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Steambros Investigations: Brothers war
Steambros Investigations: Brothers war
Steambros Investigations: Brothers war
E-book267 pagine3 ore

Steambros Investigations: Brothers war

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Info su questo ebook

Grazie alle loro indagini, i fratelli Hoyt hanno scoperchiato il vaso di Pandora. Londra è in guerra.
Le crudeli e avide mani di Damaskinos e del suo esercito di metallo mirano al trono della regina Vittoria, ma un manipolo di mercenari gli si oppone eroicamente. Nicholas e Melinda si troveranno al centro del conflitto, scoprendo di non essere da soli nella lotta. Riusciranno a trovare la verità sul destino di Emma? Il loro acume li salverà dal pericoloso despota? Riusciranno ad appianare le loro divergenze, aggravate dagli eventi, evitando un conflitto tra fratelli?
“Ogni vero viaggio presuppone che si accetti l’imprevisto, qualunque esso sia. Anche quello di non essere più ciò che si era prima di partire.”
LinguaItaliano
Data di uscita7 giu 2020
ISBN9788835839514
Steambros Investigations: Brothers war

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    Anteprima del libro

    Steambros Investigations - Alastor Maverick e L.A. Mely

    Alastor Maverick & L.A. Mely

    SteamBros Investigations

    Brothers War

    SteamBros Investigations Brothers War di Alastor Maverick & L.A. Mely

    Copertina: Antonella Monterisi

    Editing: Tracce d’inchiostro

    I edizione: febbraio 2020 Copyright © DZ edizioni

    Questo libro è un’opera di fantasia. La sua pubblicazione non lede i diritti di terzi. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni degli autori e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse è assolutamente casuale.

    Indice

    1 - Blitz!

    2 - Wanted!

    3 - Prisoner

    4 - I want to be a free man!

    5 - The secret journey

    6 - The road to Glasgow

    7 - Iron training

    8 - A rat in the trap

    9 - The great escape

    10 - Reunion

    11 - Spectra

    12 - A woman in a golden cage

    13 - The Damaskinos dictatorship

    14 - Disobedience

    15 - Broken heart

    16 - Falling skies

    17 - Brothers war

    18 - Final battle

    19 - Return to peace

    20 - The awakening

    21 - Victorian’s moments

    22 - A new story begins

    23 - London heroes

    24 - Towards a new world

    RINGRAZIAMENTI

    1

    Blitz!

    4 ottobre 1898 – Ore 22.40 – Manchester (UK)

    «Deve essere un lavoro rapido e pulito. Entreremo a coppie e ognuno dovrà stare incollato spalla a spalla con il compagno. Tutto chiaro?»

    «Sì capitano!» risposero gli uomini in armatura. Tutti tranne uno, che si limitò a sbuffare.

    Il capitano Crimson Star si voltò nella sua direzione. Aveva un elmo intero che gli nascondeva il volto, ma la recluta riuscì comunque a percepire il peso gravoso del suo sguardo.

    «Ho chiesto se è tutto chiaro.»

    Bobby resistette qualche secondo, poi riluttante annuì.

    «Tutto chiaro, capitano.»

    «Tu Bobby farai coppia con me. Briggs, Shephard, fate strada. Williams, Smith, percorrete il perimetro sulla destra. Io e la recluta andremo a sinistra. Ricordate: secondo le mappe, le scale per i sotterranei sono in fondo al fabbricato.»

    Briggs non attese oltre. Sferrò un pugno verso la maniglia della porta sul retro e uno sbuffo di vapore azionò i pistoni della sua armatura, simulando un colpo d’ariete. La porta si spalancò e la serratura andò in pezzi. Impugnò il fucile e, seguito a ruota da Shephard, fece irruzione nel fabbricato.

    Le donne, che fino a quel momento avevano filato sulle macchine tessili, cominciarono a sparpagliarsi gridando per lo spavento, nascondendosi dove potevano. Le urla non impiegarono molto tempo a mettere in allarme gli uomini a guardia del capannone. Due di loro apparvero nel corridoio centrale sbucando da una nube di vapore. Cominciarono a sparare contro gli intrusi.

    Un paio di proiettili rimbalzarono innocui contro le placche pettorali dell’armatura di Briggs. Il mercenario fece una risata e ruotò una manopola sul fianco destro del fucile. Delle tre ampolle presenti sulla canna, fu quella contenente un liquido azzurro a svuotarsi per metà.

    «Riduciamoli in poltiglia!»

    Shephard annuì e imitò il collega. All’unisono esplosero un colpo a testa, centrando i due bersagli che avevano di fronte. Uno venne colpito alla spalla perdendo l’arma; l’altro al fianco. Ferite all’apparenza non letali fino a quando, dopo una manciata di secondi, i due cominciarono a gridare mentre uno sfrigolio usciva dalle loro ferite. Gli abiti avevano cominciato a corrodersi attorno ai fori.

    «Proiettili con acido corrosivo: i miei preferiti» sghignazzò Shephard. I due procedettero ignorando gli uomini agonizzanti a terra.

    «La zona d’ingresso è stata bonificata. Avanziamo!»

    Briggs fece cenno alle due squadre dietro di lui di procedere. Crimson Star e Bobby presero il corridoio di sinistra, mentre Smith e Williams si infilarono a destra. Controllarono dietro ogni macchinario in cerca di altre guardie e avanzarono lungo il capannone facendo attenzione a qualsiasi movimento. A metà percorso, Bobby sentì un rumore appena percettibile alle sue spalle e si voltò puntando l’arma. Vide sbucare, da dietro una filatrice che avevano già controllato, una bambina dai capelli neri che lo fissava impietrita. Sembrava uscita dal nulla. Bobby l’osservò e indugiò lo sguardo sulle vesti sporche di fuliggine e grasso. Forse si trovava sotto il macchinario per un lavoretto di riparazione.

    Non è raro che i bambini vengano sfruttati per aggiustare macchinari industriali, dal momento che hanno le dita sottili e possono infilarsi ovunque. Finirà mai tutto questo?

    Mentre il capitano avanzava, la recluta decise di staccarsi dal gruppo per raggiungere la piccola impaurita e darle modo di fuggire. Le giunse accanto. Il volto della bambina cambiò. Gli occhi si fecero sottili e taglienti e il labbro tremolante divenne un sorriso di trionfo. Bobby non ebbe il tempo di reagire che un uomo gli piombò addosso dall’alto. Li stava seguendo silenzioso da uno dei ballatoi superiori. Il tubo, che convogliava la pressione del vapore a tutte le parti dell’armatura potenziata della recluta, venne reciso con un coltello e, d’improvviso, quella che doveva essere una protezione divenne una prigione di metallo. Bobby non riuscì più a muoversi. Crimson Star si voltò sentendo l’urlo del ragazzo, ma l’uomo era già dietro di lui. Puntava il lungo coltello al collo del giovane, proprio tra l’elmo e lo spallaccio.

    «Maledizione Bobby! Ti avevo detto di non separarti da me! Stupida recluta…»

    Il capitano puntò il fucile verso la guardia, ma quest’ultima gli intimò di gettare l’arma.

    «Spingilo con un calcio verso di me, oppure infilzo questo pezzo di carne come uno spiedo.»

    Crimson Star sospirò. Posò il fucile a terra e con una pedata lo spinse in avanti.

    «Ma davvero sei così stupido?» domandò la guardia con un sorriso trionfante sul volto. Fece per premere con forza il coltello sul collo di Bobby, quando un proiettile gli aprì un buco sulla tempia facendo schizzare ovunque sangue e materia cerebrale.

    La bambina si voltò di scatto verso Shephard, e gridando cominciò a corrergli incontro dopo aver raccolto da terra il coltello caduto alla guardia morta. Shephard esitò per un momento, ma grazie all’addestramento ricevuto ebbe il sangue freddo di reagire in tempo. Girò la manopola e il liquido giallo entrò in circolo nell’arma. Fece fuoco sulla gamba sinistra della bambina e il dardo si conficcò nella carne. Fu colta da vertigini e cadde addormentata quasi subito.

    Il capitano corse in aiuto della recluta e, con la saldatrice a fiamma in dotazione, cercò di riparare il tubo dell’armatura. Fu un lavoro rapido e accurato quanto bastava per terminare quella missione.

    «Stai bene, recluta?» Bobby annuì. «Appena torneremo alla base faremo i conti» sentenziò il capitano.

    Si voltò poi verso Shephard ringraziandolo con un cenno del capo. In fondo al corridoio, Briggs faceva cenno di seguirli. La via era libera.

    Raggiunsero una botola e quando la aprirono videro delle scale metalliche che scendevano verso il basso. Passarono uno alla volta e il capitano chiuse la fila guardando le spalle all’intera squadra.

    Una volta giunti sul pianerottolo metallico, rimasero sconcertati da ciò che si parò loro davanti agli occhi. Decine di donne dalle vesti logore e dall’aspetto malato e consumato lavoravano senza sosta su cinque file, per assemblare i pezzi di quelle che riconobbero come sentinelle. Automi di metallo alimentati dal potere del vapore alti circa tre metri, armati di tutto punto per formare un vero e proprio esercito. Ogni fila contava venti automi; Briggs calcolò che dovevano essercene circa un centinaio.

    «Trovate l’emettitore, distruggetelo, ripulite il locale e liberate le schiave. Agli automi penso io.»

    Annuirono all’unisono e scesero le scale cercando di non fare rumore. I Crimson Knights ripulirono il capannone sotterraneo dalle guardie rimanenti, mentre le schiave continuavano a lavorare come se nulla fosse. I loro sguardi vuoti saltavano da un ingranaggio all’altro con le mani che compivano gli stessi movimenti in modo meccanico.

    Al termine del lavoro si riunirono al centro del capannone, attorno a una delle colonne portanti, e individuarono l’emettitore di onde radio. Lo distrussero con un colpo di fucile e in quel momento le schiave si svegliarono dal loro torpore, spaventate e confuse. Briggs, Williams e Smith si affrettarono a condurle fuori con l’aiuto di Bobby, mentre Shephard e il capitano smantellavano in modo permanente tutte le sentinelle.

    «E così questo Lord Damaskinos avrà altri cento soldati in meno» commentò soddisfatto Shephard.

    «Ma ne ha ancora molti altri di cui non conosciamo ubicazione e numero» si affrettò a specificare il capitano. «Le cariche sono pronte. Fai saltare questo maledetto posto e torniamo alla base.»

    Shephard annuì e nel giro di pochi minuti un boato fece tremare il suolo sotto la città di Manchester.

    Le autorità locali giunsero sul luogo poco dopo e fu Crimson Star ad accoglierle. Riconobbero lo stemma reale sulle loro armature e si dichiararono subito disponibili ad aiutare.

    «Voi… Voi siete i Crimson Knights» balbettò uno dei poliziotti. «Cre-credevo foste solo una leggenda metropolitana. Se siete davvero qui è perché sta capitando qualcosa di grosso e…»

    «Di molto grosso» lo interruppe Crimson Star. «Potete aiutarci trovando i famigliari di queste donne e rimandandole a casa.»

    Indicò le schiave che avevano appena liberato, ora radunate in piazza.

    «Ma dove le avete trovate? E cosa è stata quell’esplosione?» domandò l’ufficiale allargando le braccia ancora confuso.

    «Informazioni confidenziali. Ma da oggi in poi effettuate meglio i controlli nelle vostre fabbriche.»

    La voce del capitano usciva dall’elmo atona. L’ufficiale si voltò verso i propri uomini e fece loro un segno.

    «Forza, radunate tutte le ragazze, le donne e le bambine, e scoprite dove sono le loro famiglie. Rimandiamole a casa.»

    I Crimson Knights si allontanarono senza dire altro e poco dopo scomparvero in uno dei vicoli fumosi di Manchester.

    *

    La pressione del vapore dava potenza ai motori, e le ruote rinforzate avevano iniziato a mordere la strada con una rapidità sconosciuta alle carrozze e ai normali mezzi di trasporto civili. Due ciminiere ai lati sbuffavano fumo nero e, come occhi minacciosi, i fari a olio illuminavano il percorso di fronte alla macchina.

    «Bel lavoro, ragazzi.»

    Briggs fissò i compagni di viaggio uno a uno e si soffermò su Bobby.

    La recluta si ritrovò con lo sguardo rivolto alle proprie gambe protette da pesanti placche metalliche e ingranaggi in movimento.

    Crimson Star era alla guida del mezzo. Rimase in silenzio per tutto il percorso e quando giunsero alla base fermò il bolide e tirò una leva.

    Uno sbuffo di vapore indicò che il portellone laterale si stava aprendo.

    I mercenari si alzarono e scesero uno alla volta, per poi mettersi in riga al fianco del mezzo. Sulla fiancata di destra svettava, graffiata e ammaccata, una scritta: Justice Queen.

    Crimson Star scese per ultimo. Scorse tutti e cinque i mercenari e annuì.

    «Rompete le righe.»

    Fece un gesto con la mano destra e li congedò senza aggiungere altro. Bobby rimase sorpreso, ma si guardò bene dal ricordare al capitano ciò che era successo durante il blitz. Mentre rientravano nei propri alloggi, Williams si avvicinò alla recluta.

    «Non si è dimenticato di te. Solo che questo non è un buon momento.»

    Gli diede una pacca sulla spalla e lo lasciò con una risata sarcastica.

    «Figuriamoci…» sbuffò il ragazzo. Si diresse verso la porta della sua stanza e si chiuse dentro.

    Crimson Star si presentò al cospetto del consigliere reale Abdul per fare rapporto.

    «L’operazione è stata un successo come le precedenti, anche se questa volta abbiamo rischiato. Vi avevo detto che non sarebbe stata una buona idea fare da balia a quello nuovo.»

    Abdul si sedette di fronte al capitano, che ancora non si era tolto elmo né armatura.

    «Lo so. Ma suo padre è un uomo molto influente e ha chiesto di integrarlo nel vostro gruppo. Dice che ha bisogno di disciplina.»

    Crimson Star sbuffò emettendo uno strano suono metallico.

    «Ce ne siamo accorti.»

    Seguì una pausa in cui l’indiano riempì un bicchiere di masala chai, il tipico tè speziato della sua terra d’origine. Solo alla fine del delicato rito si mise a sorseggiarlo, riportando poi la sua attenzione sul capitano.

    «Dunque mancano ancora cinque fabbriche e…»

    L’ufficiale lo interruppe in modo brusco. «Non sappiamo quante sono in totale. Cinque sono quelle conosciute. Il tempo stringe, non ci vorrà ancora molto perché Damaskinos si renda conto di aver perso i contatti con quelle smantellate. Si sentirà messo alle corde e farà qualcosa di pericoloso e stupido.»

    Abdul scosse il capo.

    «Proprio per questo ho messo te a capo delle operazioni. Conosci il nemico meglio di chiunque altro e sei in grado di preparare gli uomini in modo adeguato per ciò che accadrà di qui a breve.»

    Il silenzio piombò di nuovo nel salone. Le spalle del capitano sembravano essersi abbassate sotto il peso della responsabilità, e anche la sua schiena appariva più curva sebbene protetta da quella possente armatura di metallo.

    «Vi chiedo il permesso di ritirarmi, domani sarà una lunga giornata.»

    Abdul annuì e congedò Crimson Star con un’amichevole pacca su uno spallaccio. Il capitano uscì dalla stanza e camminò fino al proprio alloggio, chiudendosi con un sospiro la porta alle spalle. Non vedeva l’ora di togliersi l’armamentario per poter ristorare il proprio corpo e riposare la propria mente. L’indomani aveva un addestramento da portare avanti e una dura lezione da impartire.

    Per quanto pesante possa essere un fardello, non sarà mai opprimente come la consapevolezza del pericolo che ancora ci sta braccando.

    2

    Wanted!

    4 ottobre 1898 – Ore 17.30 – Periferia di Londra

    La chiesa era addobbata a festa. C’erano fiori ovunque. Sulle panche, attorno alla porta, persino petali sparsi lungo la navata centrale fino all’altare. Una moltitudine di persone occupava le panche in legno, mentre altri invitati erano stati costretti a rimanere in piedi occupando i corridoi secondari accanto alle colonne. Il sole penetrava dalle vetrate inondando l’ambiente con un tripudio di colori, cosa insolita per il clima londinese.

    Il sidecar decorato di pizzi e fiori si fermò in fondo alla scalinata. Nicholas smontò dalla sella avvolto da un impeccabile abito grigio fumo, e si apprestò ad aiutare Melinda a scendere. Fece molta attenzione a non rovinare la sua candida veste. Gliel’aveva confezionata Jacob, il sarto più famoso di Londra. Lo stesso che l’aveva vestita per la veglia in onore di Lord Bamminton.

    «Dimmi che non somiglio a quei dolci bianchi e spumosi che espongono nelle vetrine delle pasticcerie.»

    Nicholas la guardò con dolcezza mentre le offriva il braccio. Fu lui a muovere il primo passo in direzione dell’entrata della chiesa.

    «Sei incantevole come una principessa e sprechi tempo a paragonarti a una meringa…» le rispose scuotendo la testa.

    La navata era illuminata dal sole che filtrava di taglio dalle finestre a mosaico sul lato ovest, creando giochi di luce sulle pareti. I presenti li guardavano con ammirazione e felicità dipinti sui volti. All’altare vi era un giovane di spalle, un ragazzo alto la cui postura era posata ed elegante.

    «Te la affido.»

    Nicholas lasciò la mano della sorella, anche se a fatica. La presa di lei era forte seppur tremante. La concesse con garbo al giovane vestito da sposo. Nicholas si fece da parte e Melinda si ritrovò sola accanto al suo promesso. Lui si voltò mostrando il suo viso. L’espressione sognante della donna si tramutò dapprima in sorpresa e poi in profondo disappunto e rabbia.

    «Tu?»

    Socchiuse gli occhi fissandolo in tralice. Ritrasse la mano e fece due rapidi passi indietro.

    «Dove non c’è immaginazione non c’è orrore, mia cara!» esclamò la voce di Loky, mentre i suoi occhi la squadravano.

    «Ogni deduzione logicamente corretta ne suggerisce altre. E voi siete in profondo ritardo sulla tabella di marcia.»

    «Ma cosa diamine stai blaterando, dannato pezzo di somaro?» chiese Melinda confusa.

    Un improvviso tremore del pavimento interruppe il loro surreale scambio di battute. L’intero edificio vibrò, e decorazioni e calcinacci iniziarono a cadere sollevando polvere e mettendo in allarme i presenti, che cominciarono ad alzarsi e a uscire dalla chiesa.

    Loky non parve preoccuparsi di ciò che stava accadendo. Rimase concentrato su quella che avrebbe dovuto essere la sua sposa.

    «Usa la testa, non il cuore! Commetti sempre un’infinità di errori quando smetti di usare la testa per dare spazio a quell’insulso organo pulsante. Ma dopotutto sei solo una femmina, e voi donne finite sempre con l’agire di cuore e fare disastri.»

    Melinda non rispose. Si limitò a stringere con forza la mano destra e lasciò partire un pugno indirizzato al naso dell’uomo.

    Nell’istante in cui il violento impatto fece scrocchiare le sue nocche, sentì chiara la voce di Nicholas che la chiamava. Non era più lo stesso ragazzo che l’aveva accompagnata all’altare. I suoi vestiti erano diversi e indossava un cappuccio di pelle e un paio di occhiali da aviatore. Cominciò a sentire un vento freddo sferzarle il viso e, quando spalancò gli occhi, si ritrovò seduta sul sidecar accanto al fratello.

    *

    «Tutto bene, sorellina?»

    Nicholas le posò la mano sulla spalla. Lei la osservò con attenzione, ripercorrendo con lo sguardo le lunghe linee rosse che lei stessa gli aveva procurato graffiandolo durante la fuga da villa Gover. Sospirò e lo guardò in volto con aria colpevole.

    «Ti fa molto male?»

    Il fratello scosse il capo.

    «Mi dà solo fastidio mettermi i guanti in pelle. Mentre dormivi hai urlato ‘muori bastardo’. Pensavo fosse riferito a me. Sai, per… Aiden.»

    Melinda lo rassicurò con un sorriso, sebbene nei suoi occhi fosse presente una profonda tristezza. «È stato solo un incubo. E vorrei tanto che anche quello che ci è successo a villa Gover lo fosse.»

    Spostò lo sguardo alla campagna circostante che scorreva rapida accanto a loro, perdendosi nei suoi pensieri. Andò a frugare nella tasca della sua giacca da aviatore e si bloccò di colpo, folgorata da una straziante consapevolezza.

    «Purtroppo è successo davvero…»

    Tirò fuori la mano ritrovandosi tra le dita la busta che Aiden le aveva affidato.

    Accarezzò il sigillo in ceralacca che teneva chiusa la busta.

    Si rese subito conto, percorrendola con le dita, che

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