Schrödinger Descent

Di Mario Pesce

Fantascienza - racconto lungo (38 pagine) - Il gatto è nella scatola: sicuro di volerla aprire?

Alcuni gatti giocano in un chiostro medievale, evitando le pietre che vengono loro scagliate contro, e corrono verso il fiume. Separati da loro, ma in realtà nello stesso luogo, alcuni tecnici lavorano ad Eldoria: il progetto di un nuovo gioco in realtà virtuale che promette di essere qualcosa di rivoluzionario… e molto redditizio. Anche se sono loro quelli inquadrati dalle telecamere, questa non è la storia dei gatti, e neanche dei tecnici. È la storia – brevissima, i cambiamenti avvengono in un attimo – di qualcosa che si muove sotto la superficie e, come i pensieri dei gatti, non può essere descritta.

Mario Pesce, genovese, si spaccia per appassionato di letterature dell'immaginario fin dai tempi in cui ancora non sapeva leggere, bastavano le figure. Da grande ha studiato per un po’ Lettere, per poi finire a consegnarle. Dal 2022 è presidente dell'associazione ludico-culturale Arci La Dimora APS, e da sempre giocatore di ruolo: il gioco è solo un altro modo di costruire storie. Dopo un'antica esperienza con gli amici della rivista Il Babau nel secolo scorso, ha ripreso ultimamente a scribacchiare storie: E poi vennero, un suo racconto distopico, è stato pubblicato nel 2022 nell'antologia AliaEvo 5.0, e il fantasy La versione (corrusca) di Boh nel 2023 nell’antologia Fiamme Corrusche. Schrödinger Descent è il suo primo racconto lungo.

• Lingua: Italiano
• Editore: Delos Digital
• Data di uscita: 23 gen 2024
• ISBN: 9788825427561

Anteprima del libro

L’intelligenza artificiale, se vogliamo essere onesti, è un imbroglio.

Non esiste.

Non è niente di più di una scimmia che pesta a caso sui tasti della macchina da scrivere.

Qualunque coscienza digitalizzata non fa altro che riflettere e replicare gli schemi mentali dell’essere umano che l’ha programmata.

Dr. Viktor Hollensdorfer, Prolegomeni dell’Altra Luna, edito in proprio

Il primo ad apparire da dietro la bifora, nel chiostro chiuso ai tre lati, è il certosino.

Cammina strusciando il corto pelo dal colore dell’ambra grigia sulla colonnina ruvida, e intanto si guarda intorno prima in basso, sulle piastrelle di ceramica smaltata d’azzurro, poi in alto.

Percorre ondeggiando i tre quarti della circonferenza e balza nel muschio tra le pietre del patio.

A quel punto, da chissà dove arriva l’Asian Smoke, a passeggiare morbido sul bordo del piccolo pozzo; il suo pelo, che quasi si confonde con l’ardesia, accarezza le aste in metallo brunito che reggono la carrucola col secchio.

I loro occhi, gialli il primo, azzurri come la ceramica il secondo, si voltano di scatto al rumore secco delle pietre che colpiscono il muro, quasi in contemporanea alle risate dei bambini mentre i due Cymric dal lungo pelo bianco e grigio schizzano evitando i colpi, per poi fermarsi a osservare con calma, voltando la testa verso l’origine dei colpi.

La strada di fronte al patio è piena di gente.

Il giorno di mercato ha riempito la via principale di bancarelle, tende, transenne in cui vengono messe in esposizione pezze multicolori di stoffe, pendagli di metallo dagli angoli affilati, pesce affumicato e vesti dai colori spenti.

Nel chiacchiericcio interrotto qua e là dalle grida più alte dei venditori, i quattro felini si muovono veloci tra le gambe delle molte persone, ognuno per proprio conto ma lungo una direzione comune che alla fine li porta fuori del traffico, lungo la riva del fiume.

Uno dei due Cymric ha in bocca un pezzo di carne secca preso chissà dove, e lo stringe tra i denti, dando una zampata ogni tanto all’altro che cerca di prenderne un boccone.

Il gatto color ambra schiva agile il piede calzato di ferro di un brigante in armatura che cerca di colpirlo mentre gli attraversa il cammino e si proietta sull’erba accanto al compagno scuro che fissa le acque iridescenti del fiume, in cui si specchiano le forme di grandi uccelli dalle ali membranose simili a piccoli draghi, che intrecciano danze sotto le nuvole.

Per un attimo i suoi occhi color del cielo guardano in alto.

Poi all’improvviso si stringono, e il gatto comincia a strofinarsi furiosamente il muso con entrambe le zampe, soffiando e muovendo la testa a destra e sinistra con scatti nervosi.

– Oscillazione! – esclama Ravi alla mia destra, quasi in contemporanea.

– Confermo – rispondo seccamente. – Ora controllo.

Rimaniamo entrambi in silenzio, tesi, mentre io apro le schermate di sistema e lui compensa manualmente.

– Capito – sospiro.

– Ora il flusso è stabile – fa quieto il dottor Larsen, finora in silenzio dietro Ravi, guardando il monitor master.

Io mi tolgo il visore dagli occhi, col sudore finora bloccato dalla guarnizione frontale che prende a colarmi sugli occhi.

Impreco.

– Appunto, per ora – sospiro seccamente. – Ma rischia di andare in crash da un momento all’altro.

– Santo Giuda! – esplode Ravi, togliendosi anche lui il visore. – Ancora un bug?

– O quello, o proprio un errore di base nell’algoritmo – borbotto.

– Speriamo la prima – ride Larsen, stringendomi appena la spalla.

Ravi inizia a imprecare piuttosto seriamente, prima di essere interrotto con durezza.