando parlo di qualche gruppo dell'epoca con i miei coetanei solitamente parlo di gente mai sentita nominare.

    E così dalla techno più tamarra fino al metal più cattivo, passando dal rap più grezzo o dal reggea più spensierato, ho scoperto di preferire il rock. In particolare il punk. E di non snobbare il rap. Ma senza schifare altro genere di musica. Nella mia playlist si possono trovare i Quiet Riot seguiti da Beniamino Gigli.

    M'instillò anche la passione per i videogiochi (perchè grazie a lei avemmo in casa il cazzutissimo Nintendo prima e il Super Nintendo poi) e per il cinema.

    Prima di finire l'asilo feci a mia mamma la fatidica domanda:

    -Come nascono i bambini?.

    Mia mamma mi rispose in un modo che motivò anni dopo con un non avevo tempo d'inventarmi una scusa: andò in biblioteca, prese un libro sulla riproduzione e mi spiegò semplicemente le cose come stavano. Il semino e l'uovo. Già che c'era si portò avanti col lavoro e mi spiegò anche che prendeva la pillola per non far entrare i semini nell'uovo ma che si poteva anche usare una specie di palloncino. Il risultato fu che -dopo che condivisi la mia scoperta coi miei compagni d'asilo- le altre mamme non volevano che i loro figli giocassero con me. E che mi bruciai le storielle delle elementari perchè essendo a conoscenza del sesso ma non avendone gli impulsi consideravo le storielle da elementari infantili. Peccato, le elementari furono uno dei rari casi in cui le femmine mi mandavano bigliettini amorosi.

    Approdato alle elementari scoprii di: avere una grafia da gallina con vari traumi alle spalle e un tocco di Parkinson, essere un appassionato di lettura (anche se ovviamente all'epoca divoravo i Piccoli Brividi di R.L. Stine piuttosto che L'Anticristo di Nietzsche) e di essere miope. Misi così gli occhiali. I più sfigati che aveva l'ottico, tra le altre cose. Sommato al fatto che i miei -da bambino- mi tenevano coi capelli lunghi (ma che me li lasciavano così com'erano quando mi svegliavo al mattino) e che mi vestivano coi vestiti smessi dei figli dei colleghi (i figli della cassa-integrazione dell'ottantasette); posso dire che se avessi anche avuto una cicatrice in fronte avrei potuto citare la Rowling in giudizio per plagio: ero praticamente Harry Potter senza poteri magici.

    I cinque anni di elementari mi confermarono come un secchione; status che persi subito. Prima ancora di abituarmici.

    Le medie scorsero via lisce. Niente da segnalare tranne il primo bacio e la prima ragazza che mi mise le mani nei pantaloni.

    Scoppiò il punk nella mia testa. In Italia

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1