Per i vènti siam vele
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‘Ieri sera ho perso perfino una vibrissa… Perdere una vibrissa è una cosa seria, maledettamente seria; devo venirne a capo.’
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Anteprima del libro
Per i vènti siam vele - Laura Franco
Postfazione
Il mondo dei sacchetti
Estábamos, estamos, estaremos juntos.
A pedazos, a ratos, a párpados, a sueños.
Stavamo, stiamo, staremo insieme.
A pezzi, a momenti, a palpebre, a sogni.
Mario Benedetti
Dall’inizio alla fine
Pre primo incontro
2019 settembre
Cari compagni del prossimo viaggio nel ‘Mondo dei sacchetti,’
con grande piacere conto i giorni che mancano al nostro mercoledì 11 settembre. Ci sarò dalle 14, e inizieremo alle 14.45 e finiremo alle 18.45.
Con alcuni sono già in contatto: nato o rinnovato durante la lunga traversata dell’estate, di altri non so quasi nulla, di tutti sono curiosa di sapere. Per alcuni mi ripeterò, per gli altri dirò.
Dal 12 luglio sono rimasta ininterrottamente a casa, tranne per il cappuccino al bar al risveglio. La cosa strana è che sono stata molto bene. Ho goduto del mio silenzio e della voce di Joan Baez, Simon e Garfunkel, Sinatra, Cohen… un ritorno agli anni settanta. Mi sono portata dentro una sola camera della casa le comodità del camper, e questo è bastato per sentirmi circondata dal deserto… e non è poco. Soprattutto non lo credevo possibile a priori.
Mercoledì 11 inizieremo come fosse un primo incontro, e primo sarà per i nuovi iscritti.
Mostrerò alcuni pptx con immagini quasi a caso. Farò esempi di tautogrammi, acrostici e lipogrammi e ci presenteremo: per i nuovi e anche per noi – già! Panta rei e tutti siamo cambiati dagli anni scorsi, e anche solo da sei mesi a oggi! Lo faremo leggendo una mini presentazione. Una frasetta breve e veloce. Poi faremo scritture vincolate e subito dopo appariranno i sacchetti – vuoti. Dovremo riempirli entro Natale. Quattro incontri di cui abbiamo già le date: ci rivedremo sempre alla Casa delle Traduzioni. Sarà il nostro luogo di incontro, di lettura e di ascolto.
E ora miei cari vi abbraccio tutti e comincio a aspettare le vostre risposte,
Laura
Post ultimo incontro
Fine dicembre 2019
Cari amici,
eccoci a fine anno. Qui di seguito trovate gli scritti che sono entrati… no! che sono usciti da ognuno dei sacchetti che avevate preso nel nostro primo incontro. Con la speranza di rivedervi dopo le feste per nuovi incontri, vi auguro ‘buona lettura’,
Laura
LF
Sacchetti
Roberta Galterio
Cupio dissolvi
Irresistibile. Carta paglia, plastica sottilissima, micron. Non fa differenza. Appena vedo un sacchetto provo l’irresistibile desiderio di farlo esplodere in un botto fragoroso. Con mossa rapida rovescio in gola biscotti o noccioline senza distinguere, mentre pregusto con piacere l’attimo che verrà.
Un attimo di fragorosa allegria in cui esplodono pensieri cupi e si dissolvono come per magia. Energie negative da polverizzare. Entrano timorose in una porta girevole da un universo cupo e ridicolo, assorbite dal vortice ruotano fino a irradiare allegria e spensieratezza. Magari irrompere nella quiete assorta di un ignaro abitante della casa e sorprenderlo con uno scoppio dissolvendo assorte letture e vedere l’attimo di terrore dissolversi in una risata liberatoria accompagnata da una sana imprecazione.
Non era questo il cassetto. Si chiude senza fare resistenza. Sì, è quello dei cartoni. Neanche si apre. Basta tirare con un po’ di sforzo e eccolo in cima alla pila da eliminare. Ripiegato su come gli altri. Bianco con una grande A maiuscola in stampatello color oro, base quadrata, aperto è una specie di parallelepipedo con manici in stoffa molto lunghi, perfetto per ospitare torte in trasferta. Una scatola quadrata, essenziale nelle linee, dall’inconfondibile iniziale in corsivo inglese scintillante per attrarre i golosi in una blasonata pasticceria. Tra i più riciclati della collezione. Ha resistito più di tutti gli altri, ma ormai è logoro. Chissà, se dopo il viaggio nella macchina del tempo richiuderò a fatica il cassetto senza aver eliminato nulla un’altra volta ancora.
Sono passati dieci anni esatti. Maggio 2009. Alle soglie della fine di un ciclo, sul punto di chiudersi. Come il cassetto. Fine del pensiero magico e innocente: il futuro mi appare in un lampo. Acne e adipe prenderanno il posto di spade laser e cappelli da mago. La porta della stanza inizierà a chiudersi. Come il cassetto. L’era favole della buonanotte inizierà a dileguarsi. Dissolvo i miei cupi pensieri con la velocità dello scoppio di un sacchetto. Mi metto all’opera.
Cartoncini, penna e buste. Nella tasca del suo zaino celeste infilo cartoncini gialli compilati a mano per l’antidoto alla malinconia, ribaltando le regole ipotizzo la festa delle mamme e mi raccomando con la mia bambina. Distribuiscila a tutti.
Distribuire cosa?
. Gli inviti.
Mamma, la mia festa è a luglio!
Non è la tua festa: è la festa delle mamme!
Spalanca gli occhi, perplessa. Forse, ha ragione, non capiranno neanche loro. Non si presenteranno, addirittura non risponderanno, non potrà andar peggio di così, ma ho voglia di esternare la mia nostalgia e giocare.
E male che vada le loro facce si aggiungeranno al mucchio di sagome che si aggirano per il quartiere in coda alla cassa del supermercato o nella sala d’attesa del medico di zona, tra qualche anno dimenticherò di aver condiviso pomeriggi animati con palloncini colorati, coriandoli, stelle filanti e saggi di fine anno, e mi interrogherò distratta: La finta bionda con il nasone l’ho già vista, ma dove?
.
Ma non è come temo. L’antidoto ha funzionato, la malinconia deve essere contagiosa e mi ritrovo circondata da volti divertiti come bambini alla recita di fine anno, finalmente oltre la barriera dell’uscio di casa, si aggirano in cerca della cucina con torte in sacchetti da asporto, senza nessuno per mano, senza l’ansia di congedarsi, assaporando la loro serata senza, libere di essere leggere, protagoniste e non accompagnatrici.
Come un capocomico soddisfatto della compagnia mi accomodo in poltrona e mi godo lo spettacolo improvvisato. Simpatie, antipatie, affinità e rivalità femminili tutte in cerchio animano il salotto. Non più parole neutre, banali, prudenti scambiate da marionette intraviste tra la folla del cortile di scuola, dai divani si librano personaggi inaspettati: l’insegnante liceale caustica nell’apostrofare le colleghe della scuola primaria ai consigli di classe con una sequela di parole in e ed i, rivela inaspettate doti comiche nella narrazione esilarante della sua intimità coniugale, la rappresentante dalle parole irate puntuale nello stilare ogni inizio di anno scolastico l'elenco dei ritardatari della cassa comune si versa da bere e rossa in viso come una fragola dichiara candida che il 730 del marito è la ragione unica del loro sodalizio, è troppo noioso, ma io amo il lusso e non lo mollo
.
Continuo a stappare bottiglie sottratte dalle casse impilate nella cantina del marito, collezionista di vini, tutte etichette diverse, selezionate con cura, ma scolate senza discernimento, penso all’espressione sgomenta dell’ingegnere, sommelier per diletto, se solo sapesse, e mi viene da ridere.
Alessio Di Simone
Non è successo niente
Introduzione
Questa sera, tornato dal lavoro mi sono messo a lavorare sul pezzo da presentare nel prossimo incontro alla Casa delle Traduzioni, questo qui appunto. Con l’idea di trovare un sacchetto che contenesse un ricordo e che avviasse il lento Juggernaut dei miei pensieri mi sono messo a rovistare tra le buste e i sacchetti che, come credo in tutte le case, vengono conservati perché possono sempre servire, tipo se devi portare un regalo all’ultimo momento, una bottiglia di vino, non si sa mai, quindi li pieghi e li riponi.
In casa noi i sacchetti li conserviamo nel ripostiglio. Ben ripiegati, occupano per intero due grandi ceste acquistate appositamente da IKEA. Di colore turchino, le ceste, non c’entrano nulla con l’arredamento di casa, ecco perché nel tempo sono state relegate nel ripostiglio che di solito ospita le scarpe, la mia bicicletta, l’aspirapolvere, cose così.
Sono un mucchio di sacchetti, di buste. Ne pesco finalmente uno, che nel cercare mi ero messo a pensare e, pensando, mi erano venuti su i dubbi. Se ho un dubbio, poi, il pensiero si attorciglia nel mio cervello come il filo di lana si arrotola a formare un gomitolo. Questo pensiero a fili che gira e gira rende il mio cervello come un gomitolone di lana e mi fa diventare lento, distratto, più vulnerabile agli eventi che mi accadono intorno.
L’altro giorno, per esempio, ritornavo a casa con una busta della spesa messa sulle spalle come se stessi ritornando da un viaggio lungo come quello dagli Appennini alle Ande e i miei pensieri si arrovellavano su questa cosa che dovevo fare.
Perché, appunto, avevo cominciato ad avere un dubbio.
Nei miei pensieri io sono come Alice nel Paese delle Meraviglie. Alice del libro è una bambina capricciosa che si annoia subito e che ama perdersi nei suoi pensieri estraniandosi in un’altra realtà. Ecco io non sono una bimba, non sono biondo e ho un’età considerevole rispetto ad Alice, ma tutto il resto stiamo lì.
Ovviamente, poi, non mi chiamo Alice, ma questo è un dettaglio che poco importa in questa trattazione che sto facendo.
Dicevo: quando fai qualcosa occorre avere nessun dubbio altrimenti il gomitolo e bla bla bla, e, mentre io pensavo, con il mio cervello aggomitolato, ecco: è uscita una busta.
È una busta di una casa editrice: Babalibri, con cui riportai un libro a mio figlio da Torino. Ero stato alla fiera del libro nel maggio 2017, il libro l’avevo acquistato lì, è un libro di Adrien Albert, si intitola Al Fuoco! e non centra assolutamente nulla con il ricordo; né il libro con la sua storia strampalata di Orango, Oca e Paolino, né Adrien Albert che ha un nome piuttosto simpatico e, prima di essere un illustratore, è un metalmeccanico laureato in diritto pubblico. In molti siamo o siamo stati un po’ metalmeccanici, è il contratto più cazzaro che fanno, secondo solo a quello da commerciale che ha le stesse garanzie di un filo scoperto, in tensione, poggiato su una superficie bagnata.
Ora qui baro però, perché nel sacchetto non c’era un ricordo, c’era proprio un foglio, che conteneva un racconto, un’introduzione a una presentazione, che poi non è mai avvenuta, sul libro Un arcobaleno tutto mio.
Riporto quanto scritto nel foglio, le esatte parole, che costituiscono, quindi, il mio racconto:
Il 27 luglio 2015 a Roma faceva piuttosto caldo. Avevo tenuto una riunione di lavoro nella mattinata e, ritornando a casa in metro, avevo trovato il vagone vuoto. Questo ha dell’incredibile, ma Roma, in luglio, può stupirti.
Ho iniziato a scrivere questo racconto breve sul mio taccuino. Ho completato il racconto a casa, la sera. Ciò che segue è il risultato:
Non è successo niente (proprio il racconto)
Un giorno di maggio a Roma non accadde proprio niente.
Gli abitanti che dormivano, con il sorgere del sole, si alzavano.
I lavoratori che staccavano dal turno di notte rincasavano.
Un uomo che guidava stanco sul lungotevere rallentò con l’automobile fino a fermarsi e osservò la luce che lenta aggrediva le facciate degli edifici.
Dal parabrezza dell’automobile l’uomo era un semplice spettatore della nascita del giorno, il suo sguardo ricordava lo sguardo triste di uno degli oranghi al bioparco, il più anziano, che guardava i visitatori passare dall’altra parte.
Dopo un attimo strinse il volante e ripartì lento verso casa.
Per un attimo si era sentito proprio come l’orango dietro al vetro, lo stesso che la macchinetta fotografica aveva colto nel fare la foto a suo figlio e al suo amico di giochi.
In foto: l’Orango del Bioparco che mi pare si chiami Zoe
Nota finale dell’autore: Ovviamente il foglio su cui è scritto questo racconto non era davvero nel sacchetto. Cioè mi spiego meglio: il sacchetto sì, esiste, così come il libro di Adrien Albert che ho acquistato a mio figlio. Però nel sacchetto non c’era niente e l’appunto per la presentazione esiste ma è diverso ed è altrove. È vero invece che il libro Un arcobaleno tutto mio, un leporello lungo, una volta aperto, due metri e mezzo, non ha mai avuto una presentazione a Torino.
L’idea del libro Un arcobaleno tutto mio, però, è nata dalla frase: Un uomo che guidava stanco sul lungotevere…
Ah e poi la foto dell’Orango è vera, in basso la riporto intera, quello a destra, non l’Orango, è mio figlio.
Stefania Cenciarelli
Nature cosmétique
Sono stanca.
Accidenti agli autobus che non passano mai, ai sanpietrini per cui rischio di rompermi l’osso del collo a ogni passo, ma soprattutto ai settant’anni che hanno ridotto il mio scattante corpo a un ammasso di scricchiolii ciechi. Comunque. Cosa fatta capo A. Sono riuscita a fare tutto (o quasi) e mi sono comprata anche dei cosmetici francesi che promettono miracoli. Anche se io non credo ai miracoli. Ora mi tolgo le scarpe, mi accomodo sul divano e rimiro beata i miei acquisti. Adoro i bei sacchetti come questo. Carta riciclata solida, colori materici, nastri di canapa bicolore. E la scritta! Caratteri Times New Roman che richiamano viali fine ottocento in Capitali Europee... Parigi, Londra.
Un viaggio in un sacchetto.
Parigi la capitale delle donne belle, eleganti e profumate. Ecco perché molti cosmetici sono francesi
. Cosmétique! Non possono non funzionare e le mie rughe spariranno in un attimo, diciamo una settimana, massimo un mese e, comunque, saranno molto attenuate e se così non fosse l’effetto placebo è garantito: avrò la sensazione di essere più giovane, liscia e luminosa. E accidenti anche ai canoni di bellezza. E poi un prodotto così curato, che cattura dalla natura i suoi ingredienti più puri, consentendo alla pelle di beneficiarne a fondo, non può non essere efficace, anzi sorprendentemente efficace. È dal 1838 che ci stanno lavorando. Che diamine, qualcosa l’avranno pure ottenuta. E allora forza! Pulizia del viso e poi Nature Cosmétique.
Allo specchio il mio viso perfettamente Nature mostra i danni del tempo e del dolore. Soprattutto la mia bocca e la sua piega amara, in barba ai miei continui Risi e Sorrisi. E gli occhi all’ingiù da quando troppo pianto li ha sciupati. Le guance fortunatamente sono tenute su da un sovrappeso, verso il quale non nutro alcun risentimento. Comunque se mi allontano consento alla mia vista, notoriamente non d’aquila, di pescare liberamente tra i ricordi. I capelli non sembrano più così bianchi, piuttosto