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Con i tacchi nei sanpietrini
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Con i tacchi nei sanpietrini
E-book98 pagine1 ora

Con i tacchi nei sanpietrini

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Info su questo ebook

Il gusto agrodolce dell’assenza sembra percorrere, come un fil rouge, le esistenze di tutti i personaggi di questa storia che s’intreccia attorno all’incontro tra Carmen, giovane aspirante scrittrice, e Paolo, sceneggiatore di successo, sullo sfondo di una Roma beffarda ed ammaliante. Sarà l’inizio di un percorso impervio tanto quanto lo è per Carmen camminare con i tacchi sugli amati e, al contempo, odiati sanpietrini. In questa “selva oscura” la protagonista si perde, cade, si rialza, cresce. L’amore è vissuto come qualcosa di mai pienamente appagato, sempre sfuggente ed incompleto. Una storia nella storia svela ciò si credeva dimenticato ma che, invece, resta, riflettendosi, come in un gioco di specchi, nelle vite di altri personaggi di epoche diverse e di luoghi diversi. Mentre il tempo scorre inesorabile, ora a ritroso, ora avanti, Carmen ritroverà sé stessa non in una fuga, bensì in un catartico ritorno alle proprie origini, in una terra lontana che profuma di zagare e gelsomino.               
LinguaItaliano
EditoreGAEditori
Data di uscita27 nov 2023
ISBN9791222477299
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    Anteprima del libro

    Con i tacchi nei sanpietrini - Mara Di Maura

    dispacci

    Mara Di Maura

    CON I TACCHI NEI SANPIETRINI

    romanzo

    Nella camera da letto in penombra qualcuno dormiva placido sotto le coperte, immerso tra le amorevoli e rassicuranti braccia di Morfeo, mentre una risatina gaia e puerile meditava già di porre fine al beato riposo del primo pomeriggio.

    Una ragazzina dagli occhi vispi e furbetti aprì la porta e si avvicinò in punta di piedi, silente, acquattandosi al lettone per poi tirare le coperte due, tre, quattro volte.

    Il suo sguardo fresco e pulito aveva esplorato la stanza per poi soffermarsi su una foto Polaroid che immortalava un uomo e una giovane donna sorridenti ed abbracciati in piazza Spagna.

    Il suo sonno era stato bruscamente interrotto ma l’anziana donna che riposava sprofondata nel morbido lettone, per nulla infastidita, s’inoltrò tra i propri pensieri con voce calda e comprensiva, lieta di aver occasione di lasciarsi accarezzare ancora una volta da emozioni ed eventi distanti nel tempo ma ancora vivi e fulgidi come lucciole nelle nere tenebre della notte:

    Alcune volte, durante le ricorrenze, quando la nostra famiglia è riunita, mi capita di schiacciare un pisolino dopo pranzo. Neanche più di tanto, solo il tempo che basta a ricomporre il mio essere, a far sì che s’incontrino la me stessa che conosco con quella che mi è ancora oscura. Mi capita tanto di rado, ormai: di schiacciare un pisolino, intendo dire. Proprio allora, in quegli sporadici pomeriggi, che sia l’afoso agosto o la frizzante primavera o il rigido dicembre, la mia nipotina si acquatta pian piano al mio lettone matrimoniale, tira le coperte e, così, tira e ritira, riesce a svegliarmi. Io non mi irrito, non la rimprovero, non alzo la voce. So già cosa vuole, è sempre la stessa storia. Con sguardo sornione, con occhi sognanti, mi chiede di quella foto, di quelle due persone immortalate da uno scatto dinanzi a un’enorme scalinata con i fiori. Ha tredici anni la mia nipotina, ormai è una signorina, così ho deciso: questa volta le racconterò la versione autentica della storia. Ecco, non posso fare a meno di scivolare fra le righe dei ricordi e di tutte le immagini che mi sovvengono di quel periodo resta in me solo una strana miscela fatta di valigie, scatoloni, telefonate nevrotiche, baci e poesie leggere come ali di farfalla…

    1

    Solo un morbido accappatoio bianco le avvolgeva il corpo perfetto e statuario, snello ed agile come quello di una gazzella, mentre riversava indietro il capo per asciugare al sole i lunghissimi capelli neri, ancora bagnati, da cui cadevano copiose gocce d’acqua che si depositavano sul balcone pieno di vasi dai gerani variopinti, bianchi, rosa e rossi.

    Sullo sfondo piazza Esedra con la sua fontana dagli spruzzi scintillanti al sole iniziava già a popolarsi di studenti, impiegati, professionisti e viaggiatori di differenti nazionalità. Era una bella giornata di settembre e Roma pullulava di turisti e di autobus provenienti da chissà quale paese straniero.

    Un trillo al cellulare giunse, indesiderato, a riportare i pensieri di Carmen alla realtà, ad interrompere inopportunamente il piacevole tepore prodotto dai raggi del sole sulla delicata pelle del suo viso, e a costringerla a discutere nervosamente al telefono mentre percorreva la stanza in tutte le direzioni, faticando per schivare un piacevole caos di abiti e scarpe sparsi in disordine dovunque.

    Quella conversazione telefonica, che in verità lei avrebbe preferito evitare, si protrasse per più di venti minuti e si fece sempre più animata fino a sfociare in un vero e proprio litigio.

    Carmen non era una ragazza mite, lo si capiva dal tono che impiegava discutendo al telefono con la madre, la signora Giuliani, donna di classe ancora assai piacente il cui collo era adornato da una vistosa collana di pelle, a molti chilometri di distanza, in una elegante gioielleria della provincia siciliana. Era tutto inutile: non riusciva proprio a perdonarle il fatto di aver riscoperto l’amore dopo la scomparsa del marito e di essersi concessa a quasi cinquant’anni, proprio grazie all’intensità di questo sentimento, il lusso di qualche briciola di felicità. A maggior ragione se a suscitare nell’animo della madre emozioni che lei reputava adolescenziali era un suo coetaneo, Salvo, simpatico ed allegro orafo che lavorava presso la gioielleria di cui la signora Giuliani era proprietaria.

    Quando quegli accesi diverbi avvenivano durante le sue brevi permanenze in Sicilia, Carmen si richiudeva in sé stessa proprio come una bambina imbronciata, incrociava le braccia sul torace, si sedeva su una delle poltroncine di velluto blu del negozio della madre e taceva al sorriso amichevole che Salvo le rivolgeva sporgendo il capo dal retrobottega. Forse, chissà, se Salvo avesse avuto qualche anno di più e avesse indossato un bel gessato blu scuro Carmen avrebbe potuto ricambiare con cortesia quel sorriso solare, ma di quei jeans strappati all’ultima moda e di quella stravagante camicia gialla che gli conferiva un’aria vagamente bohèmien c’era poco da fidarsi.

    Per fortuna le capitava assai di rado di fare ritorno al piccolo paesino siciliano di cui era originaria. Dopo il liceo, infatti, Carmen aveva deciso che la sua vita avrebbe percorso una strada diversa perdendosi nei meandri del centro della grande capitale che l’ammaliava con il fascino di una maliarda meretrice.

    Rarissime erano, dunque le incursioni siciliane in cui aveva modo di riallacciare i legami con le sue radici, poche occasioni in cui si sentiva del tutto estranea ad un mondo che sapeva non appartenerle più e che riteneva potesse, anzi, tarpare le ali ai suoi sogni, grandi speranze pronte a librarsi in alto esattamente come i gabbiani che planano a pelo d’acqua sul corso del Tevere appena il tempo per concedersi rapidi approvvigionamenti di cibo per poi tornare su, sempre più su, verso il cielo infinito e terso. Lei era proprio come uno di quei gabbiani: toccava terra raramente ma sapeva che il suo destino era di spiccare il volo. Così, anche quella volta nella capitale, dopo il diverbio telefonico con la madre, interrotta bruscamente la telefonata al culmine del nervosismo, la giovane donna si accomodò sulla poltroncina di pelle bianca che arredava in modo elegante ed assolutamente perfetto l’appartamento di Giorgio, il suo fidanzato, e si accese una sigaretta. Carmen si rivestì, scese in strada e s’incamminò. In breve imboccò la stretta viuzza che dal lungotevere dei Cenci conduce al quartiere del ghetto ed aprì la porta del pub in cui alle sei del pomeriggio già la sua coinquilina Alex e i suoi colleghi di lavoro, Massimo e Rachele, stavano preparando i tavoli che la bella stagione ormai sul finire consentiva ancora di collocare in esterno, nella parte della strada antistante il locale.

    Carmen comprese subito però che quel giorno l’atmosfera non era particolarmente vivace, a differenza di quanto non lo fosse solitamente proprio grazie alla presenza della simpatica combriccola, poiché la televisione aveva trasmesso una notizia lasciando l’intero gruppo di amici letteralmente pietrificato, rompendo la serenità di quel tranquillo pomeriggio: l’Italia aveva deciso d’intervenire con le sue forze militari in uno dei tanti focolai di guerra in Oriente.

    L’amarezza e la costernazione per l’accaduto non tardarono ad invadere in breve l’ambiente.

    I tre amici, da accaniti pacifisti quali erano, non avrebbero mai potuto tollerare che nei primi anni del XXI secolo avvenisse ancora una simile barbarie senza far sentire alta la propria voce di dissenso.

    " Domani ci organizziamo. Non ce ne staremo di certo zitti. È

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