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Cincìn Bar
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E-book219 pagine1 ora

Cincìn Bar

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Info su questo ebook

Tre cognate decidono di aprire a Milano Crescenzago il Cincìn Bar con cucina tipica lombarda ma devono superare difficoltà di spionaggio internazionale.
LinguaItaliano
Data di uscita20 giu 2018
ISBN9788827836286
Cincìn Bar

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    Anteprima del libro

    Cincìn Bar - Valter Donati

    Valter

    Prefazione

    Stiamo attraversando un periodo di trasformazione della cucina, dagli ingredienti alla preparazione e alla presentazione.

    In questa nuova tendenza, la cucina tradizionale pare sconfitta ma non è così: in realtà è solamente sopita in attesa di ritornare prepotentemente vincente.

    I segnali sono già avvertibili nel commercio mentre si afferma con decisione in famiglia.

    Questo libro vuole recuperare il gusto originale dei prodotti lavorati in cucina secondo la nostra secolare tradizione. Vuole anche riportare alla forma originale i piatti che esaltava il componente principale o al massimo due. Oggi si assiste a composizioni del cibo nel piatto che inseguono presunti gusti estetici. Imperversa in televisione la mania di mettere impilati uno sopra l’altro quattro o cinque cibi di colori differenti amorevolmente adagiati su un letto di lattuga o di pasta sfoglia che raggiungono altezze vertiginose per essere mangiati e procurano stati di ansia per la paura che tutto il castello cada; non si capisce come infilarsi in bocca un po’ di tutto in una volta per gustare la composizione.

    Di questo passo premieremo chi costruirà castelletti di cibo, architetti invece che cuochi. La bellezza di un piatto va ricercata nell’armonia della sua composizione, nel gusto dell’accostamento dei sapori e nella presentazione semplice e comprensibile, a imitatio naturae.

    Questo testo ripercorre inoltre la storia dell’apertura di un bar-ristorante, il Cincìn Bar.

    1

    Il prestinaio

    Dal mio appartamento di Milano vedo un palazzo costruito nello stesso periodo del mio¹. C’è un bar all’inizio della galleria di passaggio verso l’interno del caseggiato che una volta era una latteria, un fruttivendolo che ha sempre venduto frutta di ottima qualità e un prestinaio, negozio consistente in due vetrine e un grande laboratorio sul retro dove si produce. Vi lavorano quattro donne che stanno soprattutto al banco a servire e nel laboratorio due uomini. Preparano e vendono diversi tipi di pane, fatti di pasta e forme diverse.

    A me piace il pane di Altamura² a forma di ciabatta. A volte cambio forma, sempre quello di Altamura nella versione pagnotta, non quella grande ma quella piccola in modo che posso congelare quelle che non uso e scongelarle velocemente quando mi servono. Anche la versione pagnotta grande la uso affettandola quando la servo.

    Questo pane presenta una sottile crosta ben cotta, croccante, e la mollica è ben cotta, ma soffice. Prima di infornare la pagnotta nel forno è necessario produrre del vapore nel forno. Basta mettere un pentolino con dell’acqua nel forno o spruzzarne un po’ sulle pareti. L’umidità assicura che non si formi subito la crosta e che rimanga sottile mentre la mollica cuoce bene. In tal modo si evita di ottenere un pane non cotto all’interno con una spessa e dura crosta esterna. Quindi, se si desidera ottenere un pane con crosta sottile occorre spruzzare vapore nel forno per tutto il tempo di cottura e un po’ anche sul pane.

    Se, al contrario, si desiderasse una crosta spessa e croccante basta abbassare la temperatura del forno a 140° e lasciare lo sportello del forno leggermente aperto. Più tempo si tengono queste condizioni maggiore sarà lo spessore della crosta e più il pane si asciugherà.

    Per raffreddare il pane mettere la pagnotta contro il muro del forno in posizione verticale: il vapore uscirà più facilmente.

    Farine di qualità, ancora vive, consentono di ottenere una crosta croccante mentre farine povere e di bassa qualità producono pani con crosta bianca e non croccante.

    In Italia vi sono ben 250 tipi di pane che sono prodotti in mille varianti a seconda della regione: farina di grano tenero, semola o farina di grano duro, farina di segale, di riso e altre.

    Il frumento di grano duro ha un’origine che si perde nei tempi: risale agli egizi. Deriva dall’incrocio di due specie selvatiche e il chicco è più consistente e meno farinoso di quello del frumento di grano tenero che è ottenuto dall’incrocio di una specie selvatica con una coltivata.

    Per la pasta si usa la semola, la farina di grano duro coltivata prevalentemente nel Sud del nostro bel paese.

    Secondo le diverse tradizioni regionali si produce pane anche con altri tipi di farina: ad esempio la farina di farro, di miglio, di riso, di segale, quella di mais, pianta coltivata nel Nord Italia, chiamata granoturco o frumentone. Arrivò in Italia nel 1600 dai Paesi Balcani che appartenevano all’Impero Ottomano, da qui il nome grano turco. Il mais era coltivato a Cuba e arrivò con la scoperta dell’America.

    Il pane viene anche prodotto con le olive, col sesamo, all’olio, con le uvette e infinite varianti.

    Ecco solamente una piccola parte di tipi di pane: Pan Ner, Biova, Focaccia, Michetta, Mantovano, Chifel, Biga, Grispolenta, Pan de Frizze, Bovolo, Crescia, Pagnotta Maremmana, Pan Toscano, Michetta, Sofficino, Tigella, Piadina, Cioppa, Pan Caciato, Parrozzo, Scarpelle, Cafone, di Altamura, Ciabatta, Modenese e Azzimo quello senza sale. Ripeto: in Italia se ne contano più di duecento tipi che con le varianti arrivano a mille.

    Credo, anzi, presumo che non esista al mondo un paese con tante varietà di pane e con tanti significati:

    Amate il pane

    cuore della casa,

    profumo della mensa,

    gioia del focolare.

    Rispettate il pane:

    sudore della fronte,

    orgoglio del lavoro,

    poema di sacrificio.

    Onorate il pane:

    gloria dei campi,

    fragranza della terra,

    festa della vita.

    Non sciupate il pane:

    ricchezza della Patria,

    il più soave dono di Dio,

    il più santo premio

    alla fatica umana³.

    Aggiungo che oltre alla varietà, anche la qualità non ha eguali. Il profumo del pane ma non solo, anche la bellezza delle tantissime forme e colorazioni e, soprattutto, il gusto della crosta e della mollica. Cito anche il pane sardo chiamato Carta da musica, così semplice, sottile, friabile e gustosissimo accompagnato con molti cibi e salse: è un’altra eccellenza tutta italiana.

    Il suono stesso del nome pane porta alla mente sensazioni buone, di calore, di famiglia, di cucina e di onesto e sano lavoro:

    Getta i semi nella terra il contadino,

    poi si riposa e guarda tutto intorno;

    guarda il campo, la casa e il mulino,

    pensa che i semi saran pane un giorno.

    In Italia, il pane è tutelato dalla legge⁵ che definisce il pane (dal latino panis) un prodotto alimentare ottenuto da un impasto a base di farina di cereali e acqua, prodotto e confezionato con diverse modalità, dopo una fase di lievitazione e successiva cottura.

    La redditività della produzione e vendita del pane di un’attività ben avviata con produzione da 300 a 500 kg di pane al giorno è molto alta. Il costo di produzione è di 0,9-1,5 euro per kg e il prezzo di vendita supera i 4 euro per kg.

    Fior di frumento!

    Sussurrano le spighe sotto il vento:

    «Un chiccolin di grano ne dà cento!»

    La buona preparazione dell’impasto si acquisisce col tempo. Massaggiare l’impasto e tirarlo nella stessa direzione tante volte, sentir scivolare tra le dita la materia per poi ricomporla, la giusta pressione del palmo che allunga la pasta e la stira e fermarsi giusto in tempo, poco prima che si rompa e si formino buchi. Poi rivoltarla all’indietro e riprendere il lavoro cospargendo il piano di farina, poca, quanto basta affinché la pasta non si attacchi e non si strappi mentre è tirata.

    Sono manovre antiche che sono state viste migliaia di volte e rimangono memorizzate. Viene automatico a un italiano impastare la pasta anche se non l’ha mai fatto. Ce l’ha già nelle mani, non necessariamente nella mente: è come un pianista che suona un pezzo complicato senza più leggere lo spartito. Si dice che ce l’ha nelle mani dopo averlo suonato tante di quelle volte che gli viene automatico e le dita volano da sole da un tasto all’altro della tastiera anche senza guardare. È dentro, ce l’ha dentro il pezzo. Idem il fornaio e (con qualche differenza e difficoltà) anche la persona qualunque che ha impastato tanti anni fa, da bambino, in cucina con la sua nonna. La cucina non è solo un fatto di chimica: è qualcosa di storico, di acquisito nei gesti, nelle mani e con la vista. Il tutto registrato nel cervello perché vissuto più volte e molto per la predisposizione dovuta ai geni ereditati.

    Il pane lo si lavora presto: s’inizia alle quattro della mattina e la

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