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Il codice della Felicità: Con la tecnica dei 4 passi
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E-book318 pagine4 ore

Il codice della Felicità: Con la tecnica dei 4 passi

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Info su questo ebook

Perché non sei felice? Perché sei ansioso, nervoso, insicuro o sempre preoccupato? Perché non riesci a trovare o a portare avanti una relazione gratificante? Perché non trovi un lavoro che ti piace? Guarisci dalla negatività con la tecnica dei 4 passi, il miglior metodo moderno per guarire dalla negatività, dal senso di limitatezza e tristezza. Il Codice della Felicità di Pratt e Lambrou è davvero semplice e conduce a successo, amore, realizzazione personale, creatività e, soprattutto, alla felicità duratura. La neuroscienza, la Scienza cognitive e la psicologia sono vere e proprie miniere di risorse per modificare i comportamenti autolimitanti e sostituirli definitivamente con abitudini più virtuose. Sfruttando queste scienze Pratt e Lambrou hanno messo a punto un metodo, semplice, efficace e che puoi seguire da solo, per guarire dalla negatività e raggiungere il successo, l'amore, la realizzazione personale, la creatività e soprattutto la gioia interiore. La formula de Il Codice della Felicità rende accessibili concetti molto importanti ma spesso nascosti. Per ciascuno dei 4 Passi gli autori propongono semplici esercizi che chiunque può svolgere in autonomia ed applicare alla vita, al lavoro, alla gestione dei clienti, in ogni ambito, con grande successo.
LinguaItaliano
Data di uscita28 gen 2016
ISBN9788898482108
Il codice della Felicità: Con la tecnica dei 4 passi

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    Anteprima del libro

    Il codice della Felicità - Peter Lambrou

    Prefazione

    Il XX secolo è stato teatro di diversi miracoli medici. Io lo so bene. Quando sopravvivi a un attacco cardiaco, hai cinque bypass e dopo venticinque anni stai ancora benissimo provi una sana gratitudine per la medicina moderna.

    Tuttavia vi sono alcuni aspetti dell’essere umano che la medicina non comprende. O almeno non l’ha fatto finora. La medicina moderna ci ha rese molto più sani, ma ci ha reso anche più felici? Questa potrebbe essere la nuova frontiera della medicina in questo inizio secolo. E uno dei luminari di questa nuova frontiera è uno psicologo clinico di nome George Pratt.

    La prima volta che l’ho incontrato, il dottor Pratt era ospite del Larry King Live per parlare di un affascinante metodo per guarire le nostre emozioni e per aumentare stabilmente la nostra produttività e sentirci più realizzati.

    «Che si tratti di una ferita ancora aperta, di una persistente mancanza di autostima o di un vago senso di ansia e disagio», disse il dottor Pratt, «la maggior parte di noi combatte con una versione di ciò che noi chiamiamo nebbia di angoscia. Essa offusca la nostra vita interferendo nelle relazioni personali, nella carriera e anche nella salute. E per quanto trascorriamo tempo sul lettino dello psicologo, limitarsi a parlarne non è sempre la soluzione».

    Perché no?

    «Perché avviene tipicamente una disconnessione», spiegò, «tra ciò che noi sappiamo di noi stessi a livello logico e il punto del cervello in cui vivono le nostre emozioni. A volte non ci si arriva per quella strada. Bisogna trovare percorsi alternativi perché quelle informazioni s’incontrino».

    Un esempio di percorso alternativo? La psicologia energetica.

    Se non ne avete mai sentito parlare, non siete i soli. Non ne sapevo niente nemmeno io prima di quel talk show. Ma nei prossimi anni ne sentiremo parlare diffusamente. Si tratta di tecniche innovative che influenzano i sistemi energetici del corpo, un po’ come fare il tagliando dei 100.000 chilometri ai pensieri e alle emozioni. Utilizzando queste tecniche, come spiegò il mio illustre ospite, è possibile liberarsi dai traumi e dagli eventi passati che sono i primi responsabili di tale disconnessione. Il risultato? È simile a ciò che accade quando una brezza fresca spazza via le nubi: esce il sole.

    «In realtà», aggiunse, «è una cosa abbastanza semplice. E funziona».

    Il dottor Pratt ha aiutato giocatori di golf e di baseball professionisti a migliorare il proprio gioco, giovani dal cuore spezzato a superare la delusione sentimentale, coppie separate a ritrovare l’armonia. Ha aiutato molte persone a superare traumi passati di terribili incidenti, a ricostruire carriere traballanti, a recuperare la fiducia in se stessi che avevano perso e a liberarsi di paure irrazionali.

    Ha aiutato anche un presentatore di talk show che conosco: io.

    Prima d’invitarlo in trasmissione la prima volta, sapevo già qualcosa di questo bravo medico: aveva lavorato con due persone dello staff del Larry King Live ottenendo risultati brillanti. Lo invitai nuovamente poco tempo dopo, e quella volta parlammo di come creare la propria gioia.

    L’argomento mi affascinava moltissimo.

    Stabilimmo un momento in cui lui potesse darmi una dimostrazione in privato del metodo illustrato in questo libro. Per poter avere qualcosa su cui lavorare, gli descrissi un mio personale problema emotivo. Ciò che lui fece nel primo quarto d’ora di sessione mi lasciò senza parole. Dire che mi colpì sarebbe veramente troppo riduttivo. Fu straordinario. Quando afferma che è un processo molto semplice dice sul serio. E non scherza nemmeno quando dice che funziona.

    George Pratt è un vero guaritore moderno e ciò che lui e il suo collega, il dottor Peter Lambrou hanno creato (e che leggerete in queste pagine) è una brillante formula per attingere a piene mani dal vostro potenziale. Sono certo che la vita di molte persone cambierà in meglio.

    Anche la vostra.

    Qualunque cosa stia accadendo nella vostra vita, qualunque cosa vi separi dal successo, dalla produttività, dalla gioia incondizionata che vorreste, c’è una strada che vi porterà alla meta. Io lo so perché l’ho provato in prima persona.

    Larry King

    Introduzione

    La domanda di Stefanie

    «C’è qualcosa che non va».

    Miss Clavel, nel cuore della notte, in Madeline

    Qualche anno fa nel nostro ufficio si presentò una donna di nome Stefanie per sottoporsi a un trattamento. Durante la prima visita ci pose una domanda a cui cercava di rispondere da decenni. È una domanda che milioni di persone nella storia si sono poste. Forse anche voi.

    La storia di Stefanie, come scoprimmo presto, era quella di una donna di successo passata dalle stalle alle stelle. Cresciuta in una famiglia povera, iniziò a lavorare da adolescente come impiegata per un’azienda pubblicitaria. Fece carriera e raggiunse i vertici, trovandosi, attorno ai quarantacinque anni, a essere direttore generale e azionista di maggioranza dell’azienda. Stefanie aveva successo anche nella vita privata. Era una donna dinamica e generosa, era attiva nella propria comunità insieme al marito con il quale aveva avuto due sani e splendidi figli di cui erano orgogliosi.

    Stefanie sembrava avere una vita favolosa sotto ogni aspetto, tranne che per una cosa: era profondamente infelice.

    L’infelicità di Stefanie era tangibile. Quando entrò nella stanza era come se una nube nera fosse entrata con lei. Quando iniziò a descrivere la sua situazione apparve chiaro che quella nube la seguiva in ogni angolo della sua vita.

    Era decisamente un’ottima madre, ma non si sentiva tale. Si sentiva anzi profondamente in colpa per il fallimento di un precedente matrimonio molti anni prima, e quel senso di colpa aleggiava su di lei come il buio di un cielo nuvoloso. Anche la sua salute ne risentiva: aveva passato i cinquant’anni e soffriva di notevoli problemi gastrici e digestivi, e si era da poco sottoposta a un intervento alla schiena per una grossa ernia al disco. Nonostante i suoi tanti successi, quella nube nera aveva offuscato anche la sua vita professionale. Dopo una serie di errori manageriali, l’azienda pubblicitaria di Stefanie era andata in bancarotta.

    La vita di Stefanie stava crollando senza una ragione apparente.

    «Sono andata da vari psichiatri qui in California», disse, «e anche a New York e a Londra. Ho preso ogni tipo di antidepressivo. Ho letto tutti i libri e gli articoli sui disturbi dell’umore. Ho letto di tutto e provato di tutto, ma questa infelicità persiste e non so perché. Tutti mi dicono che non ho niente di cui lamentarmi e che devo essere grata di tutto ciò che ho. E so che hanno ragione. Ma saperlo non mi fa stare meglio».

    Poi Stefanie pose la domanda delle domande:

    «Perché non sono felice?».

    Durante i nostri sessant’anni complessivi di attività clinica abbiamo sentito migliaia di variazioni della domanda di Stefanie, poste da migliaia di persone:

    Perché sono ansioso, nervoso, insicuro, sempre preoccupato? Perché non riesco a trovare o a portare avanti una relazione gratificante, a trovare un lavoro che mi piace, a rilassarmi quando sono a casa con la mia famiglia? Perché ho questa paura irrazionale della folla, degli uomini, delle donne, degli ascensori, del cibo, degli spazi chiusi, degli spazi aperti, di stare da solo, di stare con gli altri? Perché non riesco a superare quella separazione, il mio comportamento compulsivo, i miei problemi finanziari, la mia sensazione di essere falso?

    In milioni di versioni diverse, la domanda di Stefanie echeggia nella nostra società e virtualmente in tutti quelli che conosciamo. Probabilmente anche voi avete la vostra versione.

    Siamo la generazione più sana, più curata e più longeva della storia. Dovremmo assolutamente essere anche la generazione più felice, più risoluta, più produttiva e più realizzata della storia. Ma per qualche motivo non lo siamo.

    Perché?

    Per decenni abbiamo cercato di ricomporre il puzzle, e la risposta sembra avere a che fare con il modo in cui l’acqua si trasforma in nebbia.

    Immaginate di trovarvi appena fuori da casa vostra, circondati da una nebbia fitta al punto da non poter vedere la parte opposta della strada. Guardate a destra, poi a sinistra, ma non vedete più in là di quindici metri. Siete circondati.

    Secondo voi quanta acqua serve per produrre quella cortina di nebbia che vi ha completamente isolato dal vostro mondo?

    Prima di continuare a leggere rifletteteci un istante. Non preoccupatevi se non siete bravi in matematica o non avete studiato fisica. Provate a indovinare basandovi semplicemente sul senso comune. Quanta acqua pensate sia necessaria per produrre questa nebbia che vi circonda?

    Siete pronti per la risposta? Qualche centimetro cubo. Il volume totale di acqua in un banco di nebbia esteso mezzo ettaro e spesso un metro non riempirebbe un normale bicchiere da tavola.

    Com’è possibile? Innanzitutto l’acqua evapora, e il vapore si condensa in minuscole goccioline che permeano l’aria. In quel banco di nebbia di mezzo ettaro, una quantità d’acqua pari a un bicchiere disperde qualcosa come 400 miliardi di piccole goccioline sospese nell’aria che creano un manto impenetrabile che blocca la luce e vi fa rabbrividire.

    Questo è esattamente ciò che accade con certe esperienze dolorose o difficili.

    Gli esseri umani sono particolarmente adattabili. Gran parte delle volte, quando si verificano eventi negativi siamo in grado d’imparare la lezione, di scrollarceli di dosso e di andare avanti con la nostra vita. L’esperienza semplicemente evapora, rendendoci un po’ più vecchi e saggi. Ma non sempre. A volte, specialmente quando siamo molto giovani, viviamo esperienze da cui non riusciamo a liberarci. Anche se sembrano insignificanti, non più grandi di un bicchiere d’acqua, quando queste esperienze destabilizzanti evaporano si condensano in miliardi di goccioline di rabbia, paura, dubbi su se stessi, sensi di colpa e altri sentimenti negativi che ci circondano come una coltre soffocante che permea ogni aspetto della nostra vita per anni.

    Noi la chiamiamo nebbia di angoscia.

    Tipicamente questo vago senso di disagio s’insedia in sottofondo come il fastidioso ronzio di un frigorifero o di un condizionatore che abbiamo imparato a escludere dalla nostra consapevolezza conscia. Ma che ce ne rendiamo conto o no, esso pervade la nostra esistenza come un insistente mal di testa, interferendo con la nostra capacità di vivere relazioni sane, di esprimere il nostro potenziale sul lavoro o di avere una vita anche solo vagamente soddisfacente come invece potrebbe essere. Negli anni questo ronzio di sottofondo può sabotare carriera, amicizie e matrimonio. A volte, come nel caso di Stefanie, anche la salute fisica ne risente.

    Di cosa è fatta questa nebbia? In parte di sentimenti e in parte di convinzioni, in parte subconsci e in parte bioelettrici. Pensate a un’interferenza, come quelle radiofoniche, tipicamente formata nella prima infanzia quando le nostre difese non erano ancora del tutto formate e non avevamo ancora sviluppato i nostri schemi di pensiero adulti e logici. In altre parole, essa si trova fuori dal dominio del nostro pensiero conscio, logico, verbale. È come un programma del computer attivo in background, che oscura i nostri pensieri e sentimenti, le nostre reazioni, i nostri comportamenti, il modo in cui vediamo noi stessi e il nostro mondo, quasi tutto senza che noi siamo consapevoli della sua presenza.

    Per alcune persone questa nebbia di angoscia si manifesta in modi molto diversi e specifici, come una paura incontrollabile o un’ansia irrazionale, un problema in un aspetto particolare della vita. Per altri, come Stefanie, è qualcosa di più vago e generalizzato: non c’è una cosa specifica che va veramente male, più che altro è che niente va veramente bene.

    Ecco perché le soluzioni cercate da Stefanie non le avevano dato alcun sollievo. I farmaci psicoterapeutici come gli antidepressivi o gli ansiolitici non possono disperdere quella nebbia; a volte possono mitigarne in qualche modo l’influenza. Nemmeno parlarne, che sia con gli amici, con un consulente o un terapeuta, può dissolverla, perché essa non risponde alla ragione né all’analisi logica. Cercare di risolvere parlandone è come cercare di raggiungere una grotta subacquea guidando per le vie della città. Per quanto guidiate, e qualunque strada prendiate, non ci arriverete. Noi dobbiamo uscire dall’auto, uscire dalla strada ed entrare in acqua, e fare un percorso completamente diverso, a nuoto.

    Fortunatamente tale percorso esiste, ed è l’argomento di questo libro.

    La cosa peggiore di questa nebbia di angoscia è che può essere così persistente da finire per apparirci normale. Eppure non lo è. Possediamo naturalmente capacità di crescita, di autoregolazione e di autoguarigione straordinarie. Abbiamo in noi lo splendido progetto innato di realizzare una vita produttiva, creativa, gratificante e gioiosa. Noi siamo fatti per essere felici. Istintivamente lo sappiamo tutti nel più profondo di noi stessi. Sappiamo tutti cosa significhi provare un’esplosione di benessere. Ciascuno di noi a un certo punto della propria vita ha provato un senso di gioia estatica, di euforia per il solo fatto di sentirsi vivo.

    Vi siete mai chiesti perché tale esperienza debba essere così rara e fugace?

    La risposta è: non deve esserlo.

    Le nostre esperienze cliniche degli scorsi decenni ci hanno mostrato che è davvero possibile recuperare quel senso di gusto infantile per la vita e vivere nella massima pienezza. Con il nostro lavoro siamo giunti alla conclusione che siamo su questa terra per essere felici e sani, per provare gioia, amore, senso di unione e di collaborazione. Si può diventare migliori, più brillanti, più calmi, più concentrati, più profondamente gioiosi, ma sempre se stessi.

    Perché questo accada è necessario affrontare questa penetrante nebbia di angoscia, capire da dove viene e come dissiparla.

    Abbiamo dedicato gli scorsi decenni alla risoluzione di questo puzzle, utilizzando gli strumenti della psicologia convenzionale insieme a nuovi metodi e spunti delle più recenti scoperte all’avanguardia di un campo di ricerca e terapia chiamato psicologia energetica. Da quando abbiamo iniziato a esplorare questa nuova frontiera negli anni Ottanta con attività, seminari e dimostrazioni pubbliche, abbiamo sottoposto più di 45.000 persone al trattamento con risultati notevoli e comprovati.

    Nello scorso decennio abbiamo adattato il nostro metodo a un semplice protocollo che potete seguire da soli. È semplice ed efficace. Abbiamo visto migliaia di persone utilizzarlo per dissipare la propria nebbia di angoscia.

    A Stefanie è accaduto esattamente questo. Nella prima visita l’abbiamo guidata attraverso le quattro fasi di questo semplice protocollo:

    Fase 1 Identificare. Innanzitutto, riesaminando la sua vita, abbiamo aiutato Stefanie a identificare un evento doloroso del suo passato che aveva gettato una lunga ombra nel suo mondo, portando convinzioni autolimitanti che la sua mente aveva creato in seguito a quell’esperienza.

    Nel Capitolo 1 vi guideremo passo dopo passo attraverso un semplice percorso per fare altrettanto (riveleremo anche quale evento aveva avuto un tale impatto su Stefanie). Nel Capitolo 2 ci occuperemo delle più comuni convinzioni autolimitanti e vedremo come identificarle in voi stessi. Nel Capitolo 3 scopriremo dove si trovano queste convinzioni e perché hanno una tale presa su di noi, e impareremo un metodo affascinante per farle emergere in modo da poterle affrontare.

    Fase 2 Liberare. Poi abbiamo lavorato con Stefanie eseguendo speciali esercizi di respirazione e applicando tecniche neuromuscolari per riallineare la polarità elettrica naturale del suo corpo e favorire la dispersione di quella nebbia penetrante.

    Nel Capitolo 4 parleremo del biocampo del corpo e di ciò che succede quando le nostre polarità elettriche s’invertono o sono disorganizzate. Impareremo anche una serie di tecniche per riallineare la nostra polarità elettrica, unendo la psicologia cognitiva a elementi di discipline antichissime come la concentrazione dello yoga e la digitopressione.

    Fase 3 Riprogrammare. Successivamente abbiamo aiutato Stefanie ad abbandonare definitivamente la convinzione negativa che avevamo identificato nella Fase 1 e a radicare in lei la convinzione positiva opposta.

    Il Capitolo 5 analizza il concetto di autoefficacia, cioè la capacità di assumere il comando e guidare la propria vita, e le nuove affascinanti scoperte sul potere dell’immaginario mentale. In questo capitolo vi spieghiamo inoltre la fase di riprogrammazione, mostrandovi come creare una nuova storia per la vostra vita.

    Fase 4 Fissare. Infine abbiamo spiegato a Stefanie diverse tecniche efficaci per fissare quelle nuove convinzioni e quegli schemi di pensiero, in modo che diventassero parte di lei permanentemente e non fossero solo un sollievo temporaneo.

    Nel Capitolo 6 vi spieghiamo come completare questa semplice fase di fissaggio e come applicarla nelle settimane e nei mesi successivi come rapido promemoria, per assicurare un duraturo effetto del Percorso a Quattro Fasi. Nel Capitolo 7 vediamo come utilizzare questo percorso per approfondire e sfruttare appieno le vostre potenzialità, e nel Capitolo 8 descriviamo altre semplici attività quotidiane, prese dalla nostra esperienza clinica e dalle ricerche più recenti, che vi aiuteranno a creare la vita soddisfacente che meritate.

    Queste quattro fasi (identificare, liberare, riprogrammare, fissare) sono il succo di ciò che imparerete nelle pagine di Il codice della felicità. In questo libro vi spiegheremo cos’è questo percorso, come funziona e perché, e come potete applicarlo a voi stessi.

    Quando Stefanie uscì dal nostro studio quel giorno, la nube nera se n’era andata. Fu diversi anni fa e non è più tornata.

    Capitolo 1

    Intervista con voi stessi

    «Cosa fai quando sei arrabbiato,

    molto arrabbiato, col dente avvelenato?

    Quando proprio tutto il mondo sembra così sbagliato…

    E niente di quello che fai sembra essere azzeccato?».¹

    Fred Rogers, in Mister Rogers’ Neighborhood

    State camminando lungo un prato, sgranocchiando spensieratamente uno snack. C’è il sole, l’aria è tiepida. Una lieve brezza soffia alle vostre spalle. La vita è bella.

    Improvvisamente sentite un frastuono assordante.

    Sbalorditi, guardate l’orizzonte e vedete un gigantesco pennacchio di cenere e polvere sollevarsi in cielo ed espandersi in un’enorme nube che persisterà per giorni, settimane, forse anni. Oscurerà il sole e cambierà completamente il vostro mondo. Probabilmente non la vedrete mai dissiparsi.

    Ah, a proposito: siete un dinosauro.

    Gli scienziati ci dicono che a causare l’estinzione dei dinosauri fu un asteroide che colpì la Terra milioni di anni fa. Si dice che l’impatto scagliò nell’atmosfera una quantità di detriti tale da oscurare i cieli e da trasformare il clima in ciò che talvolta viene definito inverno nucleare, perché un simile effetto risulterebbe dall’esplosione di una serie di bombe nucleari.

    L’impatto di eventi traumatici personali può avere lo stesso tipo di effetto, oscurando il cielo del nostro orizzonte e causando quel raffreddamento che permea ogni aspetto della nostra vita.

    Per capire come questo avvenga torniamo un attimo nello studio alla prima visita con la nostra cliente Stefanie, che abbiamo conosciuto nell’introduzione.

    La prima monetina di Stefanie

    Un indizio per capire la fonte dell’infelicità di Stefanie emerse nei primi minuti di conversazione, quando lei descrisse il senso di colpa che la tormentava riguardo al suo primo matrimonio. Anche se era successo molti anni prima, i suoi sentimenti erano forti tanto quanto allora. Anzi, per molti versi erano anche più forti. Il vecchio detto «il tempo cura tutte le ferite» nel suo caso non poteva essere più falso. Le ferite come quelle di Stefanie non si leniscono con il tempo, anzi peggiorano e spesso scavano più in profondità solcando la psiche.

    Per Stefanie quel divorzio era stato come l’impatto di un asteroide. Anche se era un episodio di un passato lontano, i detriti che aveva scagliato nell’atmosfera continuavano a offuscare il suo cielo a distanza di alcuni decenni.

    Non è una cosa puramente psicologica. Stefanie, come ricorderete, aveva già anche sintomi fisiologici concreti che si aggiungevano al graduale declino della sua vita personale e professionale. L’impatto degli eventi traumatici nella nostra vita si imprime nel nostro essere a molti livelli contemporaneamente. Stiamo parlando di qualcosa che è fisiologico, emotivo ed energetico, oltre che psicologico.

    A volte l’evento traumatico è palese come un asteroide che colpisce un pianeta. Dopotutto Stefanie ci raccontò subito del suo divorzio: ne parlò nei primi minuti di conversazione.

    Altre volte non è così ovvio. Spesso nella nostra vita si verificano eventi significativi, specialmente quando siamo molto giovani e impressionabili, ma in quel momento nessuna delle persone che ci stanno accanto se ne rende conto. Addirittura, questi eventi in giovane età possono essere così sottili che nemmeno noi li notiamo o ci rendiamo conto del loro impatto.

    Era il caso di Stefanie. Come abbiamo detto, quel senso di colpa che la tormentava e che ci descrisse era un indizio, ma solo uno. L’infelicità di Stefanie non nasceva da lì: il divorzio si era solo sommato alla nube di detriti che già esisteva dentro di lei, già da molti anni.

    Nel corso della conversazione Stefanie citò una serie di eventi della sua vita che l’avevano influenzata. Quando le chiedemmo della sua infanzia si fermò improvvisamente a riflettere.

    «Non so se sia importante», iniziò. «Forse no…».

    Ma questo non significa niente: quando le persone prima di raccontare un evento premettono: «Non so se voglia dire davvero qualcosa», quasi sempre è una cosa importante.

    La incoraggiammo a proseguire.

    «Beh, quella volta, avevo sette anni, un pomeriggio aiutai mia zia a spostare dei mobili. Quando finimmo mi ringraziò e mi diede un quarto di dollaro. Non mi aspettavo di venire pagata, ed ero contentissima. Erano i primi soldi che guadagnavo». Scosse lentamente il capo. «Sapete, non ci penso da… probabilmente decenni». Fece una pausa per ripercorrere quei lontani ricordi. «Ero molto orgogliosa. Non vedevo l’ora di dirlo alla mia famiglia. Mi precipitai a casa correndo e lo dissi ai miei genitori mostrando loro la monetina. Rimasero sconvolti. Ma cosa ti è passato per la testa?!, sibilarono. Non si accettano mai soldi da un familiare!. Ero affranta».

    Fece un’altra pausa, come se avesse perso la memoria, poi aggiunse: «Mi sono sentita così umiliata».

    I suoi genitori sicuramente erano in buona fede, stavano solo cercando d’insegnarle ciò che consideravano i valori di una buona famiglia. Ma il messaggio che Stefanie recepì da quell’esperienza si stampò

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