Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Mondo Zombie
Mondo Zombie
Mondo Zombie
E-book228 pagine3 ore

Mondo Zombie

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Durante un'escursione lontana dai suoi amici sulle Montagne Rocciose del Colorado, Tabea e la sua giovane compagna Clarisse si imbattono in informazioni segrete per il CDC a Boulder. Mentre la giovane donna riflette su come consegnare i dati importanti attraverso la città dominata dai non morti, incontrano un misterioso predicatore. L'uomo timorato di Dio, tuttavia, non è quello che dice di essere....

Al CDC di Boulder, lo scienziato capo costringe le due giovani donne e i loro compagni a imbarcarsi in una missione quasi senza speranza da cui dipende non solo il benessere dell'umanità, ma anche la vita di Tabea e dei suoi compagni...

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita3 ago 2023
ISBN9781667460833
Mondo Zombie

Correlato a Mondo Zombie

Ebook correlati

Distopia per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Mondo Zombie

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Mondo Zombie - Martin Piotrowski

    1

    Il suono di un elicottero nel cielo di mezzogiorno sembra quello di una gigante libellula ubriaca. L'elicottero perde quota e sta per precipitare. Il pilota cerca disperatamente di stabilizzare il velivolo. Il rumore del motore rimbomba forte in questo mondo silenzioso e mi tortura le orecchie.

    Clarisse si aggrappa impaurita al mio braccio. Entrambe fissiamo l'inevitabile sopra di noi. L’apparecchio gira, con i rotori scintillanti, e passa appena sopra le nostre teste. Con uno schianto violento, l'elicottero colpisce il terreno che stiamo attraversando a circa 30 metri da noi. Le pale del rotore, che girano all'impazzata, si spezzano nell'impatto. I loro frammenti volano come lance metalliche in tutte le direzioni.

    Tiro a terra la mia piccola compagna. I detriti ronzano sopra di noi. Ci guardiamo con gli occhi spalancati dal terrore. Con la testa nella terra, aspettiamo i minuti successivi. Ma dopo i pezzi di metallo che turbinano rabbiosamente sopra di noi, torna la calma.

    «Dannazione! Ci ha quasi decapitate!» grida Clarisse indignata.

    Allunga con cura la sua bella testolina su una zolla di terra. Seguo il suo esempio e guardo il mucchio di rottami metallici fumanti. L'elicottero non è esploso. Ma non può più volare.

    «Mi chiedo se ci sia ancora qualcuno vivo lì dentro,» sussurro.

    «Io non ci vado. Non ci andrò mai, Tabea! E anche tu dovresti lasciar perdere. Forza, andiamo via da qui. Ti prego!»

    I suoi occhi mi guardano impauriti e il suo sottile labbro inferiore trema. Non so perché, ma l'elicottero precipitato mi attira magicamente. Da quando l'abbiamo sentito e poi avvistato all'orizzonte verso sud, mi sono chiesta chi ci fosse dentro e dove fosse diretto. Il fatto che abbia mancato di poco le nostre teste quando si è schiantato non è stato sicuramente intenzionale. Devo raggiungere il luogo dell'incidente. Che lo voglia o no. Qualcosa mi dice di farlo. Forse il pilota ha bisogno di aiuto.

    «Io vado. Forse qualcuno è sopravvissuto.»

    «Tabea. Ti prego, non farlo. E se quella cosa esplode? Cosa ne sarà di me?»

    «Se l'elicottero non è esploso quando è precipitato, non credo che lo farà se ci infilo la testa. Stai tranquilla. Se mi accorgo che qualcosa non va torno indietro di corsa, ok?»

    Non ci credo davvero e so che neanche Clarisse mi crede.

    «Io... non rimarrò qui da sola!» Clarisse si alza e mi guarda. Mi alzo in piedi e guardo la mia compagna quattordicenne dai capelli rossi che mi ha salvata dai non morti nel centro commerciale di Nederland. La mia mano destra raggiunge le mie labbra. A metà strada mi fermo. Sto per mangiucchiarmi di nuovo le unghie. Abbasso la mano e sospiro.

    «Va bene.»

    Prendo Clarisse per mano. Con calma e attenzione ci avviciniamo all'elicottero distrutto. È un modello per due persone. Nella cabina di pilotaggio distrutta giace un uomo in uniforme. È intrappolato. Ha gli occhi chiusi. Penso sia morto. Sulla giacca dell'uniforme c'è scritto T. CARSON. Le spalline lo identificano come maggiore. Mi tolgo lo zaino e cerco di raggiungerlo sui detriti taglienti.

    «Stai attenta, Tab!» grida Clarisse dietro di me.

    Annuisco e mi concentro per raggiungere il soldato. Diverse aste metalliche affilate hanno perforato il corpo dell'uomo. La sua uniforme è tutta ricoperta dal suo sangue. Mi chino verso il suo viso per tastarlo sul collo. Improvvisamente apre le palpebre. Mi spavento e urlo.

    «Cosa? Cosa c'è?» ruggisce Clarisse dietro di me.

    «È vivo!» grido.

    «Oh mio Dio!» piagnucola Clarisse.

    Il maggiore mi guarda, dolorante. Il sangue gli esce da un angolo della bocca. Tossisce. Altro sangue gli finisce sul petto. Il suo respiro è affannoso. Con la mano destra mi afferra il polso. Stupita, vorrei strappare via la mano, ma l'uomo è molto forte. Mi tira la mano verso il taschino destro macchiato di sangue, dove sento un oggetto.

    «Per... Per favore,» borbotta. «Università di Boulder. CDC. Colonnello Singh.»

    Le forze lo abbandonano. La sua mano lascia il mio polso. Mi guarda implorante, poi il suo sguardo si affievolisce. Il suo respiro si è fermato. Il maggiore Carson è morto. Gli chiudo gli occhi. Quindi cerco con cura nella tasca della sua giacca. Le mie dita stringono una penna. Dopo averla estratta, mi rendo conto che si tratta di una chiavetta USB. Mi guardo intorno nella cabina di pilotaggio per un momento. Prendo la sua pistola e un caricatore di riserva. A parte una tanica di benzina da 5 litri, non c'è nulla di utile nel velivolo distrutto.

    Striscio fuori dai rottami e tiro via Clarisse dall'elicottero. Dopo esserci sedute a terra a una distanza di sicurezza sufficiente, esamino quello che ho trovato. La pistola la conosco già. Sono contenta di aver trovato una Glock e due caricatori pieni. Ora abbiamo una seconda pistola, oltre al fucile e alle armi da mischia.

    «Cosa potrebbe contenere?» chiede Clarisse, guardando la chiavetta.

    «Beh. Lo scopriremo con un computer, sempre se la chiavetta non è criptata,» rispondo.

    «E cosa intendeva il soldato con Università di Boulder, CDC, Singh?»

    Rifletto. I miei pensieri vanno avanti e indietro. Probabilmente il soldato stava andando a Boulder. All'Università. Voleva che la chiavetta fosse consegnata a qualcuno.

    «L'Università di Boulder è l'obiettivo. Il CDC è il Center for Disease Control, l'agenzia per la salute pubblica degli Stati Uniti. È un'agenzia del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti e, se non ricordo male, risponde direttamente al Presidente. Il CDC è organizzato militarmente, anche se vi lavorano soprattutto scienziati e medici. E questo colonnello Singh deve essere il destinatario di questo messaggio. Qualunque cosa contenga quella chiavetta, deve essere dannatamente importante per aver mandato un maggiore con un elicottero. Solo che ha avuto la sfortuna di schiantarsi a chilometri da Boulder. Probabilmente ha avuto un guasto tecnico...»

    «...O ha finito la benzina!» dice Clarisse finendo la mia frase.

    «Questo potrebbe significare che deve essere arrivato da molto lontano.»

    «Dove ci sono benzina ed elicotteri, in altre parole, persone.» Gli occhi di Clarisse si illuminano.

    «Giusto. Ma se la chiavetta deve andare a Boulder, all'Università, non significa che ci sono altri sopravvissuti anche lì?»

    Clarisse annuisce vigorosamente.

    «Certo che ci sono! Allora, cosa facciamo adesso?»

    «Quando siamo partite dal campo di Esteban avevo intenzione di andare verso Boulder. A sud di Boulder volevo girare a sinistra, verso il Boulder Mountain Park, sulla Green Mountain, da lì attraverso Flagstaff Road fino alla 119, la Boulder Canyon Drive. Poi saremmo arrivate alla casetta di Jenna e Jack sull'isola del laghetto.»

    «Quindi, dobbiamo andare comunque da quella parte. Forse avremo l’occasione di dare la chiavetta a quel colonnello Singh.»

    «Su questo hai ragione, Clarisse. Forse si presenterà l'occasione. Andiamo, marciamo finché è ancora giorno. Grazie al cielo non è ancora arrivato nessuno zombie dopo il chiasso che ha fatto l’elicottero precipitando.»

    «Oh, oh. Credo che tu ti stia sbagliando Tab, guarda a sud!»

    Un brivido improvviso mi corre dalla nuca lungo la schiena mentre mi volto nella direzione indicata. A circa un chilometro da dove ci troviamo, un gruppo parecchio numeroso di non morti trotta nella nostra direzione.

    2

    Mi chiamo Tabea McTire. Ho 25 anni e da circa un anno sono una dei pochi sopravvissuti alla pandemia mondiale di zombie. La mia compagna si chiama Clarisse Stevens. Mi ha salvata dai non morti nel centro commerciale Nederland quando sono caduta dal tetto. Dopo essere state catturate da Bob il criminale, siamo state trasferite all'accampamento di Esteban, insieme alla maggior parte delle persone del centro commerciale.

    Lì ho dovuto combattere contro Bob. Se avessi perso, beh... dopo che il mio coltello da lancio si è conficcato nella gola di Bob, il combattimento era deciso. Purtroppo, il proiettile della sua pistola ha incrociato il mio coltello. Imogen, la sorella gemella di Clarisse, si era messa tra me e Bob una frazione di secondo prima ed era stata colpita mortalmente dal proiettile, che aveva trapassato il corpicino e si era conficcato nel mio ventre. Le devo la vita.

    Phil, un medico del centro commerciale, mi ha operata con l'aiuto di Samantha, la sua ragazza e assistente. Sono sopravvissuta. Di nuovo! Dopo qualche settimana di convalescenza, Clarisse e io siamo partite. La nostra destinazione era il bunker sulle Montagne Rocciose dove avevo lasciato i miei amici. Avevo promesso di tornare se fosse stato possibile. Ora eravamo in viaggio.

    Quella mattina eravamo partite dall'accampamento di Esteban con i nostri bagagli e le nostre armi. Luis Esteban, un ex ufficiale dei Marines, aveva raccolto intorno a sé un numero considerevole di sopravvissuti. Avevano creato una zona sicura per loro stessi, situata a chilometri a sud di Boulder, nella natura selvaggia. Da una fabbrica vicina aveva organizzato scavatori e camion. Poi aveva costruito una trincea e alti muri di cemento. L'accampamento sembrava un forte del Far West. Solo che, invece di indiani ostili, il forte doveva tenere lontani i non morti.

    Il forte si trovava nel Rocky Flats National Wildlife Refuge ed era difficile da raggiungere. L'area intorno ad esso era protetta da ulteriori barriere di filo spinato e trappole. L'accesso era assicurato da diverse aree recintate. I cecchini pattugliavano le mura. In questo modo, Esteban aveva sperato di riuscire a garantire la sopravvivenza delle poche persone all'interno dell'accampamento dai non morti in circolazione.

    La posizione remota del forte presentava notevoli vantaggi. Quasi nessuno zombie si avvicinava all'accampamento. Lo svantaggio era la difficoltà nell’organizzare in questo periodo riserve di cibo sufficiente per così tante persone. Era già stato abbastanza difficile provvedere al nostro gruppo nel bunker sotto l’Apache Peak. Durante le nostre incursioni abbiamo perso Jim, il mio ragazzo, ed Edward, un ufficiale dell'esercito americano, a causa degli zombie. Arthur Frost, il nostro leader, e la sua compagna Juanita erano stati gravemente feriti durante una missione. Ora la responsabilità ricadeva su Sue, la mia amica asiatica ed esperta di combattimento corpo a corpo. Spero e prego che stia proteggendo Jenna e Jack, il vecchio Doc, Kenneth, il nostro tecnico, e Willi.

    Clarisse e io indossiamo pantaloni di jeans infilati negli stivali. Nell'asta dello stivale destro c'è di nuovo il mio coltello da lancio, che mi aveva portato alla vittoria su Bob. Bob, il criminale che aveva ucciso la mia famiglia e molte persone innocenti....

    Sopra una maglietta verde militare indossiamo camicie a maniche lunghe, che abbiamo arrotolato sulle braccia per il caldo e lasciato aperte. Ognuna di noi porta sulle spalle uno zaino con gli effetti personali e l'attrezzatura da campeggio. Con noi abbiamo cibo e bevande sufficienti per i prossimi giorni.

    Alla cintura, sulla destra, ho una Glock con 17 munizioni e il coltello da combattimento che Jim, il mio defunto ragazzo, mi aveva regalato. Sul fianco sinistro ho il manganello della polizia e la spada corta giapponese. La spada mi è stata regalata da Sue. Spero davvero che stia bene e che riesca a guidare il gruppo di sopravvissuti nel bunker sotto l’Apache Peak mentre Frost, il nostro leader, è fuori combattimento.

    Clarisse, con l'aiuto degli abitanti del campo, ha fatto intagliare una spada di legno sul modello della mia spada corta. Si esercita ogni giorno con l'arma da mischia. Per lei io sono il suo grande modello da emulare. Dalla sua cintura penzola un coltello da caccia, proprio come il mio. Sorrido quando guardo la versione più piccola di me, mentre con serietà e concentrazione fa i suoi esercizi con la spada e il coltello sotto la mia supervisione.

    Poco prima del lago Rocky Flats e della 93esima strada, un elicottero romba sopra le nostre teste e si schianta al suolo davanti a noi. Il terreno qui è essenzialmente pianeggiante. Colline di varia altezza, con qualche cespuglio ed erba, costituiscono l'unica varietà della zona desolata, che è attraversata dal nastro d'asfalto dritto della 93esima da sud a nord. Più a ovest si intravedono le propaggini delle Montagne Rocciose, che si innalzano lentamente dalla pianura verso il cielo.

    «Resta qui, prendo un’altra cosa!» urlo a Clarisse, che mi guarda incomprensibilmente mentre corro di nuovo verso l'elicottero. Estraggo la tanica di carburante dall'abitacolo e trascino il pesante contenitore fino a Clarisse.

    «Cosa...?»

    «Non c'è tempo! Andiamo!» grido e mi butto lo zaino sulle spalle. Clarisse era già pronta a partire. Gli zombie si erano notevolmente avvicinati. Corriamo sulla strada e seguiamo la 93esima verso nord fino a Boulder. Sulla strada siamo più veloci che sul terreno. Ogni tanto ci guardiamo alle spalle. I non morti hanno raggiunto l'elicottero. Allungano i loro colli ammuffiti nell'aria come per annusare qualcosa. Poi iniziano a muoversi e a seguirci.

    Me lo aspettavo. Eravamo fortunate che solo i non morti del sud si fossero precipitati sul luogo dell'incidente. A est c'era l'accampamento di Esteban e a ovest la catena montuosa delle Montagne Rocciose. Boulder e i suoi non morti erano ancora lontani. Ci rimaneva la via di fuga a nord. Clarisse ha già il fiato corto. Neanche io sono in forma, nonostante le settimane di recupero. Gli azzannatori sono alle nostre calcagna. Il sole di mezzogiorno si abbatte sul marciapiede. Sento il calore dell'asfalto attraverso gli stivali. Guardo a destra e a sinistra finché non vedo quello che sto cercando.

    Una recinzione passa trasversalmente la 93esima e divide il terreno. Arriva fino al guard-rail. Dall'altra parte della strada la recinzione continua. Il filo spinato fermerà i non morti per un po'. Per la strada metto in atto la mia sorpresa. Svuoto la tanica di benzina sulla strada e la uso per collegare le due recinzioni. Mi trascino dietro una scia di liquido infiammabile finché la tanica non è del tutto vuota. Clarisse mi guarda con ammirazione, ma si astiene dal commentare. È impegnata a far entrare abbastanza ossigeno nei polmoni. Con le mani appoggiate sulle ginocchia, osserva i miei sforzi, respirando pesantemente.

    I primi non morti raggiungono la strada, brontolando. Spero che funzioni. Non abbiamo chance contro quella folla con le poche munizioni a nostra disposizione. Estraggo dalla tasca dei pantaloni il mio accendino antivento. Con dolore, mi viene in mente Jack, il mio defunto fratello, proprietario di quell’accendino. Mi inginocchio e apro il tappo. Poi faccio scattare la rotella di accensione e una fiamma salta fuori dall'accendino come il genio dalla lampada. Il fuoco lambisce il liquido che immediatamente si accende e corre come una miccia verso il centro della strada, che prende fuoco. Tra le fiamme barcollano gli zombie che si trovavano sul liquido. I vestiti dei non morti sono in fiamme ma loro, imperterriti, continuano a correre verso di noi.

    Ho estratto la Glock e l'ho caricata. Come nel centro commerciale di Nederland, mi giro e finisco i primi azzannatori sparando loro in testa. Siamo fortunate. La maggior parte dei non morti si sottrae al fuoco o rimane impigliata nel filo spinato della recinzione. Gridano ad alta voce la loro frustrazione per non essere riusciti a raggiungere la nostra carne viva. Io e Clarisse scappiamo dalla scena dell'orrore. L'odore di benzina e di carne bruciata aleggia nell'aria. Ho dei conati di vomito e tossisco e vedo che anche Clarisse sta per vomitare.

    Dopo un chilometro passiamo dalla corsa alla camminata e continuiamo a seguire la strada verso nord, lentamente. Spero di essere riuscita a ritardare l'orda di non morti abbastanza a lungo da fargli perdere le nostre tracce. Sulla destra appare il cartello McKing Ditch, che indica il luogo da cui Esteban ha preso scavatori e camion. Ci affrettiamo con cautela lungo la nostra strada, superando i capannoni e gli edifici scuri senza vedere altri azzannatori.

    Attraversiamo il South Boulder Diversion Canal e continuiamo a dirigerci verso nord sulla 93esima. Dopo qualche chilometro vedo un edificio che somiglia ad una stazione di servizio con un parcheggio a sinistra della strada. Ci avviciniamo con cautela.

    «Tab! Ho bisogno di una pausa,» mi chiama Clarisse a bassa voce. Si tiene la vita con la mano. Ha forti dolori al fianco. Ho paura che con Clarisse in queste condizioni non ce la caveremmo con un altro attacco di zombie.

    «Ok. Allora vediamo cosa abbiamo qui.»

    Cambio il caricatore della pistola. Poi ci avviciniamo all’edificio. Un cartello sulla strada ci dice che questo è il Rocky Flats Lounge. Una specie di autogrill. L’edificio a un piano con il tetto a capanna rosso si staglia pittorescamente sullo sfondo delle colline rocciose. La porta d'ingresso verde al centro è chiusa. A sinistra c'è una roulotte, la cui porta si apre sbattendo al vento. A destra, due auto sono parcheggiate accanto al contenitore dei rifiuti. Le persiane di legno davanti alle finestre a sinistra e a destra della porta sono chiuse.

    «Entriamo come abbiamo provato, va bene?» sussurro a Clarisse.

    Lei annuisce con gli occhi spalancati ed estrae la sua spada di

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1