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Mahabharata I: La battaglia di Kurukshetra
Mahabharata I: La battaglia di Kurukshetra
Mahabharata I: La battaglia di Kurukshetra
E-book579 pagine8 ore

Mahabharata I: La battaglia di Kurukshetra

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Milioni di persone sono rimaste affascinate dalla Bhagavad Gità, il Canto Beato, che del Mahabharata è parte, pochissimi conoscono il Mahabharata. Leggere la Bhagavad Gità senza conoscere il Mahabharata è come leggere "Il Sermone sulla Montagna" senza sapere niente di Cristo, della sua nascita, della sua vita e della sua morte. La spiritualità, il mito, la leggenda, l'epopea, la religiosità, l'etica, la morale e la vita dell'antica India. Dei e semidei; re, regine, principi e sacerdoti; maestri e discepoli; veggenti e divinazioni; eserciti, battaglie e duelli; bagliori di diademi, di spade e di armi soprannaturali; nitriti di cavalli, barriti di elefanti e fragore di conche; eroismi, meschinità e tradimenti; riti, sacrifici, magie, incantesimi; opulenze ed ascetismi...Tutto ciò traspare nella versione del Mahabharata di Maggi Lidchi-Grassi, nella sua poesia, nel suo intreccio narrativo, nelle sue caratterizzazioni dei vari tipi umani, nella sua freschezza e immediatezza poetica che conserva e mette in evidenza il sentimento e l'umanità, l'indole intima e l'esteriorità dei singoli personaggi. La versione di Maggi Lidchi Grassi, tra tutte quelle conosciute in India, è quella che maggiormente mette questo grande libro alla portata di tutti - pandit, intellettuali, il grande pubblico, adolescenti - senza nulla togliere al filone principale dell'originale. Pradip Bhattacharya, il maggior critico indiano del Mahabharata dice di Maggi Lidchi-Grassi:"Ha raccontato il Mahabharata come mai è stato fatto prima, ha saputo infondere vita ai personaggi..." La più grande rivista letteraria indiana afferma:"Di tutte le versioni quella di Maggi Lidchi-Grassi è la più appassionata, la più sincera, la più commovente.
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2016
ISBN9788871834214
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    Anteprima del libro

    Mahabharata I - Maggi Lidchi

    Parte Prima

    PARLA ASHVATTHÂMA

    1

    Per molto tempo pensai che fosse successo perché avevo chiesto del latte. Sognavo il massacro, e mi svegliavo stringendo l’arco. Era tanto reale che sentivo la mano viscida di sangue e cercavo di pulirla sul petto. E mentre il sangue immaginario mescolato al sudore mi scorreva lungo il corpo, mi sedetti a ricordare. Diciotto armate spazzate via: undici delle nostre e sette delle loro. Mi persi a moltiplicare per undici ventunmila- ottocentosettanta elefanti, centonovemilaottocentocinquanta fanti, settantacinquemilaseicentodieci cavalli… un inutile esercizio da esorcista.

    Vedevo ancora la figura imponente del nostro Re Bhûrisravas, il moncone del suo braccio da cui sgorgava il sangue che la terra beveva. Era seduto in meditazione quando venne ucciso, nello stesso modo iniquo in cui noi uccidemmo i figli dei Pândava mentre dormivano.

    Sentivo le trombe, le conche e i tamburi di guerra del primo giorno di battaglia e vedevo, al primo sole, Grande Padre Bhîshma, il nostro generale, sul suo carro d’argento, la luce che sprizzava dal bianco dei suoi capelli, dal bianco della sua veste, dal bianco dei fianchi dei suoi cavalli. Ero fiero di comandare la guardia del corpo di Grande Padre Bhîshma. Il compito più importante in quella guerra era tenerlo in vita, in grado di combattere. Egli era la nostra coscienza, la nostra rettitudine e, quando ci parlava, il nostro cuore riprendeva a battere, pieno d’amore e fierezza. I miei amici erano dall’altra parte, avversari, ma ora finalmente questo non pesava più.

    Il messaggio di Grande Padre Bhîshma era semplice e diretto come al solito: era una vergogna per un membro della casta guerriera morire nel proprio letto, dovevamo essere pronti a vincere o perire. Chi muore in battaglia va in Cielo: detto da lui, era una promessa del Padre di tutte le Creature. Sentivo la pelle della fronte formicolare sotto il diadema salvavita. Quando Grande Padre Bhîshma parlò, noi tutti ci scoprimmo assetati di morte. Faceva di noi quello che voleva. La sua bandiera con le cinque stelle e la palma d’oro si torceva e sbatteva al vento. Quando egli tacque, un grande silenzio calò sui due eserciti, come brezza che si spegne. La mia visione si acuì. Trovai in mezzo ai carri dei Pândava l’oro di Krishna e il carro di Arjuna dai bianchi cavalli. Sopra di loro sventolava l’emblema con la scimmia. Krishna e Arjuna là, e io qui, da questa parte. Il mio cuore si contrasse, sofferente, e si tese verso di loro. Erano più belli di Grande Padre Bhîshma. Il grande Signore delle Scimmie, Hanuman stesso, sembrava schizzare fuori dal vessillo, nell’azzurro. Tornai in me esaminando le ali del loro schieramento Vajra, la folgore di Indra, così elementare e micidiale.

    Seppi allora che saremmo stati sconfitti?

    Credo di sì, ma in quel momento ci fu, attorno al maggiore dei fratelli Pândava, un lampo che fermò i miei pensieri. Yudhishthira aveva deposto le armi e si stava togliendo l’armatura. Ora camminava verso di noi a piedi nudi. Doveva percorrere un ampio tratto di terreno piano, irrorato d’acqua per la battaglia, ma il suo piede destro sollevò uno sbuffo di polvere. Il suo amore per la pace avrebbe avuto la meglio? Tante volte avevamo detto che era un Brahmino più che un Re guerriero; ma ci sono insulti che risvegliano l’ira anche delllo stesso Padre delle Creature. Non mi piaceva che l’onore fosse messo da parte. I Re guerrieri sono tigri, non cerbiatti. Bhîma, figlio del vento, era sempre il primo a estrarre la spada, ma ora stava seguendo Yudhishthira, Fratello Maggiore; così stava facendo anche Arjuna e, alla distanza di un tiro d’arco da lui, venivano avanti con la grazia sinuosa degli dèi i gemelli, lo scuro Nakula e il chiaro

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