Melaverde

Mezzogiorno di fuoco

Il morbido, piccante e spalmabile salume che costituisce una vera e propria bandiera della calabresità nel mondo vanta illustri progenitori nella tradizione gastronomica francese e spagnola. Tuttavia niente e nessuno ne può vantare l’irresistibile fascino hot

Che la celebre ’nduja di Spilinga, piccolo comune in provincia e introdotti nel Regno in epoca napoleonica da Re Gioacchino Murat, oppure che si richiami alla tipica , salume spalmabile di maiale e paprika, portata con sé dai soldati spagnoli nel ’500, poco importa. La ’nduja, (e sì, localmente si pronuncia ) il tipico insaccato di carni e grasso di maiale infuocati dalla polvere di peperoncino, altro prodotto d’eccellenza del territorio, come nel caso del Diavolicchio di Diamante o del Tri Pizzi del Monte Poro, rappresenta un vero prodotto simbolo della tradizione gastronomica calabrese. Nata per essere uno strumento povero di utilizzo delle parti meno nobili del maiale da macinare, salare e insaccare in budello naturale, viene oggi prodotta, pur conservando un elevato quantitativo di grassi (in particolare guanciale e pancetta che la rendono straordinariamente golosa e spalmabile) anche con rifilature da spalla e coscia suina. E peperoncino, tanto peperoncino! Circa il 30% del peso. È proprio il peperoncino, essiccato e fresco, che con le sue proprietà antisettiche permette, in aggiunta a una leggera affumicatura, la conservazione senza conservanti o coloranti di questo splendido insaccato morbido. La stagionatura si protrae in luoghi freschi e riparati, fra i 3 e i 6 mesi e la pezzatura finale si assesta fra i 2 e i 3 kg. Il prodotto viene poi commercializzato così, oppure privato dal budello esterno e confezionato in vasetti di vetro di facile conservazione. Tradizionalmente la ’nduja si consumava da sola, spalmata su una fetta di pane caldo, in modo che potesse sciogliersi e sprigionare così i propri intensi aromi. Esistono peraltro degli appositi fornelletti in coccio che utilizzano la fiamma di un lumino per riscaldare e fondere la ’nduja da utilizzare poi a cucchiaiate. In epoca più recente è stata introdotta in varie preparazioni come sughi per la pasta, uova e frittate, pizze, ragù. In pratica ogniqualvolta serva un poderoso esaltatore di sapore e si voglia mettere un’inconfondibile firma di calabresità a un piatto. Qualcuno, preso da irrefrenabile entusiasmo campanilistico, è arrivato a proporre persino il gelato alla n’duja o alla cipolla di Tropea, ma se non siete spericolati esploratori del gusto, potete tranquillamente continuare a chiedere il cono panna e cioccolato. Abbinamenti con un vino? Se la ’nduja è, come deve essere, saporita e piccante, bisognerà salire con la gradazione alcoolica e, a meno che non vogliate sperimentare con un distillato di agave alla messicana (tequila o mezcal), potrete provare con un rosso DOC di Cirò Marina (KR) da uve Gaglioppo.

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