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STANZA 76 - Nessuno è intoccabile, guarda me
STANZA 76 - Nessuno è intoccabile, guarda me
STANZA 76 - Nessuno è intoccabile, guarda me
E-book148 pagine1 ora

STANZA 76 - Nessuno è intoccabile, guarda me

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Info su questo ebook

Racconto questa storia per un unico motivo. E’ giunto l’attimo, l’attimo per partire oltre la tempesta, verso lidi di assoluta grandezza, verso fortunosi lidi di assoluta grandezza e possibilità in un oceano che troppe spesso ti fa sentire piccolo o inadeguato.
Per questo motivo racconto questa storia e se decidi di leggerla, attento, preparati, scollina il caos iniziale, libera la mente, scegli un angolo rilassante, spegni tutto e raccogli le immagini dei viaggi più belli che hai fatto, delle avventure che più ti hanno segnato e poi, comincia a leggerlo e unisci i puntini da uno a infinito.

Se la mia vita fosse un film
avrei già vinto un oscar
per il miglior lungometraggio drammatico,
se la mia vita fosse un film
avrei riso insieme a Mel Brooks
e pianto accanto alla Meg Rayan di Amarsi,
avrei surfato in Point Break
e mi sarei prostituito in Belli e Dannati,
avrei lottato sulle Highlands di Braveheart
per poi morire cadendo dall’alto
nell‘Odio di Kassovitz,
se della mia vita si fosse fatto un film
l‘avrebbe diretto Tarantino oppure Ferreri
e non avrebbe vinto nulla

Stanza 76….fin qui tutto bene.
 
LinguaItaliano
Data di uscita26 gen 2016
ISBN9786050418415
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    Anteprima del libro

    STANZA 76 - Nessuno è intoccabile, guarda me - Alessandro Maderna

    importante.

    - CAP 1 -

    Merda!

    Sussulto scollando le palpebre addormentate, pizzicando i pantaloni intrisi di Cristal calda che ingialliscono. Sono indolenzito e infastidito, mi trascino fino al tabellone degli orari dei treni per leggere distratto numeri che già conosco.

    Ho voglia di fumare una sigaretta. Il fumo riempie le guance mentre mi giro verso l’eroica passiflora che ha attecchito sui binari, assente e stralunato, ripasso la mano sui pantaloni bagnati di birra:

    Attimi, flash,

    fotogrammi al rhum

    per istanti in back,

    vicinanze tangibili,

    lontananze impalpabili,

    lampi, saette, proiettili appassionati

    che crivellano e gettano al suolo,

    ma quando ti colpiscono non senti dolore,

    come la musica o

    l’armonia della terra,

    questo è il bello,

    questo motore che smuove e

    ribalta gli schemi dell’anatomia,

    questo sapore superiore,

    un sentire senza tastare,

    senza udire né vedere,

    questa è la rinascita ardente della Fenice,

    l’unico mezzo che ti porta

    più vicino possibile al Sole.

    Ma qui c’è solo ferraglia fumante e in realtà

    non so dove sto andando,

    fisicamente intendo,

    potrebbe essere un paesaggio lunare

    quello su cui cammino

    potrebbe essere Chicago o Pavia?

    come Calcutta o Berlino,

    ma anche qualcosa di meno pretenzioso,

    potrei semplicemente percorrere una comunissima via

    di un comunissimo paese di campagna,

    potrei addirittura essere dentro

    ad un circuito integrato

    tanto mi sto sbiadendo,

    non importa dove sto andando.

    Questi pensieri muoiono nel momento in cui li concepisco, anche loro diventano opachi, così la loro malattia non viene diagnosticata e lentamente anche la mente deraglia nel vuoto; così finisco di pensare, perché il nulla ha gli occhi fuori dalle orbite, ha la bocca sprangata e le orecchie mozzate; perché il nulla è difficile anche da immaginare.

    La sigaretta sa di muffa, ma è il meglio che abbiamo trovato a Talara insieme al pesce fritto nel petrolio, fresco come l’oriunda vittoria dell’Atlético Torino in Coppa del Nulla.

    Mi ricorda le Esportazione senza filtro di mio zio, con il veliero su sfondo verde che di tanto in tanto bolinava verso le mie tasche.

    Guardo all’orizzonte dei binari. Se il nostro treno sta arrivando, non si vede, così c’è il tempo per accenderne un’altra, ma un fischio dal nulla spegne la fiamma.

    Lo sapevo, maledetta legge di Murphy

    Strappati i ragazzi dai loro scomodi sogni, sferragliamo tranquillamente verso Huancayo.

    Rallentiamo?

    No. Anzi, acceleriamo

    Meglio ancora, siamo un proiettile nella nebbia.

    Sarà anche estate, ma accendete il riscaldamento, si gela su sto treno!

    Come può un paese tanto colorato come il Perù essere tanto freddo?

    È bello percorrere il mondo e stancarsi, aggiungere emozioni al bagaglio, vestire scarpe lievi come nuvole, andare e basta; certo, certo, piace a tutti, o almeno credo, poi quando lo si fa in compagnia degli amici più cari è ancora meglio, ma se il viaggio è organizzato da cani, anche i disagi più futili ti rendono odioso, ed è così che ti trasformi in un viaggiatore incazzato.

    Siamo stanchi e dispersi in vagoni diversi perché qualcuno si è dimenticato di prenotare le cuccette. Sì, ok, ho fatto io la cazzata. Ma per tutte le belle fighette dei Grigioni è agosto, stiamo andando a prenderci quello che ci spetta e mentre transitiamo nei pressi di Matucana fuori ci sono sei gradi e l’aria fredda mi sventra le narici. Nemmeno i frammenti della serendipica cometa potrebbero abbassarmi la febbre.

    Come siamo arrivati fin qui?

    - CAP 2 -

    I lupi sono animali da branco. Mostrare rabbia, reale o simulata, è essenziale per raggiungere l’obiettivo necessario o contingente: l’affermazione del proprio rango, un partner, un territorio o una fonte di cibo. Il fine adattivo dei comportamenti aggressivi è limitare al minimo i conflitti fisici e con essi l’eventualità di restare feriti. I lupi sono animali da branco che vivono per il branco.

    Cazzeggiamo da me prima della partita.

    «Ehi, Sandro, leggi qua.»

    «Cosa? Non farmi muovere per delle cazzate, non dormo da giorni e stasera giochiamo. E poi fa un freddo porco e da sotto la copertina non mi muovo. Finiamo il film e andiamo al ritrovo.»

    Sto diventando petulante, noioso, e m’infastidisce la mia stessa voce.

    «Te lo leggo io allora, perché come al solito avevo ragione; un certo Marco Drago ha scritto un libro intitolato: L’esoterismo dell’aspirapolvere. Senti cosa scrive:

    "Che alla gente piaccia annusare l’aroma delle proprie scorregge è quasi un dato di fatto. Sfuggono all’inclusione in questa categoria le persone fondamentalmente bugiarde o quelle entrate misteriosamente in sintonia con un sistema (educativo e non solo) un po’ inumano e artificioso. Un sacco di gente sonnecchia non lasciandosene sfuggire nemmeno una. Come si fa lo sanno tutti: o si caccia direttamente la testa sotto oppure si muovono le lenzuola a mantice"¹.

    «Ho fatto bene a non scomodarmi, toh!» mentre agito il plaid per dispetto.

    «Quella lingua biforcuta non smette mai di sibilare, vero?»

    «E tu per metà sei rimasto su quello scoglio, non dovevi buttarti di testa, ma a bomba.»

    Testardi, ospitali, rivendicativi, fedeli, resi selvatici e scontrosi da antiche memorie di sangue, portiamo la forza d’animo di chi è stato dominato, siamo nipoti o figli di Cicciu Rosa e Compare Zubanne, in fondo in fondo balentes², come la maggior parte dei sardi.

    Il sottoscritto, il Mago e Toni, annoiato dal nostro sproloquio, abbiamo le stesse origini, ed è un bel casino quando ci impuntiamo. Solo che il Mago è il Mago. Mr. Sopracciglio Spaccato, storie di ordinario Fight Club con gli altri cretini del gruppo; Mr. Guido Io che non sono ubriaco e non vado contro un palo; Mr. 300 Porno, il Leonida di tette e culi; Mr. Analizzami, una trave isostatica; ma il Mago è uno con le palle e ha un cuore grande come il Gennargentu, e non si può non volergli bene.

    Solo che a volte fa traboccare il vaso. Mi spiace, Mago, regola delle tre gocce.

    Toni apre gli occhi, e non è un buon segno.

    «Mi avete rotto! È la quinta volta in una settimana che guardiamo sto capolavoro di film. Dai, muovete il culo e andiamo al ritrovo per la partita.»

    «Scherzi? È Hip Hip giù gli slip, ci abbiamo messo tre mesi a trovarlo a noleggio, era sempre fuori», si risente il Mago.

    Non capita tutti i giorni che una ragazza del tuo paese esordisca come pornostar, non vorremo mica perderci la nuova Eva Orlowsky dell’hinterland di Milano; metodo Stanislavskij naturalmente.

    «Siga?» taglia corto Toni.

    Ma sì, in fondo, in fondo siamo atleti.

    «Siga, speedy pizza, birra e poi andiamo» rispondiamo in coro.

    Le urla si sentono sin dal parcheggio davanti alla palestra. Non stiamo litigando con gli avversari, non ancora almeno.

    Gridiamo tra di noi come al solito, perché l’arbitro ci fa incazzare, perché sbagliamo un passaggio o semplicemente non lo facciamo, perché per una cosa fatta a dovere ne facciamo cinque che segano le gambe e andiamo sotto di quindici in un amen.

    Certo il nostro livello è scarso, è il gradino più basso della catena alimentare del basket, ma siamo giocatori, lo siamo da quando avevamo sette anni e il riff della suola delle scarpe che striscia sul linoleum – il parquet chi lo ha mai visto? – la rullata del pallone che rimbalza o l’assolo finale quando accarezza la retina, quello accomuna tutti i giocatori.

    E poi è lo sport che ci ha fatto conoscere, ci ha unito, tra sudore, gomiti alti e trasferte nella nebbia.

    Impossibile non amare questo sport. Per farlo occorrerebbe riporre polemiche e al massimo lasciare i toni accesi al giusto livello; qui ci sono azioni mozzafiato anche ogni venti secondi, difficile condizionare un arbitro o, ancor di più, che lui condizioni la partita. Ci si mena come fabbri, perché il contatto fisico ne è parte integrante, ma nessuno simula falli improbabili o resta a terra dolorante per perdere tempo. Il tempo qui è effettivo: ventiquattro secondi per tirare, otto per oltrepassare la metà campo, non più di tre per sostare in area.

    Forse ciò che lo rende così unico è che una squadra meno forte può battere una superiore, ma per farlo deve giocare, non può congelare la partita fino alla fine dei minuti, deve essere precisa in attacco, senza buttare via neanche un’azione, e deve essere asfissiante in difesa.

    Questo spiega perché ci fa impazzire.

    Ma nella nostra categoria è tutta un’altra storia, urliamo e ci lamentiamo, soprattutto se come stasera giochiamo con la prima in classifica: rognose vecchie glorie quarantenni, gente che ha giocato sempre in serie superiori e che da anni domina il nostro campionato a mani basse.

    Sono molto più grossi e alti di noi, sono forti, lo sanno e te lo ricordano a ogni occasione; abbiamo i gomiti affilati ma non arriviamo a colpirli, a rimbalzo sparisce anche Toni che è massiccio, ha senso della posizione e salta, ma stasera è dura.

    È una serie infinita di blocchi in movimento e mi

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